Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 8885 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 8885 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: PAOLITTO LIBERATO
Data pubblicazione: 04/04/2024
Registro Invim Accertamento
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 8433/2016 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE, in persona del suo legale rappresentante p.t. , quale socio unico della RAGIONE_SOCIALE, cancellata dal Registro RAGIONE_SOCIALE Imprese, con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio del prof. AVV_NOTAIO NOME COGNOME che la rappresenta e difende unitamente al prof. AVV_NOTAIO NOME COGNOME ed al prof. AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del suo Direttore p.t. , rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, presso i cui uffici, in Roma, INDIRIZZO, ope legis domicilia;
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 5050/10/15, depositata il 29 settembre 2015, della Commissione tributaria regionale del Lazio; Udita la relazione svolta, nella pubblica udienza del 20 ottobre 2023, dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; uditi, per la ricorrente, l’AVV_NOTAIO e , per l’ RAGIONE_SOCIALE, l’AVV_NOTAIO RAGIONE_SOCIALE AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO; udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha chiesto che la Corte rigetti il ricorso.
FATTI DI CAUSA
-Con sentenza n. 5050/10/15, depositata il 29 settembre 2015, la Commissione tributaria regionale del Lazio ha rigettato l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE avverso la decisione di prime cure che, a sua volta, aveva disatteso l’impugnazione di un avviso di liquidazione dell’imposta di registro ( n. NUMERO_DOCUMENTO) emesso dall’RAGIONE_SOCIALE dietro riqualificazione – in termini di cessione di azienda (piuttosto che di cessioni di beni quale operazione imponibile IVA) dell’oggetto del contratto concluso in data 28 aprile 2011 (registrato in via telematica il 6 maggio 2011, al n. NUMERO_DOCUMENTO, e) intercorso tra la cedente RAGIONE_SOCIALE e la cessionaria RAGIONE_SOCIALE
1.1 -Il giudice del gravame ha ritenuto che andava condiviso l’accertamento motivatamente svolto dal primo giudice, e la conseguente qualificazione giudica dell’oggetto del contratto, in quanto:
-la società cedente «era titolare di autorizzazione alla costruzione ed all’esercizio di impianto fotovoltaico ed inoltre risultava titolare del diritto di superficie per la costruzione e l’esercizio di impianto fotovoltaico e del diritto di allacciamento alla rete elettrica ed
in conseguenza la RAGIONE_SOCIALE acquistava tutti i beni, diritti e contratti di proprietà della venditrice»;
-« tutti gli atti posti in essere erano diretti alla realizzazione e gestione dell’impianto fotovoltaico»;
-pertanto, la cessionaria « subentrava in tutte le obbligazioni contratte dalla venditrice e dalla operazione posta in essere acquistava la piena proprietà di tutti i progetti, comprensivi anche dei diritti di proprietà intellettuale e di sfruttamento economico, nonché di tutti i procedimenti e permessi per costruire l’impianto»;
– «trattandosi del trasferimento di una pluralità di beni, la cessione deve essere inquadrata nell’ambito della cessione totale di azienda da sottoporre all’imposta di registro».
Ha soggiunto il giudice del gravame che, secondo dicta della giurisprudenza di legittimità, l’attualità dell’esercizio dell’impresa non costituiva imprescindibile presupposto della qualificazione operata, a tal fine rilevando la potenzialità dell’esercizio di impresa qual correlata «all’utilizzo di tutti i mezzi acquistati per intraprendere l’attività».
– RAGIONE_SOCIALE ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di sedici motivi, ed ha depositato memoria.
