Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 14035 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 14035 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 20/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME.P. COGNOME
Lnato a Gragnano il DATA_NASCITA
avverso la sentenza della Corte di appello di Napoli del 19 aprile 2023 visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Letta la requisitoria scritta del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO generale NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso
RITENUTO IN FATTO
1. La difesa di NOME COGNOME NOME. COGNOME NOME impugna la sentenza descritta in epigrafe con la quale la Corte di appello di Napoli ha rigettato il gravame interposto
nell’interesse dell’imputato e per l’effetto ha confermato la condanna di alla pena di anni tre e mesi tre di reclusione (così ridotta per il rito abbreviato) e al risarcimento danni in favore delle parti civili. Tanto per la ritenuta responsabilità dell’imputato per il reato di cui all’ad 572 comma 2 cod. pen. reso ai danni del figlio minore e della moglie disabile. F.P.
2.Si prospettano tre diversi motivi di impugnazione.
2.1. Con il primo si denunzia nullità della sentenza perché il decreto di citazione in appello non sarebbe stato notificato al difensore, AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO COGNOME, nominato con dichiarazione precedente alla detta vocatio, trasmessa a mezzo “pec”.
2.2. Con il secondo motivo si lamenta violazione degli artt. 545 bis e 546 cod. proc. pen. atteso che, malgrado il co-difensore presente in udienza avesse chiesto applicarsi la pena sostitutiva della detenzione domiciliare, sollecitando al contempo un differimento dell’udienza per munirsi a tal fine di procura speciale, la Corte, oltre a denegare il differimento, si sarebbe limitata sul punto a dare atto della assenza dell’imputato o di un suo procuratore speciale come chiesto dall’ad 545 bis cod. proc. pen., senza dunque valutare la sussistenza dei presupposti utili alla chiesta sostituzione.
2.3. Con il terzo motivo si contrasta la valutazione resa nel denegare le generiche e nel confermare la pena irrogata, attestatasi oltre il minimo.
Con memoria scritta depositata tramite “EMAIL” la difesa dell’imputato ha ribadito le ragioni di fondatezza del primo motivo di impugnazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso merita l’accoglimento limitatamente al solo secondo motivo di ricorso, considerata la inammissibilità delle altre due censure prospettate.
La doglianza inerente alla mancata notifica del decreto di citazione in appello all’AVV_NOTAIO risulta tardivamente prospettata con l’impugnazione di legittimità perchè la relativa nullità, a regime intermedio, non risulta tempestivamente eccepita dall’altro difensore dell’imputato, presente all’udienza di discussione.
La circostanza, poi, che quest’ultimo non fosse consapevole della nomina del nuovo difensore – perchè il mandato all’uopo conferito non sarebbe stato immediatamente evincibile dagli atti (in quanto la relativa nomina, puntualmente trasmessa, non sarebbe stata formalmente acquisita al fascicolo del dibattimento)-
è il frutto di una mera congettura, che non trova conforto nella documentazione trasmessa a questa Corte (che dà conto della presenza della nomina in questione tra gli atti indicizzati), né adeguato supporto logico nel rilievo, suggerito dalla difesa ma all’evidenza inconferente, in forza del quale, se il mandato fosse stato effettivamente inserito tra gli atti allegati al fascicolo, la Corte non sarebbe incorsa nella detta violazione.
Anteponendone lo scrutinio per ragioni di ordine logico, va poi dichiarata la manifesta infondatezza del terzo motivo, inerente alla denegata applicazione delle circostanze attenuanti generiche e alla misura della pena irrogata.
Il percorso giustificativo tracciato su tali punti dalla decisione gravata, essenzialmente legato alla rimarcata gravità del fatto e alla assenza di segni di resipiscenza mostrati dall’imputato, non soffre di vuoti o manifeste incongruenze logiche così da rendere le relative valutazioni di merito insindacabili in questa sede.
Altro è a dirsi, di contro, con riguardo al secondo motivo di impugnazione, inerente alla mancata applicazione della pena sostitutiva della detenzione domiciliare.
La disamina degli atti trasmessi permette di evidenziare che il difensore dell’imputato, presente alla udienza di discussione, nel formulare le relative conclusioni, ebbe a chiedere la sostituzione della pena detentiva con la detenzione domiciliare, pur rappresentando che non era munito di procura speciale, tanto da chiedere apposito rinvio al fine di ottenerne il conferimento.
