Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21576 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21576 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 31/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18427/2022 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVA) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
e nei confronti di
RAGIONE_SOCIALE A RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in ROMA,
INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente incidentale- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. della CAMPANIA-NAPOLI n. 512/2022 depositata il 12/01/2022. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 04/07/2024
dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
Giova premettere che il presente giudizio approda per la seconda volta in cassazione dopo che la Sez. 5 Civ. di questa Suprema Corte, con sentenza n. 1289 del 17/09/2019 (dep. 2020), ha cassato con rinvio la sentenza n. 629/31/2015, depositata il 23 gennaio 2015, con cui la CTR della RAGIONE_SOCIALE, in accoglimento degli appelli proposti da RAGIONE_SOCIALE (oggi, RAGIONE_SOCIALE ) e da RAGIONE_SOCIALE NOME , aveva annullato l’avviso di accertamento volto a recuperare, nei confronti di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e del suo RAGIONE_SOCIALE, il predetto COGNOME, maggiore IVA dovuta per l’anno d’imposta 2009, con interessi e sanzioni.
In particolare, il giudice di appello, dato atto che il giudizio di primo grado, in cui era intervenuta RAGIONE_SOCIALE, società capogruppo nell’interesse della quale era stata posta in essere la contestata attività di RAGIONE_SOCIALE, si era concluso con il rigetto del ricorso dell’COGNOME, aveva ritenuto che i gravami interposti sia da quest’ultimo che da RAGIONE_SOCIALE fossero fondati in quanto non era stato rispettato il termine dilatorio di sessanta giorni di cui all’art. 12, comma 7, l. 27 luglio 2000, n. 212, non
ricorrendo le ragioni di urgenza indicate dall’Amministrazione finanziaria (solo) nel corso del giudizio.
Avverso la sentenza d’appello l’RAGIONE_SOCIALE, nella resistenza dei contribuenti, aveva proposto ricorso per cassazione con due motivi, denunciando, mediante il primo, omessa pronuncia ‘sulla sussistenza della dedotta particolare ragione di urgenza consistente ‘nell’alto profilo di pericolosità fiscale sottostante i meccanismi fraudolenti posti in essere’ e, mediante il secondo, violazione dell’art. 12, comma 7, St. contr. ‘per aver la Commissione regionale escluso la sussistenza delle ragioni di urgenza ‘.
Con l’ordinanza rescindente, la S.C., rigettato il primo, accoglieva il secondo motivo, osservando:
2.1. . In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’art. 12, settimo comma, l.n. 212 del 2000, deve essere interpretato nel senso che l’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento -termine decorrente dal rilascio al contribuente, nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un’ispezione o una verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni -determina di per sé, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, l’illegittimità dell’atto impositivo emesso ante tempus, poiché detto termine è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale (così, Cass., sez. un., 29 luglio 2013, n. 18184). Il vizio invalidante non consiste nella mera omessa enunciazione nell’atto dei motivi di urgenza che ne hanno determinato l’emissione anticipata, bensì nell’effettiva assenza di detto requisito, la cui ricorrenza,
nella concreta fattispecie e all’epoca di tale emissione, deve essere provata dall’ufficio.
2.2. E’ stato chiarito che la disposizione normativa in esame sanziona con la nullità l’atto impositivo emesso ante tempus, senza che, ai fini della relativa declaratoria, debba essere effettuata la prova di resistenza, salvo che, limitatamente ai soli tributi armonizzati, la normativa interna non preveda l’obbligo del contraddittorio con il contribuente nella fase amministrativa, ipotesi nelle quali il giudice tributario è tenuto ad effettuare una concreta valutazione ex post sul rispetto del contraddittorio (cfr. Cass., sez. un., 9 dicembre 2015, n. 24823; vedi, successivamente, Cass. 15 gennaio 2019, n. 701).
