Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21573 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21573 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 31/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4521/2019 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, quale incorporante la RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliate in INDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato STUDIO TRIBUTARIO DEIURE ( -) rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrenti- contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (P_IVA) che la rappresenta e difende
-resistente- avverso SENTENZA della COMM.TRIB.REG. della LOMBARDIA n. 3012/2018 depositata il 28/06/2018;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29/05/2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
RILEVATO CHE
la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE, quale incorporante la RAGIONE_SOCIALE, hanno proposto ricorso per cassazione, sulla base di quattro motivi, avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, n. 3012/21/2018, depositata in data 28 giugno 2018 non notificata, in controversia in tema di rettifica del valore di transazione dell’immobile oggetto di compravendita ai fini dell’ imposta di registro ed ipocatastale, in forza della quale, in riforma della sentenza di primo grado, veniva confermato l’atto im positivo;
l’ufficio si è costituito in giudizio ai soli fini della partecipazione alla discussione della causa ai sensi dell’art. 370, primo comma, cod. proc. civ.;
CONSIDERATO CHE
con il primo motivo le società ricorrenti deducono, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della legge 212 del 2000 nonch é dell’art. 52 del d.P.R. 131 del 1986, in quanto la C.T.R. non aveva rilevato l’eccepito difetto motivazionale quale causa di nullità dell’atto impugnato, non avendo l’Ufficio prodotto i documenti indicati come atti di comparazione, in pieno contrasto con il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità;
con il secondo motivo lamentano, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 cod. civ. e 115 e 116 cod. proc. civ, in quanto la C.T.R. aveva dato prevalenza a prove atipiche (perizia dell’UTE e valori OMI), formatesi ‘a tavolino’ e senza che fosse stato operato alcun sopralluogo, affermando circostanze contrarie alle nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza;
3. con il terzo motivo deducono, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e ss. cod. civ. in relazione agli artt. 2727 e 2729 cod. civ., in quanto la C.T.R. aveva erroneamente interpretato la volontà contrattuale delle parti, ritenendo di poter superare l’accertata sussistenza di alcuni criteri valutativi individuati dalla stessa prassi dell’Amministrazione finanziaria in materia di c.d. “vendita in blocco’ , attraverso presunzioni sprovviste dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, giudicando irrilevanti le clausole e gli allegati al contratto di compravendita da cui emergevano vincoli limitativi al diritto di proprietà gravanti sugli immobili oggetto di valutazione rappresentati dai contratti di locazione riguardanti diciassette dei trentuno immobili oggetto di cessione;
4. con il quarto motivo lamentano, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ., nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 56 del d.lgs. 546 del 1992 e dell’art. 346 cod. proc. civ., per non aver la C.T.R. rilevato la formazione di giudicato interno prodottosi per la mancata proposizione nell’appello dell’Ufficio di specifici motivi di gravame volti a confutare le eccezioni pregiudiziali sollevate dalle contribuenti in primo grado -afferenti il mancato contraddittorio nella fase endoprocedimentale ed il difetto di motivazione dell’atto impugnato
ritenute assorbite dal primo giudice;
il ricorso deve essere rigettato per le ragioni appresso specificate;
il primo motivo è infondato;
6.1. questa Corte, in tema di accertamento tributario, ha ribadito più volte che, «la motivazione di un avviso di rettifica e di liquidazione ha la funzione di delimitare l’ambito delle ragioni adducibili dall’Ufficio nell’eventuale successiva fase contenziosa, consentendo al contribuente l’esercizio del diritto di difesa » per cui, fermo restando l’onere della prova gravante sulla Amministrazione finanziaria, « è sufficiente che la motivazione contenga
