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Strage politica: la lieve entità del fatto attenua la pena

La Corte di Cassazione ha confermato la decisione della Corte di assise di appello che aveva riconosciuto l’attenuante del fatto di lieve entità in un caso di strage politica. Il caso riguardava un attentato con ordigni esplosivi presso una scuola allievi carabinieri. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso del Procuratore generale, stabilendo che la valutazione della ‘lieve entità’ deve considerare il fatto nel suo complesso, inclusa l’effettiva offensività verso la sicurezza dello Stato, che nel caso di specie è stata ritenuta modesta. Di conseguenza, è stata confermata la riduzione della pena per gli imputati, nonostante la gravità del reato contestato.

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Pubblicato il 2 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Strage Politica: La Cassazione Conferma l’Attenuante per Fatto di Lieve Entità

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 26628/2024) affronta un tema di cruciale importanza: la possibilità di attenuare la pena per il gravissimo reato di strage politica (art. 285 c.p.) quando il fatto, nella sua concretezza, risulta di lieve entità. La decisione conferma che anche di fronte a un’accusa così severa, il giudice deve poter adeguare la sanzione alla reale offensività della condotta, valorizzando il principio di proporzionalità della pena.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine da un attentato dinamitardo avvenuto nottetempo ai danni di una scuola allievi carabinieri. Due ordigni erano stati collocati in un contenitore di rifiuti vicino alla recinzione dell’istituto ed erano esplosi a distanza di circa mezz’ora l’uno dall’altro. I danni materiali erano stati modesti (danneggiamento di bidoni e della rete di recinzione) e non vi erano state conseguenze per le persone.

Inizialmente, il reato era stato qualificato come strage comune (art. 422 c.p.), ma la Corte di Cassazione, in una precedente fase del giudizio, lo aveva riqualificato come strage politica (art. 285 c.p.), un reato ben più grave punito con la pena fissa dell’ergastolo, in quanto l’azione era finalizzata ad attentare alla sicurezza dello Stato. Il processo era quindi tornato alla Corte di assise di appello per la rideterminazione della pena.

L’Applicazione dell’Attenuante della Lieve Entità nella strage politica

La Corte di assise di appello, nel ricalcolare la pena, aveva riconosciuto agli imputati l’attenuante speciale prevista dall’art. 311 c.p., che permette una diminuzione di pena per i delitti contro la personalità dello Stato quando il fatto risulti di “lieve entità”. Questa decisione era stata impugnata dal Procuratore generale, secondo cui tale attenuante non poteva essere applicata. Il P.G. sosteneva che la Corte avesse erroneamente sminuito la gravità del fatto, concentrandosi solo sul modesto danno alla sicurezza dello Stato e trascurando il grave pericolo per l’incolumità pubblica, insito in un attentato esplosivo.

Il Bilanciamento con la Recidiva

Un altro punto controverso riguardava il giudizio di bilanciamento tra l’attenuante riconosciuta e l’aggravante della recidiva reiterata contestata a uno degli imputati. La Corte di appello aveva ritenuto le attenuanti prevalenti sulla recidiva, una scelta resa possibile da una precedente sentenza della Corte Costituzionale (n. 94/2023), che aveva rimosso il divieto di prevalenza in casi simili. Il Procuratore contestava anche questa valutazione, ritenendola ingiustificata data la personalità dell’imputato.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso del Procuratore generale, confermando la sentenza di appello. I giudici hanno chiarito che l’attenuante del fatto di lieve entità si fonda su un giudizio complessivo e oggettivo del fatto. Questo giudizio deve tenere conto di tutti gli elementi: la natura, la specie, i mezzi, le modalità e le circostanze dell’azione, nonché la tenuità del danno o del pericolo.

Nel caso del reato di strage politica, il bene giuridico primariamente tutelato è la sicurezza dello Stato. La Corte ha ritenuto che i giudici di merito avessero correttamente valutato che il vulnus (la lesione) a tale bene fosse stato, in concreto, assai modesto. L’attentato, pur grave, aveva avuto un’incidenza limitata, senza colpire centri di comando e senza creare un reale pericolo per le istituzioni democratiche.

La Corte ha specificato che il pericolo per la pubblica incolumità, pur essendo un elemento costitutivo sia della strage comune che di quella politica, non esclude a priori l’applicazione dell’attenuante. Anzi, la sua concreta dimensione è uno degli elementi da valutare per stabilire se il fatto sia o meno di lieve entità. Poiché l’attentato era avvenuto di notte, in un luogo isolato e con danni limitati, la Corte ha concluso che la valutazione di “lieve entità” era logica e ben motivata.

Infine, la Suprema Corte ha dichiarato inammissibili i ricorsi degli imputati, i quali avevano sollevato questioni di legittimità costituzionale sull’art. 285 c.p., sostenendo che la pena fissa dell’ergastolo fosse sproporzionata. La Corte ha risposto che proprio la possibilità di applicare attenuanti come quella dell’art. 311 c.p. fornisce al giudice lo strumento per individualizzare la pena e renderla proporzionata, superando la rigidità della sanzione edittale.

Le Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale del diritto penale: la pena deve essere sempre proporzionata alla gravità del fatto commesso. Anche di fronte a reati gravissimi come la strage politica, che mirano a minare le fondamenta dello Stato, il sistema deve prevedere meccanismi per distinguere tra condotte di diversa offensività. L’attenuante del fatto di lieve entità svolge proprio questa funzione, consentendo al giudice di non applicare la pena massima dell’ergastolo quando la condotta, sebbene integri la fattispecie di reato, si collochi in una soglia inferiore di gravità, in particolare quando non abbia cagionato la morte di alcuno. La decisione rappresenta un importante baluardo a garanzia della razionalità e dell’umanità del sistema sanzionatorio.

È possibile applicare l’attenuante del fatto di lieve entità al grave reato di strage politica (art. 285 c.p.)?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che l’attenuante prevista dall’art. 311 c.p. è applicabile a tutti i delitti contro la personalità dello Stato, incluso quello di strage politica. La sua applicazione dipende da una valutazione complessiva della gravità concreta del fatto.

Come si valuta la “lieve entità” in un reato che mira a colpire la sicurezza dello Stato?
La valutazione deve essere oggettiva e riguardare il fatto nel suo complesso. Si considerano la natura, i mezzi, le modalità dell’azione e l’entità del danno o del pericolo. Nel caso specifico della strage politica, assume rilievo primario l’effettiva lesione o il pericolo per la sicurezza dello Stato, che nel caso di specie è stato ritenuto modesto, considerando anche le circostanze concrete dell’attentato (orario notturno, luogo isolato, danni limitati).

Una pena fissa come l’ergastolo è compatibile con la necessità di adeguare la sanzione alla gravità del singolo caso?
Secondo la Corte, la rigidità di una pena fissa come l’ergastolo viene temperata proprio dalla possibilità per il giudice di applicare le circostanze attenuanti. L’applicazione dell’attenuante del fatto di lieve entità (art. 311 c.p.) e delle attenuanti generiche consente di sostituire l’ergastolo con la reclusione, recuperando così la mobilità e l’individualizzazione del trattamento sanzionatorio richieste dalla Costituzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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