Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18596 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 18596 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 08/07/2024
IRPEF IVA IRAP AVVISO ACCERTAMENTO
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24958/2016 R.G. proposto da:
NOME COGNOME, rappresentato e difeso dagli AVV_NOTAIO e NOME COGNOME ed elettivamente domiciliato, in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio del primo,
-ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO, presso l’Avvocatura generale dello Stato che la rappresenta e difende,
-controricorrente –
avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. PIEMONTE, n. 536/2016, depositata il 19 aprile 2016; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18
giugno 2024 dal consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
NOME COGNOME ricorre nei confronti d ell’RAGIONE_SOCIALE, che resiste a mezzo controricorso, avverso la sentenza in epigrafe . Con quest’ultima la C.t.r. ha rigettato l’appello del contribuente avverso la sentenza della C.t.p. che, a propria volta, aveva rigettato il ricorso avverso l ‘avviso di accertamento con il quale, a seguito di indagini bancarie, eseguite sul conto del contribuente e su quello del coniuge, erano state recuperate, per l’anno 2008, maggiori Iva, Irpef ed Irap. La C.t.r., inoltre, ha dichiarato inammissibile in quanto nuova la domanda subordinata con la quale il contribuente aveva chiesto l’accertamento di un minor reddito imponibile per l’importo di euro 12.000,00.
L’Ufficio, con l’atto impositivo impugnato, accoglieva solo in parte le giustificazioni fornite dal COGNOME. Questi aveva precisato che nel 2007 era stato il mandatario elettorale del candidato sindaco del Comune di Alessandria; che nei successivi anni, 2008 e 2009, aveva movimentato sul proprio conto corrente bancario le somme via via raccolte per effettuare i pagamenti RAGIONE_SOCIALE residue spese della campagna elettorale, dopo aver espletato tutte le attività previste per la chiusura contabile dell’attivi tà di mandatario; che non era possibile individuare la fonte dei versamenti bancari in quanto i sostenitori elettorali preferivano rimanere anonimi . Per l’effetto, aveva chiesto all’Ufficio di ricondurre i versamenti di modico valore, non giustificati, all’incarico di mandatario, e di ricondurre agli incassi le spese elettorali, di cui aveva fornito prova, per un importo almeno corrispondente. L’Ufficio, tuttavia, riconosceva le spese sostenute per la campagna elettorale,
ma non le RAGIONE_SOCIALE che riconduceva, invece, all’attività professionale di dottore commercialista del contribuente . Per l’effetto, accertava un maggior reddito da lavoro autonomo, un maggior volume di affari ai fini Irap e rettificava la dichiarazione Iva, applicando le conseguenti sanzioni, poi ridotti in autotutela in adeguamento alla sentenza della Corte costituzionale n. 20228 del 2014.
La RAGIONE_SOCIALE rigettava il ricorso affermando che i versamenti sul conto corrente del contribuente, in assenza di diversa documentazione, non potevano che essere imputati a ricavi dell’attività professionale. Precisava sul punto che non era comprensibile il motivo per il quale il commercialista avrebbe dovuto tenere «una contabilità commista e pasticciata anziché distinguere i versamenti destinati alla campagna elettorale della sua mandante su un conto apposito» e che non era condivisibile la tesi della volontà dei sostenitori di restare anonimi.
La C.t.r., preliminarmente, riteneva inammissibile, in quanto nuova, la domanda subordinata del contribuente il quale aveva richiesto, quanto meno, che fosse riconosciuta, in deconto dalle maggior RAGIONE_SOCIALE accertate, la somma di euro 12.000,00, pari alle uscite giustificate. Di seguito, a conferma della sentenza di primo grado, rigettava la domanda principale di annullamento integrale dell’atto impositivo. In merito alla censura relativa alla mancata indicazione dei sostenitori della campagna elettorale, richiamava l ‘art. 7, comma 6, legge n. 515 del 1993 nella parte in cui escludeva l’anonimato dei sovvenzionatori per contributi di importo o di valore superiore ad euro 20.000. In ordine all’ ulteriore eccezione del contribuente -secondo il quale nessuna norma imponeva la separazione della contabilità -osservava che i versamenti asseritamente provenienti dai sostenitori del candidato Sindaco risalivano ad anni precedenti alla stessa candidatura e che la mancata indicazione degli stessi determinava la presunzione legale di imponibilità a base dell’accertamento.
Il contribuente ha depositato una prima memoria ex art, 378 cod. proc. civ. ed una seconda memoria ex art. 380bis. 1 cod. proc. civ.
