Resistenza a Pubblico Ufficiale: Limiti del Ricorso in Cassazione
L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti sui confini del reato di resistenza a pubblico ufficiale e sui limiti dell’impugnazione in sede di legittimità. La Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato, condannato per spaccio di stupefacenti e per essersi opposto con violenza al suo arresto, confermando la solidità della valutazione operata dai giudici di merito.
I Fatti di Causa e i Motivi del Ricorso
L’imputato ricorreva in Cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello che lo aveva condannato per due distinti reati: spaccio di sostanze stupefacenti (art. 73, comma 1, d.P.R. 309/1990) e resistenza a pubblico ufficiale (art. 337 c.p.).
I motivi del ricorso erano principalmente due:
1. Sulla qualificazione dello spaccio: Si lamentava il mancato riconoscimento dell’ipotesi di lieve entità (art. 73, comma 5), sostenendo che la gravità del fatto non fosse tale da giustificare la condanna per l’ipotesi base.
2. Sulla configurazione della resistenza: Si contestava la qualificazione della condotta come resistenza attiva, sostenendo che si fosse trattato di una mera resistenza passiva, non punibile penalmente.
L’Analisi dello Spaccio e la Logica della Corte
La Corte di Cassazione ha ritenuto infondato il primo motivo di ricorso, evidenziando come la Corte d’Appello avesse correttamente motivato la sua decisione. I giudici di merito avevano sottolineato l'”apprezzabile capacità di spaccio” dell’imputato, desunta da una serie di elementi oggettivi che indicavano un’attività illecita organizzata e protratta nel tempo. Tra questi:
* Il rinvenimento di un machete e un faretto nella zona di spaccio.
* Il possesso di un bilancino di precisione.
* La presenza di due batterie per cellulari e un power bank, indizi di un’attività prolungata.
* Una cospicua somma di denaro (1025,00 euro) di cui l’imputato non ha saputo giustificare la lecita provenienza.
Secondo la Corte, questi elementi nel loro complesso dimostravano che l’attività non era né episodica né occasionale, rendendo quindi inapplicabile l’ipotesi attenuata del fatto di lieve entità.
La Valutazione sulla Resistenza a Pubblico Ufficiale
Anche il secondo motivo di ricorso, relativo alla resistenza a pubblico ufficiale, è stato rigettato. La difesa sosteneva che la condotta dell’imputato fosse una semplice resistenza passiva. Tuttavia, la ricostruzione dei fatti accettata dai giudici di merito era chiara: l’imputato, una volta raggiunto dai Carabinieri che tentavano di fermarlo in flagranza di reato, si era opposto attivamente all’arresto. In particolare, aveva strattonato il vicebrigadiere, lo aveva dimenato e lo aveva fatto cadere a terra.
Questa azione, finalizzata a sottrarsi all’arresto, è stata correttamente qualificata come una condotta attiva e violenta, che neutralizzava l’azione del pubblico ufficiale, integrando pienamente gli estremi del reato previsto dall’art. 337 c.p.
Le Motivazioni della Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato l’intero ricorso inammissibile, ribadendo un principio fondamentale del processo penale: il giudizio di legittimità non è una terza istanza di merito. I motivi presentati dall’imputato, infatti, non denunciavano vizi di legge o difetti logici della motivazione, ma miravano a ottenere una nuova e diversa valutazione delle prove e della ricostruzione dei fatti. Questo tipo di valutazione è riservato esclusivamente ai giudici di primo e secondo grado.
La Suprema Corte ha rilevato che la motivazione della sentenza d’appello era “congrua, esauriente ed idonea a dar conto dell’iter logico-giuridico seguito”. I giudici avevano esaminato tutte le argomentazioni difensive e avevano raggiunto una decisione basata su una disamina completa e approfondita delle risultanze processuali. Pertanto, la loro ricostruzione dei fatti non era censurabile in sede di legittimità.
Conclusioni
La pronuncia consolida due importanti principi. In primo luogo, la distinzione tra resistenza attiva e passiva dipende dalla condotta materiale: qualsiasi azione fisica volta a impedire o ostacolare l’atto del pubblico ufficiale, come strattonare o divincolarsi con violenza, integra il reato di resistenza. In secondo luogo, il ricorso per Cassazione deve concentrarsi su questioni di diritto e non può essere utilizzato come un pretesto per rimettere in discussione l’accertamento dei fatti operato nei precedenti gradi di giudizio, quando questo è supportato da una motivazione logica e coerente. La declaratoria di inammissibilità ha comportato, come previsto dall’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.
