Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 14870 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 14870 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 27/02/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da NOME, nata a Milano il DATA_NASCITA COGNOME NOME, nato a Vermiglio il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 01/03/2023 della Corte di Appello di Trento visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso per l’annullamento della sentenza impugnata da COGNOME NOME, limitatamente all’addebito di cui all’art. 368 cod.pen. in relazione alla denuncia-querela del 15/04/2016, con rinvio per nuovo esame, e per inammissibilità del ricorso nel resto, con le conseguenti statuizioni ex lege nei confronti di RAGIONE_SOCIALE; udito l’avvocato NOME COGNOME, sostituto processuale dell’avvocato NOME COGNOME, difensore della parte civile NOME COGNOME, che chiede l’inammissibilità dei ricorsi e si riporta alla memoria che deposita, unitamente alla nota spesa; udito l’avvocato NOME COGNOME, in difesa di COGNOME NOME e RAGIONE_SOCIALE, che conclude per l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perchè il fatto non costituisce reato in riferimento alla prima denuncia e il fatto non sussiste in riferimento alla seconda denuncia.
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento in epigrafe indicato, la Corte di Appello di Trento, in riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Trento in data 21 aprile 2022, ha assolto COGNOME COGNOME dalle calunnie relative alle denunce del 7/09/2016, 7/10/2016, 39/12/2016, 10/02/2017, 20/02/2017 e 21/2/2017 e NOME dalla calunnia riferita alla denuncia del 11/01/2016 per insussistenza del fatto, ed ha confermato nel resto la condanna per le residue imputazioni,, rideterminando la pena e riducendo gli importi del risarcimento in favore della parte civile costituita, NOME COGNOME.
La Corte di appello, dopo aver vagliato i motivi dell’appello proposto dai due imputati, ha confermato la loro responsabilità anche agli effetti civili limitatamente alle calunnie separatamente ascritte a COGNOME, in riferimento alla denuncia-querela del 28 novembre 2016, ed alla COGNOME, in riferimento alla denuncia-querela del 15 aprile 2016, nonché per il delitto di diffamazione ascritto ad entrambi in riferimento all’esposto al Consiglio Notarile del 17 luglio 2018.
Con atto a firma del comune difensore di fiducia, i coniugi NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso per i seguenti motivi.
2.1. Con il primo motivo denunciano la violazione cli legge e vizio di motivazione ex art. 606, co.1, lett. d), e), cod. proc. pen. in relazione all’accertamento della calunnia riferita alla denuncia-querela del 15 aprile 2016 posta a carico di NOME COGNOME.
Si denuncia come formalistica e illogica la valutazione della Corte di appello secondo cui la volontà della denunciante di accusare il AVV_NOTAIO di un fattoreato sapendolo innocente si ricava dalla indubbia consapevolezza che l’autore dell’articolo pubblicato sul quotidiano “Il Trentino” non poteva essere il AVV_NOTAIO, essendo implicita nella rappresentazione del fatto esposto in querela che la denuncia riguardava la presunta falsità del contenuto dell’artic:olo e non anche la circostanza che l’autore ne fosse il AVV_NOTAIO.
2.t. Con il secondo motivo deduce violazione di legge e vizio della motivazione in relazione alla calunnia ascritta al solo RAGIONE_SOCIALE per la denunciaquerela del 28 novembre 2016. Sarebbe illogica la valutazione della Corte di appello che ha ritenuto integrati gli elementi della calunnia valorizzando la falsità della circostanza descritta nella denuncia dell’accumulo di volantini di pubblicità davanti alla porta dell’ascensore condominiale e le frasi canzonatorie che sarebbero state pronunciate dal AVV_NOTAIO per dileggiare lo RAGIONE_SOCIALE. In particolare, il fatto che un soggetto non identificato avesse accumulato dei volantini davanti
alla porta dell’abitazione del AVV_NOTAIO, il quale nel lamentarsi avrebbe intonato una preghiera, citando per scherno COGNOME, non dimostra la falsità delle frasi di dileggio pronunciate dal AVV_NOTAIO nei confronti di COGNOME e comunque tali circostanze non integrerebbero la calunnia per inidoneità dei fatti descritti a configurare un reato procedibile di ufficio a carico del AVV_NOTAIO, non essendo stata sporta querela per tali aspetti di contorno della vicenda, giacché l’oggetto della denuncia investiva il profilo della diffusione tra i condomini delle copie della sentenza di patteggiamento e dell’articolo di stampa, e dunque un fatto per il quale la Corte di appello ha già assolto l’imputato in riferimento alle altre imputazioni per calunnia.
2.3. Con il terzo motivo deduce violazione di legge e vizio della motivazione in ordine alla denuncia per diffamazione riferita all’esposto al Consiglio Notarile del 5 settembre 2018.
Con tale esposto era stato denunciato il fatto considerato vero, come rilevato dalla stessa Corte di appello, che il AVV_NOTAIO avesse depositato in una causa civile (tra la Banca Popolare di Sondrio e RAGIONE_SOCIALE) le sentenze e le denunce relative allo COGNOME ed alla COGNOME, prive di qualsiasi pertinenza con l’oggetto della causa, essendogli stato richiesto di depositare solo l’atto pubblico da lui rogato.
