Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20761 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 20761 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26476 -20 16 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore, COGNOME NOME , nonché quest’ultimo anche in proprio e COGNOME NOME , rappresentati e difesi , per procura speciale in calce al ricorso, dall’AVV_NOTAIO COGNOME (pec: EMAIL), con domicilio eletto in Roma, alla INDIRIZZO, presso lo studio legale dell’AVV_NOTAIO COGNOME (pec: EMAIL)
– ricorrenti –
Oggetto:
Tributi –
accertamenti integrativi
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, presso i cui uffici in Roma, INDIRIZZO, domicilia;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1163/01/2016 della Commissione tributaria regionale della CALABRIA, depositata il 20/05/2016; udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata del 27 marzo 2024 dal AVV_NOTAIO;
Rilevato che:
L’RAGIONE_SOCIALE, sulla scorta RAGIONE_SOCIALE risultanze di un p.v.c. della G.d.F. del 30/05/2007, emetteva due avvisi di accertamento per IVA, IRES ed IRAP relativi agli anni d’imposta 2004 e 2005 che notificava alla RAGIONE_SOCIALE in data 22/11/2008.
Nel corso RAGIONE_SOCIALE operazioni di verifica la G.d.F., ottenuta l’autorizzazione del Comandante Regionale ex art. 32, comma 6 -bis, del d.P.R. n. 600 del 1973, procedeva alla verifica RAGIONE_SOCIALE movimentazioni sui conti correnti bancari intestati alla predetta società e ai soci, redigendo il p.v.c. del 02/08/2010 sulla cui scorta l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in data 07/12/2010 notificava alla società contribuente tre avvisi di accertamento per IVA, IRES ed IRAP relativi agli anni d’imposta 2004 , 2005 e 2006, integrativi dei precedenti, e sul presupposto che la predetta società fosse a ristretta base partecipativa, emetteva distinti avvisi di accertamento anche nei confronti dei soci NOME COGNOME e NOME COGNOME.
La società contribuente ed i soci impugnavano tali atti impositivi dinanzi alla CTP (ora Corte di giustizia tributaria di primo grado) di Catanzaro che annullava gli avvisi di accertamento relativi agli anni d’imposta 2004 e 2005 mentre accoglieva parzialmente il ricorso proposto avverso l’avviso di accertamento relativo all’anno d’imposta 2006, ritenendo non inerenti costi per 3.914,00 euro.
L’appello proposto dall’RAGIONE_SOCIALE avverso la sfavorevole sentenza di primo grado veniva interamente accolto dalla CTR (ora Corte di giustizia tributaria di secondo grado) della Calabria. I giudici di appello nella sentenza in epigrafe indicata sostenevano:
che dovevano ritenersi legittimi gli avvisi di accertamento impugnati, integrativi di quelli precedentemente emessi nei confronti della società contribuente, in quanto fondati su nuovi elementi di conoscenza, costituiti dagli esiti RAGIONE_SOCIALE indagini bancarie;
che le giustificazioni RAGIONE_SOCIALE movimentazioni bancarie erano fondate su «documentazione generica, oltretutto prodotta da parte ricorrente solo in udienza ed in relazione alla quale- per ammissione stessa della CTP -‘l’Ufficio non è stato posto in condizio ne di tenerne subito conto, e di operare quindi i debiti riscontri’…»;
c ) che, con riferimento all’avviso di accertamento per l’anno d’imposta 2006, l’estensione RAGIONE_SOCIALE indagini bancarie anche a terze persone era giustificata nella specie la particolare ristrettezza della compagine sociale «incombendo in ogni caso sulla società contribuente la prova della provenienza RAGIONE_SOCIALE somme proporzionate rinvenute sui detti conti».
Avverso tale statuizione la società contribuente ed i soci propongono ricorso per cassazione affidato a due motivi, articolati in diverse sub-censure, cui replica l’intimat a con controricorso.
Considerato che:
Il primo motivo di ricorso, con cui viene dedotta «violazione e falsa applicazione di legge -omessa motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. -violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 c.c. e 115 c.p.c. per violazione del principio di non contestazione», è articolato in due sub-censure.
