Resistenza a Pubblico Ufficiale: Fuga e Danneggiamento Integrano il Reato
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito importanti principi in materia di resistenza a pubblico ufficiale, detenzione di stupefacenti e particolare tenuità del fatto. La decisione chiarisce come una fuga in auto, se accompagnata da manovre violente, configuri pienamente il reato, anche se l’azione degli agenti non viene di fatto impedita. Analizziamo insieme i dettagli di questa pronuncia.
Il Caso in Esame: Dalla Fuga alla Condanna
I fatti all’origine della vicenda vedono un automobilista che, invece di fermarsi all’alt imposto dalle forze dell’ordine, si dà alla fuga. Durante l’inseguimento, il conducente colpisce ripetutamente l’auto di servizio degli agenti nel tentativo di sottrarsi al controllo, danneggiandola. Una volta fermato, viene trovato in possesso di 16 grammi di hashish.
La successiva perquisizione nel suo garage porta alla luce un ulteriore quantitativo di droga, materiale per il confezionamento e due bilancini di precisione. L’uomo viene condannato in primo grado e in appello per resistenza a pubblico ufficiale, danneggiamento aggravato, detenzione di stupefacenti ai fini di spaccio e violazioni del Codice della Strada. Contro la sentenza di secondo grado, propone ricorso in Cassazione.
La Valutazione della Cassazione sulla Resistenza a Pubblico Ufficiale
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo le motivazioni del giudice d’appello complete e logicamente ineccepibili. I giudici hanno sottolineato che i motivi del ricorso erano mere “doglianze in punto di fatto”, cioè critiche alla ricostruzione degli eventi, che non possono trovare spazio in sede di legittimità.
Violenza e Minaccia: Elementi Chiave del Reato
Il punto centrale della decisione riguarda la configurazione del reato di resistenza a pubblico ufficiale. La Corte ha ribadito un principio consolidato: per integrare il delitto, è sufficiente che si usi violenza o minaccia per opporsi al compimento di un atto d’ufficio. Non è necessario che la libertà di azione del pubblico ufficiale sia concretamente impedita.
Nel caso specifico, l’aver colpito più volte la vettura degli agenti è stato considerato un atto di violenza finalizzato a ostacolare l’inseguimento. L’esito, positivo o negativo, di tale azione è irrilevante ai fini della sussistenza del reato.
Le Altre Contestazioni: Tenuità del Fatto e Droga
Il ricorrente aveva sollevato anche altre questioni, tutte respinte dalla Corte.
Esclusione della Particolare Tenuità del Fatto
Era stata richiesta l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto per i reati di danneggiamento e per le contravvenzioni stradali. La Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito di negarla, valorizzando l’entità del danno provocato all’auto di servizio e i precedenti penali specifici dell’imputato. La condotta, nel suo complesso, non poteva essere definita “particolarmente tenue”.
Detenzione di Stupefacenti: Non Era Uso Personale
Anche il motivo relativo alla destinazione della droga all’uso personale è stato giudicato inammissibile. I giudici hanno ritenuto la motivazione della Corte d’Appello adeguata, in quanto basata su elementi concreti che indicavano un’attività di spaccio. La fuga stessa era volta a evitare il ritrovamento dello stupefacente, e il rinvenimento di bilancini e materiale per il confezionamento nel garage ha fornito una prova ulteriore, smentendo la tesi difensiva.
Le Motivazioni della Corte
Le motivazioni dell’ordinanza si fondano sulla netta distinzione tra il giudizio di fatto, riservato ai tribunali di merito, e il giudizio di legittimità, proprio della Cassazione. Il ricorso è stato giudicato inammissibile perché tentava di ottenere una nuova valutazione delle prove, piuttosto che contestare vizi di legge. Per quanto riguarda la resistenza a pubblico ufficiale, la Corte ha ribadito che la violenza non deve necessariamente essere diretta contro la persona del pubblico ufficiale, ma può manifestarsi anche contro le cose, come nel caso del danneggiamento dell’auto di servizio, quando sia funzionale a opporsi all’atto d’ufficio.
Conclusioni
Questa pronuncia conferma che la fuga dall’autorità non è una condotta neutra. Quando si trasforma da una mera sottrazione al controllo a un’azione violenta, anche se rivolta a mezzi e non a persone, essa integra il grave reato di resistenza a pubblico ufficiale. Inoltre, la decisione ribadisce che la valutazione sulla destinazione dello stupefacente deve basarsi su un’analisi complessiva di tutte le circostanze oggettive e soggettive, come le modalità della condotta e il materiale rinvenuto, che possono logicamente smentire la tesi dell’uso personale.
Quando una fuga in auto diventa resistenza a pubblico ufficiale?
