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Ultimazione opere abusive: quando scatta la prescrizione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un privato che chiedeva la revoca del sequestro preventivo di un immobile, sostenendo l’avvenuta prescrizione del reato edilizio. Il punto centrale della decisione riguarda la prova della data di ultimazione opere abusive. La Corte ha stabilito che elementi come visure catastali, aerofotogrammetrie o recensioni online di ospiti non sono sufficienti a dimostrare il completamento definitivo dei lavori, necessario affinché inizi a decorrere il termine di prescrizione.

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Pubblicato il 2 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ultimazione Opere Abusive: la Prova non è l’Abitabilità

Determinare il momento esatto della ultimazione opere abusive è un aspetto cruciale nel diritto penale edilizio, poiché da quella data inizia a decorrere il termine di prescrizione del reato. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sentenza n. 26537/2024) ha ribadito con fermezza i criteri per identificare tale momento, chiarendo che prove come recensioni online di ospiti o visure catastali non sono sufficienti a dimostrare il completamento effettivo e totale dell’immobile. Analizziamo insieme questo importante caso.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine dal sequestro preventivo di alcuni manufatti, ritenuti abusivi, disposto dal G.I.P. del Tribunale di Isernia. Il proprietario dell’immobile presentava un’istanza per la revoca del sequestro, sostenendo che il reato fosse ormai estinto per prescrizione.

A supporto della sua tesi, la difesa produceva una serie di documenti, tra cui aerofotogrammetrie, visure catastali e persino recensioni lasciate su un noto portale di viaggi da parte di persone che avevano soggiornato nella struttura. Secondo il ricorrente, tali prove dimostravano che i lavori erano stati completati entro il 31 ottobre 2016, facendo così maturare la prescrizione nell’ottobre del 2021.

Sia il Tribunale di Isernia che, in un secondo momento, il Tribunale del Riesame rigettavano la richiesta, ritenendo che la documentazione non fosse idonea a provare l’effettiva e totale ultimazione dei lavori. Di qui, il ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte sulla Prova dell’ultimazione opere abusive

La Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando le decisioni dei giudici di merito. La Corte ha innanzitutto ricordato che il ricorso per cassazione contro le ordinanze in materia di sequestro preventivo è ammesso solo per violazione di legge e non per vizi di motivazione, a meno che questa sia del tutto assente o meramente apparente.

Nel merito, i giudici hanno ribadito un principio consolidato: il reato di costruzione abusiva è un reato permanente. La sua consumazione si protrae nel tempo e cessa solo con la sospensione dei lavori, con la sentenza di primo grado o, appunto, con la loro completa ultimazione.

Le Motivazioni: Quando si considerano ultimate le opere abusive?

Il cuore della sentenza risiede nella definizione giuridica di “ultimazione”. Per la giurisprudenza, un’opera edilizia si considera ultimata non quando è agibile o utilizzata, ma solo quando è stata completata in ogni sua parte, incluse le rifiniture interne ed esterne. La semplice esecuzione parziale, anche se sostanziale, non è sufficiente a far cessare la permanenza del reato.

Sulla base di questo principio, la Corte ha smontato il valore probatorio degli elementi portati dalla difesa:

* Aerofotogrammetrie e relazioni tecniche: Possono dimostrare uno stato di avanzamento dei lavori, ma non necessariamente il loro completamento definitivo.
* Visure catastali: Attestano il classamento di un immobile a fini fiscali, un atto che può avvenire anche prima della fine di tutti i lavori di rifinitura.
* Recensioni online: Sebbene possano indicare che una parte dell’immobile è stata utilizzata, non provano che l’intera opera fosse completa. L’utilizzo effettivo di un immobile, anche con utenze attive e presenza di persone, non equivale giuridicamente alla sua ultimazione.

In sostanza, la Corte ha ritenuto che la valutazione del Tribunale del Riesame fosse un giudizio di fatto, basato su una logica non manifestamente irrazionale, e come tale non sindacabile in sede di legittimità.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa pronuncia rafforza un importante principio: per far valere la prescrizione in materia di abusi edilizi, è necessario fornire una prova rigorosa e inequivocabile della data di completamento totale delle opere, comprese tutte le rifiniture. La semplice abitabilità o l’utilizzo parziale dell’immobile non sono sufficienti. Chi intende dimostrare l’avvenuta ultimazione opere abusive deve quindi munirsi di prove che attestino in modo certo la conclusione di ogni intervento, interno ed esterno. In assenza di tale prova, il reato si considera ancora in corso, impedendo il decorso della prescrizione e legittimando il mantenimento di misure come il sequestro preventivo.

Quando si considera completato un immobile ai fini della prescrizione del reato di abuso edilizio?
Un immobile si considera ultimato, ai fini della decorrenza della prescrizione, solo quando i lavori di costruzione sono conclusi in ogni loro parte, comprese le rifiniture interne ed esterne. La semplice abitabilità o l’utilizzo effettivo non sono sufficienti.

Le recensioni online o le visure catastali sono prove sufficienti per dimostrare l’ultimazione dei lavori?
No. Secondo la sentenza, né le visure catastali (che attestano il classamento) né le recensioni di ospiti (che provano al più un utilizzo parziale) sono considerate prove idonee a dimostrare la data di completamento definitivo e totale delle opere.

In quali casi è possibile fare ricorso in Cassazione contro un’ordinanza di sequestro preventivo?
Il ricorso per cassazione avverso ordinanze in materia di sequestro preventivo è ammesso solo per violazione di legge. Non è possibile contestare l’illogicità della motivazione, a meno che questa sia talmente carente o contraddittoria da risultare mancante o meramente apparente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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