Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 30955 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 30955 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 27/06/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da NOME NOME, nata a Caserta il DATA_NASCITA COGNOME NOME, nata a Cesa (Ce) il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 29/1/2024 del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere; visti gli atti, il provvedimento impugnato ed i ricorsi;
sentita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto il rigetto dei ricorsi
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 29/1/2024, il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere rigettava l’istanza – proposta da NOME COGNOME e NOME COGNOME, quali socie accomandante ed accomandataria della “RAGIONE_SOCIALE“- volta alla revoca dell’ordine di demolizione di cui alla sentenza n. 64/2013 emessa dallo stesso Ufficio, sezione distaccata di Aversa, irrevocabile il 21/10/2013.
Propongono congiunto ricorso per cassazione le due istanti, nella qualità citata, deducendo i seguenti motivi:
erronea motivazione per errata identificazione del bene oggetto dell’incidente. Il Giudice dell’esecuzione avrebbe errato nell’identificare l’immobile di cui alla richiesta, ed i relativi provvedimenti amministrativi: in particol l’ordinanza richiamerebbe il permesso di costruire n. 9, in variante al n. 29/2003 che, tuttavia, non sarebbe mai stato rilasciato alla società (che, invece, avrebbe ottenuto il n. 8/2004). Analogamente, il provvedimento citerebbe i permessi nn. 35/2014 e 20/2017, mai rilasciati alla “RAGIONE_SOCIALE“, che avrebbe invece ottenuto i nn. 34/2014 e 20/2016. Sbagliata, infine, sarebbe anche l’individuazione delle particelle catastali (n. 6685 invece della n. 6684), così d rendere evidente l’erroneità dell’ordinanza;
contraddittorietà ed illogicità della motivazione. L’incidente di esecuzione, protrattosi per oltre due anni, avrebbe provato che la sentenza di condanna interessata riguarderebbe soltanto il permesso di costruire n. 8/2004, e la relativa demolizione concernerebbe solo le opere abusive, non l’intero immobile. Ancora, avrebbe provato che la società ricorrente, nel richiedere il permesso di costruire n. 34/2014, si sarebbe impegnata unilateralmente ad ottemperare alla sentenza n. 64/2013; il provvedimento amministrativo, pertanto, non integrerebbe un rilascio condizionato, ma un ripristino voluto da una sentenza del Tribunale, e la società non avrebbe fatto altro che adempiere a tale obbligo prima di iniziare i lavori assentiti dal permesso di costruire n. 34/2015. In ogni caso, si contesta l’ordinanza laddove, pur acquisito il provvedimento di sospensiva emesso dal TAR Campania nel ricorso avverso l’annullamento in autotutela dei permessi rilasciati, lo avrebbe tuttavia ritenuto irrilevante, pur a fronte di una prossima conclusione della vicenda, verosimilmente in favore della società; si sarebbe determinato, dunque, un corto circuito logico-giuridico, riscontrandosi, da un lato, il TAR che avrebbe sospeso l’efficacia dell’annullamento emesso dal Comune e del relativo ordine di demolizione, e, dall’altro, il Giudice dell’esecuzione c:he conferma proprio questa disposizione. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi risultano manifestamente infondati.
Occorre premettere che numerosi dati della vicenda emergono pacifici, e la loro identificazione è decisiva per la definizione del giudizio.
In primo luogo, si rileva che la sentenza emessa il 16/1/2013 dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, sezione distaccata di Aversa, nei confronti di NOME COGNOME quale legale rappresentante della “RAGIONE_SOCIALE“, aveva ad oggetto
il reato di cui all’art. 44, lett. b), d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, contestandosi: la realizzazione – in totale difformità dei permessi di costruire nn. 53/2005 e 9/2004 – di 2 fabbricati, siti nella zona PIP di Gricignano d’A,versa, lotti nn. 36 42; b) la realizzazione di un ampliamento della zona coperta oltre i permessi di costruire e le successive varianti; c) l’avvenuta destinazione di 4 piani fuori terr a civile abitazione, in luogo di uffici; d) il superamento del livello massimo d altezza prevista. Con riguardo a queste opere abusive era pronunciata condanna, ed ordinata la demolizione.
Nel corso degli anni a seguire, sono stati rilasciati numerosi permessi di costruire con riguardo alle opere di cui alla sentenza e, in particolare, i nn. 35/2014 e 20/2017 relativi all’immobile costruito sul lotto n. 42, ed i nn. 53/2005 ( variante al n. 8/2004), 34/2014 e 20/2016 relativi all’immobile costruito sul lott n. 36. L’incidente di esecuzione qui in esame attiene all’immobile costruito sul lotto n. 42, come da richiesta dei ricorrenti depositata il 3/2/2021.
