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Misure cautelari: inammissibile il ricorso di merito

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un indagato contro un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per associazione finalizzata al traffico di stupefacenti. Il ricorso mirava a una rivalutazione delle prove e a contestare circostanze aggravanti, ma la Corte ha ribadito che il giudizio di legittimità non consente un riesame dei fatti. Inoltre, ha specificato che manca l’interesse a impugnare elementi che non incidono sulla misura cautelare applicata. La decisione conferma la validità delle misure cautelari basate su un quadro indiziario solido e la persistenza delle esigenze cautelari nonostante il tempo trascorso.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Misure cautelari: Inammissibile il Ricorso se basato sulla Rivalutazione delle Prove

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 46559 del 2024, ha fornito importanti chiarimenti sui limiti del ricorso avverso le misure cautelari personali. In un caso di associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, la Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso di un indagato, stabilendo che non è possibile utilizzare il giudizio di legittimità per ottenere una nuova e diversa valutazione degli elementi indiziari già esaminati dai giudici di merito.

I Fatti del Caso

Il procedimento trae origine da un’ordinanza del Tribunale di una città del Sud Italia, che confermava la misura della custodia cautelare in carcere per un individuo. L’indagato era accusato di essere promotore e finanziatore di un’associazione criminale dedita alla coltivazione e al traffico di cannabis, con l’aggravante di aver agito per agevolare un’associazione di tipo mafioso.

Le indagini si basavano principalmente su intercettazioni telefoniche e ambientali, oltre a servizi di osservazione e videosorveglianza, che avevano portato all’individuazione di due vaste piantagioni di stupefacenti. Secondo l’accusa, l’indagato rivestiva un ruolo apicale, gestendo i contatti con una nota cosca locale, finanziando le operazioni e dirigendo le attività illecite.

I Motivi del Ricorso e le Misure Cautelari

L’indagato ha presentato ricorso in Cassazione affidandosi a cinque motivi principali. Contestava:
1. La sussistenza di gravi indizi riguardo al suo ruolo di promotore e finanziatore dell’associazione, sostenendo che le prove fossero basate solo su conversazioni tra terzi.
2. La sua partecipazione alla realizzazione della seconda piantagione.
3. La configurabilità dell’aggravante dell’agevolazione mafiosa.
4. L’esistenza dell’aggravante dell’ingente quantità di sostanza stupefacente.
5. La mancanza di attualità delle esigenze cautelari, dato il tempo trascorso (circa tre anni) dai fatti contestati.

In sostanza, la difesa mirava a smontare il quadro indiziario delineato dai giudici di merito, proponendo una lettura alternativa degli elementi raccolti durante le indagini.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile, articolando il suo ragionamento su due pilastri fondamentali: la carenza di interesse e i limiti intrinseci del giudizio di legittimità.

Carenza di Interesse e Limiti del Ricorso

In primo luogo, la Corte ha osservato che le censure relative al ruolo specifico dell’indagato (promotore/finanziatore) e alle circostanze aggravanti erano inammissibili per carenza di interesse. Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, l’impugnazione in materia di misure cautelari è ammessa solo se l’eventuale accoglimento del motivo può incidere sull’applicazione o sulle modalità della misura stessa (an o quomodo). Nel caso di specie, anche escludendo le aggravanti contestate, i reati base avrebbero comunque giustificato l’applicazione della custodia in carcere. Pertanto, l’indagato non aveva un interesse concreto e attuale a far valere tali censure in quella sede.

Il Divieto di Rivalutazione del Merito

Il cuore della decisione risiede nel ribadire la natura del giudizio di Cassazione come giudizio di legittimità, non di merito. La Suprema Corte non può sostituire la propria valutazione delle prove a quella, logicamente argomentata, dei giudici precedenti. Il ricorrente, criticando l’interpretazione delle intercettazioni e degli altri elementi indiziari, stava di fatto chiedendo una non consentita ‘rilettura’ degli atti processuali.

Il Tribunale del riesame aveva fornito una motivazione dettagliata e non manifestamente illogica, evidenziando come dalle conversazioni emergesse chiaramente il ruolo direttivo dell’indagato, la sua capacità di sanzionare altri membri, i suoi contatti con la criminalità organizzata e il suo contributo finanziario. Di fronte a una motivazione coerente, il compito della Cassazione si arresta alla verifica della sua tenuta logico-giuridica, senza poter entrare nel merito delle scelte valutative.

Infine, anche la censura sull’attualità delle esigenze cautelari è stata respinta. Il Tribunale aveva correttamente valorizzato la pericolosità dell’indagato, desunta dal suo ruolo, dalla sua proclività a delinquere e dalla natura organizzata dei reati. In assenza di elementi nuovi che potessero indicare un’attenuazione di tale pericolosità, il semplice trascorrere del tempo non era sufficiente a far venir meno le esigenze che giustificavano le misure cautelari.

Conclusioni

Questa sentenza riafferma un principio cardine del sistema processuale penale: il ricorso per cassazione non è un ‘terzo grado’ di giudizio dove si possono ridiscutere i fatti. In materia di misure cautelari, l’impugnazione deve concentrarsi su vizi di legge o difetti di motivazione macroscopici (illogicità manifesta), non su una diversa interpretazione delle prove. La decisione sottolinea inoltre il requisito dell’interesse concreto all’impugnazione, escludendo la possibilità di contestare aspetti (come le aggravanti) che non avrebbero comunque un impatto pratico sulla misura applicata. Un monito importante per la strategia difensiva nelle fasi cautelari del procedimento penale.

È possibile contestare in Cassazione la valutazione delle prove che hanno portato a una misura cautelare?
No, non è possibile. Il ricorso per cassazione è un giudizio di legittimità, non di merito. La Corte può solo verificare la correttezza giuridica e la logicità della motivazione del provvedimento impugnato, ma non può effettuare una nuova e diversa valutazione degli elementi di prova, come le intercettazioni.

Si può impugnare un’aggravante se la sua esclusione non modifica la misura cautelare applicata?
No. La Corte ha stabilito che manca l’interesse ad agire quando l’esclusione di una circostanza aggravante non avrebbe alcun effetto concreto sulla decisione di applicare una determinata misura cautelare o sulle sue modalità.

Il tempo trascorso dai fatti è sufficiente a escludere le esigenze cautelari?
No. Secondo la sentenza, il solo trascorrere del tempo non è di per sé sufficiente a far venir meno l’attualità delle esigenze cautelari, specialmente in presenza di una forte pericolosità dell’indagato desunta dal suo ruolo, dai suoi precedenti e dalla gravità delle condotte contestate.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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