Con la prima la ricorrente deduce la mancata applicazione da parte dei giudici di appello del principio di non contestazione con riferimento alla documentazione prodotta in primo grado a giustificazione RAGIONE_SOCIALE movimentazioni bancarie oggetto di ripresa a tassazione, che aveva ritenut o generica nonostante l’RAGIONE_SOCIALE non avesse mosso alcun rilievo, se non nel corso del giudizio d’appello, in tal modo però « operando un ampliamento del thema decidendum che sarebbe stato da considerarsi del tutto inammissibile ».
2.1. La censura è manifestamente infondata alla stregua del principio giurisprudenziale secondo cui «L’onere di contestazione riguarda le allegazioni RAGIONE_SOCIALE parti e non i documenti prodotti, né la loro valenza probatoria la cui valutazione, in relazione ai fatti contestati, è riservata al giudice» (Cass. n. 12748 del 2016; conf. Cass. n. 3306 del 2020). Si è quindi ribadito che «Il principio di non contestazione di cui all’art. 115 c.p.c. ha per oggetto fatti storici sottesi a domande ed eccezioni e non può riguardare le conclusioni ricostruttive desumibili dalla valutazione di documenti» (Cass. n. 6172 del 2020; conf. Cass. n. 35037 del 2021). In ogni caso, «Il principio di non contestazione di cui all’art. 115 c.p.c., se solleva la parte dall’onere di provare il fatto non specificamente contestato dal convenuto costituito, non esclude tuttavia che il giudice, ove dalle prove comunque acquisite emerga la smentita di quel fatto o una sua diversa ricostruzione, possa pervenire ad un diverso accertamento» (Cass. n. 16028 del 2023).
Con la seconda censura la ricorrente, oltre a ripetere le medesime considerazioni svolte con la prima censura, alle cui argomentazioni si rimanda, deduce la violazione degli artt. 32 e 43 del d.P.R. n. 600 del 1973.
3.1. In relazione alla violazione dell’art. 43 del citato d.P.R. sostiene la ricorrente che aveva errato la CTR a ritenere legittimi gli avvisi di accertamento impugnati, emessi ad integrazione di quelli notificati il 30/05/2007, mancando il requisito della novità in quanto l’Ufficio già con il primo p.v.c. della G.d.F., redatto in data 30/05/2007 era venuto a conoscenza di tutti i dati e notizie relative alla società contribuente.
3.2. Il motivo è inammissibile.
3.3. Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, cui va dato seguito, l ‘amministrazione finanziaria, dopo aver effettuato un primo accertamento nei confronti del contribuente, può procedere ad un accertamento ulteriore, per il medesimo periodo di imposta, nei termini di decadenza previsti dalla legge, purché questo sia fondato su fonti diverse da quelle poste a base del primo o comunque su dati la cui conoscenza, da parte dell’ente impositore, sia ad esso sopravvenuta. Si tratta RAGIONE_SOCIALE due diverse ipotesi dell’accertamento parziale, di cui agli artt. 41-bis del d.P.R. n. 600 del 1973, in materia di imposte dirette, e 54, comma 5, del d.P.R. n. 633 del 1972 , e dell’accertamento integrativo, di cui agli artt. 43, comma 3, del d.P.R. n. 600 del 1973 e 57, ultimo comma, d.P.R. n. 633 del 1972, costituenti deroga al principio di tendenziale unicità che connota gli accertamenti fiscali (Cass. n. 27788 del 2020, par. 2.3) e che non ammette accertamenti cd. ‘a singhiozzo’.
3.4. In particolare, il ricorso all’accertamento parziale previsto dai citati artt. 41-bis e 54, comma 5, rappresenta uno strumento diretto a perseguire finalità di sollecita emersione della materia imponibile, ove le attività istruttorie diano contezza della sussistenza di attendibili posizioni debitorie. Esso non preclude una integrazione dell’accertamento medesimo, anzi a tal fine, a differenza di quello generale previsto dagli artt. 43 del d.P.R. n.
