Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 30329 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 30329 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a VELLETRI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 31/10/2023 del TRIB. LIBERTA’ di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette/s GLYPH ite le conclusioni del PG COGNOME LORI e- eixAca-k-«2LT- 1 3c-u
udito i d ensore
FATTO E DIRITTO
Con l’ordinanza di cui in epigrafe il tribunale di Roma, adito ex art. 310, c.p.p., in accoglimento dell’appello proposto dal pubblico ministero avverso l’ordinanza con cui il giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Velletri, in data 6.7.2023, aveva respinto la richiesta di applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari, formulata nei confronti disposta nei confronti di COGNOME NOME, relativamente ai reati di cui agli artt. 81, cpv., 624, 625, co. 1., n. 2) e n. 7), c.p., oggetto dell’imputazione provvisoria, consumati in date diverse in Velletri, applicava al suddetto COGNOME la misura cautelare degli arresti domiciliari con il presidio del cd. braccialetto elettronico.
Avverso l’ordinanza del tribunale del riesame, di cui chiede l’annullamento, ha proposto tempestivo ricorso per cassazione lo COGNOME, lamentando: 1) violazione di legge processuale e illogicità della motivazione, in relazione alla ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza; 2) violazione di legge processuale e mancanza di motivazione in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari, con particolare riferimento ai requisiti della concretezza e dell’attualità, richiesti dall’art. 274, lett. c), c.p.p.
Con requisitoria scritta del 24.2.2024 il sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di Cassazione, AVV_NOTAIO.AVV_NOTAIO NOME, chiede che il ricorso venga dichiarato inammissibile.
Il ricorso va rigettato per le seguenti ragioni.
Infondato appare il primo motivo di ricorso.
Come è noto in materia di provvedimenti de libertate, la Corte di Cassazione non ha alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, né di rivalutazione delle condizioni soggettive dell’indagato, in relazione alle esigenze cautelari e all’adeguatezza delle misure, trattandosi di apprezzamenti di merito rientranti nel compito esclusivo e insindacabile del giudice che ha applicato la misura e del tribunale del riesame.
Il controllo di legittimità è quindi circoscritto all’esame del contenuto dell’atto impugNOME per verificare, da un lato, le ragioni giuridiche che lo
hanno determiNOME e, dall’altro, l’assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento (cfr. Sez. II, 2.2.2017, n. 9212, rv. 269438; Sez. IV, 3.2.2011, n. 14726; Sez. III, 21.10.2010, n. 40873, rv. 248698; Sez. IV, 17.8.1996, n. 2050, rv. 206104; Sez. 1, n. 6972 del 07/12/1999, rv. 215331; Sez. 6, n. 49153 del 12/11/2015, rv. 265244).
Pertanto quando, come nel caso, in esame, vengono denunciati vizi del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte di Cassazione spetta il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno inAVV_NOTAIOo ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie, con gli adattamenti resi necessari dal particolare contenuto della pronuncia cautelare, non fondata su prove, ma su indizi e tendente all’accertamento non della responsabilità, ma di una qualificata probabilità di colpevolezza, oltre che all’esigenza di completezza espositiva (cfr. Sez. V, 20.10.2011, n. 44139, NOME.NOME.NOME.).
Orbene, non appare revocabile in dubbio che il tribunale del riesame di Roma abbia fatto buon uso di tali principi, integrando la motivazione del giudice delle indagini preliminari, sul punto del tutto assente, come denunciato dal pubblico ministero appellante.
Il giudice dell’impugnazione cautelare, invero, ha ritenuto sussistenti a carico del ricorrente i gravi indizi di colpevolezza per i reati oggetto dell’imputazione provvisoria (furti aggravati, aventi a oggetto, da un lato, gettoni dell’autolavaggio “RAGIONE_SOCIALE“, nonché proAVV_NOTAIOi per la pulizia degli autoveicoli e rotoli di carta per l’asciugatura; dall’altro monete per il complessivo importo di euro 1253,00, contenute nelle slot nnachine installate all’interno del bar Valentini, fatti entrambi commessi
in Velletri) richiamando puntualmente il contenuto degli atti di indagine, rappresentati dalle informative di p.g.