2.3. Con specifico riferimento alle ragioni che possono consentire l’anticipazione della notifica dell’atto impositivo, questa Corte ha ritenuto che può essere sufficiente, se specificamente riferita al contribuente e al rapporto tributario controverso, l’allegazione della sua partecipazione ad una frode perpetrata ai danni dell’Erario (cfr. Cass. 7 settembre 2018, n. 21815; Cass., ord., 2 luglio 2018, n. 17211; Cass., ord., 24 giugno 2014, n. 14287; Cass. 5 febbraio 2014, n. 2587). Tale circostanza, infatti, se dimostrata, potrebbe richiedere un’anticipata notifica dell’atto impositivo, al fine di evitare il pericolo di una perdita fiscale per l’erario o, comunque, di circoscrivere gli effetti pregiudizievoli di tale perdita, ovvero di evitare la protrazione di una condotta in essere o, comunque, la reiterazione della stessa che presenti carattere gravemente illecito, anche in considerazione dell’entità dell’importo oggetto del recupero fiscale fatto valere con l’atto notificato.
2.4. Il giudice di appello, nel ritenere insussistenti le ragioni di urgenza dedotte dall’Amministrazione finanziaria in ragione del fatto che la notifica dell’avviso di accertamento fosse intervenuta dopo la cancellazione della società contribuente dal registro delle imprese, non ha fatto corretta applicazione dei riferiti principi di diritto, omettendo di valutare se un’anticipata notifica dell’avviso di accertamento avrebbe potuto eliminare o circoscrivere il pericolo della compromissione degli interessi sottesi alle ragioni esplicitate dall’Erario, in relazione al dedotto e non smentito profilo di pericolosità fiscale derivante dai meccanismi fraudolenti asseritamente posti in essere dalla RAGIONE_SOCIALE
Riassumeva il giudizio l’RAGIONE_SOCIALE nanti la RAGIONE_SOCIALE della RAGIONE_SOCIALE, costituendosi sia l’RAGIONE_SOCIALE che RAGIONE_SOCIALE
Con la sentenza in epigrafe, la CTR – ritenuto che, in conseguenza della ‘ cassazione integrale della sentenza ‘, ‘la cognizione del giudizio di rinvio delimitata dai motivi di appello originari’, esaminava tutti tali motivi, disattendendoli.
Propone ricorso per cassazione l’RAGIONE_SOCIALE con quattro motivi.
Propone ricorso incidentale RAGIONE_SOCIALE con un motivo.
Resiste l’RAGIONE_SOCIALE con controricorso.
Considerato che:
Il ricorso principale dell’COGNOME è strutturato in guisa tale che, a p. 17, sono enunciati i quattro motivi e, nelle pagine a seguire, è sviluppato un RAGIONE_SOCIALE contesto argomentativo.
I quattro motivi enunciati a p. 17 sono, testualmente, i seguenti:
Violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 2495 cc
Violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 12 comma 7 legge 212 del 2000
Violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 7 legge 212 del 2000 con conseguente difetto di motivazione
Violazione e/o mancata applicazione del giudicato interno di cui alla sentenza n. 425/2018 -rga 376/2016.
2.1. Subito in appresso si legge: ‘È di tutta evidenza come la sentenza in contestazione sia stata emessa in contrasto con le citate norme imperative per cui ricorrono i presupposi ex art. 360, primo comma, n. 3, codice procedura civile, come riformulato dall’art. 54 del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito in legge 7 agosto 2012, n. 134, stante la violazione e falsa applicazione delle richiamate norme di diritto’.
Segue, come detto, l’unitario sviluppo argomentativo, di cui, in appresso, si propone un conciso riassunto per sommi capi:
-p. 18: ‘Come più volte sottolineato sin dal primo grado di giudizio il ricorrente COGNOME NOME ha sempre posto all’attenzione di ciascun collegio giudicante la carenza di legittimazione ad agire visto che egli, in seguito alla avvenuta cancellazione della società RAGIONE_SOCIALE, non aveva alcun titolo a rappresentarla. L’avviso di accertamento in contestazione, peraltro, era intestato e notificato, sebbene presso la residenza anagrafica del ricorrente, proprio alla cessata società, perciò era ovvio che egli fosse privo di capacità processuale’.
