Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 46559 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 46559 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nato a Reggio Calabria il 18/05/1982
avverso l’ordinanza del 25/07/2024 del Tribunale di Reggio Calabria visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo di dichiarare l’inammissibilità del ricorso; udito per il ricorrente l’avv. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 25 luglio 2024 il Tribunale di Reggio Calabria ha rigettato la richiesta di riesame presentata da NOME COGNOME nei confronti dell’ordinanza del primo luglio 2024 del Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale, con la quale gli era stata applicata la misura cautelare della custodia in carcere in relazione ai reati di cui all’art. 74 d.P.R. 309/90, aggravato ai sensi dell’art. 416bis1 cod. pen. (capo A della rubrica provvisoria); 81 cpv., 110 cod. pen., 73, commi 1 e 4, e 80, comma 2, d.P.R. 309/90, aggravato ai sensi dell’art. 416-bis1 cod. pen. (capo B della rubrica provvisoria); 81 cpv., 110 cod. pen., 73, commi 1 e 4, e 80, comma 2, d.P.R. 309/90, aggravato ai sensi dell’art. 416-bis1 cod. pen. (capo C della rubrica provvisoria).
Avverso tale ordinanza l’indagato ha proposto ricorso per cassazione, mediante l’Avvocato NOME COGNOME che lo ha affidato a cinque motivi.
2.1. In primo luogo, ha lamentato, ai sensi dell’art. 606, primo comma, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la violazione degli artt. 125 e 192 cod. proc. pen. e dell’art. 74 d.P.R. 309/90 e un vizio della motivazione, con riferimento alla partecipazione alla associazione di cui al capo a) e alla sua veste di promotore e finanziatore della stessa.
Ha criticato l’affermazione della sussistenza di gravi indizi della sua partecipazione a tale associazione, in quanto desunta esclusivamente da conversazioni intercettate tra soggetti terzi e dalla sua presenza, il 10 e il 31 marzo 2021, nei luoghi nei quali sarebbe poi stata realizzata la prima delle due piantagioni di stupefacenti (quella di cui al capo B), registrata dalle telecamere di videosorveglianza. Nella motivazione, inoltre, non sarebbero stati indicati gli elementi dimostrativi del suo stabile ruolo di vertice nella associazione, come promotore, ossia della dimostrata capacità di regolare in tutto o in parte la vita della associazione in posizione di superiorità rispetto agli altri partecipi. Ha censurato, in particolare, la rilevanza attribuita alla conversazione intercettata il 5 marzo 2021 tra gli indagati COGNOME e COGNOME alla quale non aveva partecipato e nella quale non era stato fatto il suo nome, nonché alla conversazione del 17 aprile 2021 tra lo stesso COGNOME, COGNOME e COGNOME, alla quale era rimasto estraneo e nella quale era stato fatto riferimento a tale COGNOME (non necessariamente identificabile nel ricorrente) e a tale NOME COGNOME come chi informare della necessità di redarguire due partecipi alla associazione ritenuti negligenti, con la conseguente erroneità e illogicità della attribuzione al ricorrente di un ruolo sovraordinato all’interno della associazione, non essendo stati indicati fatti o comportamenti specifici dai quali desumere la partecipazione alla associazione né detto ruolo.
2.2. In secondo luogo, ha lamentato, a norma dell’art. 606, primo comma, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la violazione degli artt. 125 e 192 cod. proc. pen. e un ulteriore vizio della motivazione, con riferimento alla affermazione della sua partecipazione al reato di cui al capo c).
Ha sottolineato che nella conversazione intercettata del 10 giugno 2021, alla quale il Tribunale aveva attribuito rilevanza in modo illogico, tra COGNOME, COGNOME e COGNOME, il primo aveva riferito che il ricorrente, investito del progetto di realizzare una nuova piantagione di cannabis (quella di cui al capo C), aveva declinato la proposta, dichiarando di non avere tempo e denaro sufficienti, e aveva rinviato l’iniziativa al mese di gennaio successivo. Nella successiva conversazione del 12 giugno 2021 era stato fatto riferimento alla condotta di Giovinazzo e alle possibili reazioni del ricorrente, ma ciò andava riferito alla piantagione di cui al capo b), sequestrata il 31 maggio 2021, alla cui realizzazione il ricorrente aveva ammesso di aver partecipato. Alla realizzazione della piantagione di cui al capo c) avevano partecipato NOME e NOME ma non anche il ricorrente, che non era neppure stato informato del controllo eseguito dalla polizia giudiziaria il 30 settembre 2021 e del successivo sequestro dell’area il 22 ottobre 2021.
