Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 30314 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 30314 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 04/06/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da
COGNOME NOME, nato a Napoli il DATA_NASCITA
COGNOME NOME, nato ad Ariano Irpino (AV) il DATA_NASCITA
COGNOME NOME, nato ad Aversa (CE) il DATA_NASCITA
avverso la sentenza emessa il 18/01/2024 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli;
visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso; udita la relazione del AVV_NOTAIO NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che ha chiesto di dichiarare inammissibili i ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, con distinti atti dei rispettivi difensori e procuratori speciali impugnano la sentenza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli in epigrafe indicata, che, a norma dell’art. 444, cod, proc. pen., ha applicato loro la pena per i delitti di partecipazione ad associazione per delinquere, corruzione in atti giudiziari ed altri.
Il ricorso di COGNOME consta di tre motivi:
I) erronea qualificazione come corruzione in atti giudiziari del fatto contestato al capo 17), trattandosi di condotta commessa nella fase delle indagini preliminari, e dunque non nel corso di un “processo”, come invece richiede la norma incriminatrice dell’art. 319-ter, cod. pen.;
II) nullità della sentenza per omessa indicazione in dispositivo delle pene accessorie di cui all’art. 12, d.lgs n. 74 del 2000, ed abnormità della successiva ordinanza con la quale il giudice ha integrato il dispositivo con la relativa statuizione;
III) illegalità della pena accessoria della incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione, irrogata per cinque anni a norma dell’art. 317 -bis, cod. pen., e per due anni, ai sensi dell’art. 12, d.lgs. n. 74, cit., e perciò in misura complessiva superiore al limite massimo di cinque anni, fissato dall’art. 32 -quater, cod. pen.
COGNOME propone due motivi di ricorso, ognuno ulteriormente articolato in due doglianze.
3.1. Con il primo si deducono: a) violazione di legge, per avere la sentenza ritenuto il concorso tra i reati di cui agli artt. 319-ter, cod. pen., e 3, legge n. 1383 del 1941 (capi 17 e 29 dell’imputazione), anziché l’assorbimento dell’uno nell’altro, identica essendone la condotta, consistita nella comunicazione all’esterno di notizie riservate attinenti alle indagini; b) la diversità di trattamento rispetto al coimputato COGNOME in relazione alla pena applicata in aumento per continuazione per il reato di cui al capo 29), ovvero quattro mesi di reclusione per il ricorrente, invece dei due per il coimputato.
3.2. Il secondo motivo denuncia violazione di legge: a) per non aver esteso anche al ricorrente gli effetti dell’attenuante di cui all’art. 323-bis, secondo comma, cod. pen., applicata ad uno dei coimputati; b) per essere state applicate le pene accessorie di cui all’art. 317 -bis, cod. pen., senza alcuna motivazione, invece necessaria in ragione della natura facoltativa delle stesse.
COGNOME fonda la propria impugnazione su tre motivi:
I) violazione di legge per omessa motivazione sull’assenza delle condizioni per pervenire al proscioglimento immediato dal delitto di partecipazione ad associazione per delinquere;
II) violazione di legge per omessa motivazione sull’assenza delle condizioni per pervenire al proscioglimento immediato dal delitto di corruzione di cui al capo 12) dell’imputazione;
III) violazione di legge per omessa motivazione sull’applicazione delle pene accessorie di cui all’art. 317 -bis, cod. pen..
Ha depositato requisitoria scritta il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, concludendo per l’inammissibilità di tutti i ricorsi.
Nelle more della presente udienza, i difensori di COGNOME, muniti di procura speciale, hanno depositato in cancelleria dichiarazione di rinuncia al ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Ricorso COGNOME.
Questi ha rinunciato al ricorso.
A norma dell’art. 591, comma 1, lett. d), cod. proc. pen., la rinuncia all’impugnazione ne determina l’inammissibilità.
A mente dell’art. 616, cod. proc. pen., la declaratoria di inammissibilità del ricorso, ancorché per rinuncia all’impugnazione, comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende, in quanto l’art. 616 cod. proc. pen., nello stabilire l’applicazione di detta sanzione, non distingue tra le diverse cause che danno luogo alla pronuncia di inammissibilità, né vi sono elementi da cui desumere che la rinuncia del COGNOME sia stata determinata da sopravvenuta carenza d’interesse per causa non imputabile al ricorrente (yds., tra altre, Sez. 5, n. 28691 del 06/06/2016, Rv. 267373).
