Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 18367 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 18367 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 17/01/2024 del TRIBUNALE di PORDENONE
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso
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RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza con la quale in data 17 gennaio 2024, a seguito di patteggiamento, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Pordenone ha applica nei suoi confronti la pena concordata in relazione al reato di cui all’art. 186 bis comma 1, d), 186 bis comma 3 in relazione all’art. 186, comma 2, lett. c) del Codice della Strad disponendo la conversione della pena in lavoro di pubblica utilità ed irrogando la sanzion amministrativa accessoria della revoca della patente di guida.
Il ricorrente propone ricorso per Cassazione.
2.1 Con il primo motivo lamenta violazione di legge in quanto, secondo il disposto di cui ag articoli 136-ter e 135 comma 6 del Codice della Strada sarebbe inibita la revoca della patent nel caso di specie, trattandosi di patente conseguita in Polonia. Le norme sopra citate prevedono infatti che, nei confronti del cittadino di uno Stato dell’Unione Europea o dello Spazio economi europeo, a seguito del ritiro della patente contestuale alla violazione dev’essere applica unicamente, a cura del Prefetto del luogo della commessa violazione, l’inibizione alla guida pe il periodo di anni tre. Pertanto, non doveva essere disposta la revoca della patente ad opera de giudice. Inoltre, per effetto della conversione della pena, la durata della inibizione alla avrebbe dovuto essere dimezzata.
2.2 Con il secondo motivo, si duole del difetto assoluto di motivazione in ordine alla applicazi della sanzione accessoria della patente di guida.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Ritiene la Corte di dover dare continuità all’orientamento di recente espresso in analog fattispecie, secondo cui l’irrogazione, nei confronti di soggetti muniti di patente di guida ril da uno Stato appartenente all’Unione europea o allo Spazio economico europeo, di sanzioni amministrative accessorie inibitorie di competenza dell’autorità di polizia e del prefetto ex 223 cod. strada non è ostativa all’applicazione della sanzione accessoria della revoca dell patente di guida, che consegue per legge alla commissione di illeciti in violazione delle norm sulla circolazione stradale ( Sez. 4 n. 46170 del 24/11/2021, COGNOME, Rv. 282702 – 01 ).
Ribadito, invero, che è ammissibile il ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 606 cod. p pen. nei confronti della sentenza di patteggiannento con cui si censuri l’erronea ovvero l’omess applicazione di sanzioni amministrative 2 (Sez. U, Sentenza n. 21369 del 26/09/2019 – dep. 2020, Melzani, Rv. 279349), nella specie la doglianza é radicalmente viziata da un evidente errore di diritto.
Come già rilevato nella pronuncia citata, indipendentemente dal fatto che la patente di guid dell’interessato sia stata rilasciata in Italia o all’estero, l’inibizione alla guida, previ
135, comma 5, richiamato dall’art. 136 ter in caso di revoca della patente rilasciata in uno Stato UE, rientra nei i provvedimenti di competenza dell’autorità di polizia e prefettizia, che sono cosa del tutto distinta dalle sanzioni amministrative accessorie a sanzioni penali, la cui disci generale é stabilita dagli articoli 222 e ss. del Codice della Strada. I suddetti provvedim svolgono funzioni affatto diverse e pertanto non può in alcun modo parlarsi di alternatività fra gli stessi. A chiarimento e conferma di quanto precede vale in particolare il richiamo all’arti 223 del Codice della Strada, riferito alla generalità delle ipotesi di reato per le quali sono p la sospensione o la revoca della patente di guida: in relazione a tali ipotesi sono previsti ritiro della patente contestualmente alla violazione, sia la sospensione provvisoria della paten (comma o l’inibizione alla guida (comma 2) a cura del Prefetto del luogo della commessa violazione. All’evidenza tali previsioni generali non si sostituiscono alle sanzioni amministra accessorie, ma svolgono una funzione interinale che prescinde dall’accertamento giudiziale del reato, al quale conseguono le sanzioni amministrative accessorie della sospensione o della revoca della patente.
3.1 Ne deriva che i provvedimenti affini previsti dagli articoli 135 e 136-ter del Codice Strada non possono essere intesi come “alternativi” alle ridette sanzioni amministrativ accessorie; e, soprattutto, che i citati articoli 135 e 136- ter non valgono a elidere il p generale, affermato dall’art. 136-bis, comma 1, del Codice della Strada, in base al quale conducenti muniti di patente di guida rilasciata da uno Stato appartenente all’Unione europea o allo Spazio economico europeo, sono tenuti all’osservanza di tutte le disposizioni e le norme d comportamento stabilite nel presente codice; ai medesimi si applicano le sanzioni previste per titolari di patente italiana».
Parimenti manifestamente infondata è la lamentata previsione della riduzione alla metà della durata della inibizione alla guida, sia in relazione a quanto precede, sia in considerazione chiaro disposto di cui all’art. 186, comma 9 bis, CdS, che prevede la possibilità di riduzione d sanzione della sospensione per di più a condizione del positivo svolgimento del lavoro di PU.
Stesse considerazioni si impongono relativamente alla doglianza riguardante la omessa motivazione della disposta revoca della patente, posto che la predetta sanzione accessoria consegue automaticamente alla tipologia del reato contestato, ai sensi dell’art. 186 bis, comma 5, CdS.
Alla declaratoria d’inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali; ed inoltre, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Cor costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la p abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», il ricorrente va condannato al pagamento di una somma che si stima equo determinare in C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Roma, 7 maggio 2024