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Reato di evasione: non rispondere al campanello basta?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 14765/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un soggetto agli arresti domiciliari, condannato per il reato di evasione per non aver risposto al campanello delle forze dell’ordine per circa dieci minuti. La Corte ha stabilito che il ricorso mirava a una rivalutazione dei fatti, non ammissibile in sede di legittimità, confermando la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 13 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reato di Evasione: Quando Non Rispondere al Campanello Diventa un Crimine

Il reato di evasione è una fattispecie che punisce chi, legalmente arrestato o detenuto, si sottrae alla misura restrittiva. Ma cosa succede se la sottrazione non è una fuga plateale, ma un comportamento apparentemente passivo come non rispondere al campanello? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 14765 del 29 gennaio 2024) ha fornito chiarimenti cruciali su questo punto, confermando che anche un’omissione può integrare il delitto.

I Fatti del Caso

La vicenda riguarda un individuo sottoposto a una misura restrittiva della libertà personale presso la propria abitazione. Durante un controllo di routine, le forze dell’ordine hanno suonato insistentemente al suo campanello per circa dieci minuti. Nonostante gli agenti avessero udito distintamente il suono del campanello all’interno dell’abitazione, nessuno ha aperto la porta né ha dato segno di presenza.

In seguito a questo episodio, l’uomo è stato processato e condannato per il reato di evasione dalla Corte d’Appello di Palermo. La Corte territoriale ha ritenuto che la mancata risposta, protratta per un tempo significativo, costituisse una violazione degli obblighi imposti dalla misura cautelare, integrando così gli estremi del reato.

Il Ricorso in Cassazione e la valutazione del reato di evasione

Contro la sentenza di condanna, l’imputato ha proposto ricorso in Cassazione. La difesa, tuttavia, non ha contestato specifici vizi di legittimità o illogicità nella motivazione della Corte d’Appello. Piuttosto, il ricorso mirava a ottenere una diversa valutazione dei fatti, un’operazione che esula dalle competenze della Corte di Cassazione, la quale è giudice di legittimità e non di merito.

Il punto centrale era stabilire se il semplice non rispondere al campanello potesse essere considerato sufficiente a configurare il reato di evasione, sia sotto il profilo oggettivo (la condotta materiale) sia sotto quello soggettivo (la volontà di sottrarsi al controllo).

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo infondato. Secondo i giudici, la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione logica e coerente. L’aver ignorato per dieci minuti il campanello, pur avendone sentito il suono, è stato interpretato come una chiara volontà di sottrarsi al controllo delle autorità.

La Cassazione ha evidenziato che il ragionamento dei giudici di merito non presentava vizi logici. La condotta dell’imputato ha di fatto impedito la verifica del rispetto della misura restrittiva. Questo comportamento omissivo è stato ritenuto idoneo a integrare:

1. L’elemento oggettivo del reato: la sottrazione al controllo, che è l’essenza della misura restrittiva della libertà personale.
2. L’elemento soggettivo (dolo): la consapevolezza e la volontà di non rispondere, dimostrata dal fatto che il suono del campanello era stato distintamente udito.

La Corte ha quindi concluso che il ricorso non faceva altro che proporre una rilettura dei fatti, cercando di ottenere un giudizio di merito favorevole, cosa non permessa in sede di legittimità.

Le Conclusioni

L’ordinanza della Cassazione ribadisce un principio fondamentale: il rispetto di una misura come gli arresti domiciliari non si esaurisce nella mera permanenza fisica in un luogo, ma include il dovere di rendersi reperibile ai controlli delle forze dell’ordine. Un comportamento volontariamente ostativo, come ignorare il campanello per un tempo prolungato, interrompe il rapporto di controllo con l’autorità e integra pienamente il reato di evasione.

In conseguenza dell’inammissibilità del ricorso, l’imputato è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, a causa dei profili di colpa ravvisati nella proposizione di un ricorso palesemente infondato.

Commettere il reato di evasione è possibile anche senza uscire di casa?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, il reato si configura anche con un comportamento omissivo che impedisce il controllo da parte delle autorità, come non rispondere deliberatamente e per un tempo prolungato al campanello, pur essendo presenti in casa.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché, invece di contestare vizi di legittimità (come errori di diritto o illogicità della motivazione), chiedeva alla Corte di Cassazione una nuova e diversa valutazione dei fatti, attività che spetta esclusivamente ai giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello).

Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato a pagare sia le spese processuali sia una somma aggiuntiva di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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