Ricorso inammissibile: la Cassazione si pronuncia su un caso di Omessa Dichiarazione
L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio di come la Corte di Cassazione gestisca un ricorso inammissibile, delineando i confini della specificità e fondatezza che un’impugnazione deve possedere per essere esaminata nel merito. Il caso riguarda un imprenditore condannato per il reato di omessa dichiarazione, previsto dall’art. 5 del D.Lgs. 74/2000, per aver evaso imposte dirette e IVA per somme considerevoli.
I Fatti del Processo
La vicenda processuale ha origine dalla condanna di un imprenditore alla pena di un anno e sei mesi di reclusione. La condanna, emessa in primo grado dal Tribunale e successivamente confermata dalla Corte d’Appello, riconosceva l’imputato colpevole del reato di omessa dichiarazione fiscale. L’evasione contestata ammontava a circa 69.000 euro di IRPEF e oltre 56.000 euro di IVA.
Contro la sentenza di secondo grado, la difesa dell’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, articolando la propria impugnazione su tre distinti motivi.
I Motivi del Ricorso in Cassazione
La difesa ha basato il proprio ricorso su tre censure principali:
1. Mancata concessione delle attenuanti generiche: Si contestava la decisione dei giudici di merito di non applicare le circostanze attenuanti che avrebbero potuto ridurre la pena.
2. Mancata esclusione della recidiva: La difesa chiedeva che non venisse considerata la recidiva, sostenendo la risalenza nel tempo dei precedenti penali e un percorso di risocializzazione dell’imputato.
3. Diniego della sospensione condizionale della pena: Si lamentava la mancata applicazione del beneficio della sospensione della pena, che ne avrebbe evitato l’esecuzione.
La Decisione sul ricorso inammissibile della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha esaminato i motivi presentati e li ha ritenuti tutti, senza eccezioni, manifestamente infondati. Di conseguenza, ha emesso un’ordinanza con cui ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione ha comportato non solo la definitività della condanna, ma anche l’obbligo per il ricorrente di pagare le spese processuali e di versare una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.
Le Motivazioni della Suprema Corte
L’analisi delle motivazioni fornite dalla Cassazione è fondamentale per comprendere i criteri di valutazione della Corte.
Sulla Mancata Concessione delle Attenuanti Generiche
La Corte ha ritenuto del tutto ragionevole la decisione dei giudici di appello. Il diniego delle attenuanti era stato giustificato dal rilevante importo complessivo delle imposte evase. Questo dato oggettivo, secondo la Corte, è un elemento sufficiente a sostenere la scelta del giudice di merito. Inoltre, è stato sottolineato come la pena base fosse già stata fissata al minimo edittale previsto dalla legge all’epoca dei fatti (un anno di reclusione), dimostrando una valutazione già mite.
Sulla Recidiva
Anche il secondo motivo è stato giudicato infondato e generico. La Cassazione ha evidenziato due criticità: in primo luogo, la questione non era stata sollevata in modo specifico e adeguato davanti alla Corte d’Appello. In secondo luogo, il ricorso stesso mancava di specificità, non avendo indicato i dati temporali e contenutistici delle precedenti condanne. Tale omissione ha impedito alla Corte di valutare la fondatezza delle argomentazioni difensive sulla vetustà dei precedenti e sulla presunta risocializzazione.
Sul Diniego della Sospensione Condizionale della Pena
Il terzo motivo è stato liquidato come palesemente infondato su una base fattuale dirimente. La Corte d’Appello aveva già sottolineato che l’imputato aveva già usufruito per ben tre volte del beneficio della sospensione condizionale. Questa circostanza, non smentita dal ricorrente, preclude di per sé un’ulteriore concessione del beneficio, rendendo la doglianza priva di qualsiasi fondamento.
Le Conclusioni
L’ordinanza ribadisce un principio cardine del processo di Cassazione: i motivi di ricorso devono essere specifici, non generici e non manifestamente infondati. In assenza di tali requisiti, l’esito è la declaratoria di inammissibilità. La decisione evidenzia come elementi oggettivi, quali l’entità del danno erariale o il numero di precedenti benefici già goduti, possano essere decisivi nel respingere le istanze della difesa. Per gli operatori del diritto, questo provvedimento rappresenta un monito sull’importanza di costruire impugnazioni solide, dettagliate e giuridicamente sostenibili, pena l’immediato rigetto in rito con conseguente addebito di spese e sanzioni.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché tutti e tre i motivi presentati dalla difesa (su attenuanti generiche, recidiva e sospensione della pena) sono stati ritenuti dalla Corte di Cassazione manifestamente infondati.
Quali sono state le ragioni principali per respingere i motivi del ricorrente?
Le ragioni sono state: 1) l’ingente importo delle imposte evase giustificava il diniego delle attenuanti generiche; 2) il motivo sulla recidiva era generico e non adeguatamente specificato; 3) il ricorrente aveva già usufruito per tre volte della sospensione condizionale della pena, rendendo infondata la richiesta di un’ulteriore applicazione.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
A norma dell’art. 616 del codice di procedura penale, la dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, in questo caso fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 32382 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 32382 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a VITTORIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 30/10/2024 della CORTE APPELLO di CATANIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Premesso che è stata impugnata la sentenza della Corte di appello di Catania del 30 ottobre 2014, che ha confermato la decisione resa dal Tribunale di Ragusa il 9 giugno 2021, con la quale NOME COGNOME era stato condannato alla pena di un anno e sei mesi di reclusione, in quanto ritenuto colpevole del reato di cui all’art. 5 del d. Igs. n. 74 del 2000; fatto commesso in Vit sino al 29 dicembre 2013.
Osservato che il primo motivo di ricorso, con cui la difesa contesta della mancata concessione delle attenuanti generiche, è manifestamente infondato, avendo al riguardo la Corte di appello rimarcato, in senso ostativo e in maniera tutt’altro che irragionevole, il rilevante importo imposte dirette e indirette complessivamente evase (ovvero irpef 69.439 euro e iva 56.181 euro), non potendosi in ogni caso sottacere che la pena base è stata fissata in misura pari a minimo edittale vigente all’epoca del fatto, ovvero un anno di reclusione.
Rilevato che il secondo motivo di ricorso, con cui la difesa censura la mancata esclusione della recidiva, è anch’esso manifestamente infondato, sia perché il tema non fu proposto in termini adeguatamente specifici alla Corte di appello, sia perché l’odierna doglianza risulta comunque generica, non essendo stati compiutamente indicati nel ricorso i dati temporali e contenutisti delle pregresse condanne subite dall’imputato, il che non consente di valutare le obiezion difensive riferite alla risalenza dei precedenti penali e all’asserita risocializzazione dell’imp
Evidenziato che la manifesta infondatezza connota anche il terzo motivo di ricorso, con cui la difesa si duole della mancata applicazione della sospensione condizionale della pena, avendo in proposito la Corte di appello sottolineato il dato, in sé dirimente, che COGNOME ha già usufru tre volte del predetto beneficio, affermazione questa che peraltro il ricorso non smentisce.
Considerato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e rilevato che all declaratoria dell’inammissibilità consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere d pagamento delle spese del procedimento, nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in tremila euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 13 giugno 2025.