Quando un’opposizione all’arresto si considera ‘resistenza a pubblico ufficiale’ attiva e non passiva?
Secondo la sentenza, la resistenza è attiva quando l’imputato si oppone fisicamente all’azione del pubblico ufficiale, ad esempio strattonandolo, dimenandolo e facendolo cadere a terra, con l’obiettivo di neutralizzare il suo intervento e sottrarsi all’arresto.
Quali elementi escludono la qualificazione dello spaccio come ‘fatto di lieve entità’?
La qualificazione di lieve entità è esclusa quando sono presenti elementi che indicano un’attività di spaccio organizzata e non occasionale. Nel caso di specie, sono stati determinanti il rinvenimento di un machete, un bilancino di precisione, batterie supplementari per telefoni, un power bank e una cospicua somma di denaro ingiustificata.
Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi proposti non rientravano tra quelli consentiti dalla legge (il cosiddetto numerus clausus). L’appellante, infatti, non contestava vizi di legge o illogicità manifeste nella motivazione, ma chiedeva una nuova valutazione delle prove e una diversa ricostruzione dei fatti, attività che sono di esclusiva competenza dei giudici di merito (primo e secondo grado) e non della Corte di Cassazione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 26677 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 26677 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 01/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 26/09/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME AVV_NOTAIO COGNOME
NOME COGNOME ricorre per cassazione avverso la sentenza in epigrafe indicata, c quale è stato condannato per i reati di cui agli artt. 73, comma 1, d.PR.309/1990 (c 337 cod. pen. (capo B), lamentando, con il primo motivo di ricorso, vizio della motiva violazione di legge in ordine al mancato riconoscimento dell’ipotesi di minore gravità comma 5 dell’art. 73 d.P.R.309/1990 e, con il secondo motivo di ricorso, vizio della moti e violazione di legge in ordine all’affermazione della responsabilità per il reato di cui all’art. 337 cod. pen.
I motivi di ricorso non rientrano nel numerus clausus delle censure deducibili in sede di legittimità, investendo profili di valutazione della prova e di ricostruzione del fatto r cognizione del giudice di merito, le cui determinazioni, al riguardo, sono insinda cassazione ove siano sorrette da motivazione congrua, esauriente ed idonea a dar dell’iter logico-giuridico seguito dal giudicante e delle ragioni del decisum. Nel caso di specie, la Corte d’appello ha evidenziato La apprezzabile capacità di spaccio del ricorrente il qual, in concorso con altro soggetto, rimasto ignoto, svolgeva l’attività illecita co organizzate e destinate a protrarsi nel tempo, come dimostra il rinvenimento nella spaccio di un machete, di un faretto ‘,sulla persona dell’imputato, di un bilancino di p di due batterie per telefoni cellulari e di una cospicua somma di denaro pari a euro della cui provenienza lecita il ricorrente non ha dato alcuna giustificazione; in pa giudice ha sottolineato la presenza di batterie per telefoni e di un power Bank, oggetti inferito la protrazione dell’attività illecita e la non episodicità ed occasionalità del spaccio svolta nei pressi di una discarica. La Corte territoriale ha, pertanto, ritenuto le modalità e le circostanze dell’azione assumono carattere assorbente rispetto all’ ponderale, confermando quindi la valutazione del primo giudice che ha escluso l’ipotesi at
Con riguardo alla seconda doglianza, la Corte di appello ha escluso che la condotta po essere dal ricorrente integri l’ipotesi di resistenza passiva a pubblico ufficial l’imputato, una volta raggiunto dai carabinieri che cercavano di fermarlo nella fragranza si opponeva al vicebrigadiere, strattonandolo, dimenandolo e facendolo cadere a terr neutralizzando l’azione del pubblico ufficiale per cercare di sottrarsi all’arresto.
Dalle cadenze motivazionali della sentenza d’appello è quindi enucleabile una ricostru dei fatti precisa e circostanziata, avendo i giudici di secondo grado preso in esam deduzioni difensive ed essendo pervenuti alla decisione attraverso una disamina comple approfondita delle risultanze processuali, in nessun modo censurabile sotto il profilo della correttezza logica, e sulla base di apprezzamenti di fatto non qualificabili in contraddittorietà o di manifesta illogicità e perciò insindacabili in questa sede.
Tenuto altresì conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzi rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbi il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibili declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc
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l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese proc ed al versamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma il 1° marzo 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente