Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 32533 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 5 Num. 32533 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 11/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: dalla parte civile COGNOME NOME NOME a NAPOLI il DATA_NASCITA nel procedimento a carico di:
COGNOME NOME NOME a COMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/04/2025 del TRIBUNALE di AVV_NOTAIO
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore AVV_NOTAIO COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso uditi i difensori:
AVV_NOTAIO, che insiste nell’accoglimento del ricorso, depositando conclusioni e nota spese;
AVV_NOTAIO, che conclude per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con il provvedimento impugNOME, il Tribunale di Milano ha emesso sentenza di non luogo a procedere per intervenuta prescrizione nei confronti di NOME COGNOME in ordine ai reati di concorso in diffamazione a mezzo stampa aggravata (capo A) e di omesso controllo ai sensi dell’art. 57 cod. pen. e dell’art. 13 legge n. 47 del 1948 (capo B).
La diffamazione si riferisce all’articolo apparso sul quotidiano “Il Giornale” diretto dall’imputato, il 30.9.2012, dal titolo “Meno 27 giorni al carcere, COGNOME condanNOME dall’amico del giudice” e “Toh, il giudice di cassazione è un amico della toga diffamata”, ripubblicato in data successiva e prossima al 11 maggio 2015 sul sito internet www.ilgiornale.it , tramite link dedicato. La persona offesa è NOME COGNOME, componente del collegio di cassazione e relatore del processo conclusosi con il rigetto del ricorso dell’imputato COGNOME avverso la sentenza di condanna sua e del giornalista autore dell’articolo di stampa NOME COGNOME.
Avverso la citata sentenza d’appello ha proposto ricorso la parte civile NOME COGNOME, tramite il difensore di fiducia, deducendo un unico motivo con cui eccepisce violazione di legge e vizio di motivazione carente in relazione alla condotta di omesso controllo di cui al capo B della contestazione.
Il Tribunale si è limitato a ritenere l’art. 595 cod. pen. reato di evento e, quindi, nel caso di specie, ne ha dedotto la consumazione il giorno della pubblicazione dell’articolo di stampa, il 30.09.2012, dimenticando che il reato di cui all’art. 57 cod. pen., commesso dal direttore di una testata telematica, è un reato omissivo permanente, sicchè, la condotta di ripubblicazione dell’articolo del quotidiano in rete sul sitoWeb de “Il Giornale”, non si era consumata alla data della pubblicazione dell’articolo sul quotidiano bensì in tempo molto successivo e, anzi, è stata in atto sino a quando non è stata disposta la rimozione dell’articolo dalla rete nell’anno 2020 (e fino al giorno 11 agosto 2020 risulta consultabile l’articolo).
L’imputato è stato direttore responsabile tenuto al controllo sino alla data della proposizione del ricorso, sicchè lo era sino al giorno 2020, data in cui deve ritenersi consumato il reato permanente, che, pertanto, non è ancora ad oggi prescritto, secondo il termine ordinario massimo.
Nulla è stato dedotto quanto alla declaratoria di prescrizione per il delitto di cui al capo A.
Il Sostituto Procuratore Generale della Corte di cassazione ha chiesto con requisitoria scritta il rigetto del ricorso, poiché il reato di cui all’art. 57 cod. pe reato omissivo improprio che si consuma nel momento in cui si omette il controllo
sull’articolo pubblicato e, quindi, alla stessa data dell’articolo (si evoca Sez. 5, n. 22850 del 24/09/2019, Rv. 275556).
Il ricorso, presentato agli effetti civili, non è inammissibile, sicchè deve rinviarsi per la prosecuzione alla Sezione civile della Corte di cassazione competente, ai sensi dell’art. 573, comma 1-bis cod. proc. pen., secondo cui «quando la sentenza è impugnata per i soli interessi civili, la Corte di cassazione, se l’impugnazione non è inammissibile, rinvia per la prosecuzione, alla sezione civile competente, che decide sulle questioni civili utilizzando le prove acquisite nel processo penale e quelle eventualmente acquisite nel giudizio civile».
Difatti, le Sezioni Unite hanno già chiarito che «l’art. 573, comma 1-bis, cod. proc. pen., introdotto dall’art. 33 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, si applica alle impugnazioni per i soli interessi civili proposte relativamente ai giudizi nei quali la costituzione di parte civile sia intervenuta in epoca successiva al 30 dicembre 2022, quale data di entrata in vigore della citata disposizione» (Sez. U, n. 38481 del 25/05/2023, D., Rv. 285036 – 01).
Nel caso di specie, la costituzione di parte civile è successiva al 30.12.2022, precisamente risale al 19 marzo 2025; dunque la disciplina della nuova disposizione normativa è applicabile.
