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Rimozione rifiuti: obbligo anche su area confiscata

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 26518/2024, ha stabilito che l’obbligo di rimozione rifiuti persiste anche se l’area interessata è stata confiscata. Il destinatario di un’ordinanza di bonifica non può invocare la perdita di disponibilità del bene come scusante, ma deve attivarsi per chiedere al giudice l’autorizzazione all’accesso. La Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso, confermando le statuizioni civili nonostante l’intervenuta prescrizione del reato.

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Pubblicato il 2 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Obbligo di Rimozione Rifiuti: La Confisca dell’Area Non Salva dalla Responsabilità

La corretta rimozione rifiuti è un obbligo inderogabile, anche quando l’area inquinata viene confiscata. Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con una recente sentenza, che chiarisce come la perdita di proprietà del terreno non costituisca una scusante per chi ha ricevuto un’ordinanza di bonifica. Questo principio rafforza la tutela ambientale, ponendo l’accento sulla responsabilità attiva del soggetto obbligato, anche di fronte a un provvedimento ablativo dello Stato.

I Fatti del Caso

La vicenda giudiziaria ha origine dalla condanna inflitta dal Tribunale a due soggetti per il reato previsto dall’art. 255, comma 3, del D.Lgs. 152/2006, per non aver ottemperato a un’ordinanza comunale di rimozione di rifiuti abbandonati su un’area di loro proprietà. In seguito, la Corte di Appello, pur dichiarando il reato estinto per intervenuta prescrizione, confermava le statuizioni civili a carico degli imputati. Uno di essi proponeva quindi ricorso per Cassazione, sostenendo di non essere più responsabile in quanto, al momento della notifica dell’ordinanza, l’area in questione era già stata confiscata a seguito di una precedente sentenza passata in giudicato. Secondo la difesa, la perdita della proprietà e della disponibilità del terreno rendeva inesigibile la condotta di rimozione.

La questione giuridica: l’obbligo di rimozione rifiuti su area confiscata

Il nucleo della questione sottoposta alla Suprema Corte era se la confisca di un’area potesse estinguere l’obbligo di bonifica imposto al precedente proprietario. L’imputato sosteneva che, non avendo più il possesso né la proprietà del bene, gli fosse materialmente e giuridicamente impossibile adempiere all’ordine di rimozione. La Corte, tuttavia, ha affrontato il tema da una prospettiva differente, incentrata sulla non automaticità dell’effetto liberatorio della confisca.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, sposando una linea di rigore a tutela dell’ambiente e della salute pubblica.

Le Motivazioni

I giudici hanno chiarito che la sopravvenuta indisponibilità dell’area, sia essa dovuta a sequestro o a confisca, non è di per sé ostativa all’adempimento degli obblighi di rimozione. Il principio applicato è che il destinatario dell’ordinanza ha il dovere di attivarsi per superare l’ostacolo. Invece di rimanere inerte, l’imputato avrebbe dovuto richiedere al giudice competente l’autorizzazione ad accedere all’area per poter effettuare le operazioni di bonifica. La Corte ha sottolineato che non è stata fornita alcuna prova di un simile tentativo, neppure infruttuoso. La passività del soggetto non può dunque trasformarsi in una causa di giustificazione.

La Corte ha inoltre respinto la censura relativa alla presunta mancata correlazione tra l’accusa e la sentenza. L’imputazione contestava una vicenda complessiva, sviluppatasi a partire dall’emissione dell’ordinanza, e l’imputato ha avuto piena possibilità di difendersi su tutti gli aspetti della condotta omissiva, inclusa quella successiva alla confisca. L’obbligo di agire, infatti, non si è esaurito con la perdita della proprietà.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un importante principio giurisprudenziale: la responsabilità per la mancata rimozione rifiuti non cessa automaticamente con la perdita della disponibilità del bene. Il soggetto che ha causato o che è responsabile della presenza dei rifiuti deve assumere un ruolo proattivo, chiedendo alle autorità giudiziarie i permessi necessari per adempiere. Questa decisione ha implicazioni significative: chi riceve un’ordinanza di bonifica non può semplicemente ‘dimenticarsene’ se il terreno viene sequestrato o confiscato. La conferma delle statuizioni civili, anche a fronte della prescrizione del reato, ribadisce inoltre che il danno ambientale prodotto deve comunque essere risarcito, garantendo una tutela effettiva per la collettività.

La confisca di un terreno esonera il destinatario di un’ordinanza dall’obbligo di rimuovere i rifiuti presenti?
No, secondo la Corte di Cassazione la confisca non costituisce una causa di inesigibilità della condotta. Il destinatario dell’ordinanza deve attivarsi per ottenere dal giudice l’autorizzazione ad accedere all’area per provvedere alla rimozione.

Cosa succede se il reato di mancata rimozione dei rifiuti cade in prescrizione?
Anche se il reato viene dichiarato estinto per prescrizione, le statuizioni civili, come l’obbligo di risarcimento del danno e il ripristino dei luoghi, possono essere confermate a carico del responsabile.

L’indisponibilità dell’area, ad esempio per sequestro o confisca, è una valida difesa per non aver rimosso i rifiuti?
No, la sopravvenuta indisponibilità dell’area non è di per sé ostativa all’adempimento degli obblighi di rimozione. La parte interessata ha l’onere di dimostrare di essersi attivata, anche se inutilmente, per ottenere l’autorizzazione all’accesso all’area.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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