Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 13187 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 13187 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 14/05/2024
Oggetto:
Tributi –
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 13799/2018 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE , rappresentata e difesa da ll’ AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO presso il cui studio in Milano, INDIRIZZO, è elettivamente domiciliata (PEC: EMAIL), come da procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE , rappresentata e difesa dall’Avvocatura AVV_NOTAIO dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 4229/11/2017, depositata il 23.10.2017.
Udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME all’udienza pubblica del 13.03.2024;
Sentito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, il quale ha concluso per la dichiarazione di inammissibilità del ricorso;
Sentiti , per la parte ricorrente, l’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO (per delega dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME) e, per la controricorrente RAGIONE_SOCIALE, l’AVV_NOTAIO dello Stato NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La CTP di Milano rigettava il ricorso proposto dalla RAGIONE_SOCIALE, esercente attività di ristorazione e somministrazione di bevande alcoliche, avverso l’avviso di accertamento, emesso per l’anno 2010, per imposte dirette e IVA, con il quale erano stati determinati induttivamente maggiori ricavi non contabilizzati e ripresi costi non di competenza.
Con la sentenza in epigrafe indicata, la CTR della Lombardia rigettava l’appello proposto dalla contribuente, osservando che:
-l’Ufficio aveva proceduto ad una ricostruzione induttivo dei redditi, avendo evidenziato una gestione antieconomica della società nel quinquennio 2006 -2010;
la determinazione dei ricavi era stata effettuata sulla base di alcuni parametri prestabiliti ed erano stati considerati numerosi correttivi in favore della contribuente;
la gestione della società era evidentemente antieconomica avendo operato per ben 5 anni consecutivi, nonostante utili irrisori e a fronte di costi molto elevati;
il parere tecnico prodotto dalla contribuente non era sufficiente a smentire i dati accertati dall’Ufficio, trattandosi di un atto di parte, che non trovava neppure riscontro nelle fonti indicate nello stesso;
la lamentata erroneità di alcuni presupposti di fatto era stata smentita dallo stesso legale rappresentante in sede di verifica (quantificazione dei ricavi derivanti dall’attività di cucina);
la doglianza riguardante la denuncia di un furto era stata correttamente disattesa, in quanto le merci che sarebbero state sottratte erano state indicate in modo generico;
anche il motivo riguardante le sanzioni era infondato, in quanto le sanzioni erano state irrogate nella misura minima prevista e nessuna doglianza era stata proposto con riferimento al calcolo del minimo.
Contro la suddetta decisione la contribuente proponeva ricorso per cassazione, affidato a sedici motivi, illustrati con memoria.
L ‘RAGIONE_SOCIALE resisteva con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, la contribuente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 39, comma 1, lett. d) del d.P.R. n. 600 del 1973 e 2697 cod. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., per avere la CTR ritenuto che la sussistenza della antieconomicità della gestione dell’attività esercitata , fondata solo sulla asserita sproporzione tra costi e ricavi dell’attività, fosse sufficiente a legittimare l’accertamento induttivo , in presenza di presunzioni prive dei requisiti di precisione, gravità e concordanza.
Con il secondo motivo, denuncia la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 115 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ., per avere la CTR ritenuto la sussistenza di circostanze pacificamente escluse dagli atti di causa, non risultando che vi fosse una sproporzione tra gli utili e la quantità e qualità del lavoro impiegato nell’attività, nonché tra i costi e i ricavi, tale da poter ritenere la gestione contraria ad ogni profilo di ragionevolezza, in presenza di una congruità allo studio di settore, dedotta dall’Ufficio nello stesso PVC.
Con il terzo motivo, denuncia la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 115 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ., per avere la CTR
ritenuto la sussistenza di circostanze pacificamente escluse dagli atti di causa, atteso che i costi, per l’importo di € 11.264,00, erano stati ripresi a tassazione in quanto non di competenza e non perché incongrui.
Con il quarto motivo, denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 109 TUIR, 2607 cod. civ. e 42 del d.P.R. n. 600 del 1973, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ., riproponendo sotto altro profilo la medesima censura mossa con il terzo motivo e censurando la decisione impugnata per avere la CTR ritenuto legittima la ripresa dei costi ritenuti non di competenza, sebbene l’Ufficio avesse fondato detta ripresa su elementi non certi (irreperibilità della merce nel magazzino all’inizio dell’anno 2010 ), presumendo che fosse stata ceduta nell’anno 2009.
