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Riciclaggio attenuante: quando si applica? La Cassazione

Un uomo, condannato per ricettazione e riciclaggio, ha presentato ricorso in Cassazione chiedendo l’applicazione del cosiddetto riciclaggio attenuante. La Suprema Corte ha respinto il ricorso, stabilendo un principio fondamentale: per valutare l’applicabilità dell’attenuante prevista dall’art. 648-bis, comma 4, del codice penale, si deve considerare la pena massima del reato presupposto comprensiva di tutte le circostanze aggravanti, e non solo la pena base. Poiché il furto presupposto era aggravato e superava la soglia dei cinque anni di reclusione, l’attenuante non è stata concessa.

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Pubblicato il 13 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Riciclaggio attenuante: la Cassazione stabilisce come calcolare la pena del reato presupposto

Con la sentenza n. 15130 del 2024, la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi su un tema cruciale in materia di reati contro il patrimonio: l’applicazione del riciclaggio attenuante. La decisione chiarisce un dubbio interpretativo fondamentale, specificando che, per concedere la diminuzione di pena, la valutazione sulla gravità del reato presupposto deve includere anche le circostanze aggravanti. Questa pronuncia offre importanti spunti di riflessione per la difesa e consolida un orientamento rigoroso sul tema.

I fatti del processo e il ricorso in Cassazione

Il caso trae origine dalla condanna di un soggetto per i reati di ricettazione (art. 648 c.p.) e riciclaggio (art. 648-bis c.p.), confermata dalla Corte di Appello. L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso per cassazione, basandolo su diversi motivi.

In primo luogo, ha contestato la logicità della motivazione con cui era stata respinta la sua richiesta di assoluzione, sostenendo di aver fornito spiegazioni plausibili non adeguatamente considerate dai giudici di merito. In secondo luogo, ha lamentato l’errata qualificazione giuridica dei fatti e la mancanza del dolo specifico del riciclaggio. Infine, e questo è il punto centrale della sentenza, ha contestato il mancato riconoscimento di due tipi di circostanze attenuanti:

1. L’attenuante speciale prevista dall’art. 648-bis, comma 4, c.p. (il cosiddetto riciclaggio attenuante).
2. Le circostanze attenuanti generiche.

La questione del riciclaggio attenuante

Il quarto motivo di ricorso si concentrava sulla mancata applicazione dell’ipotesi attenuata del riciclaggio. Questa norma prevede una pena diminuita quando il reato presupposto (cioè il delitto da cui provengono i beni “ripuliti”) è punito con la reclusione inferiore nel massimo a cinque anni. La difesa sosteneva che tale soglia dovesse essere calcolata sulla base della pena prevista per il reato base (in questo caso, il furto semplice), senza tener conto delle aggravanti contestate.

Secondo l’imputato, la Corte di Appello aveva errato a non concedere l’attenuante, poiché il reato presupposto era un furto di autovetture, che nella sua forma base rientrava nel limite di pena.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso infondato, respingendo tutte le doglianze della difesa e fornendo una dettagliata analisi giuridica, in particolare sul calcolo necessario per l’applicazione del riciclaggio attenuante.

Inammissibilità dei motivi sulla ricostruzione dei fatti

I primi tre motivi, relativi alla valutazione delle prove e alla ricostruzione dei fatti, sono stati ritenuti inammissibili. La Corte ha ribadito il consolidato principio della “doppia conforme”: quando i giudici di primo e secondo grado giungono alla medesima conclusione di colpevolezza con motivazioni coerenti, il ricorso in Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito. Il compito della Cassazione è verificare la corretta applicazione della legge, non riesaminare le prove.

Il calcolo della pena per il riciclaggio attenuante: la regola delle aggravanti

Il cuore della sentenza risiede nella trattazione del quarto motivo. La Corte ha stabilito che, per determinare se la pena del reato presupposto sia inferiore nel massimo a cinque anni, è necessario considerare il reato così come è stato concretamente contestato, comprese le eventuali circostanze aggravanti.

La ratio legis (la ragione logica) di questa norma, spiegano i giudici, risiede nel minor disvalore del reato presupposto. La sanzione per il riciclaggio è strettamente collegata alla gravità del delitto da cui i beni provengono. Di conseguenza, un furto semplice ha un disvalore sociale diverso da un furto pluriaggravato. Ignorare le aggravanti creerebbe una “sterilizzazione artificiosa” della gravità del reato presupposto, trattando situazioni molto diverse in modo identico.

Nel caso specifico, il furto delle autovetture era aggravato ai sensi dell’art. 625 c.p., che prevede una pena massima superiore a cinque anni. Pertanto, la soglia per l’applicazione dell’attenuante era superata, e i giudici di merito avevano correttamente negato il beneficio.

Il diniego delle attenuanti generiche

Anche la richiesta di concessione delle attenuanti generiche è stata respinta. La Corte ha ritenuto la motivazione della Corte di Appello adeguata, in quanto basata su elementi concreti come la gravità del fatto, le modalità professionali della condotta e la personalità negativa dell’imputato. Questi elementi sono stati considerati prevalenti rispetto allo stato di incensuratezza, che da solo non è sufficiente a giustificare la concessione del beneficio.

Conclusioni

La sentenza consolida un importante principio di diritto: per l’applicazione del riciclaggio attenuante, il giudice deve guardare al quadro sanzionatorio completo del reato presupposto, includendo nel calcolo della pena massima edittale anche l’effetto delle circostanze aggravanti. Questa interpretazione, fondata sulla lettera e sulla ratio della norma, garantisce che la risposta sanzionatoria per il riciclaggio sia proporzionata alla reale gravità del delitto originario. La decisione ribadisce inoltre i limiti del giudizio di legittimità, che non può invadere la valutazione del fatto riservata ai giudici di merito.

Per applicare il riciclaggio attenuante, si deve considerare la pena base del reato presupposto o anche le aggravanti?
La Corte di Cassazione ha stabilito che si deve considerare la pena prevista per il reato presupposto comprensiva delle circostanze aggravanti. Se la pena massima, così calcolata, supera i cinque anni di reclusione, l’attenuante non può essere applicata.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di rivalutare le prove presentate nei gradi di merito?
No, il ricorso per cassazione non è un terzo grado di giudizio sui fatti. La Corte si limita a verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, senza poter riesaminare le prove, specialmente in presenza di una “doppia conforme” (due sentenze di merito con la stessa conclusione).

La mancanza di precedenti penali garantisce la concessione delle attenuanti generiche?
No. Lo stato di incensuratezza è solo uno degli elementi che il giudice valuta. Il diniego delle attenuanti generiche può essere giustificato se altri elementi, come la particolare gravità del fatto, le modalità della condotta e la personalità dell’imputato, sono ritenuti prevalenti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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