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Ricorso inammissibile: limiti del concordato

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile presentato contro una sentenza di ‘concordato in appello’ per un reato legato a sostanze stupefacenti. L’imputata lamentava la mancata concessione dell’ipotesi di minore gravità, ma la Corte ha ribadito che i motivi di ricorso in questi casi sono limitati ai vizi nella formazione dell’accordo o all’illegalità della pena, non potendo riguardare questioni a cui si è rinunciato aderendo al patteggiamento. Di conseguenza, la ricorrente è stata condannata al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 2 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando l’Appello sul Concordato Non Supera il Vaglio della Cassazione

L’istituto del ‘concordato in appello’ rappresenta uno strumento per definire il processo in modo più celere, ma cosa succede se una delle parti, dopo aver raggiunto l’accordo, decide comunque di impugnare la sentenza? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti di tale impugnazione, confermando che un ricorso inammissibile comporta conseguenze onerose. Analizziamo la vicenda per comprendere i principi affermati dai giudici.

I Fatti del Caso

Una persona, condannata per un reato previsto dalla normativa sugli stupefacenti (art. 73, comma 1, d.PR. 309/1990), aveva raggiunto un accordo con la Procura Generale in sede di appello, secondo la procedura del cosiddetto ‘concordato in appello’ (art. 599 bis c.p.p.). Nonostante l’accordo sulla pena, l’imputata ha successivamente proposto ricorso per cassazione. La doglianza principale riguardava la motivazione della sentenza, ritenuta carente in merito alla mancata concessione dell’ipotesi di reato di ‘minore gravità’.

I Limiti al Ricorso contro il Concordato in Appello

La questione centrale affrontata dalla Suprema Corte riguarda i confini entro cui è possibile impugnare una sentenza emessa a seguito di un concordato. La Corte ha ribadito un principio consolidato: il ricorso è ammissibile solo per motivi specifici e limitati. In particolare, è possibile contestare:

1. Vizi nella formazione della volontà della parte di accedere al concordato.
2. Difetti nel consenso del Procuratore Generale alla richiesta.
3. Un contenuto della pronuncia del giudice difforme rispetto all’accordo raggiunto tra le parti.

Al di fuori di queste ipotesi, le doglianze sono destinate a essere dichiarate inammissibili. Questo perché, aderendo al concordato, l’imputato implicitamente rinuncia a far valere altri motivi di contestazione. È il caso, ad esempio, della mancata valutazione delle condizioni per un proscioglimento immediato (ex art. 129 c.p.p.) o, come nella vicenda in esame, della qualificazione giuridica del fatto. La presentazione di un ricorso inammissibile basato su tali motivi non può quindi trovare accoglimento.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Cassazione ha dichiarato il ricorso presentato del tutto inammissibile, poiché proposto per motivi non consentiti dalla legge. I giudici hanno spiegato che le lamentele relative alla mancata concessione dell’ipotesi di minore gravità rientrano tra i ‘motivi rinunciati’ con l’adesione all’accordo sulla pena. Scegliendo la via del concordato, la parte accetta la qualificazione del reato e la pena concordata, precludendosi la possibilità di rimettere in discussione tali aspetti in un momento successivo.

La Corte ha inoltre precisato che un residuo spazio di controllo in sede di legittimità può esistere solo per vizi che attengono alla determinazione della pena, qualora questi si traducano in una vera e propria ‘illegalità della sanzione inflitta’, ipotesi non ravvisabile nel caso di specie. L’argomentazione della ricorrente non rientrava in nessuna delle casistiche ammesse, rendendo l’impugnazione priva di fondamento giuridico.

Le Conclusioni

La declaratoria di inammissibilità del ricorso ha comportato, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale, conseguenze economiche significative per la ricorrente. In linea con la giurisprudenza della Corte Costituzionale (sentenza n. 186/2000), quando non sussistono elementi per ritenere che il ricorso sia stato proposto ‘senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità’, la parte viene condannata non solo al pagamento delle spese del procedimento, ma anche al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende. In questo caso, la somma è stata equitativamente fissata in tremila euro. Questa decisione ribadisce l’importanza di una valutazione attenta prima di impugnare una sentenza di concordato, per evitare di incorrere in un ricorso inammissibile e nelle relative sanzioni processuali.

È sempre possibile fare ricorso in Cassazione contro una sentenza di ‘concordato in appello’?
No, non è sempre possibile. Il ricorso è consentito solo per motivi molto specifici, quali vizi relativi alla formazione della volontà di accordarsi, al consenso del Procuratore Generale o a una decisione del giudice non conforme all’accordo.

Quali sono i motivi che rendono un ricorso di questo tipo inammissibile?
Sono considerate inammissibili le contestazioni relative a questioni a cui si è implicitamente rinunciato con l’accordo, come la valutazione sulla gravità del reato o la mancata considerazione di una possibile assoluzione. Questi motivi sono esterni al perimetro dell’accordo stesso.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La parte che ha proposto il ricorso viene condannata a pagare le spese processuali e una sanzione pecuniaria, il cui importo viene versato alla Cassa delle ammende, come conseguenza per aver avviato un’impugnazione non permessa dalla legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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