Ricorso per Cassazione: L’Obbligo Inderogabile del Difensore Cassazionista
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale della procedura penale: il Ricorso per Cassazione presentato personalmente dall’imputato è irrimediabilmente inammissibile. Questa decisione, pur essendo di natura prettamente procedurale, offre spunti cruciali sull’importanza del patrocinio legale qualificato nell’ultimo grado di giudizio. Analizziamo i dettagli di questo caso per comprendere le ragioni della Corte e le conseguenze per chi intende impugnare una sentenza di condanna.
I Fatti del Caso
La vicenda trae origine da una condanna per il delitto di cui all’art. 73, comma 5, del Testo Unico sugli Stupefacenti (d.P.R. 309/1990), confermata in secondo grado dalla Corte d’Appello di Roma. L’imputato, non rassegnandosi alla decisione, decideva di presentare ricorso presso la Suprema Corte di Cassazione. Il punto cruciale, che ha determinato l’esito del procedimento, è che l’atto di impugnazione è stato redatto e proposto personalmente dall’imputato, senza l’assistenza e la sottoscrizione di un difensore abilitato al patrocinio dinanzi alle giurisdizioni superiori.
La Decisione della Suprema Corte e il Ricorso per Cassazione
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato il ricorso inammissibile senza neppure entrare nel merito delle doglianze sollevate. La decisione è stata presa ‘de plano’, ovvero senza la necessità di un’udienza formale, applicando l’articolo 610, comma 5-bis, del codice di procedura penale. La Corte ha semplicemente constatato la sussistenza di una causa di inammissibilità manifesta, derivante dalla violazione di una norma procedurale inderogabile.
Le Motivazioni e le Conclusioni
La sentenza si fonda su un’argomentazione giuridica chiara e inequivocabile, legata a una specifica modifica legislativa.
La Riforma dell’Art. 613 del Codice di Procedura Penale
Il cuore della motivazione risiede nella riforma operata dalla legge n. 103 del 23 giugno 2017. Tale legge ha modificato l’articolo 613, comma 1, del codice di procedura penale, eliminando la frase ‘Salvo che la parte non vi provveda personalmente’. Prima di tale modifica, era consentito all’imputato presentare personalmente il ricorso. Dal 3 agosto 2017, data di entrata in vigore della riforma, questa facoltà è stata soppressa. La normativa attuale impone, a pena di inammissibilità, che il Ricorso per Cassazione sia sottoscritto da un difensore iscritto nell’apposito albo speciale della Corte di Cassazione. Poiché il ricorso in esame era stato presentato dopo tale data, la Corte non ha potuto fare altro che applicare la nuova, e più restrittiva, disciplina.
Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche
Le conseguenze di tale inammissibilità sono severe. Oltre a vedere il proprio ricorso rigettato senza esame, l’imputato è stato condannato al pagamento delle spese processuali. Inoltre, la Corte, richiamando una sentenza della Corte Costituzionale (n. 186/2000), ha ritenuto che il ricorrente versasse in ‘colpa nella determinazione della causa di inammissibilità’. Questo ha comportato un’ulteriore condanna al pagamento di una somma di 4.000,00 euro in favore della Cassa delle Ammende. La conclusione pratica è netta: chiunque intenda accedere al giudizio di legittimità deve obbligatoriamente avvalersi di un avvocato cassazionista. Il ‘fai da te’ processuale, oltre a essere inefficace, comporta conseguenze economiche significative.
È possibile per un imputato presentare personalmente un ricorso per Cassazione?
No, a seguito della modifica dell’art. 613, comma 1, cod. proc. pen. introdotta dalla legge n. 103 del 2017, il ricorso deve essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da un difensore iscritto nell’albo speciale della Corte di cassazione.
Cosa succede se un ricorso per Cassazione viene dichiarato inammissibile per questo motivo?
L’inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, se si ritiene che abbia agito con colpa, al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle Ammende, che nel caso di specie è stata fissata in 4.000 euro.
Da quando è in vigore la norma che obbliga la firma dell’avvocato cassazionista?
La norma è entrata in vigore il 3 agosto 2017. L’ordinanza specifica che l’impugnazione è stata proposta in data successiva, rendendo quindi applicabile la nuova disciplina che non consente più alla parte di provvedere personalmente.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 13933 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 13933 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a ROMA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/09/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
fiato avviso alle partii
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
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Motivi della decisione
Rilevato che COGNOME NOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Roma indicata in epigrafe, con cui è stata confermata la sentenza emessa dal Tribunale di Cassino il 30 giugno 2021 di condanna per il delitto di cui all’art.73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n.309 commesso in Ponza il 16 febbraio 2021 con recidiva specifica;
considerato COGNOME che COGNOME l’impugnazione COGNOME risulta COGNOME proposta COGNOME personalmente dall’imputato, senza ministero del difensore, in data successiva al 3 agosto 2017, data in cui è entrata in vigore la I. 23 giugno 2017, n.103 il cui arti, comma 63, ha modificato l’art.613, comma 1, cod.proc.pen. sopprimendo l’inciso «Salvo che la parte non vi provveda personalmente,». Tale modifica normativa impone, ora, che il ricorso per cassazione sia sottoscritto, a pena d’inammissibilità, da difensori iscritti nell’albo speciale della Corte di cassazione;
considerato che alla inammissibilità del ricorso, che può essere dichiarata senza formalità di procedura a norma dell’art.610, comma 5-bis, cod.proc.pen., consegue la condanna del ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali;
tenuto conto della sentenza della Corte Costituzionale n.186 del 13 giugno 2000 e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che la parte abbia proposto ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, segue, a norma dell’art.616 cod.proc.pen. l’onere del versamento di una somma, in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, determinata, in considerazione RAGIONE_SOCIALE ragioni di inammissibilità del ricorso stesso, nella misura di euro 4.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
Così deciso il 20 marzo 2024
Il Q/ns)glierestensore
Il Presidente