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Patrocinio a spese dello Stato: Codice Fiscale no

La Corte di Cassazione ha stabilito che un cittadino straniero non residente in Italia può richiedere il patrocinio a spese dello Stato anche senza possedere un codice fiscale italiano. La Corte ha chiarito che, per adempiere all’obbligo di legge, è sufficiente indicare i propri dati anagrafici completi e il domicilio o la residenza all’estero. La decisione annulla un provvedimento del Tribunale di Roma che aveva respinto la richiesta di un cittadino rumeno proprio per la mancanza del codice fiscale italiano, rafforzando così il diritto alla difesa per gli stranieri.

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Pubblicato il 6 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Patrocinio a Spese dello Stato: Non Serve il Codice Fiscale per lo Straniero non Residente

L’accesso alla giustizia è un diritto fondamentale, ma cosa succede quando un requisito burocratico, come il codice fiscale, diventa un ostacolo per uno straniero? Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha fatto chiarezza su un punto cruciale per il patrocinio a spese dello Stato, stabilendo che un cittadino straniero non residente non è obbligato a munirsi di un codice fiscale italiano per presentare la relativa istanza.

I Fatti del Caso

Un cittadino rumeno, presente in Italia da poco più di un mese, presentava un’istanza per essere ammesso al gratuito patrocinio. Nella domanda, ometteva di indicare un codice fiscale italiano, fornendo invece il codice fiscale del suo Paese di origine (Romania) e la propria residenza all’estero. Il Tribunale di Roma rigettava la richiesta, ritenendo che, in qualità di cittadino dell’Unione Europea, avrebbe dovuto richiedere il codice fiscale a un ufficio dell’Agenzia delle Entrate, e che la mancanza di tale dato rendesse l’istanza inammissibile ai sensi dell’art. 79 del D.P.R. 115/2002.

La Questione del Patrocinio a Spese dello Stato per Stranieri

Il cuore della controversia risiedeva nell’interpretazione della normativa sul patrocinio a spese dello Stato. Da un lato, la legge richiede, a pena di inammissibilità, l’indicazione del codice fiscale. Dall’altro, sorgeva il problema pratico per il cittadino straniero non residente, che potrebbe non essere in possesso di tale dato. L’avvocato del ricorrente ha sostenuto che la decisione del Tribunale violava i principi fondamentali del diritto di difesa, richiamando anche una precedente pronuncia della Corte Costituzionale (n. 144/2004) che aveva affrontato un caso simile.

La Decisione della Cassazione: Prevale il Diritto alla Difesa

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, annullando la decisione del Tribunale di Roma. I giudici supremi hanno fornito un’interpretazione chiara e sistematica della normativa, andando oltre il mero dato letterale.

L’Interpretazione Corretta della Normativa Fiscale

La Corte ha basato la sua decisione su una lettura combinata di diverse norme, in particolare l’art. 6 del D.P.R. n. 605/1973. Questa disposizione chiarisce come adempiere all’obbligo di indicazione del codice fiscale per i soggetti non residenti ai quali non sia stato ancora attribuito. In questi casi, la legge considera l’obbligo soddisfatto con la sola indicazione dei dati anagrafici completi (cognome, nome, luogo e data di nascita, sesso) e del domicilio o della sede legale all’estero. Di conseguenza, non esiste alcun onere per lo straniero non residente di procurarsi un codice fiscale italiano al solo fine di richiedere il gratuito patrocinio.

Il Ruolo della Sentenza della Corte Costituzionale

La Cassazione ha inoltre precisato che il Tribunale di Roma aveva male interpretato la citata sentenza n. 144/2004 della Corte Costituzionale. Quel provvedimento non stabiliva che la possibilità di indicare il solo domicilio estero fosse un’eccezione legata all’impossibilità oggettiva di ottenere il codice fiscale. Al contrario, la Corte Costituzionale aveva già rilevato che la lettura congiunta delle norme fiscali (in particolare il D.P.R. n. 605/1973) permetteva di ritenere sufficiente, per lo straniero, l’indicazione dei propri dati e del domicilio estero, garantendo così il diritto di difesa.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano sul principio di non aggravare la posizione del soggetto che intende accedere a un diritto fondamentale. Imporre a uno straniero non residente di avviare una procedura amministrativa per ottenere un codice fiscale, unicamente per poter chiedere l’assistenza di un legale a spese dello Stato, costituirebbe un ostacolo irragionevole e sproporzionato. La normativa esistente, se correttamente interpretata, offre già la soluzione: l’obbligo di indicazione del codice fiscale si intende adempiuto attraverso la fornitura di dati anagrafici e del recapito estero, che consentono comunque all’amministrazione di identificare il soggetto. Resta fermo, ovviamente, l’obbligo di allegare la documentazione relativa ai redditi prodotti nel paese di residenza.

Le Conclusioni

Questa sentenza rappresenta un importante punto fermo a tutela del diritto di difesa degli stranieri. Si chiarisce in modo definitivo che la richiesta di patrocinio a spese dello Stato da parte di un cittadino, comunitario o extracomunitario, non residente in Italia non può essere dichiarata inammissibile per la sola mancanza del codice fiscale italiano. È sufficiente che l’istante fornisca i propri dati anagrafici e il domicilio estero, garantendo così un accesso più equo e giusto alla tutela legale, in piena conformità con i principi costituzionali.

Un cittadino straniero non residente deve obbligatoriamente ottenere un codice fiscale italiano per chiedere il patrocinio a spese dello Stato?
No. Secondo la Corte di Cassazione, non sussiste alcun onere per il cittadino straniero non residente di munirsi di un codice fiscale italiano al fine di presentare la domanda di ammissione al beneficio.

Cosa deve indicare lo straniero non residente nell’istanza al posto del codice fiscale?
L’obbligo di legge si considera adempiuto con la sola indicazione dei dati anagrafici completi (cognome, nome, luogo e data di nascita, sesso) e del domicilio o della sede legale all’estero.

Questa regola vale anche per i cittadini dell’Unione Europea?
Sì, la decisione si applica a qualsiasi cittadino straniero non residente nel territorio italiano, indipendentemente dal fatto che provenga da un paese UE o extra-UE.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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