Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 30306 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 30306 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 05/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, nato il DATA_NASCITA a Palermo avverso la sentenza del 12/04/2023 della Corte d’appello di Palermo;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; udita la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile; udito l’AVV_NOTAIO il quale ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Palermo confermava la condanna in primo grado dell’imputato per il reato di evasione (art. 385 cod. pen.), perché, essendo stato sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari
presso la dimora di suo fratello, se ne allontanava ingiustificatamente, recandosi presso altra dimora (capo a), nonché per il reato di furto aggravato di energia elettrica (artt. 624; 625, nn. 2 e 7, cod. pen.) (capo b).
Ha presentato ricorso NOME COGNOME, per il tramite dell’AVV_NOTAIO, deducendo, con un unico motivo, errata applicazione della legge penale e vizio di motivazione in rapporto alla mancata applicazione dell’art. 131-bis cod. pen.
La Corte d’appello ha ritenuto che l’imputato avesse agito in «totale disprezzo» delle imposizioni dell’autorità, senza tuttavia precisare da quali elementi probatori potesse desumersi tale disprezzo e senza soffermarsi sull’entità dell’offesa, essendosi limitata a ribadire – con motivazione apodittica, e quindi mancante – la sussistenza degli elementi oggettivi e soggettivi del delitto di evasione.
La motivazione sarebbe, inoltre, contraddittoria, in quanto in contrasto con la concessione del beneficio della non menzione nel casellario giudiziale cui all’art. 175 cod. pen., la quale presuppone un’analisi dei medesimi indici – quelli di cui all’art. 133 cod. pen. – alla base dell’art. 131-bis cod. pen.
Essa, infine, avrebbe disatteso le allegazioni difensive le quali dimostravano la scarsa offensività del fatto. Era stato, infatti, rilevato che l’imputato fu trova presso un numero civico immediatamente successivo a quello dell’abitazione in cui era ristretto, collegato internamente a questa e che insisteva, in ogni caso, su un vicolo chiuso senza possibilità di fuga – circostanza che consentì ai verbalizzanti di accertare immediatamente il fatto (risulta dall’annotazione di polizia giudiziaria che il controllo durò soltanto pochi minuti) – e che, comunque, l’imputato era non sulla pubblica via bensì all’interno dell’abitazione.
La sentenza è, infine, censurabile là dove ravvisa l’abitualità della condotta sulla base di un unico precedente relativo alla commissione di un reato realizzato successivamente a quello oggetto del giudizio, e comunque potendosi configurare abitualità – per espresso dettato legislativo – soltanto in presenza di almeno due precedenti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso – che consta di un unico motivo, tuttavia articolato in quattro punti – è fondato, nelle parti e per le ragioni di seguito illustrate.
1.1. Modificando l’ordine di trattazione del ricorso, nessuna contraddizione si ravvisa nella motivazione della sentenza impugnata là dove, pur in presenza del
beneficio della mancata menzione nel casellario giudiziale della condanna (art. 175 cod. pen.), i Giudici dell’appello reputano inapplicabile l’art. 131-bis cod. pen.
Si tratta, infatti, di previsioni che hanno differenti presupposti e diverse rationes, sicché la non menzione della condanna, di per sé, non implica un giudizio di particolare tenuità del fatto, il quale, pur nell’apprezzamento discrezionale del giudice di merito, segue coordinate legislative specifiche che comprendono ma non si esauriscono nei tradizionali criteri di cui all’art. 133 cod. pen., peraltro coerentemente richiamato nel solo primo comma.
1.2. Egualmente infondato è il ricorso dove eccepisce come i Giudici dell’appello, nel valutare l’abitualità, abbiano considerato una condanna per un reato commesso dopo quello per cui si procede in questa sede.
Anticipando l’interpolazione nel testo dell’art. 131-bis, comma 1, cod. pen. della locuzione «anche in considerazione della condotta susseguente al reato», ad opera del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 (c.d. riforma Cartabia, entrata in vigore il 30/12/2022), questa Corte (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266591; vd. anche Sez. 4, n. 14073 del 05/03/2024, Campana, Rv. 286175; Sez. 6, n. 6551 del 09/01/2020, COGNOME, Rv. 278347) aveva già ritenuto la possibile rilevanza di condotte anche successive a quella per cui si procede: fermo restando che l’imputato avesse, tuttavia, commesso almeno due illeciti, oltre a quello preso in esame.
1.3. Presupposto, questo, che non risulta nel caso di specie dando, quindi, ragione della relativa deduzione difensiva.
1.4. Ma il ricorso appare fondato, innanzitutto, per una ragione che precede le notazioni appena svolte in tema di abitualità, essendo la motivazione della sentenza impugnata meramente apparente, se non logicamente errata.
I Giudici dell’appello, infatti, dopo aver ritenuto integrati gli element costitutivi della fattispecie di evasione, proseguono osservando che «pertanto, non può trovare ingresso la causa di non punibilità ex art. 131-bis cod. pen., poiché trattasi di condotta sostanzialmente violativa, posta in essere in spregio al provvedimento dell’autorità, non essendo ravvisabile una minima lesività dei fatti in esame».
Non si avvedono, dunque, che l’art. 131-bis cod. pen. dispone la non punibilità di un fatto che, a monte, deve pur sempre costituire reato. In altri termini, la disposizione in oggetto presuppone – e non coincide con – l’integrazione del tipo di reato (unico profilo argomentato in sentenza), dal momento che mira a stimolare un giudizio sulla scarsa offensività di un comportamento che, configurando reato, è per definizione latore di un danno o di un pericolo e non può, quindi, essere affatto inoffensivo.
Per tale ragione, la sentenza deve essere annullata. Implicando il giudiz sulla particolare tenuità del fatto l’apprezzamento di profili di discrezion l’annullamento della sentenza va disposto con rinvio.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al diniego di applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen., con rinvio per nuovo giu ad altra sezione della Corte d’appello di Palermo.
Così deciso, il 05/06/2024