L’affermazione della sentenza impugnata circa l’insussistenza di alcuna nullità della notificazione dell’avviso di accertamento è erronea in quanto: ‘AVV_NOTAIO NOME COGNOME il giorno 1 agosto 2012, data di notifica dell’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO,
non era più legale rappresentante della società da almeno diciotto mesi, visto che essa era stata già cancellata dal competente Registro delle Imprese, il 25 gennaio 2011, protocollo 18 febbraio 2011, pratica iscritta il giorno 6 aprile 2011; II. NOME COGNOME, per la medesima ragione, non era più il liquidatore della società RAGIONE_SOCIALE, C.F. P_IVA; III. L’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO, diversamente da quanto riportato in sentenza, era intestato e notificato alla predetta società e non già al RAGIONE_SOCIALE quale potenziale responsabile nei presupposti e nei limiti di cui all’articolo 2495 cc. In tal caso, infatti, avremmo avuto la notifica di un atto di accertamento e di responsabilità, come nel caso dell’avviso n. NUMERO_DOCUMENTO. A tal fine è opportuno ricordare che il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 36, obbliga l’Amministrazione finanziaria a rispettare una precisa disciplina procedimentale e, in particolare, ad emanare un avviso di accertamento al RAGIONE_SOCIALE, il quale potrà contestarlo giudizialmente sia per quanto attiene alla sussistenza del debito di imposta, sia per gli specifici presupposti a lui riferibili’. Deve trovare applicazione il principio secondo cui ‘gli atti impositivi notificati alla società estinta devono considerarsi inesistenti e privi di ogni effetto giuridico’.
-p. 28: ‘Proprio in ossequio a quanto detto la sentenza resa dalla Onorevole Commissione Tributaria Regionale della RAGIONE_SOCIALE, Sezione 11, contradditoria per ammissione del suo stesso estensore, va altresì cassata anche per il mancato accoglimento della richiesta di applicazione del giudicato interno alla fattispecie posta alla sua attenzione, con la inaccettabile conseguenza di due sentenze contrastanti rispetto alla medesima fattispecie . Posto che diversamente da quanto appena riportato la sentenza n. 425/2018 -RGA 376/2016 richiamata dall’allora riassumente, con tanto di attestazione di passaggio in giudicato riportata in calce alla medesima, era ed è agli atti del fascicolo, va altresì precisato che l’avviso di accertamento NUMERO_DOCUMENTO trattava
esattamente la medesima complessa questione posta oggi all’attenzione della Corte, con la Sezione 16 della CTR della RAGIONE_SOCIALE che sconfessava e annullava, sempre sulla base del medesimo articolo 2495 cc, la sentenza 12165/2015 resa dalla Sezione 46 della CTP di Napoli. Il ricorrente, oggi come allora, invocava la impossibilità, sebbene in quel caso ci trovassimo in presenza di una notifica tecnicamente corretta dell’avviso di accertamento intestato al Signor COGNOME nella qualità di RAGIONE_SOCIALE e liquidatore di RAGIONE_SOCIALE A RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE società estinta, di considerarlo debitore perché non esisteva alcun trasferimento al RAGIONE_SOCIALE, né responsabilità del liquidatore ‘;
-p. 30 e subito a seguire p. 31: ‘Che quel giorno alla Sezione 11 della Onorevole Commissione Tributaria Regionale della RAGIONE_SOCIALE ci sia stata un po’ di confusione è abbastanza chiaro oltre che per quanto anzidetto anche quando si ritiene assolto l’obbligo di motivazione con il semplice richiamo ad un atto che dopo quattro gradi di giudizio non è ancora venuto fuori visto ‘che la omessa allegazione della segnalazione di Ufficio da cui prende le mosse l’accertamento non inficia l’avviso e la validità’ rendendo così pregiudicato il diritto del povero COGNOME ad una conoscenza piena delle ragioni a base dell’accertamento e del concreto procedimento a supporto della contestazione mossa . Ancora una volta, come evidente, alla Sezione 11 della Onorevole CTR della RAGIONE_SOCIALE cadere in contraddizione pare rappresenti un dogma il Collegio, infatti, ritiene non sussistere alcuna violazione all’articolo 12 comma 7 della legge 212/2000 ‘.
I motivi sono inammissibili in quanto affastellati in un RAGIONE_SOCIALE sviluppo illustrativo, che li avvince senza individuare soluzioni di continuità e senza evidenziare, partitamente, le specifiche ragioni in diritto di pertinente censura, che si rammenta formulata invece ‘una tantum’, sotto l’unitario paradigma di cui all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.
