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Reato permanente: quale legge si applica?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di due imputate condannate per invasione di terreni. La Corte ha stabilito che in caso di reato permanente, se interviene una modifica legislativa peggiorativa, si applica la nuova legge più severa poiché la condotta illecita si protrae nel tempo fino alla sentenza di primo grado. Di conseguenza, il rigetto della richiesta di patteggiamento basata sulla normativa precedente e più favorevole è stato ritenuto legittimo.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reato Permanente e Successione di Leggi: Si Applica la Norma Più Severa?

La gestione del reato permanente solleva complesse questioni giuridiche, specialmente quando una nuova legge modifica il trattamento sanzionatorio mentre la condotta illecita è ancora in corso. Con la sentenza n. 17347/2024, la Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento fondamentale: in questi casi, si applica la legge in vigore al momento della cessazione della condotta, anche se risulta più severa per l’imputato. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti del Caso: L’Occupazione Abitativa e il Rifiuto del Patteggiamento

Il caso trae origine dalla condanna di due persone per il reato di invasione di terreni o edifici, aggravato e commesso in concorso. La condotta, finalizzata a soddisfare esigenze abitative, era stata accertata in una data specifica ma, data la sua natura, si era protratta nel tempo.

Durante le fasi preliminari del processo, la difesa aveva avanzato una richiesta di applicazione della pena su richiesta delle parti (il cosiddetto ‘patteggiamento’), proponendo una sanzione limitata alla sola pena pecuniaria. Il Pubblico Ministero, tuttavia, aveva espresso il proprio dissenso, ritenendo la pena non congrua. Il motivo del dissenso risiedeva in una modifica legislativa (Legge n. 132 del 2018) intervenuta mentre il reato era ancora in corso, la quale aveva inasprito il trattamento sanzionatorio per quella specifica fattispecie di reato, prevedendo l’applicazione congiunta della pena detentiva e di quella pecuniaria, e non più alternative.

Il Tribunale di primo grado e la Corte d’Appello avevano condiviso il dissenso del PM, rigettando la richiesta della difesa e procedendo con il giudizio ordinario. Da qui, il ricorso in Cassazione.

La Questione del Reato Permanente e la Legge Applicabile

Il fulcro della questione legale riguardava l’individuazione della legge applicabile a un reato permanente. La difesa sosteneva che dovesse applicarsi la legge in vigore al momento dell’inizio della condotta, che prevedeva una pena più mite (la sola multa o l’arresto in alternativa). Al contrario, l’accusa riteneva applicabile la nuova normativa, più severa, entrata in vigore durante la permanenza della condotta illecita.

La natura del reato permanente è tale per cui l’offesa al bene giuridico tutelato si protrae continuativamente nel tempo per volontà dell’agente. La consumazione non si esaurisce in un singolo momento, ma perdura fino a quando la condotta antigiuridica non cessa.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato e confermando la correttezza della decisione dei giudici di merito. Il ragionamento della Suprema Corte si basa su principi consolidati in materia di successione di leggi penali nel tempo in relazione al reato permanente.

I giudici hanno affermato che, per un reato di questo tipo, la condotta si considera in corso fino alla sua cessazione, che coincide con la pronuncia della sentenza di primo grado, a meno che non sia cessata prima per altre ragioni (ad esempio, lo sgombero volontario). Di conseguenza, la legge applicabile è quella in vigore in quel momento.

Nel caso specifico, la condotta di invasione, motivata da esigenze abitative, ha per sua natura un carattere continuativo. Poiché la contestazione era stata formulata in ‘forma aperta’ (senza indicare una data di cessazione), l’illecito si è protratto anche dopo l’entrata in vigore della nuova e più severa Legge n. 132/2018. Pertanto, era questa la normativa da considerare per valutare la congruità della pena richiesta in sede di patteggiamento. La richiesta della difesa, basata sulla vecchia legge e limitata alla sola pena pecuniaria, era quindi legittimamente stata ritenuta inadeguata e il dissenso del PM giustificato.

La Corte ha inoltre liquidato l’argomento difensivo secondo cui il giudice di primo grado, infliggendo solo una multa, avrebbe implicitamente negato la permanenza del reato. Secondo la Cassazione, si è trattato di un semplice error iuris (errore di diritto) del giudice di merito, che non inficia la corretta qualificazione giuridica del fatto come reato permanente.

Le Conclusioni

La sentenza n. 17347/2024 ribadisce un principio cruciale: chi commette un reato permanente non può fare affidamento sulla legge in vigore all’inizio della sua condotta. Il protrarsi dell’azione illecita lo espone all’applicazione di eventuali nuove leggi più severe che dovessero entrare in vigore prima della cessazione del reato. Questa decisione ha importanti implicazioni pratiche: solidifica l’orientamento giurisprudenziale e serve da monito, sottolineando che la continuazione di una condotta illecita può portare a conseguenze sanzionatorie ben più gravi di quelle originariamente previste, limitando di fatto l’accesso a riti alternativi come il patteggiamento se basati su presupposti normativi superati.

In caso di reato permanente, quale legge si applica se nel frattempo ne entra in vigore una più severa?
Si applica la legge in vigore al momento della cessazione della condotta illecita, che si considera protratta fino alla sentenza di primo grado. Pertanto, si applica la nuova legge, anche se più severa.

Perché la richiesta di patteggiamento degli imputati è stata respinta?
La richiesta è stata respinta perché la pena proposta (la sola multa) era basata sulla normativa precedente e più favorevole. Poiché nel frattempo era entrata in vigore una legge più severa che imponeva l’applicazione congiunta di pena detentiva e pecuniaria, la richiesta è stata ritenuta non congrua e il dissenso del Pubblico Ministero è stato considerato legittimo.

Cosa si intende per contestazione in ‘forma aperta’ in un reato permanente?
Significa che l’atto di accusa indica la data di inizio o di accertamento del reato senza specificarne una di fine. Questo implica che la condotta illecita viene considerata come ancora in corso al momento del processo, fino alla sentenza di primo grado.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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