Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 18425 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 18425 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a LECCO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 19/10/2023 del TRIBUNALE di CATANZARO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del AVV_NOTAIO che ha chiesto che il ricorso venga rigettato;
lette le conclusioni del difensore del ricorrente, ribadite con memoria e conclusioni scritte del 15/03/2024, AVV_NOTAIO, che ha insistito nell’accoglimento dei motivi di ricorso con ogni conseguente statuizione.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Catanzaro, con ordinanza del 19/10/2023, ha rigettato la richiesta di riesame proposta nell’interesse di NOME COGNOME e confermato, conseguentemente l’ordinanza emessa dal G.i.p. del Tribunale di Catanzaro, con la quale è stata applicata la misura cautelare della custodia in carcere in data 14/09/2023 in relazione ai delitti di cui all’art. 74, comma 1,2,3,4, d.P.R. n. 309 del 1990 di cui al capo 19) ed anche art. 110, 81, cod. pen., art. 73 del d.P.R. 309 del 1990 capi da 83) a 103).
Avverso la predetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione NOME NOME, per mezzo del proprio difensore, deducendo motivi di ricorso che si riportano nei limiti strettamente necessari per la motivazione ai sensi dell’art. 173 disp.att. cod. proc. pen.
2.1. GLYPH Violazione di legge e vizio della motivazione in relazione agli artt. 273 cod. proc. pen. e 74 del d.P.R. n. 309 del 1990; ricorre il vizio della motivazione perché carente ed illogica in relazione alla ritenuta sussistenza della provvista indiziaria, oltre che delle esigenze cautelari; le conclusioni raggiunte in relazione alla partecipazione alla associazione di cui al capo 19) sono state tratte esclusivamente dalla portata dei reati fine contestati, rubricati dai capi 83) a 103) della rubrica; il Tribunale ha omesso di considerare se in relazione ai singoli acquisti di stupefacenti emerga un inequivoco significato associativo della condotta, atteso che nessuno dei fatti significativi rispetto al fatto associativo vede partecipe il NOME, in assenza, tra l’altro, di alcun riferimento al ricorrente da parte dei collaboratori di giustizia e di contatti reali e costanti con i soggetti indicati ai capi 19); la difesa ha, inoltre, rilevato come le captazioni richiamate siano assolutamente insignificanti e non sia emerso alcun effettivo riscontro alle contestate cessioni, in assenza di qualsiasi riferimento ai soggetti acquirenti della sostanza stupefacente; si tratta in sostanza di circostanza del tutto marginali e dove è assente il carattere richiesto della gravità ed univocità, oltre che l’elemento tipico del delitto contestato, ricorrendo un mero approvvigionamento per fabbisogno personale.
2.2. GLYPH Violazione di legge e vizio della motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari in relazione agli artt. 274, 275 cod. proc. pen.;nel ritenere la sussistenza delle esigenze cautelari il Gip di Catanzaro e il Tribunale del riesame commettono una serie di errori giuridici, avendo valutato la ricorrenza delle esigenze cautelari sulla base di mere formule di stile, in assenza di qualsiasi riscontro in ordine alla cessione di
sostanza stupefacente, in mancanza di qualsiasi riscontro fattuale ed in presenza di elementi certi in ordine al pericolo di reiterazione all’attualità della condotta contestata, avendo il ricorrente intrapreso un percorso di recupero che portava alla mancata applicazione nei suoi confronti di misura di prevenzione.
Il Procuratore generale ha chiesto che il ricorso venga rigettato.
La difesa ha presentato conclusioni scritte, reiterative, in data 15703/2024.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché proposto con motivi manifestamente infondati.
