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Ricorso inammissibile: no a motivi generici

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 14803/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato contro una sentenza della Corte d’Appello. I motivi del ricorso sono stati ritenuti troppo generici e non specifici, sia riguardo la presunta violazione di legge che sulla richiesta di una sanzione più mite. La Corte ha confermato la valutazione dei giudici di merito, che teneva conto dei precedenti penali, rendendo il ricorso inammissibile e condannando il ricorrente al pagamento delle spese e di un’ammenda.

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Pubblicato il 13 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: la Cassazione ribadisce la necessità di motivi specifici

Con l’ordinanza n. 14803 del 2024, la Corte di Cassazione si è pronunciata su un caso che evidenzia un principio fondamentale della procedura penale: la specificità dei motivi di impugnazione. La decisione sottolinea come un ricorso inammissibile sia la conseguenza diretta di doglianze generiche e non adeguatamente argomentate. Questo principio serve a garantire l’efficienza del sistema giudiziario, evitando che la Suprema Corte venga investita di questioni che non presentano concrete censure giuridiche alla decisione impugnata.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un individuo avverso una sentenza della Corte d’Appello di Venezia. L’imputato, già condannato nei gradi di merito, si rivolgeva alla Corte di Cassazione sollevando due principali motivi di doglianza. Il primo riguardava la presunta mancata applicazione dell’articolo 129 del codice di procedura penale, che prevede l’obbligo di immediata declaratoria di determinate cause di non punibilità. Il secondo, invece, mirava a ottenere una riconsiderazione del trattamento sanzionatorio, ritenuto eccessivamente severo.

L’Analisi della Cassazione e il Ricorso Inammissibile

La Corte di Cassazione ha esaminato entrambi i motivi, giungendo a una conclusione netta: il ricorso è inammissibile. La decisione si fonda sulla genericità e sulla natura delle censure mosse dal ricorrente, che non rispettavano i requisiti richiesti per un valido esame in sede di legittimità.

Il Primo Motivo: Genericità sulla Mancata Applicazione dell’Art. 129 c.p.p.

Secondo i giudici, il primo motivo era stato formulato in modo del tutto generico. Il ricorrente si era limitato a lamentare la mancata applicazione dell’articolo 129 c.p.p. senza però fornire alcuna argomentazione specifica. Non era stato chiarito in che modo e per quali ragioni la Corte d’Appello avrebbe dovuto prosciogliere l’imputato sulla base di tale norma. Un’affermazione vaga, priva di un’analisi concreta del provvedimento impugnato, non può costituire un valido motivo di ricorso.

Il Secondo Motivo: una Richiesta di Rivalutazione del Merito

Anche il secondo motivo è stato giudicato inammissibile. La richiesta di una diversa valutazione del trattamento sanzionatorio è stata interpretata come un tentativo di sollecitare un nuovo giudizio di merito, attività preclusa alla Corte di Cassazione. Quest’ultima, infatti, ha il compito di verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, non di sostituire la propria valutazione a quella dei giudici dei gradi precedenti. La Suprema Corte ha evidenziato che la decisione della Corte d’Appello era ben motivata, avendo considerato i numerosi precedenti penali dell’imputato. Tali precedenti avevano giustificato sia l’applicazione della recidiva, sia il giudizio di mera equivalenza tra le attenuanti generiche e le aggravanti, impedendo così una riduzione della pena.

Le Motivazioni della Decisione

La motivazione centrale dell’ordinanza risiede nel principio secondo cui il ricorso per cassazione deve contenere censure specifiche, dirette e argomentate contro la decisione impugnata. Limitarsi a manifestare un generico dissenso o a riproporre questioni di merito già valutate non è sufficiente. La Corte ha ribadito che il suo ruolo non è quello di un ‘terzo grado’ di giudizio, ma di un organo di controllo sulla legittimità delle decisioni. L’inammissibilità del ricorso, in questo contesto, funge da filtro per garantire che solo le questioni giuridicamente rilevanti giungano all’esame della Corte Suprema. La condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende è la conseguenza prevista dalla legge per chi propone un’impugnazione temeraria o manifestamente infondata, sanzionando l’abuso dello strumento processuale.

Conclusioni: L’Importanza della Specificità nei Ricorsi

Questa ordinanza offre un importante monito per la prassi legale: la redazione di un ricorso per cassazione richiede rigore e precisione. Ogni motivo di impugnazione deve essere supportato da argomentazioni giuridiche puntuali che identifichino chiaramente l’errore commesso dal giudice precedente. In assenza di tale specificità, il rischio concreto è quello di un ricorso inammissibile, con conseguente condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria, senza che le ragioni dell’imputato vengano neppure esaminate nel merito.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano formulati in modo generico, senza contenere argomentazioni specifiche e critiche puntuali contro la sentenza impugnata, limitandosi a prospettare una rivalutazione del merito.

Cosa significa che un motivo di ricorso è ‘generico’?
Significa che il motivo si limita a enunciare un dissenso rispetto alla decisione del giudice senza indicare in modo preciso e argomentato quale norma sarebbe stata violata o quale errore logico sarebbe stato commesso nella motivazione della sentenza.

Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile in questo caso?
La dichiarazione di inammissibilità ha comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, a causa dei profili di colpa nel proporre un’impugnazione priva dei requisiti di legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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