La Corte, constatata l’assenza dell’imputato e la mancanza della procura speciale conferita al difensore, ha tuttavia trattato e definito il giudizio, senz neppure esaminare nel merito la detta richiesta.
6.Ciò premesso, giova evidenziare che l’art. 95 del d.lgs. n. 150 del 2022 ha disposto che il novum introdotto dalla “riforma Cartabia” in materia di pene sostitutive sia applicabile anche ai processi in corso alla data di entrata in vigore della relativa disciplina normativa innovativa – intervenuta il 30 dicembre 2022-, che si trovino in primo grado e in appello.
A tali processi, in coerenza, risulta applicabile il percorso processuale ora tracciato dall’art. 545-bis cod. proc. pen. il cui primo comma stabilisce che «uando è stata applicata una pena detentiva non superiore a quattro anni e non è stata ordinata la sospensione condizionale, subito dopo la lettura del dispositivo, il giudice, se ricorrono le condizioni per sostituire la pena detentiva
con una delle pene sostitutive di cui all’articolo 53 della legge 24 novembre 1981, n. 689, ne dà avviso alle parti».
A sua volta, l’art. 58 della legge n. 689 del 1981, come modificato dal dig. n. 150 cit., stabilisce al primo comma che «l giudice, nei limiti fissati dalla legge e tenuto conto dei criteri indicati nell’articolo 133 del Codice penale, se non ordina la sospensione condizionale della pena, può applicare le pene sostitutive della pena detentiva quando risultano più idonee alla rieducazione del condannato e quando, anche attraverso opportune prescrizioni, assicurano la prevenzione del pericolo di commissione di altri reati. La pena detentiva non può essere sostituita quando sussistono fondati motivi per ritenere che le prescrizioni non saranno adempiute dal condannato».
7.Ciò precisato, va altresì evidenziato che nel caso il giudizio di appello è stato definito con sentenza del 19 aprile 2023; la sentenza appellata e l’appello sono stati interposti prima della entrata in vigore della novella.
Emerge, anche, che la preclusione, per l’imputato, della possibilità di instare per l’applicazione di una pena sostituiva avvalendosi della novità introdotte dalla novella formulando apposito motivo di appello (impedito dalla circostanza in forza della quale, alla data di deposito del gravame, la riforma non era ancora vigente), poteva essere ovviata, nel caso, depositando appositi motivi aggiunti ex art 585 comma 4 cod. proc. pen.
Di contro, in linea con quanto evidenziato dal ricorso, è incontroverso che solo in sede di conclusioni la difesa ebbe a sollecitare l’applicazione eventuale di una pena sostitutiva; e che, altrettanto pacificamente, la Corte territoriale non ha avviato il percorso processuale previsto dall’art. 545-bis cod. proc. pen. né ha affrontato in modo esplicito il tema sollecitato dalla detta conclusione, indicando in modo espresso le ragioni ritenute ostative alla applicazione di una pena sostitutiva pur in presenza di una condanna compatibile con una siffatta valutazione discrezionale.
8.Ciò posto, va ulteriormente ribadito che – in linea con quanto si è pacificamente ritenuto in riferimento alle “sanzioni sostitutive” disciplinate dall’originario art. 53 legge n. 689 del 1981-, la sostituzione delle pene detentive brevi è rimessa ad una valutazione discrezionale del giudice, che deve essere condotta con l’osservanza dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen., prendendo in esame, tra l’altro, le modalità del fatto per il quale è intervenuta condanna e la personalità del condannato» (ex multis, Sez. 3, n. 19326 del 27/01/2015, Rv. 263558); principio, questo, trasponibile anche alle nuove “pene sostitutive”, atteso che la disciplina normativa introdotta continua a subordinare la sostituzione
a una valutazione giudiziale ancorata ai parametri di cui al citato art. 133, puntualmente richiamato anche dall’attuale tenore dell’ad 58 della legge n. 689 del 1981 (Sez. 6, n. 33027 del 10/05/2023, Rv. 285090).
Ne consegue che la sostituzione della reclusione con una pena sostitutiva, non costituisce diritto dell’imputato; e che, dunque, in assenza di una richiesta formulata in tal senso dall’appellante, non vi è obbligo per il giudice di secondo grado di motivare in ordine alla insussistenza dei presupposti per la sostituzione della reclusione con una delle pene sostitutive, ora elencate nell’ad. 20-bis cod. pen.