L’ RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Il ricorso è articolato sui seguenti motivi:
1.1 -il primo motivo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., espone la denuncia di nullità della gravata sentenza per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., assumendo la ricorrente che il giudice del gravame aveva omesso ogni pronuncia sulle questioni poste con l’atto di appello, questioni che involgevano, rispettivamente, il difetto di motivazione dell’atto impositivo recante un’apodittica qualificazione dell’oggetto contrattuale del tutto priva di ogni riferimento alle sue ragioni giuridiche, -la qua lificazione dell’imposta
liquidata -che, per l’appunto, andava ritenuta di natura suppletiva e, in quanto tale, sottoposta alla decadenza triennale (nella fattispecie perfezionatasi), -il difetto di contraddittorio preventivo (a fronte della prospettazione, operata da controparte, in ordine alla natura antielusiva della disposizione di cui al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 20);
1.2 -col secondo motivo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., la ricorrente denuncia omesso esame di fatti decisivi per il giudizio riproponendo, sotto distinto parametro del sindacato di legittimità, le medesime questioni dedotte ad oggetto del primo motivo di ricorso;
1.3 -il terzo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., espone la denuncia di nullità della sentenza per violazione del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, artt. 36 e 61, e dell’art. 132 cod. proc. civ. , assumendo la ricorrente l’ incomprensibilità della motivazione della gravata sentenza che -con riferimento al contenuto dei motivi di appello (già sopra) ripercorsi -si era risolta in rilievi inconferenti ed apodittici;
1.4 -il quarto motivo, sempre ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., ripropone, in via di subordine, la denuncia di nullità della sentenza per violazione del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, artt. 36 e 61, e dell’art. 132 cod. proc. civ., sotto il profilo della apparenza della motivazione resa dal giudice del gravame laddove, sulle questioni poste con i ridetti motivi di appello, dovesse ritenersi configurabile una pronuncia implicita di rigetto;
1.5 -anche il quinto motivo, sempre ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., ripropone la denuncia di nullità per violazione del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, artt. 36 e 61, e dell’art. 132 cod. proc. civ., (questa volta) sotto il profilo dell’immotivato «appiattimento» della sentenza alle ragioni espresse dalla pronuncia di
prime cure, sulla base, dunque, di una relatio del tutto acritica e non autosufficiente;
1.6 -col sesto motivo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di legge con riferimento al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 20, ed agli artt. 1362 e 2555 cod. civ., deducendo, in sintesi, che l’oggetto della cessione -costituito dall’Autorizzazione unica all’esercizio di un impianto fotovoltaico, da un contratto preliminare per la costituzione di un diritto di superficie, dal progetto per la realizzazione di detto impianto e dal diritto di allaccio alla rete elettrica -si risolveva (così) in beni che ex se non avrebbero potuto integrare la nozione di azienda, in totale difetto di dotazioni strumentali e, per quel che più rileva, della realizzazione RAGIONE_SOCIALE stesso impianto fotovoltaico, realizzazione che, pertanto, implicava una onerosa integrazione dei fattori produttivi;
1.7 -il settimo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., reca la denuncia di omesso esame di fatti decisivi, oggetto di contraddittorio tra le parti, e (così) ripropone, sotto ulteriore parametro del sindacato di legittimità, i profili di censura articolati (in relazione all’erronea qualificazione in iure ) col sesto motivo, ed i relativi referenti fattuali che (in tesi) davano conto di una cessione di (soli) «elementi funzionali allo sviluppo di una azienda», in difetto, dunque, di ogni dotazione strumentale idonea all’esercizio di un impianto fotovoltaico;
1.8 -con l’ottavo motivo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la ricorrente denuncia nullità della gravata sentenza per violazione del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, artt. 36 e 61, e dell’art. 132 cod. proc. civ., così tornando a censurare, come apparente, la motivazione posta a fondamento del decisum siccome tenute in non cale tutte le ragioni che erano state articolate da essa esponente ad illustrazione dell’effettivo oggetto contrattuale che non
poteva identificarsi con un’azienda , in difetto di ogni dotazione strumentale idonea all’esercizio di un impianto fotovoltaico ;
