Rinuncia al Ricorso: Una Scelta Non Priva di Conseguenze Economiche
Decidere di presentare una rinuncia al ricorso in Cassazione potrebbe sembrare una semplice formalità per porre fine a un procedimento legale. Tuttavia, un’ordinanza della Suprema Corte ci ricorda che questa scelta, in ambito penale, comporta conseguenze precise e, talvolta, onerose. Con l’ordinanza in esame, i giudici hanno ribadito un principio fondamentale: la rinuncia non cancella il procedimento, ma lo conduce a una declaratoria di inammissibilità, con annessa condanna al pagamento di una sanzione pecuniaria.
I Fatti di Causa
Il caso ha origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Napoli. Successivamente alla presentazione del ricorso, lo stesso imputato, tramite il suo difensore, ha comunicato alla Corte di Cassazione la propria dichiarazione di rinuncia. Questo atto, formalmente corretto, ha dato il via alla valutazione della Corte sulle conseguenze procedurali di tale scelta.
La Decisione della Corte sulla Rinuncia al Ricorso
La Corte di Cassazione, preso atto della volontà del ricorrente, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione non si è limitata a questa statuizione formale. In applicazione della normativa vigente, la Corte ha condannato il rinunciante al pagamento delle spese del procedimento e, soprattutto, al versamento di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende. Questa decisione sottolinea come l’atto di rinuncia non sia neutro, ma venga equiparato, negli effetti sanzionatori, ad altre cause di inammissibilità.
Le Motivazioni
Il fulcro della decisione risiede nell’interpretazione dell’articolo 616 del codice di procedura penale. La Corte ha spiegato che questa norma, nello stabilire l’obbligo di condannare il ricorrente al pagamento di una sanzione pecuniaria in caso di inammissibilità, non opera alcuna distinzione tra le diverse cause che la determinano. Che l’inammissibilità derivi da un vizio di forma, dalla tardività del ricorso o, come in questo caso, da una rinuncia volontaria, la conseguenza è la medesima: l’applicazione della sanzione.
I giudici hanno inoltre precisato che non si verteva nell’ipotesi eccezionale di una rinuncia determinata da una ‘carenza di interesse per cause sopravvenute non imputabili al ricorrente’. Solo in tale specifica circostanza, la sanzione avrebbe potuto essere evitata. In assenza di tali presupposti, la condanna pecuniaria diventa un atto dovuto. La quantificazione della somma in 3.000 euro è stata ritenuta equa dalla Corte in ragione delle questioni giuridiche dedotte nel ricorso originario.
Le Conclusioni
L’ordinanza offre un importante monito per chiunque intraprenda un percorso giudiziario in ambito penale. La scelta di rinunciare a un ricorso deve essere ponderata attentamente, tenendo conto non solo della fine del contenzioso ma anche delle implicazioni economiche. La rinuncia non è una ‘via d’uscita’ gratuita dal processo, ma un atto che attiva un meccanismo sanzionatorio previsto dalla legge per tutti i casi di inammissibilità. È fondamentale, quindi, che l’assistito sia pienamente consapevole, grazie alla consulenza del proprio legale, che la rinuncia al ricorso comporta una condanna certa al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.
Cosa comporta la rinuncia a un ricorso per cassazione in materia penale?
La rinuncia porta alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso. Di conseguenza, il soggetto che ha rinunciato viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in denaro a favore della Cassa delle ammende.
La sanzione pecuniaria è sempre obbligatoria in caso di rinuncia al ricorso?
Sì, secondo quanto stabilito dall’art. 616 del codice di procedura penale, la sanzione è obbligatoria per ogni causa di inammissibilità, inclusa la rinuncia. L’unica eccezione prevista è quando la rinuncia derivi da una carenza di interesse per cause sopravvenute non imputabili al ricorrente, circostanza non riscontrata nel caso di specie.
Come viene determinato l’importo della sanzione pecuniaria?
L’importo della sanzione è stabilito dal giudice in via equitativa, tenendo conto delle questioni dedotte nel ricorso. Nel caso specifico analizzato dall’ordinanza, la Corte ha ritenuto congruo un importo di 3.000 euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 15055 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 15055 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 22/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a MADDALONI DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 20/06/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato ayviscirgre -parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che in data 9 novembre 2023 il ricorrente ha comunicato la propria dichiarazione di rinuncia al ricorso, con sottoscrizione autenticata dal difensore, AVV_NOTAIO;
ritenuto che il ricorso deve essere dichiarato per rinuncia, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in euro 3000, in quanto l’art. 616 cod. proc. pen., nello stabilire l’applicazione di detta sanzione, non distingue tra le diverse cause che danno luogo alla pronuncia di inammissibilità, né si versa nel caso di rinuncia per carenza di interesse per cause sopravvenute non imputabili al ricorrente.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 22 marzo 2024
IF Con igliere estensore
Il Presidente