Tutti questi provvedimenti amministrativi sono stati annullati in autotutela dal Comune competente, per violazione delle prescrizioni di c:ui all’art. 17 NTA, in merito alla superficie coperta consentita, e per violazione dell’art. 57 de Regolamento edilizio comunale. La “RAGIONE_SOCIALE” ha proposto ricorso al TAR Campania per l’annullamento del provvedimento comunale emesso il 18/10/2023, con il quale sono stati annullati i permessi di costruire nn. 8/2004, 53/2005, 34/2014 e 20/2016, e del conseguente ordine di demolizione emesso in pari data; il Tribunale amministrativo, con ordinanza del 29/11/2023, ha accolto la relativa istanza cautelare, sospendendo l’efficacia dei provvedimenti di annullamento e dell’ordinanza di demolizione.
Tanto premesso, doverosamente verificato in forza del contenuto del primo motivo dei ricorsi, il Collegio osserva, in primo luogo, che nessun errore di identificazione o travisamento è stato compiuto dal Giudice dell’esecuzione: l’incidente, infatti, è stato sollecitato con riguardo esclusivo all’immobile realizza sul lotto n. 42, e su questo – e sui relativi provvedimenti amministrativi – il Giudi si è pronunciato con l’ordinanza impugnata.
Anche il secondo motivo dei ricorsi è inammissibile.
10.1. Quanto alla prima parte della censura, con la quale si sostiene che la “RAGIONE_SOCIALE” – nel richiedere il permesso di costruire n. 34/2014 – s sarebbe impegnata “con obbligo unilaterale ad ottemperare alla sentenza di condanna, per far rientrare nell’alveo del permesso di costruire n. 53/2005 e 8/2004 i volumi assentiti”, il Collegio ne rileva il carattere di puro merito, prop della sola fase di cognizione e non proponibile in questa sede di legittimità.
10.2. In ordine, poi, alla seconda parte del motivo, con la quale si sostiene che l’ordinanza qui in esame, nel confermare l’ordine di demolizione, avrebbe
realizzato un “corto circuito logico-giuridico evidente” con quella sopra richiamata emessa dal TAR Campania, con oggetto la sospensione dei provvedimenti impugnati in sede amministrativa, se ne evidenzia ancora l’inammissibilità.
10.3 La censura, infatti, si arresta ad una considerazione generica ed astratta, che non coinvolge affatto la motivazione dell’ordinanza che ha rigettato l’istanza di revoca dell’ordine di demolizione, fondata, invece, su un argomento del tutto solido e congruo, quale l’intervenuto annullamento in autotutela di tutti i permessi di costruire rilasciati per l’immobile di cui al lotto n. 42 in oggetto.
10.4. Non può essere condiviso, di seguito, neanche il principio che poi sostiene la doglianza, ossia che il Giudice sarebbe “ben conscio che vi sarà una conclusione a tale annosa vicenda nel giro ck breve tempo e ben conscio che tale conclusione possa essere favorevole alla RAGIONE_SOCIALE in virtù del provvedimento cautelare depositato”; tale affermazione, peraltro apodittica ed ancora di puro merito, quindi non consentita, non si confronta con la costante giurisprudenza di legittimità – correttamente richiamata nell’ordinanza impugnata – in forza della quale l’ordine di demolizione delle opere abusive emesso con la sentenza passata in giudicato può essere sospeso solo qualora sia ragionevolmente prevedibile, sulla base di elementi concreti, c:he in un breve lasso di tempo sia adottato dall’autorità amministrativa o giurisdizionale un provvedimento che si ponga in insanabile contrasto con detto ordine di demolizione (tra le molte, Sez. 42978 del 17/10/2007, Parisi, Rv. 238145; Sez. 3, n. 35201 del 3/5/2016, Citarella, Rv. 268032) o – per identità di ratio avverso il provvedimento di annullamento in autotutela di un permesso di costruire, come nel caso di specie. Ebbene, di nessuna di queste ipotesi risulta che i ricorrenti abbiano offerto al Giudice dell’esecuzione affidabile allegazione, non risultando sufficiente, al riguardo, la mera sospensiva disposta dal Tribunale amministrativo regionale. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
11. I ricorsi, pertanto, debbono essere dichiarati inammissibili. Alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Il Cmsig iere estensore
Così deciso in Roma, il 27 giugno 2024