Il tribunale del riesame ha evidenziato, innanzitutto, l’importanza di quanto accertato dagli organi investigativi in ordine a un diverso furto, oggetto di altro procedimento, consumato sempre in danno dell’autolavaggio “RAGIONE_SOCIALE“, fatto per il quale lo COGNOME era stato tratto in arresto il 10.7.2023 dalle forze dell’ordine, che avevano rinvenuto all’interno dell’autovettura in uso al ricorrente “un portamonete in ferro contenente denaro in moneta metallica e un raccoglitore in plastica contenente gettoni (oggetti riconosciuti dal titolare dell’autolavaggio), nonché monete di vario taglio e un cacciavite di grosse dimensioni”.
Con motivazione dotata di intrinseca coerenza logica, il giudice dell’impugnazione cautelare ha, poi, saldato tale risultato investigativo agli esiti delle indagini relative ai furti oggetto del presente procedimento, sottolineando, per un verso, come, secondo quanto riferito dallo COGNOME NOME, titolare del menzioNOME autonoleggio, i furti in suo danno si siano verificati sempre secondo lo stesso modus operandi, caratterizzato dalla presenza di un uomo, il quale, come ripreso dalle telecamere del servizio di telesorveglianza, era arrivato nei pressi dell’autolavaggio a bordo di un autoveicolo Fiat Punto, tg. TARGA_VEICOLO, che, come accertato dai Carabinieri, era quello in precedenza indicato, in uso al ricorrente, peraltro noto alle forze dell’ordine, per motivi di servizio; per altro verso, che, con riferimento ai furti perpetrati all’interno del bar Valentini, non solo le dichiarazioni di COGNOME NOME coincidevano con quelle dello COGNOME, circa il modus operandi dei furti, ma le immagini tratte dalle telecamere del sistema di videosorveglianza del locale avevano anche consentito di riconoscere proprio nello COGNOME la persona immortalata nell’atto di impadronirsi delle monete contenute nelle slot machine.
Se a ciò si aggiunge la circostanza che, in relazione ai furti consumati in data 26.5.2023 e 11.6.2023, come messo in luce dal tribunale del riesame, i fotogrammi estrapolati dalle registrazioni rendono visibile
Ar
proprio il cacciavite di grosse dimensioni rinvenuto nell’autovettura in uso allo COGNOME all’atto dell’arresto di quest’ultimo nel luglio del 2023, non può che convenirsi sulla correttezza del ragionamento logicogiuridico esposto nella motivazione dell’impugnata ordinanza.
A fronte di tale limpido argomentare le doglianze difensive non colgono nel segno.
Rileva il ricorrente che il giudice dell’impugnazione cautelare ha fondato la sua decisione su nuovi elementi probatori, con riferimento a quanto accertato dalle forze dell’ordine all’atto dell’arresto dello COGNOME del 10.7.2023, in relazione ai un fatto diverso, così violando il principio affermato dalla giurisprudenza di legittimità nella sua espressione più autorevole, secondo cui nel procedimento conseguente all’appello proposto dal P.M. contro l’ordinanza reiettiva della richiesta di misura cautelare personale, è legittima la produzione di documentazione relativa ad elementi probatori “nuovi”, preesistenti o sopravvenuti, sempre che, nell’ambito dei confini segnati dal “devolutunn”, quelli proAVV_NOTAIOi dal P.M. riguardino lo stesso fatto contestato con l’originaria richiesta cautelare e in ordine ad essi sia assicurato nel procedimento camerale il contraddittorio delle parti, anche mediante la concessione di un congruo termine a difesa, e quelli proAVV_NOTAIOi dall’indagato, acquisiti anche all’esito di investigazioni difensive, siano idonei a contrastare i motivi di gravame del P.M. ovvero a dimostrare che non sussistono le condizioni e i presupposti di applicabilità della misura cautelare richiesta (cfr. Sez. U, n. 18339 del 31/03/2004, Rv. 227357).