600 del 1973 e 54 d.P.R. n. 633 del 1972, non richiede la sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi da parte della Amministrazione, da indicare in modo specifico a pena di nullità del nuovo accertamento (Cass. 23685 del 2018; conf. Cass. n. 9070 del 2020; Cass. n. 27788 del 2020), essendo sufficiente e necessario che l’accertamento integrativo sia fondato su fonti diverse da quelle poste a base dell’originario accertamento parziale (in tal senso, molto chiaramente in motivazione, Cass. n. 18065 del 2010).
3.5. Orbene, con riferimento al caso di specie, in cui gli accertamenti integrativi sono stati effettuati sulla base RAGIONE_SOCIALE risultanze RAGIONE_SOCIALE verifiche bancarie, ovvero su fonti diverse da quelle sulle quali erano stati emessi i primi atti impositivi, i ricorrenti hanno omesso di specificare nel ricorso se l’accertamento che l’amministrazione finanziaria aveva originariamente effettuato era di tipo parziale o se era, invece, integrale, per le diverse conseguenze che si è detto discenderne. E ciò avrebbe dovuto fare attraverso la riproduzione integrale del contenuto motivazionale degli originari avvisi di accertamento o l ‘ allegazione degli atti impositivi al ricorso, onde consentire a questa Corte di effettuare la necessaria verifica e valutazione del tipo di accertamento condotto in quei casi dall’amministrazione finanziaria posto che, a tal fine, non assume rilievo alcuno l’eventuale erroneo riferimento nell’atto impositivo all’art. 39 anziché all’art. 41-bis del d.P.R. n. 600 del 1973, giacché l’accertamento parziale non costituisce un metodo di accertamento autonomo rispetto a quello previsto dagli artt. 38 e 39 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 54 e 55 del d.P.R. n. 633 del 1972, bensì una modalità procedurale che ne segue le medesime regole (cfr. Cass. n. 8406 del 2018).
Il secondo motivo di ricorso, con cui viene dedotta «violazione e falsa applicazione di legge in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c. -sulla violazione del giusto procedimento -violazione della disciplina della notifica in relazione all’art. 60, l ett. e), D.P.R. n. 600/73 -inesistenza della notifica», è articolato in quattro sub-censure.
Con la prima la ricorrente deduce l’illegittimità degli avvisi di accertamento impugnati per «mancanza (della rituale notificazione) dell’avviso di accertamento integrato», ovvero degli originari atti impositivi, di cui l’Ufficio non aveva mai dato prova tant’è che la CTP di Catanzaro li aveva annullati con sentenza n. 1530/04/2014, depositata in data 08/08/2014.
5.1. Il motivo è infondato per l’assorbente ragione che la ricorrente non ha provato la definitività della pronuncia di annullamento di quegli avvisi di accertamento. In ogni caso, nessuna incidenza poteva avere quella pronuncia come pure l’omessa notifica degli originari avvisi di accertamento sulla legittimità di quelli integrativi oggetto del presente giudizio, trattandosi di atti tra loro assolutamente indipendenti.
Con la seconda censura lamenta che la CTR aveva omesso di considerare «l’oggettiva circostanza che un tale fatto l’espletamento corretto e integrale del contraddittorio non sia stato considerato dai giudici della Commissione Tributaria Regionale di Catanzaro».