9.Tali premesse pongono, nel caso, il tema, pregiudiziale, della ritualità del devoluto inerente alla rivendicata pena sostitutiva, atteso che la relativa sollecitazione non è stata formulata con l’appello, né risulta articolata con i motivi aggiunti (che, per quanto detto, alla luce della data di trattazione del gravame, potevano recepire una siffatta richiesta in ragione di quanto consentito dalla disciplina transitoria); di contro, risulta veicolata in sede di conclusioni e solo da difensore privo di procura speciale.
9.1. Secondo un orientamento più restrittivo (Sez. 6, n. 41313 del 27/9/23, n.m.), tale ultima possibilità dovrebbe ritenersi non consentita anche nel vigore della descritta fase transitoria, dovendosi fare applicazione delle indicazioni di principio offerte dalle sezioni unite di questa Corte (n. 12872 del 19/01/2017, Punzo, Rv. 269125) con le quali si è rimarcato che al giudice di appello deve ritenersi preclusa la possibilità di applicare d’ufficio le sanzioni sostitutive del pene detentive brevi se nell’atto di appello o al più tardi con i motivi aggiunti, non risulta formulata alcuna specifica e motivata richiesta in merito; e ciò perchè le eccezioni alla regola generale del principio devolutivo dell’appello, tassativamente indicate dall’ad. 597, comma 5, cod. proc. pen., non autorizzano alcuna generalizzata estensione della detta previsione alla possibilità di sostituire la pena detentiva prevista dall’ad. 58 della legge n. 689 del 1981.
9.2. In senso diverso e meno rigoroso, questa stessa sezione della Corte ( con la già citata sentenza n. 33027 del 10/05/2023) ha invece ritenuto prospettabile il tema anche nel corso dell’udienza di trattazione del gravame, occorrendo coordinare i principi esposti dalla sentenza “Punzo” delle sezioni unite con il dettato della suindicata disciplina transitoria, che ha espressamente stabilito l’applicabilità delle nuove pene sostitutive – in quanto più favorevoli – ai giudizi d appello in corso all’entrata in vigore del d.lgs. n. 150 del 2022, senza introdurre limitazioni attinenti alla fase – introduttiva o decisoria – del giudizio medesimo e, quindi, senza imporre che la richiesta sia contenuta nei motivi – originari o aggiunti – del gravame.
9.3. Nel caso, ritiene il Collegio di aderire a siffatta ultima interpretazione, ormai prevalente nell’esperienza giurisprudenziale della Corte ( tra le tante Sez. 6 n. 6256 del 23 gennaio 2024; Sez. 4 n. 6290 del 30/11/2024; sez. 2 6020/2024 del 5/12/23; Sez. 3 n. 5160 del 29/11/2023; Sez. 5, n. 3116/24 del 25/10/23), perché, oltre a risultare conforme al contenuto letterale della disposizione, si pone nella linea di favorire, in conformità con l’intentio legislatoris, la più ampia applicazione delle nuove pene sostitutive anche nel periodo di tempo coperto dalla disciplina transitoria, sempre che il giudice di appello ritenga ne ricorrano i presupposti suindicati.
Da qui la tempestività della sollecitazione posta dalla difesa, ribadita dal terzo motivo di ricorso.
Altro discorso è quello relativo alla necessità che la richiesta provenga direttamente dall’imputato o da soggetto munito di procura speciale a pena di inammissibilità, essendo incontroverso che nella specie, assente l’imputato appellante, la detta sollecitazione venne unicamente formulata dal difensore.
10.1. Una siffatta indicazione pregiudiziale non trova conferma nel dato normativo di riferimento.
Vero è che il secondo periodo del primo comma dell’art. 545 bis cod. proc. pen., per le sanzioni sostitutive diverse dalla pena pecuniaria, presuppone il consenso espresso dell’imputato, eventualmente reso mediante un procuratore speciale; e, ancora, che la previsione di tale necessario consenso formale, per il lavoro di pubblica utilità, appare dettata in coerenza al divieto di lavori forzati o obbligatori (che trova fondamento nell’art. 4 Cedu) nonché alla inappellabilità della sentenza che la riconosce (ex ad 593 comma 3 cod. proc. pen.) mentre, per le altre sanzioni sostitutive di tipo detentivo, ormai configurate come pene programma in considerazioni delle prescrizioni trattamentali che ne colorano il portato, trova per l’appunto giustificazione nella possibilità di rimetterne l’applicazione alla scelta ultima e consapevole del soggetto interessato, anche in ragione delle limitazioni che ne conseguono (con riguardo, in particolare, alle diversa possibilità di accedere all’affidamento in prova in ragione di quanto previsto dal comma 3-ter dell’art. 47, legge n. 354/1975).