1.9 -il nono motivo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., espone anch’esso la denuncia di violazione e falsa applicazione di legge in relazione al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 20, ed agli artt. 1362 e 2555 cod. civ. , sull’assunto che, nella fattispecie, dall’oggetto della cessione rimaneva escluso ogni elemento materiale suscettibile di essere integrato in un complesso di beni organizzati ai fini dell’esercizio di impresa, difetto, questo, la cui prospettazione erroneamente il giudice del gravame aveva ritenuto integrare un motivo nuovo, in quanto tale inammissibile;
1.10 -col decimo motivo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la ricorrente denuncia nullità della sentenza per violazione del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 57, deducendo che illegittimamente il giudice del gravame aveva ritenuto come nuova la prospettazione articolata con riferimento all’identificazione dell’oggetto contrattuale – e, nello specifico, al difetto di cessione di elementi materiali di organizzazione dell’attività produttiva -trattandosi (inversamente) di mera precisazione RAGIONE_SOCIALE allegazioni svolte, col ricorso introduttivo del giudizio, in ordine alla inconfigurabilità di una cessione di azienda (di produzione di energia elettrica) in assenza , per l’appunto, della realizzazione RAGIONE_SOCIALE stesso impianto fotovoltaico;
1.11 -l’undicesimo motivo, sempre ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., reca la denuncia di nullità della sentenza per violazione del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, artt. 36 e 61, e dell’art. 132 cod. proc. civ., sull’assunto che la novità della domanda, qual afferente alla prospettazione svolta in ordine al difetto di cessione di elementi materiali di organizzazione dell’attività produttiva, era stata ritenuta in termini apodittici ed in pedissequo recepimento RAGIONE_SOCIALE difese di controparte;
1.12 -il dodicesimo motivo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., espone la denuncia di violazione e falsa applicazione della l. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, assumendo la ricorrente che l’avviso di liquidazione impugnato difettava dell’indicazione dei «singoli beni trasferiti», e si risolveva in una apodittica qualificazione dell’atto tassato in termini di cessione di azienda, peraltro senza nemmeno esplicitarne i referenti normativi; soggiunge la ricorrente che, per di più, nemmeno emergeva una qualche specifica indicazione sulla natura dell’imposta liquidata, assiomaticamente (ma erroneamente) definita come principale;
1.13 -col tredicesimo motivo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la ricorrente torna a denunciare la violazione e falsa applicazione della l. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, assumendo che l’RAGIONE_SOCIALE, nel corso del giudizio, aveva illegittimamente integrato la motivazione dell’atto impositivo facendo riferimento alla «natura antielusiva» della disposizione applicata (d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 20), quando, però, nella motivazione dell’atto non era stata offerta alcuna indicazione in ordine alla connotazione, in siffatti termini, RAGIONE_SOCIALE scelte negoziali operate da essa esponente, così che il giudice del gravame avrebbe dovuto annullare l’atto impositivo la cui motivazione era stata ex post integrata;
1.14 -col quattordicesimo motivo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 23, sull’assunto che il contenuto di detta disposizione non avrebbe potuto consentire l’integrazione (in sede di controdeduzioni) della motivazione esposta nell’avviso di liquidazione impugnato;
1.15 -il quindicesimo motivo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., espone la denuncia di violazione e falsa applicazione del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 42, deducendo la
ricorrente che la riqualificazione contrattuale operata dall’RAGIONE_SOCIALE ( ex art. 20 d.P.R. n. 131 del 1986, cit.) doveva ascriversi alla categoria dell’imposta suppletiva o, al più, complementare, così che, come dedotto col corrispondente motivo di appello, il giudice del gravame avrebbe dovuto rilevare l’estinzione, per maturata decadenza, dell a pretesa impositiva ;
1.16 -col sedicesimo (e ultimo) motivo di ricorso, formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di legge con riferimento al d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 37bis , alla l. 7 agosto 1990, n. 241, artt. 7 e 13, alla l. 27 luglio 2000, n. 212, artt. 5, 6, 7 e 10, agli artt. 24 e 97 Cost., ed agli artt. 41, 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, assumendo che, come dedotto a motivo di appello, il giudice del gravame avrebbe dovuto rilevare la nullità dell’avviso di liquidazione una volta che – ricondotto ad una «clausola antiabuso» quale quella posta dal d.P.R. n. 131 del 1986, art. 20 -l’atto impositivo era stato emesso in difetto dell’imprescindibile contraddittorio preventivo col contribuente.
