Resistenza a Pubblico Ufficiale: Quando una Frase Diventa Minaccia? L’Analisi della Cassazione
Il confine tra una semplice espressione di disappunto e una minaccia penalmente rilevante può essere sottile, specialmente durante un concitato controllo di polizia. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 15172/2024) fa luce su questo aspetto, analizzando un caso di resistenza a pubblico ufficiale e chiarendo quando una frase, anche se ipotetica, integra gli estremi del reato. La decisione offre spunti importanti anche su questioni procedurali, come la tempestività delle eccezioni di nullità.
Il Contesto: Il Ricorso e i Motivi di Impugnazione
Il caso nasce dal ricorso di un imputato contro una sentenza della Corte d’Appello che lo aveva condannato per il reato di resistenza a pubblico ufficiale. I motivi del ricorso erano due:
1. Un vizio procedurale: L’imputato lamentava una nullità assoluta nella notifica della citazione in appello, avvenuta secondo una norma abrogata (art. 157, comma 8-bis, c.p.p.) anziché quella nuova (art. 157-ter c.p.p.).
2. Una questione di merito: Si contestava la sussistenza stessa del reato, sostenendo che la frase incriminata non costituisse una vera e propria minaccia.
La Questione Procedurale: la Nullità della Notifica
Il primo motivo di ricorso è stato rapidamente respinto dalla Corte. I giudici hanno chiarito che l’errore nella notifica, seppur esistente, non configurava una nullità assoluta, ma una “nullità a regime intermedio”. Questo tipo di vizio, per essere valido, deve essere eccepito dalla difesa durante la prima occasione utile, ovvero l’udienza stessa.
Nel caso specifico, dal verbale d’udienza risultava che la parte del testo in cui era riportata tale eccezione era stata cancellata (interlineata). Di conseguenza, per la Corte, l’eccezione non era mai stata formalmente proposta e la nullità, non essendo stata tempestivamente rilevata, si era sanata. Questo principio sottolinea l’importanza della diligenza processuale: le doglianze procedurali devono essere sollevate nei tempi e nei modi corretti, altrimenti perdono di efficacia.
La Sostanza del Reato di Resistenza a Pubblico Ufficiale
Il secondo motivo di ricorso toccava il cuore della vicenda. L’imputato, durante un controllo stradale, aveva pronunciato la seguente frase agli agenti: “per fortuna mi avere fermato in compagnia di due signore altrimenti vi avrei fatto passare un brutto quarto d’ora”.
La difesa sosteneva che tale espressione, essendo condizionata e ipotetica (“altrimenti vi avrei fatto…”), non avesse la forza intimidatoria necessaria per integrare l’elemento oggettivo della minaccia richiesto dal reato di resistenza a pubblico ufficiale (art. 336 c.p.).
L’interpretazione del Contesto
La Corte di Cassazione, confermando la decisione della Corte d’Appello, ha rigettato questa interpretazione. I giudici hanno affermato che la valenza di una frase deve essere valutata non in astratto, ma all’interno del contesto specifico in cui viene pronunciata. Durante un controllo di polizia, un momento caratterizzato da una naturale tensione e dall’esercizio di un’autorità pubblica, una frase del genere assume un inequivocabile significato minatorio. È un modo per comunicare un’ostilità e la capacità di tradurla in azione dannosa, ostacolando l’attività dei pubblici ufficiali.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte ha ritenuto il ricorso manifestamente infondato e, pertanto, inammissibile. Per quanto riguarda la nullità, la motivazione risiede nella tardività dell’eccezione, che doveva essere formalizzata in udienza. Per quanto concerne il reato di resistenza, la motivazione si basa sull’idoneità della frase a intimidire i pubblici ufficiali. La Corte ha sottolineato come, nel contesto del controllo, l’espressione avesse una chiara “valenza di minaccia”, sufficiente a configurare l’elemento oggettivo del delitto. La Corte ha quindi dichiarato il ricorso inammissibile.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Decisione
Questa ordinanza ribadisce due principi fondamentali. Dal punto di vista processuale, evidenzia che i vizi procedurali non assoluti devono essere eccepiti con rigore e tempestività. Dal punto di vista sostanziale, conferma che per valutare la sussistenza di una minaccia nel reato di resistenza a pubblico ufficiale, è cruciale analizzare il contesto. Anche una frase ipotetica può essere sufficiente a integrare il reato se, considerate le circostanze, è capace di intimidire e ostacolare l’operato degli agenti. La decisione comporta per il ricorrente la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, rendendo definitiva la sentenza di condanna.
Quando un’eccezione di nullità della notifica deve essere sollevata per essere valida?
Secondo l’ordinanza, un’eccezione di nullità “a regime intermedio”, come quella relativa a un presunto errore nelle forme della notifica, deve essere presentata formalmente durante l’udienza. Se nel verbale d’udienza risulta che l’eccezione è stata cancellata o comunque non formulata, essa non può essere sollevata successivamente con il ricorso.
Una frase ipotetica può configurare il reato di resistenza a pubblico ufficiale?
Sì. La Corte ha stabilito che la frase “per fortuna mi avere fermato in compagnia di due signore altrimenti vi avrei fatto passare un brutto quarto d’ora”, pur essendo formulata in modo ipotetico, assume una chiara valenza di minaccia nel contesto di un controllo di polizia, integrando così l’elemento oggettivo del reato di resistenza a pubblico ufficiale.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la sua reiezione senza un esame nel merito. Di conseguenza, la sentenza impugnata diventa definitiva e il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, in questo caso fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 15172 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 15172 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 05/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 12/04/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti e la sentenza impugnata;
esaminato il ricorso di COGNOME NOME e la memoria presentata dalla difesa con cui si insis in ordine ai motivi di ricorso facendo presente come, per motivi inspiegabili, nel verba udienza la parte in cui risulta essere stata effettuata l’eccezione ad opera della difesa r interlineata
OSSERVA
Ritenuto che il primo motivo con cui si censura la nullità assoluta determinata dal notifica avvenuta nelle forme di cui all’art. 157, comma 8-bis, cod. proc. pen. in luogo di quella ex art. 157-ter cod. proc. pen., essendo stata abrogata la prima di dette norme dalla legge n. 150 del 2022, è indeducibile in quanto, costituendo quella rappresentata (notifica de citazione in appello al difensore di fiducia del COGNOME in luogo di quella prevista dall’ar ter cod. proc. pen.) una nullità a regime intermedio, sarebbe stato necessario rilevare il vizi occasione dell’udienza, sede in cui, contrariamente a quanto enunciato nel ricorso, nessuna eccezione è stata presentata, visto che la parte del verbale di udienza, là dove si dà dell’eccezione ad opera della difesa dell’imputato, risulta cancellata e, pertanto, formalmente formulata, a nulla rilevando le doglianze sul punto contenute nella memoria;
rilevato che il secondo motivo con cui si deduce la mancanza della minaccia, elemento oggettivo di cui al delitto di resistenza a pubblico ufficiale (in tali termini qualificato imputazione di cui all’art. 336 cod. pen.) è manifestamente infondato tenuto conto de corretta risposta ad identica doglianza fornita dalla Corte di appello che ha rilevato com frase “per fortuna mi avere fermato in compagnia di due signore altrimenti vi avrei fa passare un brutto quarto d’ora” assumesse, nell’ambito del controllo dell’autovettura e passeggeri, valenza di minaccia;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore dell Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spes processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 05/02/2024.