LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Ricorso inammissibile: quando non si può impugnare

La Corte di Cassazione dichiara il ricorso inammissibile presentato contro un’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza. La decisione si basa sul fatto che la legge non ammette impugnazione contro il provvedimento che nega la sospensione dell’esecuzione di una precedente ordinanza, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 2 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione Chiarisce i Limiti dell’Impugnazione

L’ordinanza della Corte di Cassazione n. 26755/2024 offre un importante chiarimento sui limiti delle impugnazioni nel procedimento di sorveglianza, definendo come ricorso inammissibile quello presentato contro un provvedimento che rigetta la sospensione dell’esecuzione di una precedente ordinanza. Questa decisione ribadisce un principio fondamentale della procedura penale: non tutti gli atti del giudice sono appellabili, e conoscere le regole è essenziale per evitare conseguenze negative, come la condanna alle spese e a sanzioni pecuniarie.

I Fatti di Causa

Il caso nasce dal ricorso di un soggetto contro un’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di Trieste. In precedenza, lo stesso Tribunale aveva emesso un provvedimento (in data 14 novembre 2023) con cui dichiarava inammissibile una richiesta di detenzione domiciliare e respingeva le domande di affidamento in prova ai servizi sociali e di semilibertà. Contro questa prima ordinanza era già stato presentato un ricorso per cassazione.

Successivamente, il ricorrente ha chiesto al Tribunale di Sorveglianza di sospendere l’esecutività di tale ordinanza, in attesa della decisione della Cassazione. Con un nuovo provvedimento (del 16 gennaio 2024), il Tribunale ha rigettato anche questa istanza di sospensione. È contro quest’ultimo rigetto che il soggetto ha proposto un ulteriore ricorso in Cassazione, che è stato oggetto della pronuncia in esame.

La Decisione della Cassazione e il Principio del Ricorso Inammissibile

La Suprema Corte, con una motivazione netta e concisa, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un presupposto giuridico chiaro: la legge non prevede alcun mezzo di impugnazione contro il provvedimento con cui il Tribunale di Sorveglianza decide su un’istanza di sospensione dell’esecuzione di una propria precedente ordinanza. Si tratta, infatti, di un provvedimento definito “interinale”, ovvero una decisione temporanea presa all’interno di un procedimento più ampio.

Le Motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione ha basato la sua decisione sul principio di tassatività dei mezzi di impugnazione. Nel nostro ordinamento, un provvedimento giudiziario può essere contestato solo nei casi e con le forme espressamente previste dalla legge. In questo specifico caso, né l’art. 666, comma 7, né l’art. 678 del codice di procedura penale, che disciplinano il procedimento di esecuzione e di sorveglianza, contemplano la possibilità di ricorrere in Cassazione contro l’ordinanza che rigetta una richiesta di sospensione.

I giudici hanno richiamato precedenti pronunce conformi, consolidando un orientamento giurisprudenziale secondo cui tali provvedimenti, per la loro natura provvisoria e strumentale, non sono suscettibili di un autonomo gravame. La loro funzione si esaurisce nell’ambito del procedimento in cui sono emessi, senza incidere in modo definitivo sulla posizione giuridica del condannato, che sarà invece determinata dall’esito del ricorso principale.

Di conseguenza, l’aver proposto un’impugnazione non prevista dalla legge ha reso il ricorso intrinsecamente inammissibile. Ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, questa declaratoria comporta due conseguenze automatiche per il ricorrente:

1. La condanna al pagamento delle spese processuali.
2. La condanna al versamento di una sanzione pecuniaria alla Cassa delle ammende, in questo caso quantificata in tremila euro. Questa seconda sanzione viene applicata perché non sono emersi elementi per ritenere che il ricorrente abbia agito senza colpa nel proporre un’impugnazione non consentita.

Le Conclusioni

L’ordinanza in commento è un monito sull’importanza di una corretta strategia processuale. Dimostra che insistere con impugnazioni non previste dalla legge non solo è inutile ai fini del risultato, ma può anche essere controproducente, portando a sanzioni economiche aggiuntive. La decisione riafferma che il sistema delle impugnazioni penali è rigido e non ammette deroghe non codificate. Per i professionisti del diritto e per i cittadini, ciò significa che ogni azione legale deve essere attentamente vagliata alla luce delle norme procedurali per evitare di incappare in una dichiarazione di ricorso inammissibile.

È sempre possibile fare ricorso contro un’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza?
No, non sempre. La possibilità di impugnare un provvedimento è soggetta al principio di tassatività, ovvero deve essere espressamente prevista dalla legge. Come dimostra questa ordinanza, i provvedimenti interinali, come quello che nega la sospensione dell’esecuzione, non sono ricorribili in Cassazione.

Cosa succede se si presenta un ricorso inammissibile alla Corte di Cassazione?
La presentazione di un ricorso inammissibile comporta, ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e, in assenza di elementi che escludano la colpa, al versamento di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.

Perché il provvedimento che nega la sospensione dell’esecuzione non è ricorribile?
Perché è considerato un provvedimento interinale, cioè una decisione temporanea e strumentale all’interno di un procedimento più ampio. La legge non prevede uno specifico mezzo di impugnazione per questo tipo di atto, poiché la decisione definitiva sulla questione principale (in questo caso, l’esito del primo ricorso) risolverà in modo conclusivo la posizione del soggetto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati