Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 18588 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 18588 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 26/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato a Curinga DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 19/4/2023 emessa dalla Corte di appello di Catanzaro visti gli atti, la sentenza e il ricorso; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni formulate dal Pubblico Ministero, in persona del Sostituto
Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto di:
annullare senza rinvio la sentenza impugnata in relazione alla condanna del ricorrente per il delitto contestato nel capo 2), per essere il reato improcedibile per difetto di querela, con eliminazione delle correlate statuizioni risarcitorie;
annullare senza rinvio la sentenza impugnata in relazione al capo 4), per essersi il reato estinto per prescrizione nel dicembre 2020, in data anteriore alla sentenza d’appello;
annullare senza rinvio la sentenza impugnata in relazione alla condanna del ricorrente per i capi 1) e 3), per essersi il reato estinto per intervenuta
prescrizione nella pendenza del giudizio di legittimità;
letta la memoria dell’AVV_NOTAIO, difensore delle parti civili NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, con la quale chiede la conferma della sentenza impugnata e la condanna dell’imputato alla rifusione delle spese di giudizio;
letta la memoria dell’AVV_NOTAIO, difensore delle parti civili NOME COGNOME e NOME COGNOME, il quale conclude per la conferma della sentenza impugnata e la condanna dell’imputato alla rifusione delle spese di giudizio;
letta la memoria dell’AVV_NOTAIO, difensore dell’imputato, il quale ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Catanzaro confermava la sentenza con la quale l’imputato era stato condannato per i reati, consumati e tentati, di cui all’art 346 cod. pen., nonché per quello di truffa aggravata, disponendo il risarcimento dei danni in favore delle costituite parti civili.
Avverso tale sentenza, il ricorrente ha formulato tre motivi di impugnazione.
2.1. Con il primo motivo, deduce la violazione dell’art. 158 cod. pen., assumendo che, in relazione al reato di cui al capo 4), la Corte di appello avrebbe dovuto dichiarare l’intervenuta prescrizione, non trovando applicazione la previsione secondo cui, nel caso di reato continuato, il termine inizia a decorrere dal momento della cessazione della continuazione. Sottolinea il ricorrente come la Corte di appello aveva erroneamente applicato la previsione dell’art. 158 cod. pen. nel testo in vigore dal 1° gennaio 2020, anziché quella più favorevole previgente, secondo cui, anche nel caso di reato continuato, il termine decorre dalla consumazione di ciascuna fattispecie di reato.
2.2. Con il secondo motivo, deduce la violazione di legge in relazione agli artt. 640 e 61, n. 7) cod. pen. e vizio di motivazione, sia in relazione alla mancata dichiarazione di improcedibilità per difetto di querela, che nella parte in cui è stata ritenuta l’aggravante del danno di rilevante gravità.
Evidenzia il ricorrente che, a seguito delle modifiche introdotte dal d.lgs. n. 150 del 2022, il reato di truffa aggravato ex art. 61, n. 7), cod. pen., è procedibile a querela di parte e, nel caso di specie, l’istanza di punizione non era stata
presentata nel termine previsto dall’art. 85 d.lgs. n. 150 del 2022.
2.3. Con il terzo motivo, deduce l’erronea qualificazione giuridica dei reati di millantato credito contestati ai capi 1) e 4), con riferimento alla loro riconducibilit nella nuova previsione incriminatrice di cui all’art. 346-bis cod. pen., nonché l’inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dalle persone offese, sul presupposto che le stesse dovevano essere sentite quali concorrenti nel reato.
2.4. Con il quarto motivo, infine, censurava il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche.
Il ricorso è stato trattato con rito cartolare.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato nei limiti di seguito indicati.
Il primo, il terzo e il quarto motivo possono essere esaminati congiuntamente, dovendosi dare atto dell’intervenuta prescrizione di tutti i reati.
In particolare, per quanto concerne il reato di millantato credito contestato al capo 4), a prescindere dalla questione concernente la continuità normativa con la nuova fattispecie di cui all’art. 346-bis cod. pen., la Corte di appello ha errato nell’escludere l’intervenuta prescrizione, applicando il disposto dell’art. 158 cod. pen. attualmente in vigore.
Tale previsione normativa, nella misura in cui con riferimento al reato continuato prevede il decorso del termine di prescrizione dal momento della cessazione della continuazione, piuttosto che dal momento di consumazione del reato, contiene una previsione sfavorevole rispetto a quella previgente.
Ne consegue che, essendo il reato stato commesso nel 2013, doveva trovare applicazione la disciplina prevista dall’art. 158 cod. pen. in vigore prima delle modifiche apportate dall’art. 1, comma 1, lett.d), I. 9 gennaio 2019, n.3 (in vigore dall’i gennaio 2020).
2.1. Peraltro, deve rilevarsi come, nelle more del giudizio di cassazione, sia intervenuta la prescrizione anche in relazione ai restanti reati, posto che la data di consumazione più recente risale al giugno 2016.
Trattandosi di reati per i quali il termine massimo di prescrizione è pari a 7 anni e 6 mesi, ne consegue che la prescrizione è maturata nel dicembre 2023, non risultando periodi di sospensione idonei ad impedire l’effetto estintivo.
2.2. La prescrizione del reato determina l’assorbimento delle questioni attinenti alla sussistenza dell’aggravante contestata al capo 2), come pure del
mancato riconoscimento delle generiche.
Con riguardo al secondo motivo, relativo alla dedotta improcedibilità per il reato di truffa aggravata per difetto di querela, ferma restando l’intervenuta prescrizione, occorre ugualmente esaminare nel merito la doglianza.
Stante l’intervenuta costituzione di parte civile, infatti, ove si ritenesse difetto di procedibilità, ne risulterebbe travolta anche la condanna risarcitoria.
Sostiene il ricorrente che la persona offesa avrebbe dovuto presentare la querela entro il termine di tre mesi dall’entrata in vigore delle modifiche introdotte dal d.lgs. n. 150 del 2020, che hanno introdotto la procedibilità a querela anche per la fattispecie in esame.
La tesi non è condivisibile, dovendo trovare applicazione il principio, recentemente affermato da questa Corte, secondo cui la costituzione di parte civile non revocata equivale a querela ai fini della procedibilità di reati originariamente perseguibili d’ufficio, divenuti perseguibili a querela a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, posto che la volontà punitiva della persona offesa, non richiedendo formule particolari, può essere legittimamente desunta anche da atti che non contengono la sua esplicita manifestazione (Sez.3, n. 27147 del 9/5/2023, Rv. 284844).
Le statuizioni civili devono essere confermate, posto che il ricorrente – ad accezione della questione dedotta con il secondo motivo – non ha proposto motivi idonei a confutare la sussistenza del fatto costitutivo dell’illecito civile, fonte responsabilità risarcitoria.
Anche la questione relativa alla dedotta inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dalle persone offese che, secondo il ricorrente, dovevano essere escusse quali coindagati, è manifestamente infondata.
Sia con riguardo al reato di millantato credito che a quello di truffa, infatti, l’ammissione di aver dato credito alla prospettazione dell’imputato di poter influire sull’esito dei concorsi e consentire l’assunzione dei soggetti che hanno versato denaro non implica alcuna responsabilità penale in capo ai privati.
Né rileva la questione concernente la continuità normativa tra il reato di cui all’art.346, comma secondo, cod.pen. e il reato di traffico di influenze illecite, di cui al art. 346-bis cod. pen., come modificato dall’art. 1, comma 1, lett. t) della citata legge n. 3 del 2019.
Invero, ai fini della condanna al risarcimento dei danni ciò che rileva è la sussistenza, nella condotta accertata, di un illecito civile astrattamente riconducibile ad un’ipotesi di reato. Nel caso in esame, è innegabile che i fatti, per
come risultano accertati e contestati rientrano appieno nello schema dell’illecito ex art. 2043 cod.civ. e, quanto meno in astratto, ben avrebbero potuto dar luogo alla condanna per i reati di millantato credito o, in caso di diversa qualificazione, di truffa.
Ne consegue che la condanna al risarcimento dei danni disposta in favore delle parti civili deve essere mantenuta.
Sulla base delle osservazioni che precedono, la sentenza impugnata deve essere annullata, ai soli effetti penali, stante l’intervenuta prescrizione dei reat contestati, con conferma delle statuizioni civili e condanna dell’imputato alla rifusione delle spese sostenute nel presente grado di giudizio dalle parti civili costituite.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata agli effetti penali, perché i reati sono estinti per prescrizione.
Conferma le statuizioni civili e condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, difese dall’AVV_NOTAIO COGNOME, che liquida in complessivi euro 5.897,00 oltre accessori di legge, nonché a favore di COGNOME NOME, NOME COGNOME, difese dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che liquida in euro 4.423, oltre accessori di legge.
Manda alla Cancelleria per le comunicazioni di cui ai all’art. 154-ter disp.att. cod.proc.pen.
Così deciso il 26 marzo 2024
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Il Consigliere estensore
La Presidente