Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 12886 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 12886 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/05/2024
Avv. Acc. IRPEF 2005
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27984/2016 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dagli AVV_NOTAIO NOME COGNOME e NOME COGNOME ed elettivamente domiciliato presso lo studio di questi ultimi in Roma, INDIRIZZO.
– ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO, rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, con domicilio legale in Roma, INDIRIZZO, presso l’RAGIONE_SOCIALE.
-controricorrente –
Avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. LOMBARDIA, n. 2904/45/2016, depositata in data 16 maggio 2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 7 febbraio 2024 dal consigliere dott.ssa NOME COGNOME.
Rilevato che:
In data 5 novembre 2011 NOME COGNOME riceveva notifica di un avviso di accertamento ai fini IRPEF, n. NUMERO_DOCUMENTO, relativo all’anno d’imposta 2005. L’ RAGIONE_SOCIALE -direzione
provinciale di Milano 2 – rideterminava sinteticamente il reddito complessivo del detto contribuente ex art. 38, quarto comma e ss., d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, accertando un maggior reddito di € 294.312,08 per l’anno di imposta 2005 ; la rettifica originava dal riscontro, operato dall’ufficio, della disponibilità del contribuente di beni e situazioni indicativi di capacità contributiva quali, segnatamente : un’autovettura, due polizze assicurative, un acquisto ingente per immobile e spese gestionali ricollegate ad essi.
Avverso l’ avviso di accertamento, dopo un infruttuoso tentativo di accertamento con adesione, il contribuente proponeva ricorso dinanzi alla C.t.p. di Milano; si costituiva in giudizio anche l’Ufficio , contestando i motivi di ricorso e chiedendo la conferma del proprio operato.
La C.t.p., con sentenza n. 7840/47/2014, accoglieva parzialmente il ricorso del contribuente, determinando il reddito sintetico imponibile in misura pari a € 182.424,22 per l’anno 200 5.
Contro tale decisione proponeva appello il contribuente dinanzi la C.t.r. della Lombardia; si costituiva anche l’RAGIONE_SOCIALE, chiedendo il rigetto dell’appello e formulando, altresì, appello incidentale limitatamente alla misura RAGIONE_SOCIALE sanzioni.
Con sentenza n. 2904/45/2016, depositata in data 16 maggio 2016, la C.t.r. adita rigettava il gravame del contribuente e accoglieva l’appello incidentale dell’ufficio.
Avverso la sentenza della C.t.r. della Lombardia, il contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
L’RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
La causa è stata trattata nella camera di consiglio del 7 febbraio 2024.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso, così rubricato: «Illegittimità della sentenza impugnata, per violazione e falsa applicazione dell’art. 38,
d.P.R. n. 600/1973, nonché degli artt. 2697 e 2799 cod. civ. e degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. (in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.)» il contribuente lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata , la C.t.r., dopo aver posto a suo carico la prova contraria di un fatto (l’utilizzo di fondi propri per l’acquisto immobiliare) che è onere dell’ufficio provare positivamente, ha considerato non provato un elemento di fatto (il prestito da parte di terzi per l’acquisto immobiliare) non oggetto di contestazione ed emergente dagli atti processuali.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso, così rubricato: «Illegittimità della sentenza impugnata, per omesso esame di fatti decisivi della controversia oggetto di discussione fra le parti (in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.)» il contribuente lamenta il difetto di motivazione nella parte in cui, nella sentenza impugnata , la C.t.r. non ha esaminato la circostanza dell’effettivo esborso, da parte del contribuente, della somma di € 695.000,00 relativa all’investimento immobiliare del 2009, circostanza legittimante l’accertamento impugnato.
Il primo motivo è inammissibile, per plurime ragioni, ciascuna sufficiente alla relativa declaratoria, oltre che comunque infondato.
2.1. Atteso che, come infra si dirà, il primo motivo attinge il merito RAGIONE_SOCIALE valutazioni effettuate dal giudice d’appello, va premesso che costituisce principio giurisprudenziale pacifico quello secondo cui, nell’ipotesi di ‘doppia conforme’, prevista dall’art. 348 -ter, comma 5, cod. proc. civ. (applicabile, ai sensi dell’art. 54, comma 2, del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, ai giudizi d’appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal giorno 11 settembre 2012), il ricorrente in cassazione per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360, n. 5, cod. proc. civ. (nel testo riformulato dall’art. 54, comma 3, del d.l. n. 83 cit. ed applicabile alle sentenze pubblicate dal giorno 11 settembre 2012) – deve indicare le ragioni
di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. 22/12/2016, n. 26774). Nel caso di specie – nel quale, rispetto alla fattispecie sostanziale controversa, l’accertamento dei due gradi di giudizio è rimasto conforme – il ricorrente non ha provveduto a tale indicazione.