In particolare, l’estraneità del ricorrente alla realizzazione della piantagione di cui al capo c) sarebbe desumibile dalla volontà manifestata da COGNOME e Barone di indennizzarlo per la perdita subita a seguito del sequestro della piantagione di cui al capo b), alla quale il ricorrente aveva partecipato fornendo i semi, e dalla necessità di trovare altri finanziatori per la seconda piantagione.
Ha censurato anche l’identificazione del ricorrente come il soggetto appellato con il nome NOME nelle conversazioni intercettate, in quanto vi erano anche altri indagati con lo stesso nome e che non era dirimente l’osservazione del Tribunale secondo cui NOME COGNOME è originario di Sant’Eufemia e NOME COGNOME di Lannezia Terme, in quanto il Comune di Lamezia Terme era stato istituito nel 1968 dalla fusione dei comuni di Nicastro, Sambiase e Sant’Eufemia.
2.3. Con il terzo motivo ha lamentato, a norma dell’art. 606, primo comma, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la violazione degli artt. 125 e 192 cod. proc. pen. e un ulteriore vizio della motivazione, con riferimento alla affermazione della sussistenza di indizi gravi della configurabilità a suo carico della circostanza aggravante di cui all’art. 416-bisl cod. pen.
Ha sottolineato che tutte le conversazioni ritenute rilevanti ai fini della configurabilità di tale circostanza erano state intrattenute con COGNOME e COGNOME e ha affermato che nell’ordinanza impugnata non erano stati indicati elementi dimostrativi della finalità di agevolare una associazione mafiosa, ma solo della familiarità di uno degli indagati con la cosca COGNOME senza indicare attraverso quali condotte il ricorrente avrebbe inteso agevolare l’attività di tale cosca.
2.4. Con il quarto motivo ha lamentato, a norma dell’art. 606, primo comma, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la violazione degli artt. 125 e 192 cod. proc. pen. e un ulteriore vizio della motivazione, con riferimento alla configurabilità della circostanza aggravante della ingente quantità della sostanza stupefacente coltivata di cui all’art. 80, secondo comma, d.P.R. 309/90.
Ha sottolineato la contraddizione presente nell’ordinanza impugnata, nella cui motivazione prima era stato affermato che vi erano in atti le analisi dei campioni prelevati il 31 maggio 2021, e poi che le analisi quantitative non potevano essere effettuate a causa della presenza di umidità, che ne avrebbe falsato il risultato. La configurabilità della circostanza aggravante era, invece, stata ricavata, in modo illogico, dalla presenza, su un piatto rinvenuto nella cucina del fabbricato adiacente alla piantagione, di 9,7 grammi e di 38,7 grammi di marijuana con principio attivo superiore al limite legale.
2.5. Infine, con un quinto motivo, ha lamentato la violazione degli artt. 125, 274, 275 e 192 cod. proc. pen. e 416-bis cod. pen., con riferimento alla sussistenza e alla attualità delle esigenze cautelari, desunte esclusivamente dalle modalità di svolgimento dei fatti, risalenti al 2021, quindi di circa tre anni anteriori alla applicazione della misura, nel corso dei quali il ricorrente, dopo aver rinunciato a partecipare alla realizzazione della piantagione di cui al capo c), non era più stato menzionato nelle conversazioni tra gli altri indagati, se non in alcune sporadiche occasioni alle quali non era seguito alcun riscontro.
Ha censurato anche il rilievo attribuito dal Tribunale alle proprie precedenti condanne, anteriori di 15 anni alle condotte contestate, e l’omessa adeguata considerazione della presenza del ricorrente nell’area della’ prima piantagione (quella di cui al capo B) solamente nel mese di marzo 2021 e il suo rifiuto di partecipare alla realizzazione della seconda (quella di cui al capo C).
Ha, pertanto, contestato l’attualità delle esigenze cautelari, in particolare del pericolo di reiterazione della condotta criminosa, concludendo per l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
2. Giova premettere, trattandosi di osservazione comune al primo, al terzo e al quarto motivo, con riferimento alle censure relative alla attribuzione al ricorrente della veste di promotore e finanziatore della organizzazione di cui al capo a) e della configurabilità delle circostanze aggravanti di cui all’art. 416-bis1 cod. pen. e all’art. 80, secondo comma, d.P.R. 309/90, che in tema di procedimento cautelare sussiste l’interesse concreto e attuale dell’indagato alla
proposizione del riesame o del ricorso per cassazione quando l’impugnazione sia volta a ottenere l’esclusione di una circostanza aggravante ovvero una diversa qualificazione giuridica del fatto, nel solo caso in cui ciò incida sull’an o sul quomodo della misura (Sez. 2, n. 17366 del 21/12/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 284489 – 01, relativa ad associazione per delinquere di tipo mafioso, in cui è stata ritenuta corretta la decisione dichiarativa dell’inammissibilità del ricorso, in quanto, come nel caso in esame, finalizzato alla sola esclusione del ruolo apicale dell’indagato all’interno del sodalizio, elemento privo di riflessi sui presupposti della misura cautelare e sulla sua durata; v. anche Sez. 6, n. 5213 del 11/12/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 275028 – 01, con la quale è stato ritenuto inammissibile per carenza d’interesse il ricorso con cui, analogamente al caso in esame, era stata contestata la sussistenza dell’aggravante dell’agevolazione mafiosa senza che fossero impugnate le valutazioni in punto di pericolo di reiterazione non fondate su tale presunzione; nel medesimo senso Sez. 3, n. 20891 del 18/06/2020, COGNOME, Rv. 279508 – 01, e Sez. 3, n. 36731 del 17/04/2014, COGNOME, Rv. 260256 – 01).
Ora, nel caso in esame, il ricorrente, nel contestare, oltre alla stessa partecipazione alla associazione di cui al capo a), la configurabilità della veste di promotore e organizzatore di tale associazione (primo motivo) e delle circostanze aggravanti della agevolazione mafiosa di cui all’art. 416-bis1 cod. pen. (terzo motivo) e della ingente quantità di sostanze stupefacenti di cui all’art. 80, secondo comma, d.P.R. 309/90 (quarto motivo), non ha in alcun modo illustrato come l’esclusione di tali qualificazioni e circostanze inciderebbe sul quadro indiziario a suo carico (tra l’altro non contestato quanto alle condotte di cui al capo B), o sulla valutazione di gravità della condotta, non essendo, tra l’altro, stati sollevati riliev sulla adeguatezza della misura, ma solo sulla attualità e sulla concretezza delle esigenze ma per ragioni diverse rispetto alla configurabilità di tali circostanze o alla valutazione di gravità delle condotte, cosicché le doglianze circa la configurabilità di dette circostanze aggravanti risultano prive del necessario interesse a dedurle, posto che dal loro eventuale accoglimento non potrebbe discendere alcun effetto favorevole per il ricorrente, posto che i reati contestati consentirebbero egualmente l’applicazione della misura e che, come evidenziato, non sono state sollevate contestazioni in ordine alla adeguatezza della misura.
Tanto premesso, in termini comuni a parte del primo motivo e al terzo e al quarto, il primo motivo, sia nella parte in cui si censura l’affermazione della partecipazione del ricorrente al sodalizio ex art. 74 d.P.R. 309/90 di cui al capo a), sia con riferimento alle critiche rivolte alla affermazione della configurabilità in capo al ricorrente della veste di promotore, organizzatore, finanziatore e dirigente di tale sodalizio, è inammissibile, essendo volto a censurare sul piano del loro
apprezzamento la valutazione degli elementi indiziari, in particolare degli esiti delle conversazioni intercettate, proponendone una non consentita rivisitazione e lettura alternativa, da contrapporre a quella dei giudici di merito, che è concorde e non manifestamente illogica, come tale insuscettibile di rivalutazione sul piano delle valutazioni di merito e dell’apprezzamento delle prove nel giudizio di legittimità, nel quale, come da consolidata giurisprudenza, è esclusa la possibilità di una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito, attraverso una diversa lettura, sia pure anch’essa logica, dei dati processuali, o una diversa ricostruzione storica dei fatti, o un diverso giudizio di rilevanza, o comunque di attendibilità delle fonti di prova (Sez. 2, n. 27816 del 22/03/2019, COGNOME, Rv. 276970; Sez. 2, n. 7667 del 29/01/2015, COGNOME, Rv. 262575; Sez. 3, n. 12226 del 22/01/2015, G.F.S., non massimata; Sez. 3, n. 40350, del 05/06/2014, C.C. in proc. M.M., non massimata; Sez. 3, n. 13976 del 12/02/2014, P.G., non massimata; Sez. 6, n. 25255 del 14/02/2012, COGNOME, Rv. 253099; Sez. 2, n. 7380 del 11/01/2007, Messina ed altro, Rv. 235716).
