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Ricorso inammissibile per motivi generici e ripetitivi

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 15227/2024, ha dichiarato un ricorso inammissibile presentato da due imputati condannati per rapina impropria. La Corte ha stabilito che i motivi di ricorso erano una mera ripetizione di doglianze già esaminate e respinte in appello, mancando della specificità necessaria per una critica argomentata della sentenza impugnata. Di conseguenza, i ricorsi sono stati giudicati infondati e gli imputati condannati al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 13 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile: la Cassazione chiarisce i limiti dell’impugnazione

L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione offre un’importante lezione sui requisiti di ammissibilità delle impugnazioni nel processo penale. Quando un ricorso si limita a ripetere argomenti già sconfitti nei gradi precedenti senza apportare nuove e specifiche critiche, il suo destino è segnato: sarà dichiarato ricorso inammissibile. Questa decisione sottolinea un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il giudizio di legittimità non è una terza istanza di merito, ma un controllo sulla corretta applicazione della legge.

I fatti del caso e le decisioni precedenti

Due soggetti venivano condannati nei gradi di merito per un episodio criminoso qualificato come rapina impropria. Secondo la ricostruzione, dopo essersi impossessati illecitamente di un bene, avevano rivolto minacce alla persona offesa al fine di mantenere il possesso di quanto sottratto e garantirsi la fuga. La Corte d’Appello di Brescia, con sentenza del 20 aprile 2023, confermava la loro responsabilità penale. Contro tale decisione, entrambi gli imputati proponevano ricorso per Cassazione, affidandosi a diversi motivi.

L’analisi dei motivi di ricorso

I ricorrenti basavano la loro difesa su tre principali doglianze:
1. Primo motivo (comune a entrambi): Si lamentava una violazione di legge e una manifesta illogicità della motivazione riguardo all’affermazione di responsabilità. Si contestava la ricostruzione dei fatti e la valutazione delle prove.
2. Secondo motivo (distinto per ciascun imputato): Un ricorrente contestava la configurabilità del tentativo di rapina impropria, mentre l’altro negava la sua piena partecipazione (concorso) nell’azione criminosa, materialmente posta in essere dal coimputato.
3. Terzo motivo (comune a entrambi): Si criticava la mancata applicazione dell’attenuante comune legata al risarcimento del danno, avendo gli imputati offerto una somma di denaro alla parte lesa.

Il ricorso inammissibile per genericità e reiterazione

La Corte di Cassazione, nell’esaminare i ricorsi, ha rilevato una carenza fondamentale in tutte le argomentazioni proposte. I giudici hanno constatato che i motivi non introducevano elementi di critica nuovi e specifici contro la sentenza d’appello. Al contrario, si risolvevano in una ‘pedissequa reiterazione’ di questioni già ampiamente discusse e logicamente superate dalla Corte di merito. Un ricorso inammissibile è proprio quello che non riesce a instaurare un vero contraddittorio con la decisione impugnata, ma si limita a riproporre le stesse tesi, dimostrando di non aver colto o di non voler affrontare la ratio decidendi del giudice precedente.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato i ricorsi inammissibili per diverse ragioni convergenti. Innanzitutto, il primo motivo è stato considerato non specifico ma solo apparente, poiché ometteva di assolvere alla funzione tipica di una critica argomentata. Per quanto riguarda la configurabilità della rapina impropria, la Corte ha ribadito che la minaccia, seppur successiva alla sottrazione del bene, era chiaramente finalizzata a consolidarne il possesso e assicurarsi l’impunità, integrando pienamente la fattispecie delittuosa contestata. Anche il motivo sul concorso di persone nel reato è stato giudicato reiterativo e manifestamente infondato, poiché la Corte d’Appello aveva già adeguatamente motivato, con richiami alla giurisprudenza di legittimità, la piena partecipazione di entrambi gli imputati all’azione criminosa. Infine, la richiesta di applicazione dell’attenuante è stata respinta per genericità e infondatezza, data l’inadeguatezza della somma offerta rispetto alla gravità del fatto.

Conclusioni

La decisione della Cassazione è un monito per la pratica forense: un ricorso, per essere ammissibile, deve confrontarsi criticamente e specificamente con le motivazioni della sentenza che si intende impugnare. La semplice riproposizione di argomenti già vagliati e respinti non costituisce un valido motivo di ricorso e conduce inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. Questo principio garantisce l’efficienza del sistema giudiziario, evitando che la Corte di Cassazione venga investita di questioni che non attengono al suo ruolo di giudice della legittimità.

Per quale motivo principale i ricorsi sono stati dichiarati inammissibili?
I ricorsi sono stati dichiarati inammissibili perché si limitavano a reiterare pedissequamente doglianze già dedotte in appello e puntualmente disattese dalla Corte di merito, risultando così non specifici ma soltanto apparenti e omettendo di svolgere una reale critica argomentata contro la sentenza impugnata.

Come ha qualificato la Corte la minaccia esercitata dopo la sottrazione del bene?
La Corte ha confermato che la minaccia, sebbene esercitata dopo che il bene era già stato sottratto alla vittima, era funzionale a garantirsi la detenzione dello stesso e l’impunità, configurando così il reato di rapina impropria e non un semplice furto.

Perché non è stata concessa l’attenuante per l’offerta di una somma di denaro?
L’attenuante comune non è stata applicata perché l’istanza è stata ritenuta generica e manifestamente infondata, in quanto la somma offerta è stata giudicata inadeguata rispetto alla gravità complessiva della condotta criminosa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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