Tanto non consente di ritenere, tuttavia, che, laddove l’applicazione della pena sostituiva debba essere resa in appello, la relativa sollecitazione difensiva, prospettata con i motivi (o nella fase transitoria, addotta anche con le conclusioni), debba pregiudizialmente presupporre, a monte, detta manifestazione di volontà, se del caso tramite il conferimento di apposita procura speciale al difensore, a pena di inammissibilità del relativo rilievo.
10.2. La disposizione in questione – l’art. 545 bis citato- è costruita facendo essenzialmente leva sulle connotazioni strutturali proprie del giudizio di primo grado, nel cui contesto disciplinare risulta innestata.
Con riguardo a tale fase, sembra del tutto evidente – alla luce del chiaro tenore letterale della norma (è inequivoco il riferimento alla avvenuta lettura del dispositivo contenuta nel primo periodo) oltre che per ragioni di ordine sistematico (legate all’esigenza di non inquinare l’accertamento della responsabilità sovrapponendo allo stesso, anticipatamente, temi che attengono alla pena da applicare) -, che il consenso esplicito dell’imputato (per le pene sostitutive diverse da quella pecuniaria) presupponga, a monte, la definizione del giudizio in termini di sussistenza e ascrivibilità del fatto all’imputato e di conseguente irrogazione di una pena, non sospesa, che non superi la soglia dei quattro anni di reclusione. Presuppone, ancora, la verifica, da parte del giudice, della sussistenza delle condizioni che ne legittimano l’applicazione, atteso che, se queste si ritengono a monte radicalmente insussistenti (ad esempio per la presenza di dati già acquisiti che ai sensi dell’art 133 cod. pen, portino ad un giudizio prognostico negativo), il percorso bifasico di cui all’ad 545 bis cod. proc. pen non verrà neppure attivato, dovendosene, semmai, dare conto in motivazione.
Solo se quest’ultimo giudizio è invece positivo, il giudice attiverà la fase decisionale ulteriore ed eventuale al momento della lettura del dispositivo, dando avviso alle parti quanto a siffatta prospettiva di definizione del trattamento sanzionatorio e applicando la pena sostituiva direttamente, se è possibile decidere immediatamente o fissando una apposita udienza, laddove siano necessari ulteriori accertamenti.
Il tutto, previa, imprescindibile, acquisizione del consenso dell’imputato, se del caso reso tramite procura speciale conferita al difensore, che, dunque, diviene attuale solo in questo specifico ed eventuale segmento processuale e che, a ben vedere, così come risulta prospettato dalla dottrina più avveduta, potrebbe anche essere prestato e poi revocato all’esito degli accertamenti disposti ai sensi del comma 2 del citato art. 545 bis, purché ovviamente prima dell’ultima fase decisoria di cui al successivo terzo comma.
10.2. Non vi sono ragioni per ritenere il modello (eventualmente) bifasico disciplinato dall’art 545 bis cod. proc. pen. non compatibile con la struttura propria del giudizio di appello, alla luce del disposto di cui all’art. 598 cod. proc. pen.
Di certo, non si ravvisano ostacoli alla piena applicazione del sistema bifasico laddove la condanna venga resa in appello ribaltando il giudizio assolutorio reso in primo grado
Ma la soluzione non muta neppure quando, per effetto della condanna resa in primo grado, la valutazione inerente all’an e al quomodo della applicazione di una sanzione sostitutiva consegua al gravame interposto dall’imputato.
10.2.1. Vero è che in appello l’imputato si trova innanzi ad un giudizio di responsabilità già definito; e che la decisione relativa alla applicazione della pena sostitutiva presuppone, per quanto già detto, a monte, una iniziativa della parte interessata (l’apposito motivo di gravame o, nel periodo di applicazione della disciplina transitoria, anche la mera sollecitazione in tal senso prospettata in sede di discussione), in tesi poco compatibile con un dissenso sul punto da parte dell’imputato.