Considerato che:
Con il primo motivo, il contribuente denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 7, legge 10 dicembre 1993, n. 515, anche in relazione all’art. 4 legge 18 novembre 1981, n. 659, dell’art. 13 legge 6 luglio 2012, n. 96, dell’ art. 32 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, dell’art. 51 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633.
Assume che la RAGIONE_SOCIALE ha deliberato sulla scorta di un’erronea applicazione dell’art. 7 legge n. 515 del 1993 , ignorando lo sviluppo giurisprudenziale e la normativa ad essa collegata che ha esteso alle elezioni degli enti locali le norme ivi contenute, originariamente previste per l’elezione dei senatori e dei deputati. Evidenzia che l’art.7 cit. non impone un obbligo di trasparenza assoluta, prevedendo il diritto all’anonimato per sostegni inferiori ad euro 5.000,00 . Afferma, pertanto, che la raccolta di contributi non identificabili, entro detti limiti, non può essere di nocumento per il mandatario elettorale.
Con il secondo, motivo denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 26 d.P.R. n. 633 del 1972 e dell’art. 51 d.P.R. n. 600 del 1973.
Il contribuente, ribadito che per i contributi elettorali di importo inferiore ad euro 5.000,00 la legge garantisce l’anonimato, assume di aver dato prova documentale di aver provveduto, nel corso dell’anno 2008, al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese sostenute per la campagna elettorale del candidato Sindaco per euro 12.000,00. Deduce che, almeno per tali spese, doveva presumersi che non se ne fosse fatto carico personalmente ma che avesse «attinto ai contributi -anonimi -raccolti nel corso della campagna elettorale e confluiti sul suo conto personale a seguito della chiusura del conto dedicato alle elezioni» . Per l’effetto, censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che fosse
suo onere indicare nominativamente tutti i contributi elettorali percepiti, sebbene vi fossero i presupposti di legge per fondare la prova della provenienza dei versamenti dai benefattori. Precisa che dopo la chiusura aveva proseguito nella liquidazione RAGIONE_SOCIALE spese della campagna elettorale anche negli anni 2008 e 2009 e che aveva documentato uscite riconosciute dall’RAGIONE_SOCIALE . Aggiunge che la chiusura della campagna non comporta la chiusura RAGIONE_SOCIALE operazioni di pagamento degli oneri, ben potendo esservi costi non evidenziati o carenza di provvista. Deduce, per l’effetto, che in ragione di tali circostanze doveva ritenersi assolta la prova contraria alla presunzione di cui all’art. 32 d.P.R. n. 600 del 1973 e che sul punto la motivazio ne della sentenza era priva di coerenza logica e giuridica.
Con il terzo motivo denuncia la violazione e/o falsa applicazione de ll’art. 7 legge 10 dicembre 1993, n. 515 ,
Censura la sentenza impugnata per aver fatto riferimento all’art. 7 cit., esteso in parte alle elezioni amministrative, sebbene nell’anno 2008, anno dell’accertamento, la campagna elettorale si fosse chiusa , il conto corrente alla medesima dedicato fosse stato anch’esso chiuso; le somme residue e quelle pervenute dopo fossero state convogliate sul proprio conto per completare le spese elettorali sino al saldo.
In via preliminare va rigettata l’eccezione di inammissibilità dell’intero ricorso sollevata dall’Ufficio sul presupposto del la preclusione di cui alla c.d. «doppia conforme» di cui all’art. 384 -ter cod. proc. civ.
I motivi proposti, infatti, non sono riconducibili al paradigma di cui all’art. 360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ. bensì alla violazione di legge, e, per quanto attiene alla censura di incoerenza logica della motivazione ad error in procedendo.
Non è controverso in fatto che l’accertamento ha avuto ad oggetto il conto personale del contribuente (oltre che quello del
coniuge) e non il conto dedicato alla campagna elettorale. Tanto il contribuente ha precisato nel ricorso, laddove afferma, nel secondo motivo, che per le spese successive alla chiusura della campagna elettorale aveva attinto ai contributi -anonimi -raccolti nel corso della campagna elettorale e confluiti sul suo conto personale a seguito della chiusura del conto dedicato alle elezioni e, ancora, nel terzo motivo ove ribadisce che il conto corrente dedicato alla campagna era stato chiuso e che le somme residue e quelle pervenute dopo erano state convogliate sul proprio conto per completare le spese elettorali sino al saldo.
Ciò premesso, i motivi, da esaminarsi congiuntamente in quanto connessi, vanno disattesi, se pure va in parte corretta la motivazione della C.t.r.
6.1. In primo luogo va rigettata la censura articolata al termine del secondo motivo secondo la quale la sentenza sarebbe priva di coerenza logica e giuridica.
