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Resistenza a pubblico ufficiale: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per resistenza a pubblico ufficiale. La Corte ha stabilito che uno stato di agitazione, pur rilevante, non esclude la coscienza e volontà (dolo) di opporsi a un atto d’ufficio. Inoltre, il motivo relativo alla recidiva è stato ritenuto precluso perché non sollevato nel precedente grado di giudizio, confermando la condanna dell’imputato al pagamento delle spese processuali.

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Pubblicato il 2 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Resistenza a pubblico ufficiale: quando lo stato di agitazione non basta

L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti sul reato di resistenza a pubblico ufficiale, delineando i confini tra uno stato di alterazione psicologica e la sussistenza del dolo necessario per la configurabilità del delitto. La Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato, confermando la sua condanna e stabilendo principi cruciali sulla valutazione dell’imputabilità e sui limiti processuali dei motivi di ricorso.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da una condanna emessa dalla Corte d’Appello nei confronti di un individuo per il reato di resistenza a pubblico ufficiale, ai sensi dell’art. 337 del codice penale. L’imputato, attraverso il proprio legale, ha presentato ricorso per Cassazione, lamentando principalmente due aspetti: la mancata valutazione del suo vizio di mente, evidenziato da un ricovero in una REMS (Residenza per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza), e l’erronea applicazione della recidiva.

Secondo la difesa, la Corte territoriale non avrebbe adeguatamente considerato lo stato psicologico dell’imputato al momento dei fatti, limitandosi a riconoscere uno “stato di rilevante agitazione” senza trarne le dovute conseguenze in termini di imputabilità. Inoltre, il ricorrente contestava la ritenuta recidiva, sostenendo che non sussistessero i presupposti per tale aggravante.

Le Motivazioni sulla resistenza a pubblico ufficiale

La Suprema Corte ha respinto integralmente le doglianze del ricorrente, qualificando i motivi del ricorso come generici e manifestamente infondati.

Sul primo punto, relativo al vizio di mente, i giudici di legittimità hanno evidenziato come la Corte d’Appello avesse fornito una motivazione logica, coerente e puntuale. La sentenza impugnata aveva infatti riconosciuto lo “stato di rilevante agitazione” dell’imputato, ma aveva correttamente escluso che tale condizione avesse annullato la sua capacità di intendere e di volere, e quindi l’imputabilità.

La Cassazione ha ribadito un principio consolidato: per il reato di resistenza a pubblico ufficiale, il dolo consiste nella “coscienza e volontà di usare violenza o minaccia al fine di opporsi al compimento di un atto dell’ufficio”. Gli scopi ulteriori o i motivi personali dell’agente sono del tutto irrilevanti. Di conseguenza, lo stato di agitazione, pur essendo un dato di fatto, non è sufficiente di per sé a escludere l’elemento psicologico del reato, che la Corte ha ritenuto provato.

Per quanto riguarda il secondo motivo, relativo alla recidiva, la Corte lo ha dichiarato inammissibile per una ragione puramente processuale. La questione, infatti, non era stata sollevata nell’atto di appello. Questo significa che il ricorrente non poteva presentarla per la prima volta in sede di legittimità. Si tratta di una preclusione processuale che impedisce di introdurre nuove censure in Cassazione se non sono state prima sottoposte al giudice dell’appello.

Conclusioni

L’ordinanza conferma che il ricorso per Cassazione deve basarsi su motivi specifici e non generici, confrontandosi puntualmente con la motivazione della sentenza impugnata. In materia di resistenza a pubblico ufficiale, viene ribadito che uno stato di alterazione emotiva o di agitazione non esclude automaticamente il dolo, a meno che non si traduca in un vero e proprio vizio di mente che comprometta la capacità di intendere e di volere.

Inoltre, la decisione sottolinea l’importanza della strategia processuale: le censure, come quella sulla recidiva, devono essere tempestivamente sollevate nei gradi di merito, pena l’inammissibilità in sede di legittimità. La Corte, dichiarando inammissibile il ricorso, ha quindi condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, ponendo fine alla vicenda giudiziaria.

Uno stato di agitazione esclude automaticamente il dolo nel reato di resistenza a pubblico ufficiale?
No. Secondo la Corte, uno ‘stato di rilevante agitazione’ non esclude di per sé l’imputabilità né il dolo del reato. Il dolo sussiste quando vi è la coscienza e la volontà di usare violenza o minaccia per opporsi a un atto d’ufficio, a prescindere dai motivi personali o dallo stato emotivo dell’agente, a meno che questo non integri un vizio di mente totale.

Perché il motivo di ricorso sulla recidiva è stato dichiarato inammissibile?
Il motivo è stato dichiarato inammissibile perché la questione non era stata sollevata nel precedente atto di appello. In base ai principi processuali, non è possibile presentare per la prima volta in Cassazione doglianze che non sono state sottoposte al giudice del secondo grado, determinando una preclusione.

Cosa significa che un ricorso è ‘generico’ e ‘manifestamente infondato’?
Significa che i motivi addotti non sono specifici e non si confrontano criticamente con la motivazione della sentenza impugnata (genericità), oppure che le censure sono palesemente prive di fondamento giuridico e fattuale alla luce della legge e della giurisprudenza consolidata (manifesta infondatezza).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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