-Il primo motivo di ricorso -dal cui esame consegue l’assorbimento del secondo, del terzo e del quarto motivo non può trovare accoglimento.
2.1 -Va premesso che – alla luce dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo come costituzionalizzato nell’art. 111, secondo comma, Cost., nonché di una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 384 cod. proc. civ. ispirata a tali principi – deve ritenersi consentito alla Corte, una volta verificata l’omessa pronuncia su un motivo di gravame, di omettere la cassazione con rinvio della sentenza impugnata, così decidendo la causa nel merito, allorquando la questione di diritto posta con quel motivo risulti
infondata, di modo che la statuizione da rendere viene a confermare il dispositivo della sentenza di appello, e non risultando, per l’appunto, necessario alcun ulteriore accertamento in fatto (Cass., 1 marzo 2019, n. 6145; Cass. Sez. U., 2 febbraio 2017, n. 2731; Cass., 3 marzo 2011, n. 5139; Cass., 1 febbraio 2010, n. 2313; Cass., 28 luglio 2005, n. 15810; Cass., 23 aprile 2001, n. 5962).
2.2 – Come deduce la stessa ricorrente, vengono in rilievo questioni afferenti alla nullità dell’avviso di liquidazione che sono state introdotte in giudizio (solo) con l’atto di appello e della cui proposizione, col ricorso introduttivo del giudizio, non si dà, in effetti, alcun conto (v. il ricorso, fol. 5).
Trattasi, per di più , di motivi di impugnazione dell’avviso di liquidazione la cui proposizione nemmeno risulta dalle stesse pronunce dei giudici di merito.
2.3 -Come la Corte ha in più occasioni statuito, il divieto posto dal d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 57, – alla cui stregua, nel giudizio di appello, non possono proporsi «nuove eccezioni che non siano rilevabili anche d’ufficio» – riguarda le sole eccezioni in senso stretto, e non anche le eccezioni improprie o le mere difese, che sono sempre deducibili; e che per eccezioni in senso stretto debbono intendersi quelle attraverso le quali il contribuente fa valere, con i motivi di ricorso, un fatto giuridico avente efficacia modificativa, impeditiva od estintiva della pretesa fiscale, non potendo al contrario essere considerate tali – e non comportando pertanto il divieto di sollevare eccezioni nuove in appello, posto dall’art. 57, cit., – la deduzione, in grado di appello, di cosiddette eccezioni improprie, o mere difese, in quanto dirette a sollecitare il rilievo d’ufficio da parte del giudice della inesistenza dei fatti costitutivi del diritto dedotto in giudizio, ovvero, specularmente, in quanto volte alla mera contestazione RAGIONE_SOCIALE censure mosse dal contribuente all’atto impugnato – con il ricorso introduttivo
– ed alle quali rimane quindi circoscritta la indagine rimessa al giudice (così Cass., 31 maggio 2016, n. 11223; Cass., 5 dicembre 2014, n. 25756; v. altresì, ex plurimis , Cass., 10 maggio 2019, n. 12467; Cass., 21 marzo 2019, n. 8073; Cass., 30 ottobre 2018, n. 27562; Cass., 29 dicembre 2017, n. 31224; Cass., 22 settembre 2017, n. 22105).
E si è, quindi, rimarcato che debbono ascriversi alla categoria RAGIONE_SOCIALE eccezioni in senso stretto tutti i vizi d’invalidità dell’atto impositivo per difetto di elementi formali essenziali, incompetenza o violazione di norme sul procedimento (v. Cass., 30 settembre 2015, n. 19414).