6.1.1. Le Sezioni Unite della Corte hanno precisato che La riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al minimo costituzionale del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in Cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella «mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico», nella «motivazione apparente», nel «contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili» e nella «motivazione perplessa ed obiettivamente
incomprensibile»; è esclusa, invece, qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione. (Cass. Sez. U. 07/04/2014, nn. 8053 e 8054).
6.1.2. La sentenza non incorre nel vizio denunciato, essendo ben esplicitato, l’iter logico posto a fondamento della decisione.
La RAGIONE_SOCIALE ha confermato, ritenendola corretta, la sentenza di primo grado la quale, a propria volta, aveva affermato che i versamenti sul conto corrente del contribuente, in assenza di diversa documentazione, non potevano che essere imputati a ricavi dell’attività professionale . Occupandosi, di seguito, RAGIONE_SOCIALE argomentazioni spese dal contribuente nell’ appello, ne ha escluso l ‘ idoneità a dimostrare la natura non reddituale RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE sul conto personale, in primo luogo escludendo il diritto all’anonimato dei finanziatori e, in secondo luogo, quanto all ‘ insussistenza di un obbligo di tenere separate la contabilità quale mandatario elettorale da quella personale, osservando che le RAGIONE_SOCIALE attribuite a reddito erano antecedenti alla candidatura. Così motivando la C.t.r. ha in modo logico e lineare, implicitamente escluso che detti argomenti fossero idonei a vincere la presunzione di cui all’art. 32 d.P.R. n. 602 del 1973, così come già ritenuto in primo grado.
6.2. Passando al merito della questione controversa, va ribadito che, per costante giurisprudenza di questa Corte, in virtù della presunzione stabilita dall’art. 32 d.P.R. n. 600 del 1973, -che, data la fonte legale, non necessita dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall’art. 2729 cod. civ. per le presunzioni semplici -sia i prelevamenti che i versamenti operati su conti correnti bancari del contribuente vanno considerati come elementi positivi di reddito se questo non dimostra che ne ha tenuto conto nella determinazione della base imponibile oppure che sono estranei alla produzione del reddito (Tra le più recenti, Cass. 28/04/2022, n. 13236, Cass. 23/09/2021, n. 25812, Cass. 03/03/2021, n. 5788).
Va precisato, tuttavia, che all’esito della sentenza della Corte cost. n. 228 del 2014, le operazioni bancarie di prelevamento hanno valore presuntivo nei confronti dei soli titolari di reddito di impresa, mentre quelle di versamento nei confronti di tutti i contribuenti, i quali possono contrastarne l’efficacia dimostrando che le stesse sono già incluse nel reddito soggetto ad imposta o sono irrilevanti.
Il contribuente che voglia superare la presunzione ha l’onere di fornire, non una prova generica, bensì una prova analitica, idonea a dimostrare che i proventi desumibili dalla movimentazione bancaria non debbono essere recuperati a tassazione. Tale prova può essere data in due modi: o dimostrando che ne ha già tenuto conto nelle dichiarazioni; oppure dimostrando che si sia trattato di movimenti non fiscalmente rilevanti, in quanto non riferiti a operazioni imponibili (Cass. 30/06/2020, n. 13112, Cass. 18/09/2013, n. 21303).
Quanto alle modalità tramite le quali assolvere all’onere probatorio, si è precisato che è onere del contribuente indicare e dimostrare la provenienza e la destinazione dei singoli pagamenti con riferimento tanto ai termini soggettivi dei singoli rapporti attivi e passivi, quanto alle diverse cause giustificative degli accrediti (Cass. 30/12/2015, n. 26111).
L’utilizzazione dei dati acquisiti presso le aziende di credito quali prove presuntive di maggiori ricavi o operazioni imponibili, ai sensi dell’art.32 d.P.R. 29 settembre 1973 n.600 e dell’art 51 d.P.R. 26 ottobre 1972 n.633, non è subordinata alla previa dimostrazione che il contribuente rivesta la qualifica di imprenditore: infatti, i medesimi possono essere utilizzati sia per dimostrare l’esistenza di un’eventuale attività occulta di impresa (o arte o professione), sia per quantificare il reddito ricavato da tale attività, incombendo al contribuente l’onere di dimostrare che i movimenti bancari non sono fiscalmente rilevanti
(Cass. 23/09/2021, n. 25812, Cass. 28/02/2017, n. 5135; Cass. 13/10/2011, n. 21132, Cass. 23/04/2007, n. 9573).
