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Spaccio di lieve entità: no se l’attività è fiorente

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di due soggetti condannati per spaccio. La Corte ha escluso l’ipotesi di spaccio di lieve entità, confermando la decisione della Corte d’Appello, poiché l’attività era svolta in modo sistematico, su larga scala e con una consolidata clientela, elementi incompatibili con la minore gravità del fatto.

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Pubblicato il 2 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Spaccio di Lieve Entità: No se l’Attività è Sistematica e Fiorente

L’ipotesi di spaccio di lieve entità, prevista dall’articolo 73, comma 5, del Testo Unico sugli Stupefacenti, rappresenta una circostanza attenuante che consente di mitigare la pena per chi commette reati legati alla droga. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e dipende da una valutazione complessiva del fatto. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito i confini di questa fattispecie, escludendola in casi di attività di spaccio ben organizzata e continuativa. Analizziamo insieme la decisione per capire quali elementi concreti portano a negare il beneficio.

Il Caso in Esame: Dallo Spaccio Organizzato al Ricorso

Due individui, condannati in appello per diverse cessioni di cocaina, hanno presentato ricorso in Cassazione. La loro principale doglianza riguardava la mancata applicazione dell’ipotesi di spaccio di lieve entità. Sostenevano che i fatti a loro addebitati dovessero rientrare in questa fattispecie meno grave. La Corte d’Appello, tuttavia, aveva già respinto questa tesi sulla base di prove che delineavano un quadro ben diverso da un’attività occasionale o modesta.

La Posizione degli Imputati

Per uno dei ricorrenti, le indagini avevano rivelato un’attività di spaccio fiorente e su larga scala. Era emerso che offriva in vendita partite consistenti di stupefacenti, teneva una vera e propria contabilità per gestire gli affari e deteneva droga per un valore di circa 5.000 euro, oltre ad aver già ceduto in precedenza un quantitativo di 200 grammi. Per il secondo imputato, la Corte aveva evidenziato che godeva di un proprio giro di clientela, concordava autonomamente i prezzi al dettaglio e gestiva in modo sistematico la sua attività, disponendo di quantitativi discreti di sostanza.

La Valutazione della Corte di Cassazione e lo Spaccio di Lieve Entità

La Suprema Corte ha dichiarato i ricorsi manifestamente infondati e, di conseguenza, inammissibili. I giudici hanno confermato in toto la ricostruzione effettuata dalla Corte d’Appello, ritenendola precisa, circostanziata e giuridicamente corretta. Secondo la Cassazione, gli elementi raccolti erano incompatibili con la qualificazione del fatto come di lieve entità. L’organizzazione, la sistematicità, l’ingente quantitativo di droga trattata e la gestione di una clientela autonoma sono tutti indicatori di una professionalità criminale che esula dalla ratio della norma attenuante.

Le Motivazioni della Decisione

La decisione si fonda su un principio consolidato: per valutare la lieve entità del fatto non si può guardare solo alla quantità di droga ceduta nella singola occasione, ma è necessario considerare l’intera condotta dell’agente. Nel caso specifico, le prove (incluse le intercettazioni telefoniche) dimostravano un’attività imprenditoriale illecita, non un episodio isolato o di modesta portata. La Corte ha sottolineato come i giudici di merito avessero correttamente esaminato tutte le deduzioni difensive, pervenendo a una conclusione logica e ben motivata, basata sulle risultanze processuali.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza riafferma che l’accesso alla fattispecie di spaccio di lieve entità è precluso a chiunque dimostri di aver intrapreso un’attività di spaccio strutturata e continuativa. La presenza di elementi come una clientela fissa, la gestione di quantitativi importanti, anche se non enormi, e una condotta abituale sono sufficienti per escludere il beneficio. La declaratoria di inammissibilità del ricorso ha comportato, inoltre, la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, a conferma della manifesta infondatezza delle loro argomentazioni.

Quando un’attività di spaccio non può essere considerata di lieve entità?
Secondo la Corte, un’attività di spaccio non è di lieve entità quando è fiorente, condotta su larga scala, in modo sistematico e organizzato, con la gestione di una propria clientela e la detenzione di quantitativi di stupefacente non trascurabili.

Quali sono le conseguenze di un ricorso in Cassazione dichiarato inammissibile?
La parte che ha proposto il ricorso viene condannata al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro, stabilita equitativamente dalla Corte, in favore della Cassa delle ammende.

Quali elementi specifici ha considerato la Corte per escludere la lieve entità del fatto in questo caso?
La Corte ha valorizzato elementi come lo svolgimento di un’attività fiorente, l’offerta in vendita di grosse partite di droga, la tenuta di una contabilità, il valore dello stupefacente detenuto (5.000 euro), la cessione pregressa di 200 grammi e la gestione autonoma di un proprio giro di clientela in modo sistematico.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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