Orbene, come affermato dalla successiva evoluzione giurisprudenziale, in sede di giudizio di appello avverso provvedimenti in materia di misure cautelari personali, l’oggetto della cognizione è delimitato dai motivi e dagli elementi su cui è fondata la richiesta al giudice di prime cure e su cui questi ha deciso, sicché il giudice di appello non può assumere a sostegno della decisione elementi acquisiti dalle parti successivamente all’adozione del provvedimento coercitivo, fatta eccezione del caso in cui l’appello sia stato proposto dal pubblico ministero avverso il
provvedimento di rigetto della richiesta di applicazione di una misura cautelare
Al P.M., in particolare, è consentito – nell’ambito dei confini segnati dal “devolutum”, purché sia assicurato il contraddittorio nel procedimento camerale, anche mediante la concessione di un congruo termine a difesa – di produrre documentazione relativa ad elementi “nuovi”, intendendosi per tali quei materiali informativi, preesistenti o sopravvenuti, che non siano stati già oggetto di valutazione (cfr. Sez. 5, n. 25595 del 17/05/2006, Rv. 234417; Sez. 5, n. 42847 del 10/06/2014, Rv. 261244).
Tale evoluzione trova un importante approdo in un recente arresto delle Sezioni Unite di questa Corte, in cui si è sottolineato come nel giudizio di appello cautelare, celebrato nelle forme e con l’osservanza dei termini previsti dall’art. 127, c.p.p., possono essere proAVV_NOTAIOi dalle parti elementi probatori “nuovi” nel rispetto del contraddittorio e del principio di devoluzione, contrassegNOME dalla contestazione, dalla richiesta originaria e dai motivi contenuti nell’atto di appello (cfr. Sez. U, n. 15403 del 30/11/2023, Rv. 286155).
Alla luce degli enunciati principi, appare infondata la censura difensiva, in quanto gli elementi nuovi presi in considerazione dal giudice dell’impugnazione cautelare sono stati valutati nel rispetto del principio del contraddittorio, riguardando, al tempo stesso, in tutta evidenza i medesimi fatti oggetto della originaria richiesta cautelare, non accolta sulla base di un provvedimento la cui assenza di motivazione è stata correttamente denunciata dal pubblico ministero appellante, perché finalizzati a dimostrare la fondatezza dell’assunto accusatorio, che da tali nuovi elementi trae nuova linfa, ulteriormente rafforzandosi.
Del resto non può non rilevarsi come il ricorrente non si confronti con i risultati delle investigazioni rappresentati dalle dichiarazioni dello COGNOME e del COGNOME; dall’accertata disponibilità in capo allo COGNOME dell’autovettura ripresa in occasione dei furti in danno dell’autolavaggio; dal riconoscimento dell’indagato nella persona ritratta dalle telecamere del servizio di videosorveglianza del bar Valentini, se non nel sottoporre
tali esiti a censure versate in fatto, con cui si limita a denunciare genericamente il carattere meramente congetturale del percorso argomentativo seguito dal tribunale del riesame e l’insufficienza motivazionale in ordine all’avvenuto riconoscimento dello COGNOME in seguito alla visione dei fotogrammi e alla disponibilità in capo a quest’ultimo dell’autovettura in precedenza indicata.
Infondato deve ritenersi anche il secondo motivo di ricorso.
Del tutto conforme ai principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità, invero, appare la valutazione operata dal tribunale del riesame in punto di sussistenza delle esigenze cautelari.
Come è noto, infatti, in tema di misure cautelari, il pericolo di reiterazione del reato di cui all’art. 274, comma 1, lett. c), c.p.p., deve essere non solo concreto – fondato cioè su elementi reali e non ipotetici ma anche attuale, nel senso che possa formularsi una prognosi in ordine alla continuità del periculum libertatis nella sua dimensione temporale, fondata sia sulla personalità dell’accusato, desumibile anche dalle modalità del fatto per cui si procede, sia sull’esame delle sue concrete condizioni di vita. Tale valutazione prognostica non richiede, tuttavia, la previsione di una “specifica occasione” per delinquere, che esula dalle facoltà del giudice.