l’enunciazione dei criteri astratti, in base ai quali è stato determinato il maggior valore », e non sussiste «la necessità di esplicitare gli elementi di fatto utilizzati per l’applicazione di essi, in quanto il contribuente, conosciuto il criterio di valutazione adottato, è già in condizione di contestare e documentare l’infondatezza della pretesa erariale» ed ancora che «l’obbligo di motivazione dell’avviso di accertamento di maggior valore mira a delimitare l’ambito delle ragioni adducibili dall’Ufficio nell’eventuale successiva fase contenziosa ed a consentire al contribuente l’esercizio del diritto di difesa. Al conseguimento di tali finalità è necessario e sufficiente, pertanto, che l’avviso enunci il criterio astratto in base al quale è stato rilevato il maggior valore, con le specificazioni che si rendano in concreto necessarie per il raggiungimento di detti obiettivi, essendo riservato alla eventuale sede contenziosa l’onere dell’Ufficio di provare nel contraddittorio con il contribuente (e sempre che l’impugnazione giudiziale contenga specifiche e dettagliate allegazioni al riguardo) gli elementi di fatto giustificativi della propria pretesa nel quadro del parametro prescelto e la facoltà del contribuente di dimostrare l’infondatezza della stessa anche in base a criteri non utilizzati per l’accertamento» ( vedi Cass. n. 14426/2017; n. 565/2017; n. 11560/2016; n. 25559/2014; n. 25153/2013; n. 14027/2012 tutte richiamate da Cass. civ. n° 26482/20);
6.2. nella specie, l’atto impositivo, come correttamente ritenuto dai giudici di appello, appare adeguatamente motivato attraverso il richiamo alla allegata ‘relazione di stima del valore venale in comune commercio delle unità immobiliari facenti parte del complesso edilizi o sito in INDIRIZZO‘ a cura dell’Ufficio ed a firma del Direttore. In seno a detta relazione l’Ufficio ha compiuto una analitica descrizione dei beni ed effettuato una comparazione attraverso ‘un campione di dati omogenei’ riferito ad immobili in zona aventi tre diverse tipologie: residenziali, commerciali ed uffici (descritti quanto
alle loro caratteristiche), con indicazione dei numeri di repertorio dei relativi atti pubblici, così resi accessibili;
il secondo motivo non coglie nel segno;
7.1. occorre premettere che in tema di ricorso per cassazione, la violazione dell’art. 2697 cod. civ. si configura soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella su cui esso avrebbe dovuto gravare secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 26769 del 23/10/2018, Rv. 650892 – 01) , ed ancora che, in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste in un’erronea ricognizione da parte del provvedimento impugnato della fattispecie astratta recata da una norma di legge implicando necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta, mediante le risultanze di causa, inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito la cui censura è possibile, in sede di legittimità, attraverso il vizio di motivazione. (Sez. 5, Sentenza n. 26110 del 30/12/2015, Rv. 638171 – 01);
7.2. orbene, risulta evidente che non sussiste alcuna violazione dell’art. 2697 cod. civ. in quanto i giudici della C.T.R. non hanno addebitato alle parti contribuenti il mancato assolvimento dell’onere di provare i fatti costitutivi della pretesa da essa fatta valere in giudizio mentre, sotto altro profilo, va osservato che i giudici di appello hanno ampiamente motivato sulla correttezza dei criteri adottati dall’ufficio ai fini della quantificazione del valore dei beni oggetto di vendita (v. pagg. 3-6), sicchè non può configurarsi alcuna violazione di legge;
7.3. né può ravvisarsi alcuna violazione dei principi di cui a ll’ art. 115 cod. proc. civ., posto che in tema di ricorso per cassazione, può essere dedotta la violazione dell’art. 115 c.p.c. qualora il giudice, in contraddizione con la prescrizione della norma, abbia posto a
fondamento della decisione prove inesistenti e, cioè, sia quando la motivazione si basi su mezzi di prova mai acquisiti al giudizio, sia quando da una fonte di prova sia stata tratta un’informazione che è impossibile ricondurre a tale mezzo (ipotesi diversa dall’errore nella valutazione dei mezzi di prova – non censurabile in sede di legittimità – che attiene alla selezione da parte del giudice di merito di una specifica informazione tra quelle astrattamente ricavabili dal mezzo assunto), a condizione che il ricorrente assolva al duplice onere di prospettare l’assoluta impossibilità logica di ricavare dagli elementi probatori acquisiti i contenuti informativi individuati dal giudice e di specificare come la sottrazione al giudizio di detti contenuti avrebbe condotto a una decisione diversa, non già in termini di mera probabilità, bensì di assoluta certezza. (Sez. 3 – , Sentenza n. 12971 del 26/04/2022, Rv. 664816 – 01), ipotesi che certamente non ricorre nella fattispecie in esame;