2.4 -Nella fattispecie, pertanto, vengono in rilievo questioni che -afferenti al difetto di motivazione dell’avviso di liquidazione (v., ex plurimis , Cass., 5 maggio 2010, n. 10802; Cass., 5 giugno 2002, n. 8114 ), alla decadenza dell’amministrazione dal potere impositivo, previa corretta qualificazione dell’imposta come suppletiva o complementare (v., anche qui ex plurimis , Cass., 3 ottobre 2018, n. 24074; Cass., 9 gennaio 2015, n. 171; Cass., 27 gennaio 2012, n. 1154; Cass., 24 agosto 2007, n. 18019; Cass., 11 dicembre 2006, n. 26361), al difetto di un preventivo contraddittorio (endoprocedimentale; v. Cass., 30 settembre 2015, n. 19414) -andavano dedotte col ricorso introduttivo del giudizio, così che la relativa proposizione con i motivi di appello ne radica l’inammissibilità.
-Anche l’esame dei motivi dodicesimo, tredicesimo, quattordicesimo, quindicesimo e sedicesimo rimane assorbito dal rigetto del primo motivo di ricorso.
In disparte l’inconfigurabilità di un’integrazione della motivazione dell’atto impositivo sulla base di una (mera) allegazione difensiva in ordine alla qualificazione giuridica della natura dei poteri esercitati, resta, al fondo, che vengono così prospettate censure di violazione di legge (anche processuale) che afferiscono, come appena rilevato, a
motivi di impugnazione dell’atto impositivo connotati dalla inammissibilità della relativa proposizione (solo) con i motivi di appello.
-Il quinto motivo di ricorso è destituito di fondamento.
4.1 -Come le Sezioni unite della Corte hanno statuito, la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54, d.l. 22 giugno 2012 n. 83, conv., con modificazioni, in l. 7 agosto 2012 n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al minimo costituzionale del sindacato di legittimità sulla motivazione; pertanto, è denunciabile in Cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; tale anomalia si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione (Cass. Sez. U., 22 settembre 2014, n. 19881; Cass. Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053).
Si è quindi ripetutamente precisato che deve ritenersi apparente la motivazione che, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente, come parte del documento in cui consiste il provvedimento giudiziale, non renda tuttavia percepibili le ragioni della decisione, perchè consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’iter logico seguito per la formazione del convincimento, di talché essa non consente alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice (Cass. Sez. U., 3 novembre 2016, n. 22232; v., altresì, Cass., 18 settembre 2019, n. 23216; Cass., 23 maggio 2019, n. 13977; Cass., 7 aprile 2017, n. 9105; Cass. Sez. U.,
24 marzo 2017, n. 7667; Cass. Sez. U., 3 novembre 2016, n. 22232; Cass. Sez. U., 5 agosto 2016, n. 16599).
E la Corte ha rimarcato, altresì, che la sentenza pronunziata in sede di gravame è legittimamente motivata per relationem ove il giudice d’appello, facendo proprie le argomentazioni del primo giudice, esprima, sia pure in modo sintetico, le ragioni della conferma della pronuncia in relazione ai motivi di impugnazione proposti, sì da consentire, attraverso la parte motiva di entrambe le sentenze, di ricavare un percorso argomentativo adeguato e corretto, ovvero purchè il rinvio sia operato sì da rendere possibile ed agevole il controllo, dando conto RAGIONE_SOCIALE argomentazioni RAGIONE_SOCIALE parti e della loro identità con quelle esaminate nella pronuncia impugnata (Cass., 5 agosto 2019, n. 20883; Cass., 5 novembre 2018, n. 28139; Cass., 25 ottobre 2018, n. 27112; Cass., 21 settembre 2017, n. 22022; Cass. Sez. U., 20 marzo 2017, n. 7074; Cass. Sez. U., 3 novembre 2016, n. 22232).