Con il quinto motivo, deduce la nullità della sentenza per violazione degli artt. 111, 112, 131 e 132 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ., per omessa motivazione circa la sussistenza di una condotta antieconomica manifestamente irragionevole e l’ incongruità dei costi ripresi a tassazione rispetto ai ricavi, considerato che ciascun fattore produttivo dichiarato era risultato congruo rispetto allo studio di settore applicabile nella specie.
Con il sesto motivo, deduce la nullità della sentenza per violazione degli artt. 111, 112, 131 e 132 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ., per omessa motivazione sul motivo di appello con il quale la contribuente aveva eccepito violazione e falsa applicazione dell’art. 54, commi 3 e 4, del d.P.R. n. 633 del 1972.
Con il settimo motivo, deduce la nullità della sentenza per violazione degli artt. 111, 112, 131 e 132 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ., per omessa motivazione
circa l’assenza di riscontro e l’inattendibilità del parere reso dal AVV_NOTAIO. COGNOME.
Con l’ottavo motivo, deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 12, comma 7, dello Statuto dei diritti del contribuente e 53 Cost., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., in relazione all’illegittimità dell’avviso di accertamento per contraddittoria, omessa o insufficiente motivazione in ordine alle deduzioni procedimentali della contribuente, avendo l’Ufficio omesso di considerare, nella determinazione dei ricavi, la circostanza del furto della merce, regolarmente denunciato dalla contribuente, e avendo motivato in modo contraddittorio e inconsistente la mancata considerazione del parere del AVV_NOTAIO COGNOME.
Con il nono motivo, deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 39, comma 1, lett. d) del d.P.R. n. 600 del 1973, 2697 e 2729 cod. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., per avere la CTR invertito l’onere della prova circa la fondatezza dell’accertamento analitico induttivo, ponendo a carico della contribuente l’onere di provare un accertamento analitico induttivo a lternativo, mentre l’onere di prova era a carico dell’Ufficio.
Con il decimo motivo, deduce la nullità della sentenza per violazione degli artt. 111, 112, 131 e 132 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ., per omessa motivazione in ordine a tutti gli errori concernenti i presupposti di fatto dell’accertamento presuntivo, avendo la CTR limitato l’esame soltanto all’incidenza dell’attività di ristorazione rispetto a quella di mescita degli alcoolici, sebbene la contribuente avesse contestato anche altri presupposti di fatto, come le modalità di somministrazione di vini, la quantità di liquori utilizzata nelle somministrazioni, la percentuale di sfrido, la mancata considerazione dell’autoconsumo, i prezzi stabiliti in sede di verifica, le rimanenze e gli acquisti.
Con l’undicesimo motivo, deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 39 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 2697 cod. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., avendo la CTR omesso di accertare attività non dichiarate sulla base RAGIONE_SOCIALE presunzioni poste a fondamento dell’avviso di accertamento, avendo considerato solo due dei presupposti di fatto (incidenza dell’attività di ristorazione e quantità di rum) sui quali si reggeva la determinazione complessiva del reddito accertato.
Con il dodicesimo motivo, deduce la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ., per omessa pronuncia sull’erroneità di tutti i presupposti di fatto sui quali si fonda l’acc ertamento analitico induttivo, avendo la CTR esaminato solo la percentuale di incidenza della tavola calda e la corretta dose di rum.
Con il tredicesimo motivo, deduce la nullità della sentenza per violazione degli artt. 111, 112, 131 e 132 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ., per omessa motivazione in ordine alla illegittimità di molteplici doppie presunzioni sui cui si reggeva l’avviso di accertamento , prive di gravità, precisione e concordanza.
Con il quattordicesimo motivo, deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 39 del d.P.R. n. 600 del 1973, 2697 e 2729 cod. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., per avere la CTR confermato la legittimità dell’accertamento analitico induttivo, fondato su doppie presunzioni prive di gravità, precisione e concordanza.
Con il quindicesimo motivo, deduce la nullità della sentenza per violazione degli artt. 111, 112, 131 e 132 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ., per omessa motivazione in ordine alle illegittime doppie e molteplici presunzioni sui cui si reggeva
l’avviso di accertamento, prive di gravità, precisione e concordanza , e per avere omesso di considerare i maggiori costi correlati ai maggiori presunti ricavi.
Con il sedicesimo motivo, deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 7 e 16 del d.lgs. n. 472 del 1997, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., per avere la CTR omesso di accertare l’illegittimità dell’avviso di accertamento per mancanza di motivazione sulla irrogazione RAGIONE_SOCIALE sanzioni.
I primi due motivi, che per connessione vanno esaminati congiuntamente, sono infondati.