In quest’ottica si è altresì precisato che la norma in esame stabilisce in maniera chiara ed incondizionata che i dati e gli elementi risultanti dai conti sono posti a base RAGIONE_SOCIALE rettifiche e degli accertamenti, sia ai fini del quantum che ai fini dell ‘an . La ricostruzione della qualifica del contribuente non costituisce necessariamente un prius rispetto alla quantificazione della materia imponibile; tanto più ove si consideri che l’onere di provare che gli elementi acquisiti non si riferiscono ad operazioni imponibili grava sul contribuente, per espressa disposizione. Il legislatore, infatti, ha stabilito una presunzione di inerenza dei movimenti risultanti dai conti ad operazioni imponibili, che può essere superata soltanto dalla prova contraria offerta dal contribuente.
Questa conclusione non contrasta con l’art. 2697 cod. civ. in quanto l’emersione di movimenti bancari che non trovano giustificazione sulla base RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni del contribuente è un fatto in relazione al quale solo quest’ultimo può dimostrare che i conti stessi non siano fiscalmente rilevanti o che, comunque, non diano luogo a recuperi (Cass. 19/02/2001, n. 2435).
6.3. Va ribadito, pertanto, che era onere del contribuente provare la natura non reddituale dei versamenti registrati sui suoi conti in quanto non imputabili alla sua attività professionale. La RAGIONE_SOCIALE, pertanto, si è attenuta ai principi sopra riportati in tema di accertamenti bancari, rilevando che il contribuente non aveva fornito prova della fonte RAGIONE_SOCIALE movimentazioni eseguite.
6.4. Con specifico riferimento alla disciplina del mandatario elettorale, deve effettivamente rilevarsi che l’art. 7, comma 6, legge n. 515 del 2003 nella versione vigente ratione temporis era di tenore diverso da quello riportato nella sentenza della C.t.r. in quanto, nel 2008, il limite entro il quale andavano analiticamente riportati,
attraverso l’indicazione nominativa, anche mediante attestazione del solo candidato, i contributi e servizi provenienti dalle persone fisiche, era solo per in contributi superiori a dieci milioni di lire, successivamente rivalutato.
Trattasi, tuttavia, di errore non determinante ai fini della decisione in quanto quel che rileva è solo se il contribuente, nei confronti del Fisco, sia stato o meno in grado di giustificare le movimentazioni in entrata eseguite sul proprio conto corrente (e non su quello dedicato alla campagna elettorale). Tale prova non poteva che seguire le regole ordinarie previste dall’art. 32 d.P.R. n. 600 del 1973 , né può ritenersi, in mancanza di una disposizione in tal senso, che, in ragione dell’attività svolta n el 2007 quale mandatario elettorale, il contribuente fosse esonerato, per gli anni successivi, dal documentare la provenienza RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE registrate sul suo conto personale in ragione della semplice affermazione che vi erano confluite somme, provenienti da sostenitori della campagna elettorale legittimati a beneficiare dell’anonimato , convogliate dal conto dedicato successivamente alla sua chiusura.
6.5. Pure va disattesa, in quanto inammissibile, l’ulteriore censura proposta dal contribuente con il secondo motivo.
Il contribuente assume che, avendo la stessa agenzia riconosciuto spese pari ad euro 12.000,00 estranee al reddito personale, la RAGIONE_SOCIALE avrebbe dovuto quanto meno ritenere «evidente e presumibile» che dette ultime erano state sostenute con RAGIONE_SOCIALE di natura non reddituale in quanto provenienti dai finanziatori anonimi della campagna elettorale ed escludere il relativo importo dall’imponibile.
La critica non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata.
La C.t.r. ha riportato tra le conclusioni rassegnate dall’appellante la domanda subordinata di riconoscimento, in deconto dalle maggiori
RAGIONE_SOCIALE accertate, di uscite per euro 12.000,00 alle quali si riferisce, per l’appunto, la censura in esame.
Sulla questione, tuttavia, la C.t.r. si è pronunciata nel senso di ritenere inammissibile detta domanda subordinata in quanto nuova atteso che non era stata proposta con l’originario ricorso.
Tale statuizione è coperta dal giudicato in quanto non è stata attinta da alcuna censura con il ricorso in cassazione che, invece, si fonda sul diverso argomento secondo il quale, poiché vi erano state spese finalizzate alla campagna elettorale, se ne doveva trarre che vi erano state corrispondenti RAGIONE_SOCIALE nelle casse del mandatario elettorale.
7. In conclusione, il ricorso va rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a corrispondere all’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE le spese del giudizio di legittimità , che liquida in euro 4.100,00 a titolo di compenso, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 18 giugno 2024.