4.2 -Come, allora, reso esplicito dai relativi contenuti, sopra ripercorsi, la motivazione della gravata sentenza dà, in effetti, conto RAGIONE_SOCIALE ragioni che sono state poste a fondamento del decisum , e della autonoma valutazione RAGIONE_SOCIALE stesse, né la (pur) dedotta violazione di legge (anche processuale) può ridondare in un vizio di nullità, l’erronea motivazione in diritto rimanendo suscettibile di denuncia per violazione di legge laddove alla motivazione in fatto si correla il parametro del sindacato di legittimità previsto dall’art. 360, primo comma, n . 5, cod. proc. civ.
-E’, per converso, fondato, e va accolto, il decimo motivo di ricorso dal cui esame – logicamente pregiudiziale rispetto ai residui motivi -consegue l’assorbimento del settimo e dell’undicesimo motivo.
5.1 -Come denuncia parte ricorrente, il giudice del gravame ha rilevato la novità, e la conseguente inammissibilità, della deduzione
svolta con l’atto di appello in ordine all’identificazione dell’oggetto del contratto sottoposto a tassazione, e con specifico riferimento al difetto di cessione di elementi materiali di organizzazione dell’attività produttiva.
In disparte che la deduzione inerente all’oggetto del contratto era (già) entrata nel thema decidendum in relazione alla dedotta mancata realizzazione dell ‘ impianto fotovoltaico -e che la stessa pronuncia di prime cure aveva rimarcato la configurabilità di un’azienda in presenza di una «apprezzabile idoneità potenziale dell’organizzazione dei fattori produttivi a esercitare una attività» seppur necessaria un’integrazione «con altri elementi o fattori produttivi» – rileva la Corte -per come osservato in precedenza in relazione al primo motivo di ricorso (v. sub 2.3 che precede) -che l’allegazione in questione si muoveva, pur sempre -oltreché nei termini di una mera integrazione RAGIONE_SOCIALE deduzioni svolte col ricorso introduttivo – sul (solo) piano della contestazione della pretesa impositiva e, per di meglio, della insussistenza del fatto costitutivo della pretesa impositiva qual identi ficato nell’oggetto del contratto sottoposto a tassazione di registro, e qual esposto nell’atto impositivo.
La deduzione in discorso non poteva, dunque, ascriversi al novero RAGIONE_SOCIALE eccezioni in senso proprio non avendo ad oggetto fatti ad efficacia modificativa, impeditiva od estintiva della pretesa fiscale e risolvendosi, piuttosto, in una contestazione della qualificazione giuridica operata dall’RAGIONE_SOCIALE in relazione all’oggetto contrattuale; thema probandum e decidendum , questo, che già apparteneva all’oggetto del giudizio nei termini di una (imprescindibile) identificazione dell’oggetto del contratto ed al cui interno detta deduzione rimaneva, quale allegazione della insussistenza del fatto costitutivo della pretesa impositiva.
-Vanno, da ultimo, accolti, per quanto di ragione, il sesto e il nono motivo di ricorso dal cui congiunto esame consegue l’assorbimento dell’ottavo motivo.
6.1 -Va debitamente premesso che la qualificazione contrattuale che va operata sulla base degli elementi desumibili dall’atto presentato per la registrazione «prescindendo da quelli extratestuali e dagli atti ad esso collegati, salvo quanto disposto dagli articoli successivi» (d.P.R. n. 131 del 1986, art. 20) -presupponeva, nella fattispecie, l’identificazione degli elementi identitari di un’azienda che c onsentissero di affermare, o escludere, l’esistenza di un complesso di beni organizzati (anche solo in via potenziale) all’esercizio di un’impresa quale oggetto dell’atto sottoposto a registrazione; laddove, dunque, la preclusione alla valutazione di elementi extratestuali – quale conseguente alla riformulazione dell’art. 20, cit., ad opera della l. 27 dicembre 2017, n. 205, art. 1, c. 87 (v. Corte Cost., sentenze del 21 luglio 2020, n. 158 e del 16 marzo 2021, n. 39) – opera sul piano della qualificazione giuridica dell’atto sottoposto a registrazione – sulla sua sussunzione in alcuno degli atti tipici prefigurati dalla disciplina sostanziale del tributo non anche con riferimento all’accertamento in fatto del contenuto di quello stesso atto registrato e quanto, dunque, al suo oggetto contrattuale.
