Prescrizione Abusivismo Edilizio: Quando Inizia a Decorrere?
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale in materia di prescrizione abusivismo edilizio, chiarendo il momento esatto da cui far decorrere i termini. La decisione sottolinea la distinzione netta tra valutazione dei fatti, riservata ai giudici di merito, e controllo di legittimità, proprio della Suprema Corte. Il caso in esame riguarda un ricorso presentato contro una condanna per reati edilizi commessi in zona sismica, basato sulla presunta intervenuta prescrizione del reato.
I Fatti del Processo
Un cittadino veniva condannato dalla Corte d’Appello per aver realizzato opere edilizie illecite in un’area soggetta a vincolo sismico. Contro questa decisione, l’imputato proponeva ricorso per Cassazione, affidandosi a un unico motivo: la violazione di legge relativa alla mancata dichiarazione di estinzione del reato per prescrizione. Secondo la difesa, il termine di prescrizione avrebbe dovuto iniziare a decorrere da una data antecedente a quella considerata nel capo di imputazione, la quale indicava semplicemente il momento dell’accertamento dell’abuso e non quello della sua effettiva realizzazione.
La Questione Giuridica sulla Prescrizione Abusivismo Edilizio
Il fulcro della controversia legale era determinare il dies a quo, ovvero il giorno da cui far partire il calcolo della prescrizione. La difesa sosteneva che tale data dovesse essere quella di inizio dei lavori, o comunque una data precedente a quella del sopralluogo delle autorità. La Corte d’Appello, invece, aveva stabilito che, essendo le opere ancora in corso al momento del controllo da parte della polizia municipale, il termine di prescrizione dovesse logicamente coincidere con la data di tale accertamento (25/07/2018).
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno chiarito che le argomentazioni del ricorrente non rientravano tra le censure ammissibili in sede di legittimità. La doglianza, infatti, non riguardava una violazione di legge, ma investiva profili di valutazione della prova e di ricostruzione dei fatti, attività che sono di esclusiva competenza del giudice di merito. La Cassazione non può riesaminare le prove e sostituire la propria valutazione a quella delle corti di primo e secondo grado, a meno che la motivazione di queste ultime non sia palesemente illogica o contraddittoria, cosa non avvenuta nel caso di specie.
Le Motivazioni
La Corte ha ritenuto la motivazione della sentenza d’appello ‘congrua, esauriente ed idonea’. I giudici di secondo grado avevano compiuto una ricostruzione precisa e circostanziata dei fatti, esaminando tutte le argomentazioni difensive. Avevano concluso, sulla base delle risultanze processuali, che le opere edilizie non erano ancora terminate al momento del sopralluogo. In assenza di una ‘prova certa e rigorosa’ fornita dall’imputato circa una data di inizio o di fine lavori precedente, era corretto far coincidere il dies a quo della prescrizione con la data dell’accertamento dell’abuso. Questo principio è consolidato per i reati permanenti, come quello di abusivismo edilizio, la cui consumazione si protrae nel tempo fino alla cessazione della condotta illecita (in questo caso, con il completamento dell’opera o il suo sequestro).
Le Conclusioni
L’ordinanza conferma un importante orientamento giurisprudenziale: in tema di prescrizione abusivismo edilizio, se non vi è prova certa della data di ultimazione dei lavori, il reato si considera in corso fino al momento del suo accertamento da parte delle autorità. Questa decisione ha due implicazioni pratiche rilevanti. In primo luogo, spetta all’imputato l’onere di fornire la prova rigorosa di una data di cessazione della condotta illecita anteriore a quella dell’accertamento. In secondo luogo, viene ribadito che il ricorso in Cassazione non può essere utilizzato come un terzo grado di giudizio per rimettere in discussione l’analisi dei fatti. La declaratoria di inammissibilità, inoltre, comporta per il ricorrente la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, a testimonianza della serietà del filtro di accesso alla Suprema Corte.
Quando inizia a decorrere la prescrizione per un reato di abusivismo edilizio se i lavori sono ancora in corso?
Secondo la Corte, in assenza di una prova certa e rigorosa sulla data di inizio o fine dei lavori, il termine di prescrizione inizia a decorrere dalla data in cui l’abuso viene accertato dalle autorità (ad esempio, tramite un sopralluogo), poiché fino a quel momento il reato si considera in corso.
È possibile contestare la ricostruzione dei fatti di un processo davanti alla Corte di Cassazione?
No, la Corte di Cassazione non può riesaminare le prove o la ricostruzione dei fatti. Il suo compito è giudicare la corretta applicazione della legge (giudizio di legittimità) e non entrare nel merito delle valutazioni fattuali, che sono di competenza esclusiva dei giudici di primo e secondo grado.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro, equitativamente fissata dal giudice, in favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 26653 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 26653 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 01/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a CASTELVETRANO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 10/05/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
COGNOME NOME ricorre per cassazione avverso la sentenza in epigrafe indicata, con la quale la Corte di appello di Palermo lo ha condannato per reati edilizi commessi t jzona sismica, deducendo, con un unico motivo di ricorso, violazione di legge in ordine alla omessa declaratoria della estinzione del reato per intervenuta prescrizione, da far decorrere in epoca antecedente alla data indicata nel capo di imputazione, indicativa del momento in cui è stato accertato l’abuso, ma non della sua realizzazione.
parrstclerato – CI – 4,12 doglianza non rientra nel numerus clausus delle censure deducibili in sede di legittimità, investendo profili di valutazione della prova e di ricostruzione del fatto riservati alla cognizione del giudice di merito, le cui determinazioni, al riguardo, sono insindacabili in cassazione ove siano sorrette da motivazione congrua, esauriente ed idonea a dar conto dell’iter logico-giuridico seguito dal giudicante e delle ragioni del decisum. Nel caso di specie, dalle cadenze motivazionali della sentenza d’appello è enucleabile una ricostruzione dei fatti precisa e circostanziata, avendo i giudici di secondo grado preso in esame tutte le deduzioni difensive ed essendo pervenuti alle loro conclusioni, in punto di responsabilità, attraverso una disamina completa ed approfondita delle risultanze processuali, in nessun modo censurabile, sotto il profilo della razionalità, e sulla base di apprezzamenti di fatto non qualificabili in termini di contraddittorietà o di manifesta illogicità e perciò insindacabili in questa sede, come si desume dalle considerazioni formulate dal giudice a quo, laddove ha affermato che le opere edilizie, al momento dell’accertamento, non erano ancora concluse e che, in assenza di una prova certa e rigorosa sulla data dell’inizio della loro esecuzione, il dies a quo da cui decorre il termine di prescrizione deve coincidere con la data in cui è stato effettuato il sopralluogo da parte della polizia municipale, il 25/07/2018.
Tenuto altresì conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma il 1° marzo 2024