6.1. Il motivo, che prospetta un’omessa pronuncia dei giudici di appello sulla questione del contraddittorio endoprocedimentale, è inammissibile per difetto di specificità (cfr. Cass., Sez. U, n. 15781 del 2005; Cass. n. 28072 del 2021; v. anche Cass. n. 11325 del 2023) non avendo la ricorrente riprodotto nel ricorso, nemmeno per riassunto, né localizzato negli atti del giudizio di merito, la domanda che avrebbe
formulato con il ricorso originario e che avrebbe dovuto riproporre in grado di appello (cfr., ex multis , Cass. n. 14534 del 2018), non essendo rinvenibile nella motivazione della sentenza di primo grado, riprodotta nel ricorso (pag. 17 e segg.), né nella sentenza qui impugnata, un qualche riferimento alla questione del contraddittorio endoprocedimentale e «non essendo sufficiente a soddisfare il requisito ineludibile dell’autonomia del ricorso per cassazione (fondato sulla idoneità del contenuto RAGIONE_SOCIALE censure a consentire la decisione) il rinvio – in assenza di (trascrizione integrale o parziale ovvero, quantomeno, di tale) sintesi contenutistica – agli atti allegati e contenuti nel fascicolo di parte (Cass., Sez. 1, 1.3.2022, n. 6769, Rv. 664103-01)» (così in Cass. n. 26007 del 2022, par. 3.6.1.). A tale ultimo riguardo deve osservarsi che la ricorrente riproduce nel motivo il contenuto di una parte della sentenza di primo grado in cui la CTP, riferendo RAGIONE_SOCIALE argomentazioni svolte dalla società contribuente nel ricorso di primo grado, afferma che quest’ultima aveva «depositato, in sede di contraddittorio, memorie difensive» lamentando che «l’Ufficio non aveva più convocato essa ricorrente per la prosecuzione del tentativo di adesione». Se, pertanto, la ricorrente ha posto la questione del contraddittorio nei suddetti termini, se ne deve dedurre che essa stessa ha ammesso che il contraddittorio vi era stato nella fase antecedente all’emissione degli atti impositivi, ma che era venuto a mancare soltanto in sede di accertamento con adesione, ovvero in un momento successivo in cui «l’instaurazione del contraddittorio preventivo da parte del Fisco, ai sensi dell’art. 5 del d.lgs. 19 giugno 1997, n. 218, è facoltativa e non obbligatoria» (Cass. n. 444 del 2015).
Con la terza censura la ricorrente deduce l’erroneità della sentenza impugnata per avere i giudici di appello ritenuto legittime le verifiche effettuate su conti correnti intestati a terzi
in mancanza di prova offerta dall’ufficio della natura fittizia dell’intestazione dei predetti conti o comunque della sostanziale riferibilità degli stessi alla contribuente.
7.1. Il motivo è infondato.
7.2. I giudici di appello, affermando che l’estensione RAGIONE_SOCIALE indagini bancarie anche a terze persone era giustificata dalla particolare ristrettezza della compagine sociale, si sono attenuti al consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui la mera sussistenza del rapporto societario, pur in assenza di poteri gestori, fa presumere ai sensi dell’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 -che le operazioni bancarie siano state compiute nell’interesse della società (arg. da Cass. 15006 del 2017). D’ altro canto «questa Corte ha da tempo consentito – a precise condizioni – l’estensione RAGIONE_SOCIALE scrutinio dell’amministrazione finanziaria anche per verificare le posizioni giuridiche di soggetti terzi legati da particolari rapporti con il contribuente (legami familiari, rapporti di collaborazione e lavoro) utilizzati per scopi elusivi ovvero per evasione fiscale (Cass., Sez. 5^, 23 gennaio 2019, n. 2386; Cas., Sez. 6^-5^, 11 febbraio 2020, n. 3211; Cass., Sez. 5^, 19 gennaio 2021, n. 752; Cass., Sez. 6^-5^, 3 febbraio 2022, n. 3345).
Con la quarta censura la ricorrente deduce la contraddittorietà tra le sentenze di primo e secondo grado, per avere la CTR attribuito alla CTP l’affermazione che «l’estensione RAGIONE_SOCIALE indagini bancarie nei confronti di terze persone andasse motivato», che invece i giudici di primo grado non avevano fatto, avendo piuttosto escluso che l’Ufficio avesse fornito la prova della riconducibilità RAGIONE_SOCIALE somme ad operazioni societarie.
8.1. Il motivo è inammissibile perché diretto a censurare non una contraddizione interna alla sentenza impugnata ma con la
pronuncia di primo grado che quella d’appello sostituisce integralmente.
In estrema sintesi, il ricorso va rigettato e la ricorrente condannata al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali nella misura liquidata in dispositivo.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore della controricorrente RAGIONE_SOCIALE spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 10.700,00 euro per compensi oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, RAGIONE_SOCIALE stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma in data 27 marzo 2024