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Resistenza a pubblico ufficiale: quando una frase è reato

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 15172/2024, ha dichiarato inammissibile un ricorso, confermando una condanna per resistenza a pubblico ufficiale. Secondo i giudici, la frase “se non ci fossero state le signore vi avrei fatto passare un brutto quarto d’ora”, rivolta agli agenti durante un controllo stradale, costituisce una minaccia idonea a configurare il reato. La Corte ha inoltre respinto l’eccezione sulla nullità della notifica, poiché non era stata sollevata tempestivamente in udienza.

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Pubblicato il 13 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Resistenza a Pubblico Ufficiale: Quando una Frase Diventa Minaccia? L’Analisi della Cassazione

Il confine tra una semplice espressione di disappunto e una minaccia penalmente rilevante può essere sottile, specialmente durante un concitato controllo di polizia. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 15172/2024) fa luce su questo aspetto, analizzando un caso di resistenza a pubblico ufficiale e chiarendo quando una frase, anche se ipotetica, integra gli estremi del reato. La decisione offre spunti importanti anche su questioni procedurali, come la tempestività delle eccezioni di nullità.

Il Contesto: Il Ricorso e i Motivi di Impugnazione

Il caso nasce dal ricorso di un imputato contro una sentenza della Corte d’Appello che lo aveva condannato per il reato di resistenza a pubblico ufficiale. I motivi del ricorso erano due:

1. Un vizio procedurale: L’imputato lamentava una nullità assoluta nella notifica della citazione in appello, avvenuta secondo una norma abrogata (art. 157, comma 8-bis, c.p.p.) anziché quella nuova (art. 157-ter c.p.p.).
2. Una questione di merito: Si contestava la sussistenza stessa del reato, sostenendo che la frase incriminata non costituisse una vera e propria minaccia.

La Questione Procedurale: la Nullità della Notifica

Il primo motivo di ricorso è stato rapidamente respinto dalla Corte. I giudici hanno chiarito che l’errore nella notifica, seppur esistente, non configurava una nullità assoluta, ma una “nullità a regime intermedio”. Questo tipo di vizio, per essere valido, deve essere eccepito dalla difesa durante la prima occasione utile, ovvero l’udienza stessa.

Nel caso specifico, dal verbale d’udienza risultava che la parte del testo in cui era riportata tale eccezione era stata cancellata (interlineata). Di conseguenza, per la Corte, l’eccezione non era mai stata formalmente proposta e la nullità, non essendo stata tempestivamente rilevata, si era sanata. Questo principio sottolinea l’importanza della diligenza processuale: le doglianze procedurali devono essere sollevate nei tempi e nei modi corretti, altrimenti perdono di efficacia.

La Sostanza del Reato di Resistenza a Pubblico Ufficiale

Il secondo motivo di ricorso toccava il cuore della vicenda. L’imputato, durante un controllo stradale, aveva pronunciato la seguente frase agli agenti: “per fortuna mi avere fermato in compagnia di due signore altrimenti vi avrei fatto passare un brutto quarto d’ora”.

La difesa sosteneva che tale espressione, essendo condizionata e ipotetica (“altrimenti vi avrei fatto…”), non avesse la forza intimidatoria necessaria per integrare l’elemento oggettivo della minaccia richiesto dal reato di resistenza a pubblico ufficiale (art. 336 c.p.).

L’interpretazione del Contesto

La Corte di Cassazione, confermando la decisione della Corte d’Appello, ha rigettato questa interpretazione. I giudici hanno affermato che la valenza di una frase deve essere valutata non in astratto, ma all’interno del contesto specifico in cui viene pronunciata. Durante un controllo di polizia, un momento caratterizzato da una naturale tensione e dall’esercizio di un’autorità pubblica, una frase del genere assume un inequivocabile significato minatorio. È un modo per comunicare un’ostilità e la capacità di tradurla in azione dannosa, ostacolando l’attività dei pubblici ufficiali.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha ritenuto il ricorso manifestamente infondato e, pertanto, inammissibile. Per quanto riguarda la nullità, la motivazione risiede nella tardività dell’eccezione, che doveva essere formalizzata in udienza. Per quanto concerne il reato di resistenza, la motivazione si basa sull’idoneità della frase a intimidire i pubblici ufficiali. La Corte ha sottolineato come, nel contesto del controllo, l’espressione avesse una chiara “valenza di minaccia”, sufficiente a configurare l’elemento oggettivo del delitto. La Corte ha quindi dichiarato il ricorso inammissibile.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Decisione

Questa ordinanza ribadisce due principi fondamentali. Dal punto di vista processuale, evidenzia che i vizi procedurali non assoluti devono essere eccepiti con rigore e tempestività. Dal punto di vista sostanziale, conferma che per valutare la sussistenza di una minaccia nel reato di resistenza a pubblico ufficiale, è cruciale analizzare il contesto. Anche una frase ipotetica può essere sufficiente a integrare il reato se, considerate le circostanze, è capace di intimidire e ostacolare l’operato degli agenti. La decisione comporta per il ricorrente la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, rendendo definitiva la sentenza di condanna.

Quando un’eccezione di nullità della notifica deve essere sollevata per essere valida?
Secondo l’ordinanza, un’eccezione di nullità “a regime intermedio”, come quella relativa a un presunto errore nelle forme della notifica, deve essere presentata formalmente durante l’udienza. Se nel verbale d’udienza risulta che l’eccezione è stata cancellata o comunque non formulata, essa non può essere sollevata successivamente con il ricorso.

Una frase ipotetica può configurare il reato di resistenza a pubblico ufficiale?
Sì. La Corte ha stabilito che la frase “per fortuna mi avere fermato in compagnia di due signore altrimenti vi avrei fatto passare un brutto quarto d’ora”, pur essendo formulata in modo ipotetico, assume una chiara valenza di minaccia nel contesto di un controllo di polizia, integrando così l’elemento oggettivo del reato di resistenza a pubblico ufficiale.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la sua reiezione senza un esame nel merito. Di conseguenza, la sentenza impugnata diventa definitiva e il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, in questo caso fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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