Tutti i motivi diversi dal terzo (‘Violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 7 legge 212 del 2000 con conseguente difetto di motivazione’) sono altresì inammissibili perché il ricorso, allegato (p. 12) il puro e semplice accoglimento da parte della sentenza d’appello dell’allora terzo motivo di doglianza dei contribuenti, riguardante la violazione del termine dilatorio (sì da avere sul punto l’RAGIONE_SOCIALE proposto ricorso per cassazione), non rende conto, in violazione dei principi di precisione ed autosufficienza, dell’assorbimento degli ulteriori motivi di doglianza, RAGIONE_SOCIALE fattore legittimante la loro riproposizione in sede di rinvio e, quindi, nel presente grado di giudizio.
Fermo quanto innanzi, procedendosi egualmente, per tuziorismo, alla disamina dei singoli motivi, osservasi:
la censura riguardante la dedotta violazione dell’art. 2495 cod. civ. è infondata.
Questa Suprema Corte ha, recentemente, avuto modo di ribadire che ‘l’atto impositivo intestato a società di persone o di capitali estinta è valido ed efficace, anche se notificato agli ex soci collettivamente ed impersonalmente nell’ultimo domicilio della società (analogamente a quanto previsto dall’art. 65, comma 4, del d.P.R. n. 600 del 1973 in caso di morte del debitore) o singolarmente a taluno di essi, non essendo necessaria l’emissione di specifici atti intestati e diretti ai medesimi, giacché l’estinzione determina un peculiare fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale i soci subentrano nelle medesime obbligazioni inadempiute della società, rispondendone illimitatamente o nei limiti di quanto riscosso in sede di liquidazione, a seconda che, ‘pendente societate’, fossero illimitatamente o limitatamente responsabili per i debiti sociali’ (Sez. 5, n. 753 del 09/01/2024, Rv. 669949 -02).
A tale principio la CTR si è attenuta, laddove perspicuamente osserva
–che ‘ l’avviso di accertamento in esame non costituisce altro che contestazione di una pretesa del creditore sociale RAGIONE_SOCIALE per l’IVA maturata con riferimento a periodo di imposta in cui la società era esistente ed attiva (2009), costituendo in effetti atto di accertamento del debito sociale da (poter) valere nei confronti dei soci ovvero dei liquidatori ex art. 2495 c.c. responsabili potenzialmente sulla base dei presupposti e nei limiti previsti dalla detta norma’, sicché ‘l’avviso non è invalido per aver contemplato come destinatario la società, perché in effetti si tratta della affermazione della pretesa impositiva verso la società – ossia l soggetto obbligato -presupposto per la azione ‘suppletiva’ nei confronti dei soci (nel casoRAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALECOGNOME) o liquidatori (nel caso l’RAGIONE_SOCIALE liquidatore, il medesimo COGNOME)’;
–che ‘non vi è nullità di notificazione, in quanto l’avviso risulta consegnato a mani del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE al momento appunto della estinzione, nel luogo di sua residenza , ossia a l potenziale responsabile nei presupposti e limiti di cui all’art. 2495 c.c.’.
A fronte di ciò, del tutto illogica è la pretesa del contribuente (cfr. p. 6 ric.) a termini della quale ‘l’impugnazione proposta avverso l’avviso di accertamento in trattazione notificato alla società (e non diretto anche all’ex liquidatore in proprio per sue specifiche responsabilità) dovut essere dichiarata improponibile già nel primo grado, giusta eccezione sollevata dall’RAGIONE_SOCIALE alla Onorevole Commissione Tributaria Provinciale di Napoli e puntualmente ribadita all’attenzione di ciascun giudice, ivi compreso il presente nonché quello del rinvio che ben avrebbe potuto rilevare il difetto di capacità, giuridica e processuale, della società, essendosi già prodotto l’effetto estintivo a seguito di cancellazione volontaria dal Registro delle Imprese ‘. L’COGNOME non
documenta di aver agito spendendo la qualità di ex liquidatore o comunque di ex legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE, giacché anzi allega di aver agito, specificamente, in proprio, come emerge dalla seguente affermazione: ‘Avverso detto atto il Signor COGNOME NOME, ‘sine titulo’, proponeva ricorso alla Onorevole Commissione Tributaria Provinciale di Napoli -RGR 17576/12 -chiedendo la nullità assoluta dell’avviso di accertamento’ (p, 2 ric.). Donde – affermati propri legittimazione ed interesse ad impugnare per il fatto in sé della proposizione del ricorso – è quantomeno singolare, e ‘funditus’ contraddittorio, che il medesimo sostenga, ora, senza peraltro comprovarlo, di aver sollevato dinanzi alla stessa CTP ‘eccezione’ di ‘improponibilità’ della domanda: eccezione che comunque, avendo egli, pacificamente ex RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, agito in proprio, non trova fondamento;
la censura riguardante la dedotta violazione dell’art. 12, comma 7, st. contr. è manifestamente infondata.
