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Ricorso per errore di fatto: quando è inammissibile

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 15163/2024, ha dichiarato inammissibile un ricorso per errore di fatto proposto contro una precedente declaratoria di inammissibilità. La Corte ha stabilito che tale strumento non può essere utilizzato come un ulteriore grado di giudizio per riesaminare una decisione ormai irrevocabile, ma solo per correggere errori percettivi sui fatti processuali. La ricorrente è stata condannata al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 13 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso per Errore di Fatto: La Cassazione Chiarisce i Limiti di Ammissibilità

Il ricorso per errore di fatto, disciplinato dall’articolo 625-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento di impugnazione straordinario e dai confini applicativi molto precisi. Non costituisce un terzo grado di giudizio, ma un rimedio eccezionale per correggere specifici errori percettivi della Corte di Cassazione. Con la recente ordinanza n. 15163 del 2024, i giudici di legittimità ribadiscono con fermezza questo principio, dichiarando inammissibile un ricorso che tentava surrettiziamente di ottenere una nuova valutazione di merito su una decisione ormai irrevocabile.

I Fatti del Caso Processuale

La vicenda processuale trae origine da una sentenza di condanna emessa dalla Corte di Appello. La parte soccombente aveva proposto un primo ricorso per cassazione, che la Suprema Corte aveva dichiarato inammissibile con un’ordinanza. Non rassegnata, la stessa parte ha impugnato anche quest’ultima ordinanza, utilizzando lo strumento del ricorso per errore di fatto.

L’obiettivo della ricorrente era contestare la correttezza della decisione di inammissibilità, lamentando un presunto errore di fatto. La questione è quindi giunta nuovamente all’attenzione della Suprema Corte, chiamata a valutare se il ricorso rientrasse nei ristretti limiti consentiti dalla legge.

L’Uso Improprio del Ricorso per Errore di Fatto

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, qualificandolo come un tentativo di introdurre un ulteriore grado di giudizio non previsto dall’ordinamento. I giudici hanno sottolineato che il procedimento era ormai giunto a una conclusione definitiva con la prima ordinanza di inammissibilità, rendendo l’accertamento giudiziale irrevocabile.

Secondo la Corte, il ricorso presentato non mirava a emendare un errore materiale o una svista percettiva sugli atti processuali, ma a rimettere in discussione la valutazione giuridica che aveva già portato a dichiarare inammissibile il primo ricorso. Questo utilizzo dello strumento è considerato improprio e al di fuori dei casi consentiti dalla norma.

Le Motivazioni della Suprema Corte

Nella sua motivazione, la Suprema Corte ha richiamato una consolidata giurisprudenza che circoscrive l’ambito di applicazione dell’art. 625-bis c.p.p. Il ricorso per errore di fatto è ammissibile solo quando la decisione della Cassazione si fonda su una svista, ovvero su una errata percezione di ciò che risulta dagli atti del processo. Non può, invece, essere utilizzato per contestare la valutazione giuridica o l’interpretazione delle norme compiuta dai giudici.

La Corte ha inoltre chiarito un importante aspetto procedurale: quando il ricorso appare manifestamente inammissibile in una fase preliminare, non è necessario fissare un’udienza formale né acquisire le conclusioni scritte del Procuratore Generale. Il procedimento può essere definito con rito semplificato (de plano), accelerando la decisione.

Di conseguenza, in applicazione dell’articolo 616 del codice di procedura penale, la declaratoria di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, commisurata ai profili di colpa nell’aver promosso un ricorso infondato.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

L’ordinanza in esame offre un importante monito: il ricorso per errore di fatto è un rimedio eccezionale e non una porta di servizio per ottenere un riesame del caso. I tentativi di utilizzare questo strumento per finalità diverse da quelle previste dalla legge sono destinati al fallimento e comportano conseguenze economiche negative per il ricorrente. La decisione riafferma la necessità di un uso corretto e consapevole degli strumenti processuali, nel rispetto del principio di definitività delle decisioni giudiziarie e della ragionevole durata del processo.

È possibile utilizzare il ricorso per errore di fatto per contestare la valutazione giuridica della Corte di Cassazione?
No, l’ordinanza chiarisce che il ricorso ex art. 625-bis c.p.p. è destinato esclusivamente a correggere un errore di percezione sui fatti risultanti dagli atti processuali e non può essere utilizzato per ottenere una nuova valutazione di merito o per contestare l’interpretazione giuridica della Corte.

Cosa succede se un ricorso per errore di fatto viene dichiarato inammissibile?
In base all’art. 616 c.p.p., la parte che ha proposto il ricorso inammissibile viene condannata al pagamento delle spese del procedimento e di una sanzione pecuniaria (in questo caso, 3.000 euro) da versare alla Cassa delle ammende, a causa della colpa nell’aver intrapreso un’azione legale infondata.

Quando un ricorso per errore di fatto è palesemente inammissibile, è necessaria un’udienza?
No. La Corte di Cassazione ha specificato che, qualora il vaglio preliminare riveli la manifesta inammissibilità del ricorso, non è necessario procedere alla fissazione di un’udienza né acquisire la requisitoria del Procuratore Generale, potendo la Corte decidere de plano, cioè sulla base degli atti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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