Il riferimento nell’esposto ai “comportamenti penalmente rilevanti” posti in essere ai loro danni dal AVV_NOTAIO, ritenuti dalla Corte eccentrici rispetto alla finali disciplinare dell’esposto, e, quindi, penalmente rilevanti a titolo di diffamazione, è stato travisato dalla Corte di appello, atteso che la frase incriminata è la seguente ” sono anni che il AVV_NOTAIO perseguita la nostra famiglia con comportamenti che sono al vaglio della magistratura penale”, quindi senza un giudizio sulla penale rilevanza dei comportamenti, peraltro, ritenuti veritieri sotto il profilo della divulgazione della sentenza di patteggiamento emessa nei confronti di COGNOME ad opera del AVV_NOTAIO, trattandosi di condotte che effettivamente erano state denunciate ed erano al vaglio della magistratura che le ha poi archiviate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi sono fondati.
In relazione all’accertamento della calunnia riferita alla denuncia-querela del 15 aprile 2016 sporta da NOME COGNOME appare senz’altro incoerente ed illogica la valutazione della Corte di appello che ha desunto la prova del dolo della calunnia dalla indubbia consapevolezza che l’autore dell’articolo pubblicato sul quotidiano “Il Trentino” non poteva essere il AVV_NOTAIO, essendo evidente che la denuncia
riguardava la presunta falsità del contenuto dell’articolo e non anche la circostanza che l’autore ne fosse il AVV_NOTAIO.
La denuncia, inoltre, non forniva neppure alcuna indicazione su quale fosse la parte del contenuto dell’articolo che si assumeva non essere veritiera.
Per giurisprudenza costante ai fini della configurabilità del reato di calunnia, pur non richiedendosi l’inizio di un procedimento penale a carico del calunniato, è necessario che la falsa incolpazione contenga gli elementi necessari e sufficienti per l’esercizio dell’azione penale nei confronti di un determinato soggetto.
Nel caso in esame l’addebito non consentiva di comprendere quale fosse la parte del contenuto dell’articolo di cui si intendeva denunciare la falsità, sicchè non si può escludere che con la denuncia si lamentasse il fatto in sé della pubblicazione e divulgazione della notizia riferita alla sentenza di condanna effettivamente pronunciata nei confronti del coniuge, perché priva di rilevanza pubblica, e non solo la veridicità del suo contenuto, considerato che l’articolo pubblicato conteneva comunque delle inesattezze con riguardo all’intestazione della proprietà dell’immobile pignorato riferita allo RAGIONE_SOCIALE anziché alla COGNOME.
Quindi, non solo la prova del dolo non è stata adeguatamente motivata dalla Corte di appello, ma essendo incerto l’addebito oggel:to della denuncia, l’annullamento deve essere disposto senza rinvio, stante l’assenza di ulteriori elementi di prova da valutare, desumibile dall’analisi delle due decisioni di merito, che rende «superflua» la restituzione del giudizio nella sede di merito, ed impone, pertanto, al giudice di legittimità, l’adozione di una pronuncia liberatoria a norma dell’art. 620, comma 1, lett. I), cod. proc. peri., perché il fatto non sussiste.
2. Anche il secondo motivo è fondato.
La calunnia ascritta al solo COGNOME per la denuncia-querela del 28 novembre 2016 è stata ravvisata dalla Corte di appello unicamente rispetto a comportamenti privi di rilevanza penale, una volta esclusa l’ipotesi di reato riferita al nucleo centrale delle accuse mosse al AVV_NOTAIO e che riguardavano il rilievo pubblico dato ad una sentenza di patteggiamento la cui divulgazione offendeva di per sé la reputazione del ricorrente, indipendentemente dalla veridicità del contenuto dell’articolo pubblicato su un giornale a diffusione regionale.
Pertanto, il riferimento a comportamenti ritenuti molesti, come l’accumulo di volantini di pubblicità davanti alla porta dell’ascensore condominiale e le frasi canzonatorie che sarebbero state pronunciate dal AVV_NOTAIO per dileggiare lo COGNOME, rappresentano circostanze che, oltre a non essere state oggetto di puntuale verifica, costituiscono effettivamente aspetti di contorno della vicenda rispetto all’oggetto della denuncia che investiva il profilo della divulgazione delle
copie della sentenza di patteggiamento per il quale la Corte di appello ha già assolto l’imputato.
L’inquadramento di tali comportamenti nell’accusa di atti persecutori, poi archiviata nel procedimento iscritto a carico del AVV_NOTAIO, non esimeva dall’accertamento se tali fatti, indipendentemente dalla loro veridicità e dalla loro qualificazione decisa dal Pubblico Ministero in sede di iscrizione del procedimento, siano stati denunciati con la consapevolezza di muovere delle accuse false rispetto al nucleo centrale della vicenda che investiva un aspetto che è stato dalla stessa Corte di appello, al contrario, apprezzato a favore degli imputati per escludere la integrazione del reato di calunnia rispetto alle altre denunce sporte dai due coniugi.