Quando la fuga non è passiva ma comporta l’uso di violenza o minaccia per opporsi all’operato delle forze dell’ordine. Secondo la sentenza, colpire volontariamente l’auto di servizio durante un inseguimento costituisce la violenza necessaria per configurare il reato.
Perché la detenzione di 16 grammi di droga non è stata considerata per uso personale?
La tesi dell’uso personale è stata respinta sulla base di diversi elementi: la fuga dell’imputato era finalizzata a nascondere la sostanza, e la successiva perquisizione ha portato al ritrovamento di materiale per il confezionamento e bilancini di precisione, circostanze indicative di un’attività di spaccio.
È possibile invocare la ‘particolare tenuità del fatto’ per il danneggiamento avvenuto durante una fuga dalla polizia?
Nel caso specifico, la Corte ha confermato che non era applicabile. La decisione si è basata sull’entità del danno causato all’auto della polizia e sui precedenti penali dell’imputato, elementi che nel loro complesso non permettevano di qualificare la condotta come ‘particolarmente tenue’.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 26492 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 26492 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a MATERA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 18/09/2023 della CORTE APPELLO di ANCONA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti e la sentenza impugnata; dato avviso alle parti; esaminati i motivi del ricorso di COGNOME NOME;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
OSSERVA
Ritenuto che i motivi dedotti nel ricorso avverso la condanna per i reati di cui agli artt. 337 e 635 cod. pen., 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990, 186 e 187 d.lgs. n. 285 del 1992, non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità, perché costituiti da mere doglianze in punto di fatto ed incentrati sulla denuncia del vizio di omessa motivazione che la lettura del provvedimento impugNOME rivela essere completa e logicamente ineccepibile.
Rilevato che in merito alla contestazione di resistenza a pubblico ufficiale, è incontroverso che alla guida della propria vettura l’imputato non si è fermato all’alt dandosi alla fuga e colpendo più volte l’auto di servizio degli operanti, danneggiandola, nel tentativo di sottrarsi all’inseguimento. Pertanto, la sentenza impugnata ha fatto buon governo del principio secondo cui in tema di resistenza a pubblico ufficiale, non è necessario, ai fini dell’integrazione del delitto, che si concretamente impedita la libertà di azione del pubblico ufficiale, essendo sufficiente che si usi violenza o minaccia per opporsi al compimento di un atto dell’ufficio o del servizio, indipendentemente dall’esito, positivo o negativo, di tale azione e dall’effettivo verificarsi di un ostacolo al compimento degli atti indicat (Sez. 6, n. 5459 del 08/01/2020, COGNOME, relativa a un imputato che aveva tentato di fuggire durante un controllo dei carabinieri, rivolgendo inoltre ai predetti minacce di morte per indurli a lasciarlo andare e cercando di forzare con la propria auto il posto di blocco);
Rilevato altresì che manifestamente infondati risultano il secondo e il quarto motivo, relativi alla mancata applicazione della particolare tenuità per i reati di danneggiamento aggravato e le contravvenzioni di cui alle indicate norme del Codice della strada (la cui sussistenza è argomentata in modo non illogico dalla sentenza impugnata). Sul punto, la Corte territoriale ha motivato in modo adeguato, evidenziando il danno cagioNOME dall’imputato, la cui condotta – anche in considerazione dei precedenti penali, pure per fatti specifici (v. sentenza di primo grado, pag. 5) – non appare “particolarmente tenue”.
Rilevato, infine, che inammissibile è il motivo con il quale si eccepisce che la detenzione dello stupefacente (16 grammi di hashish) fosse per uso personale. La sentenza di appello ha, in modo adeguato, confermato il giudizio negativo sul punto adottato dal primo Giudice alla luce delle concrete modalità della condotta
(la fuga è risultata finalizzata a evitare il rinvenimento della droga custodita nella vettura; nel garage in uso all’imputato sono stati trovati, oltre ad altro quantitativo di droga, occultato tra due valigie, materiale per il confezionamento e due bilancini di precisione): motivazione non sindacabile in sede di legittimità, atteso che «in materia di stupefacenti, la valutazione in ordine alla destinazione della droga, ogni qualvolta la condotta non appaia indicativa della immediatezza del consumo, deve essere effettuata dal giudice di merito tenendo conto di tutte le circostanze oggettive e soggettive del fatto, secondo parametri di apprezzamento sindacabili in sede di legittimità soltanto sotto il profilo della mancanza o della manifesta illogicità della motivazione» (Sez. 4, n. 7191 del 11/01/2018, Gjoka, Rv. 272463 – 01).
Considerato che all’inammissibilità dell’impugnazione segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende, che si ritiene conforme a giustizia liquidare come in dispositivo.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 28 giugno 2024
Il onsigliere re atore
COGNOME
Il Presi COGNOME te