Il Tribunale di Reggio Calabria, nel disattendere le analoghe censure sollevate con la richiesta di riesame, ha riepilogato dettagliatamente gli esiti delle indagini e ha dato atto degli elementi dimostrativi dell’esistenza della associazione di cui al capo a), volta, tra l’altro attraverso una precisa suddivisione di ruoli e mansioni, a realizzare un numero indeterminato di piantagioni illegali di cannabis, esistenza, peraltro, non contestata dal ricorrente.
Quanto alla partecipazione di quest’ultimo, nel ruolo di promotore, organizzatore, finanziatore e dirigente, questa è stata tratta, in modo non illogico, dalle conversazioni intercettate, nelle quali si fa riferimento al ricorrente come soggetto in grado di sanzionare gli incaricati della vigilanza di una piantagione per la loro negligenza (Caprogreco e Giovinazzo, per essersi addormentati all’interno della piantagione anziché svolgere i compiti di sorveglianza loro affidati); dotato, assieme a NOME COGNOME, dei contatti con la cosca COGNOME necessari per la commercializzazione della sostanza stupefacente successivamente alla sua produzione; gestore dell’attività illecita del sodalizio, tanto da rassicurare gli altr sodali, in particolare Barone, della realizzazione di un’altra piantagione dopo la scoperta della prima (quella di cui al capo B) e il contestuale arresto di NOME COGNOME; fornitore dei semi necessari per la realizzazione della seconda piantagione (quella di cui al capo C), per poter essere incluso nella ripartizione dei relativi proventi, anche per essere rimborsato del capitale investito nella prima piantagione, sequestrata e distrutta; programmatore e direttore dell’attività illecita (come desunto dal sopralluogo del 10 marzo 2021 nell’area nella quale sarebbe stata realizzata la prima piantagione e da quello successivo del 30 marzo 2021 e dalle direttive impartite il 7 marzo 2021 agli altri partecipi).
Tali elementi indiziari sono stati ritenuti dimostrativi della partecipazione del ricorrente, nel ruolo indicato, al sodalizio e tale valutazione, che non è affatto illogica, stante l’univoca valenza dimostrativa degli elementi indiziari valorizzati dai giudici di merito, è stata censurata dal ricorrente esclusivamente sul piano della lettura di detti elementi, di cui è stata proposta una riconsiderazione e una diversa valutazione del loro significato, che non è consentita nel giudizio di legittimità, che è circoscritto alla coerenza strutturale della decisione di cui si saggia l’oggettiva tenuta sotto il profilo logico-argomentativo, restando invece preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (tra le varie, Sez. 6, n. 47204 del 7/10/2015, COGNOME, Rv. 265482; Sez. 3, n. 12110 del 19/3/2009, Campanella, n. 12110, Rv. 243247), come indebitamente proposto dal ricorrente.
Il secondo motivo, mediante il quale è stata censurata l’affermazione della sussistenza di gravi indizi della partecipazione del ricorrente alla realizzazione della piantagione di cannabis di cui al capo c), è inammissibile per ragioni analoghe a quelle esposte al par. 3, in quanto anche mediante tali censure si critica, sul piano valutativo e dell’apprezzamento degli elementi indiziari, la valutazione che di questi hanno compiuto i giudici di merito.
Il Tribunale di Reggio Calabria, nel disattendere le analoghe censure sollevate con la richiesta di riesame, ha evidenziato, come in parte già esposto al par. 3, che a seguito del sequestro e della distruzione della piantagione di cui al capo b), piantagione che il ricorrente aveva, per sua stessa ammissione, concorso a realizzare, lo stesso aveva dichiarato di non voler partecipare a nuove operazioni analoghe, per sue difficoltà finanziarie (a riprova, tra l’altro, del suo ruolo di stabile finanziatore del sodalizio), dovendo provvedere alle esigenze di COGNOME e della sua famiglia dopo il suo arresto, e che sarebbe stato in grado di riprendere le attività delittuose nel mese di gennaio dell’anno successivo, provvedendo, tuttavia, a fornire a COGNOME parte dei semi necessari per la realizzazione della nuova piantagione (ossia quella di cui al capo C), accordandosi con lui per partecipare ai relativi guadagni illeciti, quale rimborso delle spese sostenute nella realizzazione della precedente (quella del capo B) e per mantenere NOME e la sua famiglia. Ciò è risultato riscontrato dalle successive dichiarazioni dello COGNOME, che aveva affermato di avere la disponibilità di circa 1.500 semi di canapa illegale forniti da terzi e di 800 semi di canapa forniti da NOME COGNOME, ossia dal ricorrente, al quale avrebbero dovuto anche riconoscere un compenso per tale fornitura, oltre che per le sue necessità economiche.