17.1 A prescindere dal profilo di inammissibilità, per mancanza di specificità, RAGIONE_SOCIALE predette censure (desumibile dalla apodittica affermazione secondo cui i presupposti assunti dall’Ufficio sarebbero insufficienti a fondare l’accertamento), giova ricordare che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, l’Amministrazione finanziaria, in presenza di contabilità formalmente regolare, ma intrinsecamente inattendibile per l’antieconomicità del comportamento del contribuente, può desumere in via induttiva, ai sensi degli artt. 39, comma 1, lett. d), del d.P.R. n. 600/1973 e 54, commi 2 e 3, del d.P.R. n. 633/1972, sulla base di presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti, il reddito del contribuente. A tal fine può utilizzare le incongruenze tra i ricavi, i compensi e i corrispettivi dichiarati e quelli desumibili dalle condizioni di esercizio della specifica attività svolta, incombendo sul contribuente l’onere di fornire la prova contraria e dimostrare la correttezza RAGIONE_SOCIALE proprie dichiarazioni. Gli elementi assunti a fonte di presunzione, peraltro, non devono essere necessariamente plurimi, potendosi il convincimento del giudice fondare anche su di un elemento unico, purché preciso e grave, la cui valutazione non è sindacabile in sede di legittimità se adeguatamente
motivata (Cass. n. 26036 del 2015; Cass. n. 25217 del 2018; Cass. n. 27552 del 2018; Cass. n. 24578 del 2022).
17.2 La sentenza impugnata ha correttamente applicato i principi sopra richiamati evidenziando la palese antieconomicità della gestione dell’attività imprenditoriale, rilevabile durante il quinquennio 2006 2010, in quanto era del tutto inverosimile che per ben cinque anni consecutivi la società avesse conseguito utili irrisori a fronte di costi molto elevati (nel 2010, ad esempio, gli utili erano pari ad € 917,00, a fronte di costi pari ad € 95.528,00).
17.3 La CTR ha, dunque, ritenuto sussistere un quadro presuntivo grave, preciso e concordante per procedere all’accertamento analitico -induttivo, affermando che “la condotta della società abbia evidenziato una attività imprenditoriale in tutto contraria al buon senso, nonché ad ogni criterio di ragionevolezza, inducendo la A.F. (rispetto ai componenti negativi) a recuperare a tassazione quella parte dei costi che appaiono incongrui rispetto ai ricavi della impresa. Del tutto sproporzionata appare poi -in termini assoluti e oggettivi -la misura tra gli utili conseguiti dalla RAGIONE_SOCIALE e la quantità e qualità del lavoro impiegato nell’attività commerciale di impresa, come anche macroscopicamente evidente la sproporzione tra costi e ricavi tale da potersi ritenere la suddetta gestione commerciale contraria ad ogni profilo di ragionevolezza’ .
17.4 Per quanto riguarda la doglianza sulla mancata considerazione del l’asserita congruità della contribuente allo studio di settore, occorre ribadire che questa Corte ha ripetutamente affermato che gli studi di settore costituiscono, come si evince dal d.l. 30 agosto 1993, n. 331, art. 62-sexies, convertito in l. 29 ottobre 1993, n. 427, solo uno degli strumenti utilizzabili dall’Amministrazione finanziaria per accertare in via induttiva, pur in presenza di una contabilità formalmente regolare, ma intrinsecamente inattendibile, il reddito reale del contribuente, in
quanto tale accertamento può essere presuntivamente condotto anche sulla base del riscontro di gravi incongruenze tra i ricavi, i compensi ed i corrispettivi dichiarati e quelli fondatamente desumibili dalle caratteristiche e dalle condizioni di esercizio della specifica attività svolta, a prescindere, quindi, dalle risultanze degli specifici studi di settore e della conformità alle stesse dei ricavi aziendali dichiarati (Cass. 24 settembre 2014, n. 20060; Cass. 14 dicembre 2012, n. 23096; Cass. 7 agosto 2020, n. 16840).
17.5 A ciò va aggiunto che il giudice di merito non ha l’obbligo di esaminare tutti gli elementi istruttori emersi, purché dia conto della decisività, ai fini della decisione assunta, di quelli effettivamente esaminati (Cass. n. 16840 del 2020).
Il terzo e il quarto motivo, da esaminare unitariamente per connessione, sono inammissibili, in quanto, da un lato, non colgono la ratio decidendi e, dall’altro, tendono ad una inammissibile rivisitazione dell’apprezzamento di merito operato dal giudice di appello .