Si potrebbe, dunque, sostenere che già in sede di proposizione del gravame (o nella fase transitoria, al momento di formalizzazione della relativa sollecitazione), il difensore sia già in grado di munirsi di procura speciale finalizzata ad esprimere il consenso in relazione alla sanzione sostitutiva che sì vorrebbe applicata o questo venga comunque espresso sottoscrivendo espressamente l’impugnazione.
10.2.2. Ma tali considerazioni, fondate più su ragioni di economia processuale che su indicazioni di sistema, non consentono comunque all’interprete di ritenere sussistente un profilo di pregiudizialità privo di una puntuale esplicitazione normativa.
Ciò ancor più quando, come nella specie, una lettura sistematica della normativa di riferimento consente di orientare le relative scelte interpretative verso una soluzione all’evidenza diversa da quella che porta a ritenere inammissibile l’impugnazione (o nella fase transitoria, la conclusione in tal senso) proposta dal difensore in assenza di una procura speciale che gli consenta di veicolare formalmente l’assenso dell’imputato rispetto alla sanzione sostitutiva richiesta.
10.2.3. Si è detto delle ragioni che hanno portato il legislatore a richiedere l’assenso dell’imputato rispetto alla applicazione delle sanzioni sostitutive, diverse da quella pecuniaria, delle pene detentive inferiori ad anni quattro di reclusione. Ed è anche di immediata evidenza che la sottesa valutazione e la successiva consapevole scelta da parte dell’imputato rispetto a siffatto assenso trova la sua sede naturale di collocazione in un ambito successivo al giudizio sulla responsabilità e sulla stessa misura della pena irrogata, sia per non influenzare il portato di tali valutazioni prodromiche, sia per consentire all’imputato di valutare in termini di effettiva opportunità l’assenso da prestare.
E tanto va indifferentemente riferito al giudizio di appello, non diversamente da quello di primo grado: anche in appello, infatti, l’attualità del consenso, anche se prestato in precedenza, dipenderà, non tanto dal confermato giudizio di
responsabilità (che ne funge da ovvio presupposto logico), ma soprattutto dalla misura della pena detentiva da sostituire, eventualmente ridotta in esito al parziale accoglimento del gravame. Aspetti, questi, per forza di cose successivi (non solo alla proposizione del gravame ma anche) alla definizione del giudizio di secondo grado, in esito alla quale, dunque, una volta verificata la insussistenza di fattori oggettivi preclusivi, viene di fatto a replicarsi il sistema bifasico dettato dall’ 545 bis cod. proc. pen. in tutti i suoi tratti costituitivi, compresa l’acquisizione de consenso o della procura speciale in tal senso conferita al difensore, che, in coerenza, ben possono mancare al momento di formulazione della relativa sollecitazione.
10.2.4. In definitiva, in caso di appello interposto dall’imputato, la Corte del merito non potrà applicare d’ufficio le sanzioni sostitutive in mancanza di apposito motivo (per i ricorsi disciplinati dalla novella) o di una sollecitazione in tal sens comunque rivolta dalla difesa quantomeno in sede di conclusioni ( solo per quelli avvinti alla disciplina transitoria); ma non potrà neppure valutarne pregiudizialmente l’inammissibilità laddove tali rilievi e richieste non risultin formalmente supportati dal preventivo consenso alla sostituzione da parte dell’imputato, potendo tale carenza essere ovviata nella fase successiva alla definizione del gravame conseguente alla lettura del dispositivo e alla formulazione dell’avviso di cui al comma 1 dell’art. 545 bis cod. proc. pen.
Ne consegue che, nel caso a mano, a fronte della sollecitazione ritualmente prospettata dalla difesa, la Corte di appello non poteva sottrarsi alla valutazione relativa alla possibilità di applicare la sanzione sostituiva sollecitata dal difensore, indicando le ragioni che la portavano a ritenere a monte non suscettibile di accoglimento la relativa richiesta o, in subordine, una volta definito il giudizio, attivando il percorso processuale tracciato dall’art. 545 bis cod. proc. pen. La decisione gravata va quindi annullata solo al fine di rendere tale giudizio che, dunque, costituirà la regiudicanda esclusiva della valutazione da operare in sede di rinvio, con conseguente definitività del giudizio di responsabilità ex art 624 del codice di rito.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Napoli.