Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9012 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 9012 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1825/2017 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO, rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, con domicilio legale in Roma, INDIRIZZO, presso l’RAGIONE_SOCIALE,
-ricorrente – contro
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliato presso lo RAGIONE_SOCIALE in Roma, INDIRIZZO,
-controricorrente –
Avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. LOMBARDIA n. 4047/28/2016, depositata in data 11 luglio 2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 7 marzo 2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
In data 7 dicembre 2012 NOME COGNOME riceveva notifica di due avvisi di accertamento ai fini IRPEF, n. NUMERO_DOCUMENTO e n. NUMERO_DOCUMENTO, rispettivamente per gli anni
Avv. Acc. IRPEF 2007 e 2008
d’imposta 2007 e 2008. L’RAGIONE_SOCIALE -rideterminava sinteticamente il reddito complessivo del detto contribuente ex art. 38, quarto comma e ss., d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, rettificando il reddito dichiarato e accertando un maggior reddito di €41.296,00 con riferimento agli anni 2007 e 2008; la rettifica originava dal riscontro, operato dall’ufficio, della disponibilità del contribuente di beni e situazioni indicativi di capacità contributiva quali, segnatamente: imbarcazione, abitazione principale in locazione e abitazione secondaria con box .
Avverso gli avvisi di accertamento il contribuente proponeva distinti ricorsi dinanzi alla C.t.p. di RAGIONE_SOCIALE; si costituiva in giudizio anche l’Ufficio, contestando i motivi di ricorso e chiedendo la conferma del proprio operato.
La RAGIONE_SOCIALE, previa riunione, con sentenza n. 9084/16/2014, rigettava i ricorsi riuniti del contribuente, confermando la legittimità degli avvisi di accertamento impugnati.
Contro tale decisione proponeva appello il contribuente dinanzi la C.t.r. della Lombardia; si costituiva anche l’RAGIONE_SOCIALE, chiedendo la conferma di quanto statuito in primo grado.
Con sentenza n. 4047/28/2016, depositata in data 11 luglio 2016, la C.t.r. adita accoglieva il gravame del contribuente, annullando gli avvisi impugnati e compensando tra le parti le spese di lite.
Avverso la sentenza della C.t.r. della Lombardia, l’ RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un solo motivo.
Il contribuente ha resistito con controricorso.
La causa è stata trattata nella camera di consiglio del 7 marzo 2024.
Considerato che:
Con l’unico motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione e falsa applicazione dell’art. 38, quarto, quinto e sesto comma, del d.P.R. n. 600/1973 e dell’art. 2697 cod. civ., nonché dei DD.MM. 10 settembre 1992 e 19 novembre 1992 e del D.L. 31 maggio 2010, n. 78 (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.)» l’Ufficio lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata , la C.t.r. ha privato i beni indice del loro valore presuntivo legalmente stabilito, consentendo al contribuente di dimostrare che, in concreto, il costo di gestione e manutenzione degli stessi (e, quindi, il reddito derivatone) era inferiore a quello risultante dall’applicazione del redditometro e, in questo modo, esonerandolo dalla prova (su di esso gravante) circa il possesso di disponibilità finanziarie impiegate per far fronte alla capacità di spesa sinteticamente accertata.
Il motivo è fondato nei termini di cui in motivazione. Si rende preliminarmente necessario inquadrare la disciplina del redditometro.