Infatti la CTR – sottolineato, ulteriormente rispetto al mandato della sentenza rescindente, non esservi in realtà stato ‘alcun accesso in sede a fondamento della ripresa in accertamento (dunque alcun previo pvc)’, poiché ‘qui l’avviso di accertamento è sulla segnalazione di ufficio e soprattutto sulla base fondamentale di quanto autodichiarato sia in modello RAGIONE_SOCIALE che in bilancio dalla società e su vicende riguardati la compagine societaria, tutte notizie o dichiarate al fisco o tratte da registri pubblici’ accerta, ossequiando perfettamente il mandato, che, ‘in presenza della contestata frode in accertamento, sussistevano più che giustificate ragioni per l’immediata emanazione dell’avviso di accertamento’, alla stregua dell’entità della frode in atto (evincibile da dati obiettivi: ‘Volume di affari dichiarato 78mlm a fronte di ricavi per 82mln; acquisti per 140mln con costo iscritto a bilancio e modello RAGIONE_SOCIALE per massimo 80mln; assoluta mancanza di
giustificazione, rilevata dalla stessa contabilità pubblicata depositata , del credito IVA dichiarato -e poi ceduto- per euro 9.813.707,00 generato da operazioni inesistenti per euro 49.068.533,00 ‘per acquisti di beni strumentali non ammortizzabili, che non trovano evidenza nei dati di bilancio’, cfr. fl. 8 avviso impugnato’), in rapporto a ‘tutta una serie di operazioni poste in essere, appena utilizzato il credito inesistente in sede di infragruppo, in brevissimo periodo riguardanti la compagine sociale, dettagliatamente descritte a pag. 7 avviso, senza alcuna giustificazione e la stessa repentina messa in liquidazione appena concentrata in RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, sig. COGNOME, la intera partecipazione sociale’. Siffatta articolata, precisa ed esauriente ricostruzione della CTR a giustificazione dell’anticipata emissione dell’avviso è totalmente pretermessa in ricorso, che neppure vi accenna (limitandosi a censurare soltanto l’ulteriore affermazione della CTR secondo cui ‘rispetto a società estinta non è possibile la notificazione del pvc né qualsiasi contraddittorio preventivo’). Né detta ricostruzione si espone a censure di sorta, atteso che (così esplicitandosi un principio immanente nella giurisprudenza della legittimità, già peraltro posta fondamento della pronuncia rescindente), in materia di garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, non è illegittimo l’avviso di accertamento emesso prima dello spirare del termine dilatorio di cui all’art. 12, comma 7, della l. n. 212 del 2000, allorquando, in costanza della partecipazione del contribuente ad una frode ai danni dell’erario, emerga, avuto riguardo alla concreta situazione di fatto specificamente riferita al medesimo ed al rapporto controverso (situazione che spetta al giudice di merito compiutamente apprezzare, alla stregua di un giudizio sottratto al sindacato di legittimità se logicamente e
pertinentemente motivato), che, al momento dell’emissione dell’avviso, sussistevano obiettive ragioni d’urgenza consistenti nella necessità di evitare o comunque attenuare gli effetti pregiudizievoli della condotta illecita, tenuto conto anche della gravità di questa e dell’entità della frode.
La RAGIONE_SOCIALE – per quanto detto – ha fatto pedissequa applicazione del principio;
la censura riguardante la dedotta violazione dell’art. 7 st. contr. per difetto di motivazione dell’avviso è di per sé inammissibile e comunque infondata.
È inammissibile in quanto la motivazione dell’avviso non è riprodotta per autosufficienza.