2. Ricorso COGNOME.
2.1. Il primo motivo di ricorso, relativo alla qualificazione giuridica del fatto, è inammissibile.
La possibilità di ricorrere per cassazione avverso le sentenze – come quella in scrutinio – di applicazione di pena concordata tra le parti, deducendo l’erronea qualificazione giuridica del fatto, è limitata ai casi in cui quest’ultima risulti, con indiscussa immediatezza, palesemente eccentrica rispetto al contenuto del capo di imputazione, dovendo escludersi l’ammissibilità dell’impugnazione che richiami, quale necessario passaggio logico del motivo di ricorso, aspetti in fatto e probatori che non risultino con immediatezza dalla contestazione. (Sez. 1, n. 15553 del 20/03/2018, COGNOME, Rv. 272619; Sez. 6, n. 3108 del 08/01/2018, COGNOME, Rv. 272252; Sez. 6, n. 2721 del 08/01/2018, COGNOME, Rv. 272026).
Nello specifico, non solo non sussiste tale indiscussa immediatezza, ma, al contrario, il concorso tra le due fattispecie risulta giuridicamente corretto.
L’art. 3, legge n. 1383 del 1941, punisce “il militare della Regia guardia di finanza che (…) collude con estranei per frodare la finanza”. La collusione, dunque, non essendo un reato complesso, ma perfezionandosi con il semplice accordo fraudolento tra finanziere e privato, non assorbe come suo elemento costitutivo il reato di corruzione, il quale ha una propria autonomia e distinta obiettività giuridica, riguardante la tutela dell’interesse AVV_NOTAIO al buon funzionamento ed al prestigio della pubblica Amministrazione; di conseguenza, nell’ipotesi in cui il militare della Guardia di Finanza non si sia limitato ad accordarsi con degli estranei per violare la finanza, ma abbia percepito danaro o altre utilità, correttamente viene ritenuto responsabile anche del reato di corruzione (così Sez. 6, n. 1319 del 28/11/1997, dep. 1998, Gilardino, Rv. 210443).
2.2. Le successive doglianze in tema di diverso trattamento sanzionatorio rispetto al coimputato, in relazione sia agli aumenti di pena per continuazione che all’applicazione dell’attenuante di cui all’art. 323-bis, secondo comma, cod. pen., non sono consentite.
A norma dell’art. 448, comma 2 -bis, cod. proc. pen., infatti, il ricorso per cassazione contro la sentenza di applicazione di pena concordata tra le parti è ammesso solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza.
2.3. Ha fondamento, invece, la censura relativa al difetto di motivazione, effettivamente tale, in punto di applicazione delle pene accessorie.
In tema di “patteggiamento”, il giudice che applichi una pena accessoria non concordata tra le parti ha l’onere di motivare specificamente sul punto e la statuizione è impugnabile, anche dopo l’introduzione dell’art. 448, comma 2 -bis, cod. proc. pen., con ricorso per cassazione per vizio di motivazione, riguardando un aspetto della decisione estraneo all’accordo sull’applicazione della pena (Sez. 6, n. 14238 del 11/01/2023; COGNOME, Rv. 284575; Sez. 6, n. 16508 del 27/05/2020, COGNOME, Rv. 278962).
La sentenza impugnata dev’essere perciò annullata sul punto, con rinvio al giudice di merito affinché integri la motivazione.
3. Ricorso COGNOME.
3.1. Il primo ed il secondo motivo, con cui quegli denuncia il difetto di motivazione sull’esistenza delle condizioni per un proscioglimento immediato dalle diverse imputazioni mossegli, non sono consentiti, alla luce del già ricordato art. 448, comma 2 -bis, cod. proc. pen..
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3.2. È fondato, invece, il terzo motivo, in tema di difetto di motivazione sulle pene accessorie, per le ragioni indicate trattando dell’identica doglianza di COGNOME (§ 2.3.).
Anche per questo imputato la sentenza dev’essere perciò annullata con rinvio sul punto.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso di COGNOME NOME e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME NOME e COGNOME NOME, limitatamente alle pene accessorie e rinvia per nuovo giudizio sul punto al Tribunale di Napoli – Ufficio G.i.p..
Dichiara inammissibili nel resto i ricorsi di COGNOME NOME e COGNOME NOME.
Così deciso in Roma, il 4 giugno 2024.