L’attualità del pericolo, pertanto, non è equiparabile all’imminenza di specifiche opportunità di ricaduta nel delitto e richiede, invece, da parte del giudice della cautela, una valutazione prognostica sulla possibilità di conAVV_NOTAIOe reiterative, alla stregua di un’analisi accurata della fattispecie concreta, che tenga conto delle modalità realizzative della conAVV_NOTAIOa, della personalità del soggetto e del contesto socio-ambientale, la quale deve essere tanto più approfondita quanto maggiore sia la distanza temporale dai fatti, ma non anche la previsione di specifiche occasioni di recidivanza (cfr. Cass., Sez. 5, n. 33004 del 03/05/2017, Rv. 271216; Sez. 5, Cass., Sez. 5, n. 11250 del 19/11/2018, Rv. 277242; Sez. 5, n. 1154 del 11/11/2021, Rv. 282769; Sez. 5, n. 12869 del 20/01/2022, Rv. 282991).
A tale principi si è attenuta la motivazione del tribunale del riesame, che ha ancorato la sua valutazione sulla sussistenza del pericolo di reiterazione del reato in termini di concretezza e di attualità, proprio alla personalità dell’indagato, messa in luce dalle modalità e dalle circostanze dell’azione criminosa, avendo la dinamica dei fatti dimostrato “come l’indagato agisse con costanza e abitualità ricorrendo a conAVV_NOTAIOe analoghe”, non arrestandosi mai nella sua azione predatoria nonostante i plurimi controlli operati nei suoi confronti dalle forze dell’ordine, in conseguenza delle numerose querele sporte dallo COGNOME, sino a quando, come si è detto, egli non venne tratto in arresto.
Il ricorrente denuncia la mancata considerazione da parte del tribunale del riesame del tempo trascorso dalla commissione dei reati, idoneo, a suo dire, a determinare il venir meno dell’attualità del pericolo di recidiva, ma, nel caso in esame, in considerazione del contenuto arco temporale compreso tra la data di adozione della misura cautelare (31.10.2023) e le date dei plurimi furti ascritti allo COGNOME (consumati in un periodo di tempo compreso tra 25-26.5.2023 e il 2.7.2023), si tratta di un rilievo infondato, ché, anzi, proprio perché il requisito dell’attualità del pericolo di reiterazione del reato non va equiparato all’imminenza del pericolo di commissione di un ulteriore reato, ma indica, invece, la continuità del “periculum libertatis” nella sua dimensione temporale, correttamente il giudice dell’impugnazione cautelare ne ha ritenuta la sussistenza sulla base della vicinanza ai fatti in cui si è manifestata la potenzialità criminale dell’indagato, ovvero della presenza di elementi indicativi recenti, idonei a dar conto della effettività del pericolo di concretizzazione dei rischi che la misura cautelare è chiamata a realizzare (cfr. Sez. 2, n. 6593 del 25/01/2022, Rv. 282767), quale l’avvenuto arresto dello COGNOME il 10.7.2023 per un episodio del tutto analogo a quelli per cui si procede.
Per tale episodio, come riconosciuto dallo stesso ricorrente, allo COGNOME è stata applicata dal tribunale di Velletri, con sentenza resa il 12.7.2023, ai sensi degli artt. 444 e ss., c.p.p., la pena di anni uno, mesi quattro di reclusione ed euro 200,00 di multa, circostanza che conferma il giudizio
di attualità del pericolo di reiterazione, perché costituisce un elemento recente indicativo del rischio di una possibile ricaduta nel reato, che la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena, sulle cui ragioni il ricorrente non si sofferma, non è di per sé idoneo a escludere.
7. Al rigetto del ricorso, segue la condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616, c.p.p., al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali,Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28, d.m. 30/09/1989 n. 334.
Così deciso in Roma il 14.3.2023.