Non viene, pertanto, in rilievo, nella fattispecie, una riqualificazione contrattuale dell’atto sulla base di elementi extratestuali, ovvero in considerazione (unitaria) di negozi (formalmente) distinti ma da considerare collegati; la qualificazione contrattuale, per vero, risulta tutta interna all’atto da tassare (al suo oggetto) e si incentra sugli elementi identificativi dell’oggetto contrattuale .
6.2 -In tema di IVA, e con riferimento alla regola della cd. non avvenuta cessione di cui all’art. 19 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006 ( sostanzialmente riproduttivo dell’art.
5, paragrafo 8, della sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977) -disposizioni, queste, che qui rilevano ai fini dell’applicazione del principio di alternatività Iva/Registro – la Corte di Giustizia ha statuito che:
dette disposizioni debbono ritenersi volte ad «agevolare i trasferimenti di imprese, semplificandoli ed evitando di gravare la tesoreria del beneficiario di una spesa rilevante, che sarebbe, in ogni caso, recuperata successivamente mediante detrazione dell’IVA versata a monte» (CGUE, 19 dicembre 2018, causa C-17/18, Vi. Ma. e a., punto 13; CGUE, 10 novembre 2011, procedimento C-444/10, COGNOME, punto 23; CGUE, 27 novembre 2003, procedimento C497/01, Zita Modes, punto 39);
per «trasferimento di un’universalità totale o parziale di beni» si deve intendere la cessione «di un’azienda o di una parte autonoma di un’impresa, compresi gli elementi materiali e, eventualmente, immateriali che, complessivamente, costituiscono un’impresa o una parte di impresa idonea a svolgere un’attività economica autonoma, ma che non vi rientra la mera cessione di beni, quale la vendita di uno stock di prodotti» (CGUE, 19 dicembre 2018, causa C-17/18, cit., punto 14, ed ivi ulteriori riferimenti alla pregressa giurisprudenza della Corte);
«affinché si configuri un trasferimento di un’azienda o di una parte autonoma di un’impresa, occorre che il complesso degli elementi trasferiti sia sufficiente per consentire la prosecuzione di un’attività economica autonoma e che la questione se tale complesso debba o meno contenere sia beni mobili che beni immobili deve essere valutata alla luce della natura dell’attività economica di cui trattasi» (CGUE 19 dicembre 2018, causa C-17/18, cit., punto 15; CGUE 10 novembre 2011, causa C-444/10, cit., punti 25 e 26);
– a detti fini, «deve essere accordata particolare importanza alla natura dell’attività economica che si intende proseguire nell’ambito della valutazione globale RAGIONE_SOCIALE circostanze di fatto che dev’essere effettuata per determinare se l’operazione di cui trattasi rientri nella nozione di «trasferimento di un’universalità di beni», ai sensi della direttiva IVA (CGUE 19 dicembre 2018, cit., punto 15; CGUE 10 novembre 2011, cit., punto 32).
6.3 – Secondo la giurisprudenza di questa Corte, deve qualificarsi quale cessione di azienda una cessione di beni strumentali atti, nel loro complesso e nella loro interdipendenza, all’esercizio di impresa, mentre la cessione di singoli beni, inidonei di per sè ad integrare la potenzialità produttiva propria dell’impresa, deve essere sottoposta ad IVA; ai fini dell’assoggettamento all’imposta di registro non si richiede che l’esercizio dell’impresa sia attuale, essendo sufficiente l’attitudine potenziale all’utilizzo per un’attività d’impresa, né è esclusa la cessione d’azienda per il fatto che non risultino cedute anche le relazioni finanziarie, commerciali e personali (v. Cass., 30 giugno 2021, n. 18402; Cass., 27 dicembre 2018, n. 33486; Cass., 17 novembre 2017, n. 27290; Cass., 22 gennaio 2013, n. 1405; Cass., 19 novembre 2007, n. 23857; Cass., 25 gennaio 2002, n. 897; Cass., 28 aprile 1998, n. 4319).