Al fine di valutare la sicura “non inammissibilità” del ricorso, è bene ricostruire brevemente la questione posta dal ricorso.
La giurisprudenza di legittimità ritiene che il delitto omissivo di cui all’art. 5 cod. pen., alla luce dell’art. 40, primo comma, cod. pen., si configura come reato di evento e quest’ultimo è quello che, cagioNOME dall’autore della pubblicazione a contenuto diffamatorio, il direttore responsabile del periodico, omettendo il controllo, non ha impedito (cfr. Sez. 5, n. 22850 del 24/09/2019, Rv. 275556; Sez. 5, n. 8818 del 28/05/1999, Monti, Rv. 214128 – 01; Sez. 5, n. 8418 del 12/06/1992, COGNOME, Rv. DATA_NASCITA).
Su tali presupposti, si è affermato che, in caso di assoluzione del giornalista dall’imputazione di diffamazione perché il fatto non sussiste o non costituisce reato, deve, altresì, escludersi la responsabilità penale in capo al direttore (Sez. 5, n. 22850 del 29/04/2019, COGNOME, Rv. 275556; conf. tra quelle massimate, Sez. 5, n. 8418 del 1992, COGNOME, Rv. 191929-01).
Coerentemente a tali indicazioni generali, una sentenza di questa Sezione ha tratto la conseguenza che anche il delitto di diffamazione commesso tramite inserimento del contenuto diffamatario in un sito internet (nella specie, un video nel canale “You Tube”) ha natura di reato istantaneo di evento, che si consuma
nel momento in cui la frase o l’immagine lesiva diventano fruibili da parte di terzi mediante l’inserimento nel “web” – che costituisce un ambiente comunicativo per sua natura destiNOME ad essere normalmente visioNOME da più persone – con la conseguenza che da quel momento inizia a decorrere il termine di prescrizione del reato (Sez. 5, n. 24585 del 14/03/2022, Sanna, 283400).
Non avrebbe rilievo il prolungarsi della lesione del bene giuridico protetto dalla norma per effetto della permanenza ordine dei contenuti diffamatori, trattandosi di evenienza che non incide sulla struttura del reato, trasformandolo in reato permanente (vedi ancora la citata Sez. 5, n. 24585 del 2022, nonché Sez. 5, n. 1370 del 29/11/2022, dep. 2023, non mass.).
Anche al fine di valutare la tempestività della querela, la giurisprudenza di legittimità (cfr., tra le tante, Sez. 5, n. 22787 del 30/04/2021, COGNOME, Rv. 281261; Sez. 5, n. 23624 del 27/04/2012, COGNOME, Rv. 252964 – 01) ha ritenuto, quanto alla diffamazione tramite Internet”, la natura di reato di evento della fattispecie tipica, che si consuma nel momento e nel luogo in cui i terzi percepiscono l’espressione ingiuriosa e, dunque, nel caso in cui frasi o immagini lesive siano immesse sul “web”, nel momento in cui il collegamento sia attivato (per la prima volta, verrebbe da chiarire).
Pertanto, l’interessato, di regola, ha notizia della immissione in internet del messaggio offensivo o accedendo direttamente in rete o mediante altri soggetti che, in tal modo, ne siano venuti a conoscenza, sicché vi è tendenziale contestualità tra immissione in rete e cognizione del diffamato o almeno prossimità temporale, ai fini del calcolo del dies a quo per la tempestività della querela, sempre che l’interessato non dia dimostrazione del contrario (nello stesso senso, Sez. 5, n. 28099 del 29/05/2015, Cavalli, Rv. 264999).
La diffamazione, che è reato di evento, secondo tale indirizzo, si consuma nel momento e nel luogo in cui i terzi percepiscono l’espressione ingiuriosa e dunque, nel caso in cui frasi o immagini lesive siano state immesse sul web, nel momento in cui il collegamento viene attivato (Sez. 5, n. 25875 del 21/06/2006, Cicino, Rv. 234528).
Nel caso di specie, la parte civile ricorrente dà atto che la prima pubblicazione sul sito web del quotidiano “Il Giornale” è avvenuta nel 2012, con permanenza nell’archivio online fino al 2020. L’imputazione contesta la “ripubblicazione” su tale sito dell’articolo in oggetto in data successiva e prossima al 11 maggio 2025.
Alla luce di quanto sin qui esposto, la questione posta non è inammissibile
P.Q.M.
Rinvia per la prosecuzione del giudizio dinanzi alla competente sezione civile del Corte di cassazione.
Così deciso il 11/07/2025.