Il Tribunale ha, poi, anche escluso possibili equivoci o errori nella identificazione del ricorrente, chiarendo il diverso ruolo e la differente origine territoriale di NOME COGNOME
Si tratta, anche a questo proposito, di considerazioni pienamente logiche, stante la chiara e univoca valenza dimostrativa degli elementi indiziari considerati per ritenere provato, a livello di gravità indiziaria, il coinvolgimento del ricorrente nella realizzazione della piantagione illecita di cui al capo c), che sono, nuovamente, stati censurati esclusivamente sul piano della lettura e dell’apprezzamento dei risultati delle indagini e della valutazione degli indizi, che non è certamente illogica e non è, dunque, come già ricordato, suscettibile di riconsiderazione o rivalutazione nel giudizio di legittimità.
Il terzo motivo, mediante il quale è stata censurata l’affermazione della sussistenza di gravi indizi della configurabilità della circostanza aggravante della agevolazione mafiosa, è inammissibile, sia per carenza di interesse per quanto esposto al par. 2, sia per ragioni analoghe a quelle esposte ai parr. 3 e 4, in quanto anche mediante tali censure si critica, sul piano valutativo e dell’apprezzamento degli elementi indiziari, la valutazione che di questi hanno compiuto i giudici di merito.
Il Tribunale di Reggio Calabria, nel disattendere le analoghe censure sollevate con la richiesta di riesame, ha sottolineato che in diverse conversazioni intercettate si fa riferimento alla cosca COGNOME, alla sua capacità di controllo del territorio e ai suoi canali di rifornimento, strumentali allo smercio dello stupefacente prodotto e anche per agevolare l’attività della cosca, che aveva fornito un contributo economico alla realizzazione delle piantagioni anche nella prospettiva di ritrarne dei ricavi; nell’ambito di tale rapporto è stato evidenziato lo stretto legame tra il ricorrente e NOME COGNOME anche dopo l’arresto di quest’ultimo, e la piena consapevolezza del ricorrente di agevolare, attraverso le condotte di coltivazione e il successivo smercio dello stupefacente prodotto dalle piantagioni, l’attività della cosca.
Si tratta, anche a questo proposito, di considerazione idonee a giustificare la dimostrazione della sussistenza della contestata finalità agevolatrice, quantomeno a livello di gravità indiziaria, essendo stati puntualmente indicati i rapporti con esponenti di spicco della cosca COGNOME e l’esistenza della volontà di favorirne l’attività, che il ricorrente ha censurato, nuovamente, sul piano della valutazione degli elementi indiziari, di cui ha proposto una diversa, non consentita, lettura, con la conseguente manifesta infondatezza della censura formulata con il terzo motivo di ricorso.
6. Il quarto motivo, mediante il quale è stata censurata l’affermazione della sussistenza di gravi indizi della configurabilità della circostanza aggravante della ingente quantità della sostanza stupefacente, è inammissibile, sia per carenza di interesse, per quanto esposto al par. 2, sia per ragioni analoghe a quelle esposte ai parr. 3, 4 e 5, in quanto anche mediante tale censura si critica, sul piano valutativo e dell’apprezzamento degli elementi indiziari, la valutazione che di questi hanno compiuto i giudici di merito.
Il Tribunale ha, infatti, ribadito la configurabilità, quantomeno a livello indiziario, di detta circostanza aggravante, in relazione al reato di cui al capo c), sottolineando gli esiti delle analisi compiute sui 130 steli prelevati a campione il 30 settembre 2021 nelle 13 serre realizzate dai concorrenti in tale reato, da cui è emersa la presenza di un elevato quantitativo di principio attivo, nonché i risultati di quelle eseguite sulle piante trasportate su due furgoni e sequestrate il 21 ottobre 2021 (dalle quali erano ricavabili 159.060 dosi e 439.620 dosi), traendone la dimostrazione del superamento dei valori soglia stabiliti per la configurabilità di detta circostanza aggravante. Tali emergenze investigative non sono affatto state considerate dal ricorrente, che non vi si è confrontato, benché siano chiaramente dimostrative del superamento dei limiti tabellari stabiliti per poter ritenere configurabile detta circostanza aggravante.