2.2. Di poi, ‘In tema di ricorso per cassazione, la violazione dell’art. 2697 c.c. si configura soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella su cui esso avrebbe dovuto gravare secondo le regole di scomposizione RAGIONE_SOCIALE fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni mentre, per dedurre la violazione dell’art. 115 c.p.c., occorre denunziare che il giudice, contraddicendo espressamente o implicitamente la regola posta da tale disposizione, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, non anche che il medesimo, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività consentita dall’art. 116 c.p.c.’ (Cass 23/10/2018, n. 26769). Nel caso di specie, nel quale tale inversione dell’onere della prova non vi è stato, il motivo attinge, nella sostanza, il merito della valutazione in fatto operata dal giudice d’appello, ciò che non è consentito in questa sede.
2.3. Ancora, occorre rammentare, in linea RAGIONE_SOCIALE, che l’art. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973, nel disciplinare il metodo di accertamento sintetico del reddito, nel testo vigente ratione temporis (cioè tra la legge n. 413 del 1991 e il d.l. n. 78 del 2010, convertito dalla legge n. 122 del 2010), prevede, da un lato (quarto comma), la possibilità di presumere il reddito complessivo netto sulla base della valenza induttiva di una serie di elementi e circostanze di fatto certi, costituenti indici di capacità contributiva, connessi alla disponibilità di determinati beni o servizi ed alle spese
necessarie per il loro utilizzo e mantenimento (in sostanza, un accertamento basato sui presunti consumi); dall’altro (quinto comma), contempla le «spese per incrementi patrimoniali», cioè quelle sostenute per l’acquisto di beni destinati ad incrementare durevolmente il patrimonio del contribuente. Ai sensi del sesto comma dell’art. 38 citato, resta salva la prova contraria, da parte del contribuente, consistente nella dimostrazione documentale della sussistenza e del possesso di redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta (con riferimento alla complessiva posizione reddituale dell’intero suo nucleo familiare, costituito dai coniugi conviventi e dai figli, soprattutto minori (Cass. 7/03/2014, n. 5365), o, più in RAGIONE_SOCIALE, nella prova che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore (Cass. 24/10/2005, n. 20588; Cass. 19/04/2013, n. 9539; Cass. 7/03/2014, n. 5365; Cass. 10/08/2016, n. 16912; Cass. 1/09/2016, n. 17487; Cass. 20/01/2017, n. 1510). Nell’intento di delimitare i confini della prova contraria a carico del contribuente, a fronte di un accertamento induttivo sintetico ex art. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973 (a norma del quale l’accertamento del reddito con metodo sintetico non impedisce al contribuente di dimostrare, attraverso idonea documentazione, che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente è costituito in lutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta), questa Corte ha avuto modo di chiarire (a partire da Cass. 18/04/2014, n. 8995 richiamata dalla successiva Cass. 26/11/2014, n. 25104) che la norma chiede qualcosa di più della mera prova della disponibilità di ulteriori redditi (esenti ovvero soggetti a ritenute alla fonte), e, pur non prevedendo esplicitamente la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, chiede tuttavia espressamente una prova documentale su circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto (o sia potuto accadere). In tal senso va letto lo specifico
riferimento alla prova (risultante da idonea documentazione) della entità di tali eventuali ulteriori redditi e della «durata» del relativo possesso, previsione che ha l’indubbia finalità di ancorare a fatti oggettivi (di tipo quantitativo e temporale) la disponibilità di detti redditi per consentite la riferibilità della maggiore capacità contributiva accertata con metodo sintetico in capo al contribuente proprio a tali ulteriori redditi, escludendo quindi che i suddetti siano stati utilizzati per finalità non considerate ai fini dell’accertamento sintetico, perché in tal caso essi non sarebbero ovviamente utili a giustificare le spese e/o il tenore di vita accertato, i quali dovrebbero pertanto ascriversi a redditi non dichiarati (in senso conforme si sono pronunciate Cass. 20/01/2017, n. 1510; Cass. 16/07/2015, n. 14885; Cass. 23/03/2018, n. 7389; Cass. 10/07/2018, n. 18097; ed ancora Cass. 30/07/2019, n. 20479; Cass. 4/08/2020, n. 16637).