18.1 Dalla sentenza impugnata, invero, si evince chiaramente una chiara distinzione tra i costi ripresi a tassazione, in quanto ritenuti non di competenza, per l’importo di € 11.264,00 , essendo afferenti a merce non rinvenuta nel magazzino all’inizio dell’anno 2010 , e i costi ritenuti incongrui, in quanto eccessivi e sproporzionati rispetto alla misura degli utili, tanto da ritenere antieconomica l’attività imprenditoriale.
18.2 Anche il quinto, sesto, settimo, decimo, tredicesimo e quindicesimo motivo, che riguardano tutti il vizio di omessa motivazione, vanno esaminati congiuntamente e sono in primo luogo inammissibili, perché propongono in modo confuso e contemporaneamente, anche mediante il richiamo all’art. 112 cod. proc. civ., il vizio di omessa pronuncia e il vizio di omessa motivazione. Si tratta di due vizi tra loro logicamente e giuridicamente incompatibili,
posto che l’omessa motivazione presuppone che una pronuncia vi sia stata, ma non sia stata motivata (Cass. n. 6150 del 5/03/2021).
18.3 I predetti motivi, anche se considerati come denuncia del vizio di omessa motivazione, sono in ogni caso infondati.
18.4 E’ stato più volte affermato, infatti, che ‘la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perchè affetta da “error in procedendo”, quando, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture ‘ (Cass., Sez. U. 3.11.2016, n. 22232).
18.5 La motivazione della sentenza impugnata non rientra affatto nei paradigmi invalidanti indicati nel citato, consolidato e condivisibile, arresto giurisprudenziale, in quanto contiene una sintetica, ma esaustiva spiegazione in ordine alle questioni evidenziate dalla contribuente con le predette censure, avendo il giudice di appello evidenziato quelle considerate rilevanti ai fini della decisione, con ciò assolvendo il proprio obbligo motivazionale al di sopra del “minimo costituzionale” (Sez. U. 7.04.2014, n. 8053).
18.6 Con riferimento al quindicesimo motivo va ad ogni modo precisato che, secondo il costante orientamento di questa Corte, l’Amministrazione finanziaria deve riconoscere una deduzione in misura percentuale forfettaria dei costi di produzione soltanto in caso di accertamento induttivo “puro” ex art. 39, comma 2, del d.P.R. n. 600 del 1973, mentre in caso di accertamento analitico o analitico-induttivo è il contribuente ad avere l’onere di provare l’esistenza di costi deducibili, afferenti ai maggiori ricavi o compensi, senza che l’Ufficio possa, o debba, procedere al loro riconoscimento forfettario (Cass. n.
34996 del 2022; Cass. n. 22868 del 2017); a seguito della sentenza n. 10 del 2023 della Corte costituzionale, peraltro, è stato recentemente affermato che il contribuente può eccepire l’incidenza percentuale dei costi relativi anche in caso di accertamento analitico-induttivo, ma solo quando l’accertamento deriva dalla presunzione legale di ricavi non contabilizzati di cui all’art. 32, comma 1, n. 2, del d.P.R. n. 602 del 1973, scaturenti da movimentazioni bancarie non giustificate (Cass. n. 6874 del 2023; Cass. n. 18653 del 2023; Cass. n. 1863 del 2024), fattispecie non ricorrente nel caso in esame.
19. L’ottavo motivo è infondato.
19.1 C on riferimento all’asserito obbligo per l’Ufficio di considerare, nella motivazione dell’atto impositivo, le osservazioni formulate dal contribuente, occorre rilevare che, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte -cui questo collegio intende dare continuità dalla stessa lettura della prima parte del comma 7 dell’art. 12 della l. n. 212 del 2000 (“nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura RAGIONE_SOCIALE operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori’ ) e dal raffronto con il tenore più perentorio della seconda parte del medesimo comma (‘l’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza” ), si evince che all’obbligo dell’amministrazione finanziaria di “valutare” le osservazioni del contribuente (cui l’imposizione del termine dilatorio, questa sì a pena di nullità, è strumentale) non si aggiunge l’ulteriore obbligo di esplicitare detta valutazione nell’atto impositivo, a pena di nullità, né a diversa conclusione può pervenirsi sulla base di quanto disposto da ll’art. 42 del d.P.R. n. 600 del 1973 (Cass. n. 2583 del 2016; n. 8378 del 2017).
19.2 Occorre rammentare in proposito, infatti, che “non tutte le irregolarità possono dar luogo a nullità, ma soltanto quelle così sanzionate dalla legge, ovvero quelle che, anche in difetto di una comminatoria espressa, sono talmente lesive di specifici diritti o garanzie da impedire la produzione di qualsiasi effetto da parte dell’atto cui ineriscono” (Cass. n. 4324 del 2011; n. 28764 del 2005).