Peraltro, il riferimento al video allegato alla denuncia che smentirebbe il contenuto della denuncia stessa – sotto il profilo che l’uomo che accumula i volantini non sarebbe il AVV_NOTAIO ma un altro soggetto non identificato al quale poi il AVV_NOTAIO si rivolge per schernire lo COGNOME — non dimostra ‘la falsità di quanto denunciato, essendo l’episodio dell’accumulo dei volantini un aspetto della vicenda che oltre ad essere del tutto secondario, perde di significato una volta slegato dal nucleo fondamentale della denuncia ritenuta non calunniosa e che era riferita alla divulgazione tra i condomini dell’articolo di stampa e della copia della sentenza di patteggiamento.
La frammentazione del contenuto della denuncia operata dalla Corte di appello appare perciò censurabile proprio per Da incoerente delimitazione del reato di calunnia rispetto a profili fattuali che, isolatamente considerati, perdono la lor rilevanza penale.
Pertanto, anche con riferimento a tale denuncia, stante l’assenza di ulteriori elementi di prova da valutare, desumibile dall’analisi delle due decisioni di merito, non si giustifica la restituzione del giudizio nella sede di merito, e si impone l’adozione in questa sede di una pronuncia liberatoria a norma dell’art. 620, comma 1, lett. I), cod. proc. pen., perché il fatto non sussiste.
Analoghe considerazioni devono ripetersi con riferimenl:o alla denuncia per diffamazione riferita all’esposto al Consiglio Notarile del 5 settembre 2018.
Una volta appurato che il nucleo centrale dell’esposto riguardava la circostanza che il AVV_NOTAIO avesse allegato senza ragione delle sentenze e delle denunce relative allo COGNOME, prive di qualsiasi pertinenza con l’oggetto della causa per la quale gli era stato richiesto di depositare un atto pubblico da lui rogato, risulta del tutto incoerente attribuire a tale esposto una connotazione diffamatoria, solo per il generico riferimento ai “comportamenti penalmente rilevanti” del AVV_NOTAIO ai danni dei ricorrenti.
La finalità disciplinare dell’esposto non esclude che anche comportamenti che si assumono essere privi di rilievo penale possano essere considerati utili ad una valutazione della conformità alle regole deontologiche della condotta del AVV_NOTAIO, che secondo gli autori dell’esposto sarebbero state violate.
La frase incriminata “sono anni che il AVV_NOTAIO perseguita la nostra famiglia con comportamenti che sono al vaglio della magistratura penale, in quanto secondo noi costituiscono ipotesi delittuose”, andava letta dal punto di vista degli autori dell’esposto che, prescindendo dalla fondatezza o meno del loro assunto, davano atto che tali condotte avevano comunque originato dei procedimenti penali.
Pertanto, in difformità a quanto asserito dalla Corte di merito, il riferimento a tali procedimenti penali, indipendentemente dal loro esito, non poteva essere ritenuto eccentrico rispetto alla finalità dell’esposto, essendone al contrario giustificata la rappresentazione nel più ampio contesto di quanto segnalato all’organo deputato al controllo del rispetto delle regole deontologiche di categoria, con riguardo alla denunciata allegazione da parte del AVV_NOTAIO, in una causa civile che non lo vedeva come parte, di documenti non pertinenti che miravano soltanto a screditare lo RAGIONE_SOCIALE.
Pertanto, anche con riferimento al delitto di diffamazione, stante l’assenza di ulteriori elementi di prova da valutare, non si giustifica la restituzione del giudizi nella sede di merito, e si impone l’adozione in questa sede di una pronuncia liberatoria a norma dell’art. 620, comma 1, lett. I), cod. proc. pen.
Al riguardo, va rammentato che il delitto di diffamazione può essere integrato anche da un esposto rivolto ad un RAGIONE_SOCIALE professionale, ma a condizione che non ricorra la generale causa di giustificazione di cui all’art. 51 cod. pen., “sub specie” di esercizio del diritto di critica, preordinato ad ottenere il controllo di eventu violazioni delle regole deontologiche, allorche i fatti esposti siano veri o siano ritenuti tali, ancorché erroneamente, dall’autore dell’esposto convinto della loro veridicità (Sez. 5, n. 42576 del 20/07/2016, Crimaldi, Rv. 268044).
Come si ricava dallo stesso contenuto dell’esposto allegato al ricorso le espressioni utilizzate non sono di per sé offensive, essendo rappresentazione del personale convincimento della rilevanza penale dei comportamenti denunciati, senza quindi che possa ritenersi travalicato il confine di un corretto esercizio del diritto di critica.
In conclusione, la sentenza impugnata va annullata senza rinvio anche con riferimento al contestato delitto di diffamazione, dovendosi ritenere il fatto non punibile ai sensi dell’art. 51 cod. pen.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché i fatti non sussistono.
ere estensore Il Co Così deciso in Roma il 27 febbraio 2024
Il Presidente