Si è, peraltro, rimarcato che – se può ascriversi alla fattispecie della cessione di azienda anche una sola parte dei beni ceduti che, pur non comprendendo tutti quelli che appartenevano all’azienda oggetto di cessione, abbia tuttavia mantenuto un’organizzazione autonoma idonea a consentire di esercitare un’attività d’impresa, seppur con inevitabili integrazioni che il cessionario abbia dovuto porre in essere, e ciò non di meno, – è pur sempre necessario che i beni ceduti conservino un residuo di organizzazione che ne dimostri l’attitudine, sia pure con la successiva integrazione del cessionario, all’esercizio
dell’impresa, dovendo comunque trattarsi di un insieme organicamente finalizzato ex ante all’esercizio dell’attività d’impresa (Cass., 30 marzo 2021, n. 8748; Cass., 8 maggio 2013, n. 10740; Cass., 9 ottobre 2009, n. 21481; Cass., 9 dicembre 2005, n. 27286); nonché che l’accertamento relativo all’individuazione, riguardo ai beni trasferiti, di un rapporto di complementarietà strumentale tra gli stessi, quali elementi organizzati per lo svolgimento di un’attività di impresa, costituisce un’indagine che rientra nell’apprezzamento RAGIONE_SOCIALE risultanze processuali devoluta al giudice di merito ed è censurabile solo per vizio di motivazione (Cass., 22 gennaio 2013, n. 1405; Cass., 28 aprile 1998, n. 4319).
La Corte ha, poi, escluso che una cessione di azienda possa identificarsi con la mera cessione di un’autorizzazione amministrativa, essendosi rilevato che « la cessione dell’autorizzazione al trasporto merci alcuna potenzialità produttiva avrebbe potuto ex se esprimere se non in combinazione con i beni strumentali cui correlare quell’autorizzazione e, così, rendere possibile l’esercizio dell’impresa » (così Cass., 30 giugno 2021, n. 18402); nonché che deve essere esclusa la potenziale idoneità dei fattori pro duttivi all’esercizio dell’impresa laddove emergeva la « necessità di eseguire «gravosissimi lavori di ristrutturazione», – al fine di poter considerare il fabbricato, oggetto di trasferimento, elemento idoneo a concorrere alla svolgimento dell’attività di impresa avente ad oggetto la gestione di un residence , – e … difetto di elementi idonei anch’essi a concorrere ad una siffatta attività economica («necessari impianti elettrici, di riscaldamento, di condizionamento, antincendio e telefonici, …mobili e … sanitari) » (così Cass., 11 maggio 2022, n. 14929).
6.4 – Come sopra rilevato in relazione al decimo motivo di ricorso, nel ritenere l’inammissibilità della deduzione (in tesi nuova) inerente al difetto di cessione di elementi materiali dell’organizzazione produttiva,
il giudice del gravame si è, in effetti, precluso ogni compiuto esame che la pretesa impositiva imponeva relativamente all’identificazione dell’oggetto del contratto sottoposto a tassazione di registro, ed alla conseguente configurabilità di una cessione di azienda.
-L’impugnata sentenza va, pertanto, cassata in relazione ai motivi di ricorso accolti e la causa va rinviata, anche per la disciplina RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio che, in diversa composizione, procederà al riesame della controversia attenendosi ai principi di diritto sopra esposti (sotto i paragrafi nn. 2.3, 5. e 6. che precedono).
P.Q.M.
La Corte, accoglie il sesto, il nono ed il decimo motivo di ricorso, rigetta il primo ed il quinto motivo, dichiara assorbiti i residui motivi di ricorso; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 20 ottobre 2023.