Prescrizione Reato di Furto: La Cassazione Annulla per Decorso del Tempo
Con la sentenza n. 18543 del 2024, la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi su un tema cruciale del diritto penale: la prescrizione del reato di furto e il suo rapporto con l’ammissibilità del ricorso. Questa decisione chiarisce che la possibilità per il giudice di dichiarare l’estinzione del reato dipende strettamente dalla validità dell’impugnazione presentata. Se il ricorso non presenta profili di manifesta infondatezza, si instaura un valido rapporto processuale che consente alla Corte di rilevare e dichiarare la prescrizione, anche d’ufficio.
I Fatti del Caso
Il procedimento trae origine da un reato di furto commesso in data 22 gennaio 2016. A seguito della condanna pronunciata dalla Corte d’Appello di Messina in data 3 aprile 2023, l’imputato proponeva ricorso per Cassazione. Giunta la causa dinanzi alla Suprema Corte, i giudici si sono trovati a dover valutare non solo i motivi del ricorso, ma anche il tempo trascorso dalla commissione del fatto.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, annullando la sentenza impugnata senza rinvio. La ragione di tale decisione non risiede nell’accoglimento dei motivi di merito proposti dalla difesa, bensì nella constatazione che il reato contestato era ormai estinto. I giudici hanno infatti rilevato che il termine massimo di prescrizione, pari a sette anni e sei mesi per il delitto di furto in questione, era già spirato.
Le Motivazioni: Prescrizione Reato di Furto e Ammissibilità del Ricorso
Il cuore della motivazione risiede nel collegamento tra l’ammissibilità del ricorso e la declaratoria di estinzione del reato. La Corte ha prima di tutto verificato che il ricorso non presentasse profili di inammissibilità, come la manifesta infondatezza delle doglianze o la proposizione di censure non deducibili in sede di legittimità. Questo passaggio è fondamentale: solo l’instaurazione di un valido rapporto processuale, garantito da un ricorso ammissibile, conferisce al giudice il potere di rilevare le cause di non punibilità, come previsto dall’art. 129 del codice di procedura penale.
Una volta accertata l’ammissibilità, la Corte ha calcolato il tempo trascorso dal 22 gennaio 2016, data del commesso reato, concludendo che il termine massimo di prescrizione fosse ampiamente decorso. Di conseguenza, si è imposto l’annullamento della sentenza di condanna. La Corte ha inoltre specificato che non sussistevano le condizioni per una pronuncia assolutoria nel merito ai sensi del secondo comma dell’art. 129 c.p.p., in quanto dagli atti non emergeva con evidenza l’insussistenza del fatto-reato.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
La sentenza ribadisce un principio procedurale di grande importanza. La declaratoria di estinzione del reato per prescrizione in sede di legittimità è subordinata alla presentazione di un ricorso formalmente e sostanzialmente ammissibile. Un ricorso viziato da inammissibilità non consente alla Corte di pronunciarsi sulla prescrizione, con la conseguenza che la condanna diventerebbe definitiva. Questa pronuncia evidenzia, quindi, l’importanza strategica di redigere un’impugnazione che, pur potendo non essere accolta nel merito, superi il vaglio preliminare di ammissibilità per permettere alla Corte di rilevare cause estintive del reato maturate nel frattempo.
Perché la condanna per furto è stata annullata?
La condanna è stata annullata perché il reato si è estinto per prescrizione. Era infatti trascorso il termine massimo previsto dalla legge (sette anni e sei mesi) dalla data di commissione del fatto (22 gennaio 2016) senza che fosse intervenuta una sentenza definitiva.
Cosa sarebbe successo se il ricorso fosse stato inammissibile?
Se il ricorso fosse stato giudicato inammissibile, la Corte di Cassazione non avrebbe potuto dichiarare l’estinzione del reato per prescrizione. L’inammissibilità dell’impugnazione impedisce al giudice di esaminare qualsiasi questione, inclusa la prescrizione, e la condanna sarebbe diventata definitiva.
L’imputato poteva essere assolto nel merito?
No. La Corte ha specificato che non c’erano le condizioni per un’assoluzione piena nel merito (ex art. 129, comma 2, c.p.p.), poiché dagli atti processuali non emergeva con evidenza la prova che il fatto non sussistesse o che l’imputato non lo avesse commesso.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 18543 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 7 Num. 18543 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 03/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
RIFICI NOME nato a FRAZZANO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 03/04/2023 della CORTE APPELLO di MESSINA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Sussistono i presupposti per rilevare l’intervenuta causa estintiva del delitt di furto per cui si procede, essendo spirato il relativo termine massimo d prescrizione pari ad anni sette e mesi sei, trattandosi di illecito commesso in dat 22.1.2016.
Deve rilevarsi che il ricorso in esame non presenta profili di inammissibilità per manifesta infondatezza delle doglianze ovvero perché basato su censure non deducibili in sede di legittimità.
Pertanto, sussistono i presupposti, discendenti dalla intervenuta instaurazione di un valido rapporto processuale di impugnazione, per rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 cod. proc. pen.
Si osserva, infine, che non ricorrono le condizioni per una pronuncia assolutoria di merito, ex art. 129, comma 2, cod. proc pen., non potendosi constatare con evidenza dagli atti l’insussistenza del fatto-reato.
Si impone, pertanto, l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, per essere il reato in disamina estinto per prescrizione.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per prescrizione.
Così deciso il 3 aprile 2024
Il Consit1re estensore
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Il PsidentA