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Ricorso inammissibile: omessa dichiarazione e i motivi

Un imprenditore, condannato per omessa dichiarazione di imposte per un importo rilevante, ha presentato ricorso in Cassazione. I motivi del ricorso, riguardanti la mancata concessione di attenuanti generiche, la non esclusione della recidiva e il diniego della sospensione condizionale della pena, sono stati tutti giudicati manifestamente infondati. La Suprema Corte ha pertanto dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la condanna e addebitando al ricorrente le spese processuali e una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 12 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile: la Cassazione si pronuncia su un caso di Omessa Dichiarazione

L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio di come la Corte di Cassazione gestisca un ricorso inammissibile, delineando i confini della specificità e fondatezza che un’impugnazione deve possedere per essere esaminata nel merito. Il caso riguarda un imprenditore condannato per il reato di omessa dichiarazione, previsto dall’art. 5 del D.Lgs. 74/2000, per aver evaso imposte dirette e IVA per somme considerevoli.

I Fatti del Processo

La vicenda processuale ha origine dalla condanna di un imprenditore alla pena di un anno e sei mesi di reclusione. La condanna, emessa in primo grado dal Tribunale e successivamente confermata dalla Corte d’Appello, riconosceva l’imputato colpevole del reato di omessa dichiarazione fiscale. L’evasione contestata ammontava a circa 69.000 euro di IRPEF e oltre 56.000 euro di IVA.

Contro la sentenza di secondo grado, la difesa dell’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, articolando la propria impugnazione su tre distinti motivi.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa ha basato il proprio ricorso su tre censure principali:

1. Mancata concessione delle attenuanti generiche: Si contestava la decisione dei giudici di merito di non applicare le circostanze attenuanti che avrebbero potuto ridurre la pena.
2. Mancata esclusione della recidiva: La difesa chiedeva che non venisse considerata la recidiva, sostenendo la risalenza nel tempo dei precedenti penali e un percorso di risocializzazione dell’imputato.
3. Diniego della sospensione condizionale della pena: Si lamentava la mancata applicazione del beneficio della sospensione della pena, che ne avrebbe evitato l’esecuzione.

La Decisione sul ricorso inammissibile della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha esaminato i motivi presentati e li ha ritenuti tutti, senza eccezioni, manifestamente infondati. Di conseguenza, ha emesso un’ordinanza con cui ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione ha comportato non solo la definitività della condanna, ma anche l’obbligo per il ricorrente di pagare le spese processuali e di versare una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.

Le Motivazioni della Suprema Corte

L’analisi delle motivazioni fornite dalla Cassazione è fondamentale per comprendere i criteri di valutazione della Corte.

Sulla Mancata Concessione delle Attenuanti Generiche

La Corte ha ritenuto del tutto ragionevole la decisione dei giudici di appello. Il diniego delle attenuanti era stato giustificato dal rilevante importo complessivo delle imposte evase. Questo dato oggettivo, secondo la Corte, è un elemento sufficiente a sostenere la scelta del giudice di merito. Inoltre, è stato sottolineato come la pena base fosse già stata fissata al minimo edittale previsto dalla legge all’epoca dei fatti (un anno di reclusione), dimostrando una valutazione già mite.

Sulla Recidiva

Anche il secondo motivo è stato giudicato infondato e generico. La Cassazione ha evidenziato due criticità: in primo luogo, la questione non era stata sollevata in modo specifico e adeguato davanti alla Corte d’Appello. In secondo luogo, il ricorso stesso mancava di specificità, non avendo indicato i dati temporali e contenutistici delle precedenti condanne. Tale omissione ha impedito alla Corte di valutare la fondatezza delle argomentazioni difensive sulla vetustà dei precedenti e sulla presunta risocializzazione.

Sul Diniego della Sospensione Condizionale della Pena

Il terzo motivo è stato liquidato come palesemente infondato su una base fattuale dirimente. La Corte d’Appello aveva già sottolineato che l’imputato aveva già usufruito per ben tre volte del beneficio della sospensione condizionale. Questa circostanza, non smentita dal ricorrente, preclude di per sé un’ulteriore concessione del beneficio, rendendo la doglianza priva di qualsiasi fondamento.

Le Conclusioni

L’ordinanza ribadisce un principio cardine del processo di Cassazione: i motivi di ricorso devono essere specifici, non generici e non manifestamente infondati. In assenza di tali requisiti, l’esito è la declaratoria di inammissibilità. La decisione evidenzia come elementi oggettivi, quali l’entità del danno erariale o il numero di precedenti benefici già goduti, possano essere decisivi nel respingere le istanze della difesa. Per gli operatori del diritto, questo provvedimento rappresenta un monito sull’importanza di costruire impugnazioni solide, dettagliate e giuridicamente sostenibili, pena l’immediato rigetto in rito con conseguente addebito di spese e sanzioni.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché tutti e tre i motivi presentati dalla difesa (su attenuanti generiche, recidiva e sospensione della pena) sono stati ritenuti dalla Corte di Cassazione manifestamente infondati.

Quali sono state le ragioni principali per respingere i motivi del ricorrente?
Le ragioni sono state: 1) l’ingente importo delle imposte evase giustificava il diniego delle attenuanti generiche; 2) il motivo sulla recidiva era generico e non adeguatamente specificato; 3) il ricorrente aveva già usufruito per tre volte della sospensione condizionale della pena, rendendo infondata la richiesta di un’ulteriore applicazione.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
A norma dell’art. 616 del codice di procedura penale, la dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, in questo caso fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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