2.4. Nella fattispecie in esame, l’RAGIONE_SOCIALE ha soddisfatto l’onere a suo carico dimostrando l’incremento patrimoniale derivante dall’acquisto, peraltro incontestato. Tanto premesso, la sentenza impugnata ha dato agevole contezza RAGIONE_SOCIALE ragioni fondanti la decisione della legittimità dell’accertamento sintetico operato dall’amministrazione finanziaria, anche alla luce dei numerosi arresti giurisprudenziali univoci, succedutisi in materia, ovvero della mancata prova contraria da parte del contribuente.
Con una motivazione esaustiva e corretta in riferimento ai principi normativi e giurisprudenziali, la C.t.r. ha infatti rilevato come la documentazione fornita dal contribuente (che nella motivazione ha individuato ed apprezzato nel dettaglio, sia analiticamente che nel complesso) non fosse inidonea a provare il fondamento RAGIONE_SOCIALE disponibilità finanziarie necessarie a realizzare l’acquisto dell’immobile, così come allegate dalla parte contribuente, esprimendo valutazioni anche in ordine alla mancanza di tracciabilità RAGIONE_SOCIALE transazioni finanziarie, dei prestiti e dei
pagamenti per importo così consistenti; ovvero circa l’assenza di data certa di alcuni dei documenti e relativamente alla congruenza di alcuni di essi.
All’esito dell’accertamento di merito complessivo, la CTR ha quindi concluso per l’inattendibilità della ricostruzione documentale prospettata dal contribuente, che ha ritenuto appositamente finalizzata ‘a giustificare l’utilizzo di disponibilità finanziarie non provenienti da redditi dichiarati, senza il supporto di alcun elemento fornito di data certa e di tracciabilità’, valutazione in fatto che non è dato attingere in questa sede di legittimità.
Nella sostanza, quindi giudici di seconde cure, con accertamento in fatto qui intangibile e con una motivazione corretta, dopo aver esaminato e valutato la documentazione prodotta, hanno escluso che dal contribuente sia stata fornita la prova contraria.
3. Anche il secondo motivo è inammissibile.
Rileva l’applicazione , nella fattispecie, della previsione di cui all’art. 348 ter ultimo comma c.p.c., così come riformulato dal d.l. 22/6/2012, n. 83 conv. nella legge 11/8/2012, n. 143 che, per l’ipotesi di cd. doppia conforme, avendo il giudice di appello confermato la sentenza di primo grado di rigetto del ricorso del contribuente, sulla base RAGIONE_SOCIALE medesime ragioni inerenti alle questioni di fatto a sostegno della sentenza di primo grado, preclude la deducibilità in sede di legittimità del vizio di cui al n. 5 dell’art. 360 , primo comma cod. proc. civ. Tale nuova norma è sicuramente applicabile alla fattispecie in oggetto atteso che l’atto di appello è stato depositato in data 16 aprile 2015 e, quindi, ben oltre il trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione. Nel caso di specie – nel quale, rispetto alla fattispecie sostanziale controversa, l’accertamento dei due gradi di giudizio è rimasto conformeil ricorrente non ha provveduto a tale indicazione.
3.1. Il motivo è anche infondato nella parte in cui denunzia, quale fatto non esaminato, la circostanza ‘se il contribuente abbia o meno effettuato un concreto esborso, con fondi propri’, ai fini dell’acquisto dell’immobile. Invero, anche attraverso il motivo in esame, il contribuente tenta di rimettere in discussione l’accertamento effettuato dal giudice d’appello sul punto.
Infatti, richiamato quanto già osservato a proposito del primo motivo, a fronte dell’incontestato incremento patrimoniale, la conseguente imputabilità al contribuente del relativo onere finanziario, e quindi del relativo maggior reddito accertato sinteticamente, era presunta ex lege, fatta salva la prova contraria, della quale era onerato il contribuente. Ebbene, la motivazione della CTR si è ampiamente soffermata proprio sulla verifica dell’adempimento dell’onere probatorio gravante sul ricorrente, investendo puntualmente anche le circostanze dedotte nella prima parte del motivo.
4. In conclusione, il ricorso va rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente a rifondere all’RAGIONE_SOCIALE le spese processuali che si liquidano in € 4.300,00, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a ti tolo di contributo unificato, nella misura pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis del medesimo art. 13, se dovuto. Così deciso in Roma in data 7 febbraio 2024.