7.4. dal momento che, in tema di ricorso per cassazione, la doglianza circa la violazione dell’art. 116 c.p.c. è ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa – secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione. (Sez. U – , Sentenza n. 20867 del 30/09/2020, Rv. 659037 – 02) appare evidente che la censura relativa alla violazione della suddetta disposizione, sì come
prospettata, non coglie in alcun modo nel segno (v. anche Cass.SU 5792/24);
7.5. va, invero, rilevato che parte ricorrente, nella sostanza, pur deducendo apparentemente una violazione di norme di legge, mira, in realtà, alla rivalutazione delle prove operata dal giudice di merito (contestando gli elementi istruttori valorizzati dalla C.T.R. ai fini del rigetto delle censure di parte contribuente), così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito terzo grado di giudizio; ciò che il ricorrente vorrebbe demandare a questa Corte non è l’analisi e l’applicazione delle norme, bensì l’apprezzamento delle prove, rimesso alla valutazione del giudice di merito (Cass. 13/05/2022, n. 17744, Cass. 05/02/2019, n. 3340; Cass. 14/01/ 2019, n. 640; Cass. 13/10/ 2017, n. 24155; Cass. 04/04/ 2013, n. 8315);
il terzo motivo è anch’esso privo di fondamento;
8.1. la C.T.R. ha evidenziato che la rettifica era stata effettuata tenendo conto non solo dei valori OMI, ma anche dei richiamati atti di compravendita di immobili similari dai quali risultavano valori maggiori rispetto a quelli dichiarati dalla parte contribuente ed ha rilevato, altresì, il mancato assolvimento dell’onere della prova contraria, che competeva a quest’ultima. La C.T.R si è, d unque, attenuta all’indirizzo giurisprudenziale secondo cui ‘l’enunciazione del criterio astratto in base al quale è stato rilevato il maggior valore” è sufficiente a consentire al contribuente l’esercizio del diritto di difesa in quanto, presa conoscenza del criterio di valutazione adottato è in condizione di contestare e di documentare la pretesa tributaria, fermo restando l’onere della prova gravante sull’Amministrazione;
8.2. pervero le società ricorrenti nel ribadire che la RAGIONE_SOCIALE avrebbe violato le disposizioni normative sopra richiamate nel non considerare che: – la vendita in blocco comportava un abbattimento fino al 30% del valore di mercato, invece unitariamente stabilito in
avviso come se si trattasse di vendite singole; – diciassette dei trentuno appartamenti erano locati e l’intero fabbricato (con progetto del 1932) necessitava di importanti lavori di adeguamento ed ammodernamento secondo gli standard del quartiere, come da appalto concluso dalla medesima contribuente RAGIONE_SOCIALE -elementi tutti divisati dal giudici territoriali -finisce per sollecitare, anche in questo caso, in modo inammissibile una rivisitazione di elementi fattuali preclusa in questa sede, a fronte della complessiva valutazione effettuata nel giudizio di merito;
risulta infondato, pure, il quarto motivo, apparendo chiaro che non si è formato alcun giudicato nei termini prospettati;
9.1. dal momento che sulle eccezioni in questione non vi era stata pronuncia di accoglimento da parte di Commissione Tributaria Provinciale ma le stesse erano state ritenute assorbite (come riconosciuto dalle medesime ricorrenti), non sussisteva alcuno specifico onere dell’ufficio di ‘confutare le eccezioni del contribuente formulate in primo grado’ in modo specifico con l’atto di appello; 10. alla stregua delle suesposte argomentazioni, dunque, stante la infondatezza dei motivi dedotti, il ricorso deve essere rigettato; 10.1. nulla va disposto in ordine alle spese, stante il mancato svolgimento di difese da parte dell’ufficio;
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso; visto l’art. 13, comma 1 quater , d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dalla legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico delle parti ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis dello stesso art.13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Tributaria, in data 29 maggio 2024.
Il Presidente NOME COGNOME