2.1. Il sistema del ‹‹redditometro›› collega alla disponibilità di determinati beni e servizi in capo al contribuente, un certo importo, che, moltiplicato per un coefficiente, consente di individuare il valore del reddito del soggetto secondo criteri statistici e presuntivi, elaborati anche tenendo conto dei costi di mantenimento del bene o servizio in questione. L’art. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973, nel disciplinare il metodo di accertamento sintetico del reddito, nel testo vigente ratione temporis (cioè tra la l. n. 413 del 1991 e il d.l. n. 78 del 2010, convertito dalla l. n. 122 del 2010), prevede, da un lato (quarto comma), la possibilità di presumere il reddito complessivo netto sulla base della valenza induttiva di una serie di elementi e circostanze di fatto certi, costituenti indici di capacità contributiva, connessi alla disponibilità di determinati beni o servizi ed alle spese necessarie per il loro utilizzo e mantenimento (in sostanza, un accertamento basato sui
presunti consumi); dall’altro (quinto comma), contempla le «spese per incrementi patrimoniali», cioè quelle sostenute per l’acquisto di beni destinati ad incrementare durevolmente il patrimonio del contribuente. Ai sensi del sesto comma dell’art. 38 citato, resta salva la prova contraria, da parte del contribuente, consistente nella dimostrazione documentale della sussistenza e del possesso di redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, o, più in RAGIONE_SOCIALE, nella prova che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore. Costante orientamento di questa Corte afferma che la disciplina del redditometro introduce una presunzione legale relativa, imponendo la legge stessa di ritenere conseguente al fatto (certo) della disponibilità di alcuni beni l’esistenza di una capacità contributiva, sicché il giudice tributario, una volta accertata l’effettività fattuale degli specifici elementi indicatori di capacità contributiva esposti dall’Ufficio, non ha il potere di privarli del valore presuntivo connesso dal legislatore alla loro disponibilità, ma può soltanto valutare la prova che il contribuente offra in ordine alla provenienza non reddituale (e, quindi, non imponibile perché già sottoposta ad imposta o perché esente) RAGIONE_SOCIALE somme necessarie per mantenere il possesso di tali beni (Cass. 29/01/2020, n. 1980; Cass. 11/04/2019, n. 10266; Cass. 26/02/2019, n. 5544; Cass. 11/04/2018, n. 8933; Cass. 31/03/2017, n. 8539; Cass. 01/09/2016, n. 17487; Cass. 20/01/2016, n. 930; Cass. 21/10/2015, n. 21335). Rimane al contribuente l’onere di provare (oltre, eventualmente, l’insussistenza del presupposto, cioè la presenza dell’elemento indice di capacità contributiva), attraverso idonea documentazione, che il maggior reddito, determinato o determinabile sinteticamente, è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta o, ancora, più in RAGIONE_SOCIALE, secondo una ormai consolidata opinione di questa Corte, anche che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore (Cass.
19/10/2016, n. 21142; Cass. 29/04/2012, n. 18604; Cass. 24/10/2005, n. 20588). Questa Corte, con orientamento ormai consolidato, ha chiarito, altresì, i confini della prova contraria che il contribuente può offrire, in ordine alla presenza di redditi non imponibili, per opporsi alla ricostruzione presuntiva del reddito operata dall’Amministrazione finanziaria, precisando che non è sufficiente dimostrare la mera disponibilità di ulteriori redditi o il semplice transito della disponibilità economica, in quanto, pur non essendo esplicitamente richiesta la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, si ritiene che il contribuente ‹‹sia onerato della prova in merito a circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto o sia potuto accadere››; è la norma stessa infatti a chiedere qualcosa di più della mera prova della disponibilità di ulteriori redditi (esenti ovvero soggetti a ritenute alla fonte), in quanto, pur non prevedendo esplicitamente la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, chiede tuttavia espressamente una prova documentale su circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto (o sia potuto accadere), in tal senso dovendosi leggere lo specifico riferimento alla prova (risultante da idonea documentazione) dell’entità di tali eventuali ulteriori redditi e della durata del relativo possesso, previsione che ha l’indubbia finalità di ancorare a fatti oggettivi (di tipo quantitativo e temporale) la disponibilità di detti redditi per consentire la riferibilità della maggiore capacità contributiva accertata con metodo sintetico in capo al contribuente proprio a tali ulteriori redditi. Né la prova documentale richiesta dalla norma in esame risulta particolarmente onerosa, potendo essere fornita, ad esempio, con l’esibizione degli estratti dei conti correnti bancari facenti capo al contribuente, idonei a dimostrare la durata del possesso dei redditi in esame (Cass. 28/12/2022, 37985Cass. 14/06/2022, n. 19082; Cass. 20/04/2022, n. 12600; Cass. 24/05/2018, n. 12889; Cass.
16/05/2017, n. 12207; Cass. 26/01/2016, n. 1332; Cass. 18/04/2014, n. 8995).
2.2. L’accertamento sintetico, nel caso di specie, verteva sul possesso del contribuente di un’imbarcazione, acquisita nel 1989 tramite leasing finanziario per un importo di € 900,00 annui e riscattata nel 2008 per € 304,71, nonché sulle presunte spese sostenute per l’immobile e annesso box auto sito in RAGIONE_SOCIALE alla INDIRIZZO.