È infondata in quanto, riprodotta in controricorso, emerge essa ‘riportare il testo integrale della segnalazione’ della RAGIONE_SOCIALE, la cui omessa allegazione è oggetto di lamentela.
Ora, per costante giurisprudenza, ‘nel processo tributario, ai fini della validità dell’avviso di accertamento non rilevano l’omessa allegazione di un documento o la mancata ostensione dello stesso al contribuente se la motivazione, anche se resa ‘per relationem’, è comunque sufficiente’ (Sez,. 5, n. 8016 del 25/03/2024, Rv. 670858 -01).
A tale insegnamento la CTR si è puntualmente attenuta nel rendere l’accertamento in fatto di cui innanzi si è reso conto;
d) la censura riguardante la violazione del ‘giudicato interno di cui alla sentenza n. 425/2018 -rga 376/2016’ è inammissibile.
A fronte dell’avere la CTR rilevato che detta sentenza, di cui sottolinea la mancata attestazione di passaggio in giudicato, riguarda ‘ la pretesa suppletiva verso il RAGIONE_SOCIALE (il cd. atto di
responsabilità ex art. 36 dpr 602/1973), che è stata oggetto di annullamento per mancata prova dei presupposti e dei limiti di responsabilità ‘suppletiva”, mentre ‘con il presente avviso l’AdE ha contestato il debito sociale (per IVA), senza determinare o pretendere somme a carico del RAGIONE_SOCIALE liquidatore, riservando poi la azione per la responsabilità suppletiva verso il RAGIONE_SOCIALE/liquidatore ex art. 2495 c.c.’, la censura
— per un verso, non riproduce la sentenza, tanto più con l’attestazione di passaggio in giudicato (né per vero la localizza tra le produzioni dei giudizi di merito, come emerge dal solo generico richiamo a p. 28 ric.: ‘La sentenza n. 425/2018 -RGA 376/2016 richiamata dall’allora riassumente, con tanto di attestazione di passaggio in giudicato riportata in calce alla medesima, era ed è agli atti del fascicolo’) ;
— per altro verso, neppure esplicita, alla luce dei concreti accertamenti in fatto compiuti nel giudizio in essa esitato, la sussistenza dei concreti presupposti per l’estensibilità della decisione favorevole al contribuente anche nel presente giudizio.
Con l’RAGIONE_SOCIALE motivo del ricorso incidentale di RAGIONE_SOCIALE si denuncia: ‘Violazione di legge. Violazione ed errata applicazione dell’art. 28, comma 4, del d. lgs. n. 175 del 2014, dell’art. 36 del dpr n. 602 del 1973, dell’art. 56 del dpr n. 633 del 1973 e dell’art. 2495, ultimo comma, del codice civile (in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, del c.p.c.)’.
7.1. ‘La statuizione oggetto di censura con il presente ricorso incidentale riguarda il primo dei tre temi affrontati dalla CTR, afferente alla esistenza e alla validità di un avviso di accertamento emesso e formato nei confronti di una società cancellata dal registro delle imprese e notificato al suo ex legale rappresentante’. ‘La statuizione adottata dalla CTR attiene dunque a due profili:
-il primo, afferente alla esistenza e validità dell’avviso di accertamento emesso nei confronti di società già cancellata dal registro delle Imprese;
-il secondo concernente e la esistenza e validità della notificazione’.
Il motivo è infondato.
Valgono le considerazioni già espresse ‘supra’, al par. 6, lett. a).
In definitiva, entrambi i ricorsi vanno rigettati, con le statuizioni consequenziali come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso principale di RAGIONE_SOCIALE NOME .
Rigetta il ricorso incidentale di RAGIONE_SOCIALE A RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (oggi, RAGIONE_SOCIALE A RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE IN RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ).
Condanna solidalmente COGNOME NOME e RAGIONE_SOCIALE A RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (oggi, RAGIONE_SOCIALE A RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE IN RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ) a rifondere all’RAGIONE_SOCIALE le spese di lite, liquidate in euro 20.000, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte di RAGIONE_SOCIALE NOME , di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso stesso, a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte di RAGIONE_SOCIALE (oggi, RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE IN
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ), di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso stesso, a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso a Roma, lì 4 luglio 2024.