Quanto alla configurabilità della medesima circostanza aggravante in relazione al reato di cui al capo b), anche se non è chiaro se la censura riguardi anche tale contestazione, posto che il ricorrente ha ammesso la propria responsabilità sul punto e non ha sollevato rilievi di sorta, va osservato, oltre a quanto già evidenziato al par. 2 a proposito della carenza di interesse anche su tale punto, che il Tribunale, pur dando atto della impossibilità, a causa della umidità, di procedere all’analisi quantitativa dei campioni prelevati nelle 14 serre realizzate dagli indagati, ha desunto in modo logico, dal quantitativo di principio presente nei campioni rinvenuti nel casolare adiacente alla coltivazione, dal numero di piante (2915) e di serre (14), dall’esperienza degli indagati nello specifico settore, dai profitti che gli stesso auspicavano di ritrarre dal raccolto di detta piantagione, il superamento dei limiti tabellari, posto che gli indagati stimavano di raccogliere svariati quintali di marijuana.
Si tratta di considerazioni logiche e idonee a giustificare, quantomeno a livello di gravità indiziaria, l’affermazione della configurabilità di detta circostanza, che il ricorrente non ha considerato, sottolineando solamente la modestia del quantitativo rinvenuto nel casolare e l’impossibilità di eseguire analisi quantitative, senza confrontarsi con le altre argomentazioni a sostegno della configurabilità della circostanza, con la conseguente genericità e manifesta infondatezza anche di tale censura.
7. Il quinto motivo, relativo alle esigenze cautelari, in particolare alla attualità del pericolo di recidivanza, è anch’esso inammissibile, sia perché, secondo la non contestata narrativa dell’ordinanza impugnata, non risulta che tale aspetto abbia costituito oggetto della richiesta di riesame, cosicché risulta ora preclusa la deduzione di un vizio di motivazione sul punto, alla stregua del principio secondo cui non può essere dedotto con ricorso per cassazione il vizio di motivazione in cui sarebbe incorso il giudice dell’impugnazione se la censura non gli era stata rappresentata; sia alla luce della idoneità della motivazione anche su tale punto.
Il Tribunale, infatti, oltre a dare atto della pericolosità del ricorrente, desunta dal suo ruolo, dalle modalità organizzate della condotta e dai suoi precedenti, e dalla sua proclività a delinquere, desunta dalla ideazione dei reati per soddisfare le esigenze economiche del ricorrente e dalla sua pronta attivazione per realizzare una seconda piantagione di stupefacenti dopo il sequestro della prima, ha ravvisato la attualità delle esigenze cautelari (da presumere sussistenti e adeguate ai sensi dell’art. 275, terzo comma, cod. proc. pen.) alla luce della personalità e della pericolosità del ricorrente e in assenza di elementi nuovi che consentano di ritenere non più attuali le esigenze, in particolare il pericolo di reiterazione di condotte dello stesso genere.
Si tratta, anche a questo proposito, di motivazione idonea, essendo ampiamente state sottolineate la accentuata pericolosità del ricorrente e la sua proclività a delinquere, dalle quali, in assenza di elementi sopravvenuti, è stata tratta, in modo logico, la attualità delle esigenze, motivazione che il ricorrente non ha considerato nella sua interezza e ha censurato, nuovamente, esclusivamente sul piano delle valutazioni di merito, sottolineando in modo generico solamente il tempo trascorso tra la realizzazione delle condotte e l’applicazione della misura, con la conseguente manifesta infondatezza anche di tale censura.
Il ricorso deve, in conclusione, essere dichiarato inammissibile, alla luce della manifesta infondatezza di tutti i motivi ai quali è stato affidato, oltre che della carenza di interesse in relazione a parte del primo motivo e al terzo e al quarto motivo, e alla genericità del quinto.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento, nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle Ammende, che si determina equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmessa al Direttore dell’Istituto Penitenziario competente, a norma dell’art. 94, comma 1 ter disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 5/12/2024