Con espresso riguardo al canone annuo e al prezzo di riscatto sostenuto dal contribuente per l’imbarcazione, la C.t.r. ha ritenuto che «la spesa di euro 900,00 annui per il pagamento del canone leasing per l’imbarcazione immatricolata nel 1989, il cui riscatto è avvenuto nel giugno 2008 al prezzo di euro 304, 71, non può essere considerata un indice di capacità contributiva, essendo l’acquisto dell’imbarcazione stato fatto con le forme del leasing, con un riscatto di soli euro 304,71 e canoni annui di euro 900,00».
2.3. La giurisprudenza di legittimità, con l’ordinanza n. 15289 del 2015, ha superato l’assunto sovente sposato dalla giurisprudenza di merito, assumendo che «L’art. 38 del D.P.R. n. 600 del 1973 (disciplinante, fra l’altro, il metodo di accertamento sintetico del reddito) prevede, nel testo vigente ratione temporis (cioè tra la L. n. 413 del 1991 e il D.L. n. 78 del 2010, convertito in L. n. 122 del 2010), da un lato (comma 4), la possibilità di presumere il reddito complessivo netto sulla base della valenza induttiva di una serie di elementi e circostanze di fatto certi, costituenti indici di capacit à contributiva connessi alla disponibilit à̀ di determinati beni o servizi ed alle spese necessarie per il loro utilizzo e mantenimento (in sostanza, un accertamento basato sui consumi); nel procedere alla detta determinazione sintetica del reddito l’Ufficio deve valutare (secondo le modalit à̀ indicate nel d.m. 10-9-1992) la disponibilit à̀ di beni e servizi descritti nella tabella allegata al cit. d.m., e pu ò̀ utilizzare anche elementi e circostanze di fatto indicativi di capacit à
contributiva diversi da quelli di cui alla tabella (art. 1, commi 1 e 2 cit. d.m.); dall’altro (quinto comma), contempla le “spese per incrementi patrimoniali”, cio è̀ quelle – di solito elevate – sostenute per l’acquisto di beni destinati ad incrementare durevolmente il patrimonio del contribuente; ai valori ottenuti in base alla disponibilit à̀ dei beni o servizi specificamente indicati deve poi essere aggiunta l’eventuale quota relativa ad incrementi patrimoniali determinata ai sensi del quinto comma dpr 600/73 (art. 3, comma 7, cit. d.m.)».
2.4. Alla luce di quanto esposto, emerge con chiarezza la fondatezza -sotto questo profilo -del motivo di gravame dell’Ufficio, atteso che, come risulta sia dal controricorso che dal testo della sentenza, il contribuente non ha offerto alcuna prova contraria atta a dimostrare che il canone annuo nonché il prezzo di riscatto dell’imbarcazione in leasing fossero stati pagati, sebbene esigui, con redditi non imponibili o esenti.
2.5. Quanto, invece, alle spese sostenute per gli immobili oggetto di contestazione, come ritenuto dalla C.t.r., il contribuente ha fornito prova contraria suscettibile di privare di valore il ragionamento presuntivo operato dall’ufficio (spese sostenute dal coniuge e nella disponibilità della stessa), cosicché sono infondate le doglianze mosse e volte a censurare l’operato dei Giudici di seconde cure laddove hanno ritenuto che «il contribuente abbia dimostrato che detti beni sono stati da questa utilizzati e le spese sostenute dalla società immobiliare RAGIONE_SOCIALE di proprietà del coniuge e dalla stessa». Le doglianze, oltre ad essere infondate alla luce RAGIONE_SOCIALE prove contrarie fornite e valutate dalla C.t.r., si profilano altresì inammissibili, rivestendo natura meritale e dimostrandosi evidentemente preordinate ad un nuovo esame RAGIONE_SOCIALE risultanze istruttorie; la prospettazione è evidentemente finalizzata ad ottenere una valutazione RAGIONE_SOCIALE prove e quindi un accertamento fattuale di segno opposto a quello espresso dalla RAGIONE_SOCIALE.
In conclusione, il ricorso va accolto nei termini di cui in motivazione; la sentenza va cassata e rinviata alla C.t.r. della Lombardia, in diversa composizione, affinché proceda ad un nuovo esame nonché provveda alla determinazione RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla C.t.r. della Lombardia, in diversa composizione, affinché provveda a nuovo e motivato esame nonché provveda alla determinazione RAGIONE_SOCIALE spese di lite del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 7 marzo 2024.