20. Il nono, l’undicesimo, il quattordicesimo motivo, che vanno pure trattati unitariamente, sono inammissibili, in quanto attingono, nel merito, la valutazione effettuata dalla CTR in ordine agli elementi istruttori sulla base dei quali sono stati accertati i ricavi occulti.
20.1 Sul punto occorre richiamare la giurisprudenza consolidata di questa Corte, secondo la quale è inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito ( ex plurimis , Cass. Sez. Un. 27/12/2019, n. 34476).
20.2 Con particolare riferimento al nono motivo, inoltre, va precisato che non vi è stata alcuna violazione RAGIONE_SOCIALE regole di ripartizione dell’onere della prova, avendo la CTR correttamente attribuito all’Amministrazione finanziaria l’onere di dimostrare la pretesa . Detto onere è stato ritenuto assolto tramite presunzioni semplici, sicchè sarebbe spettato alla contribuente, a quel punto, fornire la prova contraria.
20.3 Quanto poi alla pretesa violazione di legge consistente nel difetto di gravità, precisione e concordanza RAGIONE_SOCIALE presunzioni sulle quali si fonda l’accertamento, occorre rammentare che ‘In sede di legittimità è possibile censurare la violazione degli artt. 2727 e 2729 c.c. solo allorché ricorra il cd. vizio di sussunzione, ovvero quando il giudice di merito, dopo avere qualificato come gravi, precisi e concordanti gli
indizi raccolti, li ritenga, però, inidonei a fornire la prova presuntiva oppure qualora, pur avendoli considerati non gravi, non precisi e non concordanti, li reputi, tuttavia, sufficienti a dimostrare il fatto controverso’ (Cass. n. 3541 del 13/02/2020), fattispecie che comunque non ricorre nel caso in esame.
20.4 Va altresì ribadito che in sede di legittimità non può essere censurata la decisione del giudice del merito in ordine alla scelta e la valutazione degli elementi presuntivi, rientrando tali attività (di apprezzamento e di valutazione dell’idoneità di tali elementi) nei poteri del giudice del merito, incensurabili in sede di legittimità, se sorretti da adeguata e corretta motivazione sotto il profilo logico e giuridico (Cass. 14/11/2019, n. 29540; Cass. 16/05/2017, n. 12002), così come è incensurabile in sede di legittimità l’apprezzamento del giudice del merito circa la valutazione della ricorrenza dei requisiti di precisione, gravità e concordanza richiesti dalla legge per valorizzare elementi di fatto come fonti di presunzione (Cass. 17/01/2019, n. 1234).
20.5 Risulta parimenti inammissibile la censura secondo la quale il giudice di appello non avrebbe preso in esame mezzi di prova dedotti da parte contribuente, atteso che il giudice del merito è tenuto ad evidenziare le prove ritenute idonee e sufficienti a suffragare la decisione adottata, ovvero la carenza di esse, senza che sia necessaria l’analitica confutazione RAGIONE_SOCIALE tesi non accolte o la particolare disamina degli elementi di giudizio non ritenuti significativi (Cass. n. 2153 del 30/01/2020).
21. Il dodicesimo motivo è infondato, in quanto il giudice di appello si è pronunciato, anche implicitamente, in relazione a tutti gli elementi posti a fondamento dell’atto impositivo, rilevando la complessiva antieconomicità della gestione imprenditoriale ed evidenziando gli elementi maggiormente sintomatici dell’evasione.
Il sedicesimo motivo è inammissibile, in quanto la censura non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata secondo la quale le sanzioni erano state determinate nel minimo edittale e che nessuna doglianza era stata formulata in ordine al loro calcolo.
21.1 Il motivo sarebbe in ogni caso infondato, in quanto va ribadito il principio, secondo il quale, in tema di sanzioni amministrative tributarie, nel caso in cui la sanzione, collegata al tributo cui si riferisce, sia irrogata, ai sensi dell’art. 17 del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, con atto contestuale all’avviso di accertamento o di rettifica, essa è da intendersi motivata per relationem alla pretesa fiscale che sia definita nei suoi elementi essenziali, sì da giustificare la sanzione per essa irrogata e contenuta nel medesimo atto (Cass. n. 16484 del 5/08/2016; Cass. n. 20733 dell’1/08/2019).
In conclusione, il ricorso va rigettato e la ricorrente va condannata al pagamento, in favore della controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio, che si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la RAGIONE_SOCIALE al pagamento, in favore dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio, che liquida in € 7.600,00, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 13 marzo 2024
Il Presidente NOME COGNOME
Il Consigliere est. NOME COGNOME