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Pene sostitutive: no stop da reati stessa indole

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 26581/2024, ha annullato un’ordinanza che negava l’accesso alle pene sostitutive a un condannato. Il giudice di merito aveva erroneamente applicato la normativa previgente alla Riforma Cartabia, che prevedeva un divieto in caso di precedenti condanne per reati della stessa indole. La Suprema Corte ha chiarito che tale ostacolo soggettivo è stato rimosso dalla nuova legge, imponendo una nuova valutazione del caso basata sulla normativa vigente.

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Pubblicato il 2 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pene sostitutive: la Cassazione cancella l’ostacolo dei reati della stessa indole

Con la recente sentenza n. 26581 del 2024, la Corte di Cassazione interviene su un tema cruciale modificato dalla Riforma Cartabia: l’accesso alle pene sostitutive. La decisione chiarisce in modo definitivo che la precedente condizione ostativa, legata all’aver commesso in passato più reati ‘della stessa indole’, non esiste più nel nuovo ordinamento. Si tratta di una pronuncia fondamentale che apre le porte a una nuova valutazione per molti condannati, allineando la fase esecutiva della pena ai principi della riforma.

I fatti del processo

Un soggetto, condannato con sentenza definitiva per il reato di evasione, presentava tramite il suo difensore un’istanza al Tribunale, in funzione di giudice dell’esecuzione, per ottenere la sostituzione della pena detentiva con una delle pene sostitutive previste dalla legge. La richiesta si basava sulle nuove disposizioni introdotte dal d.lgs. n. 150 del 2022 (la cosiddetta Riforma Cartabia).

Il giudice dell’esecuzione, tuttavia, dichiarava l’istanza inammissibile. La sua decisione si fondava sull’art. 59 della legge n. 689/1981 nel suo testo precedente alla riforma. Quella versione della norma impediva la sostituzione della pena per chi fosse stato condannato più di due volte per reati della stessa indole. Analizzando il certificato penale del richiedente, il giudice riscontrava numerose condanne per furto e una per rapina, ritenendo quindi integrata la condizione ostativa e respingendo la domanda.

I motivi del ricorso in Cassazione

La difesa del condannato ha impugnato l’ordinanza del Tribunale dinanzi alla Corte di Cassazione, articolando il ricorso su due motivi principali:

1. Violazione di legge: Il ricorrente ha sostenuto che il giudice dell’esecuzione avesse commesso un palese errore di diritto, applicando una norma non più in vigore. La Riforma Cartabia, infatti, ha modificato l’art. 59 della legge n. 689/1981, eliminando completamente la causa di esclusione soggettiva legata ai precedenti per reati della stessa indole.
2. Errata interpretazione (in subordine): Anche a voler considerare la vecchia normativa, il ricorrente ha evidenziato che la giurisprudenza richiedeva un’omogeneità qualitativa tra il reato per cui si chiedeva la sostituzione (in questo caso, l’evasione) e i reati precedenti (furto e rapina), un’analisi che il giudice di merito non aveva compiuto.

Le motivazioni della Cassazione: le nuove regole sulle pene sostitutive

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato. Gli Ermellini hanno affermato senza mezzi termini che il giudice dell’esecuzione ha commesso una chiara violazione di legge. Il punto centrale della motivazione risiede nel fatto che l’art. 59 della legge n. 689/1981, nel testo attualmente vigente e applicabile al caso di specie, non prevede più la causa ostativa basata sulla precedente condanna per reati della stessa indole.

La declaratoria di inammissibilità si basava, quindi, su una condizione che oggi, per effetto della riforma, non esiste più. La Corte ha sottolineato come la giurisprudenza, anche sotto il vigore della vecchia norma, avesse interpretato restrittivamente tale divieto, richiedendo una stretta omogeneità tra il reato in esecuzione e quelli precedenti. Tuttavia, questo aspetto diventa secondario di fronte all’abrogazione della norma stessa. La decisione del giudice di merito è stata quindi annullata perché fondata su un presupposto normativo superato.

Le conclusioni: implicazioni pratiche della sentenza

La sentenza rappresenta un’importante affermazione dei principi della Riforma Cartabia in materia di sanzioni penali. La Corte di Cassazione stabilisce che il giudice dell’esecuzione deve basare la propria valutazione esclusivamente sulla normativa vigente, che ha inteso ampliare l’accesso alle pene sostitutive eliminando alcuni ostacoli soggettivi preesistenti. Di conseguenza, l’ordinanza è stata annullata con rinvio al Tribunale, che dovrà riesaminare l’istanza senza tener conto dei precedenti per reati della stessa indole, ma valutando nel merito la sussistenza delle altre condizioni previste dalla legge per la concessione del beneficio. Questa decisione avrà un impatto significativo su tutti i casi in cui si chiede la sostituzione di pene detentive brevi, garantendo un’applicazione uniforme e aggiornata della legge.

Dopo la riforma Cartabia, essere stati condannati più volte per reati della stessa indole impedisce di ottenere le pene sostitutive?
No. La sentenza chiarisce che l’art. 59 della legge n. 689/1981, come modificato dal d.lgs. n. 150/2022 (Riforma Cartabia), non prevede più questa causa di esclusione. Pertanto, i precedenti per reati della stessa indole non sono più, di per sé, un ostacolo all’applicazione delle pene sostitutive.

Quale versione della legge sulle pene sostitutive si applica a una sentenza divenuta irrevocabile dopo l’entrata in vigore della riforma?
Si applica la versione più favorevole al condannato, e quindi la nuova normativa introdotta dalla Riforma Cartabia. Nel caso di specie, essendo la sentenza diventata irrevocabile nel maggio 2023, la disciplina applicabile era quella nuova, entrata in vigore precedentemente.

Cosa succede quando la Corte di Cassazione annulla un’ordinanza del giudice dell’esecuzione?
La Corte annulla il provvedimento e rinvia il caso allo stesso giudice (in diversa composizione) per un nuovo giudizio. Il giudice del rinvio dovrà attenersi al principio di diritto stabilito dalla Cassazione, decidendo nuovamente sulla questione senza ripetere l’errore di legge riscontrato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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