Va premesso che, in tema di misure cautelari personali, il ricorso per cassazione è ammissibile solo se denuncia la violazione di specifiche norme di legge ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei fatti ovvero che si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, COGNOME, Rv. 270628-01; Sez. 4, n. 18795 del 02/03/2017, COGNOME, Rv. 269884-01; Sez. 3, n. 20575 del 08/03/2016, COGNOME, Rv. 266939-01; Sez. 6, n. 11194 del 08/03/2012, COGNOME, Rv. 252178-01). In tal senso si è efficacemente affermato che «il controllo di logicità deve rimanere “all’interno” del provvedimento impugnato, non essendo possibile procedere a una nuova o diversa valutazione degli elementi indizianti o a un diverso esame degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate» (Sez. 2, n. 27123 del 03/05/2023, COGNOME, Rv. 284796-03; Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013, NOME, Rv. 255460; in senso conforme cfr., ad es., Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv. 276976 nonché, da ultimo, Sez. 4, n. 17651 del 28/03/2023, NOME, non mass.).
Nel caso di specie, in tema di gravità indiziaria, il ricorrente ha offerto una lettura alternativa degli elementi probatori, proponendo non consentite doglianze di natura fattuale, a fronte di una ricostruzione molto precisa e dettagliata della vicenda contenuta nell’ampia ordinanza impugnata. Il
Tribunale ha puntualmente richiamato le risultanze delle conversazioni intercettate e delle prove dichiarative dando conto coerentemente del ruolo del NOME quale soggetto pienamente inserito nella associazione di cui all’art. 74 del d.P.R. 309 del 1990, in considerazione di una serie di significativi ed inequivoci elementi con i quali il ricorrente non si confronta affatto.
Il Tribunale nella considerazione della posizione del COGNOME, quale soggetto pienamente inserito nella associazione per delinquere di cui al capo 19), ha correttamente ritenuto, sulla base di una incensurabile ricostruzione in fatto, il ruolo di pusher dello stesso e la sua sottoposizione gerarchica al COGNOME (posto al vertice della associazione indagata), il suo attivismo al fine di sostenere l’associazione, le numerose condotte, pienamente consapevoli in tal senso, finalizzate al raggiungimento degli scopi della stessa associazione, la consapevolezza del ruolo degli atri associati e delle finalità del gruppo così organizzato, con corretta applicazione dei principi sul tema affermati ripetutamente da questa Corte (Sez. 6, n. 17467 del 21/11/2018, Noure, Rv. 275550-01; Sez. 6, n. 18055 del 10/01/2018, COGNOME, Rv. 273008-01; Sez. 4, n. 51716 del 16/1072013, COGNOME, Rv. 257906-01), compiutamente e correttamente richiamata dalla ordinanza impugnata.
Tale affermazione, censurata tra l’altro dalla difesa per la illogicità delle argomentazioni addotte, risulta basata su plurimi elementi di fatto, e non solo sulla base delle due captazioni richiamate dalla difesa, ovvero servizi di osservazione e controllo, perquisizioni e sequestri, anche a carico del COGNOME, dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, che hanno ricostruito in modo analitico portata e consistenza della associazione, ruolo del COGNOME, con conseguente ed evidente significatività dei contatti costanti e reiterati tra il ricorrente e il COGNOME, ripetutamente ripresi dalle telecamere di video sorveglianza apposte nei pressi della sua abitazione e confermate dal contenuto inequivoco delle captazioni (in considerazione del linguaggio utilizzato), anche ambientali, poste in essere. Con tale ampio compendio, specificamente analizzato, con motivazione del tutto logica, argomentata, e certamente non apparente il ricorrente non si confronta, limitandosi ad una lettura alternativa e parcellizzata degli elementi acquisiti e compiutamente valutati dal Tribunale. In tal senso, risulta correttamente applicato il principio di diritto, che qui si deve ribadire, secondo il quale in tema di associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, la prova dello svolgimento di un’attività sistematica e continuativa di cessione di sostanze droganti per un
apprezzabile periodo di tempo può essere raggiunta anche nel caso in cui risultino dimostrate o riscontrate da sequestri soltanto alcune delle cessioni, monitorate attraverso servizi di intercettazione di conversazioni, quando le stesse siano collegate probatoriamente alle altre condotte contestate, senza che sia necessario riscontrare tutti i singoli episodi, specie quando tali fatti coinvolgano le medesime persone, si presentino omogenei e risultino avvinti tra loro da continuità cronologica (Sez. 5, n. 14863 del 21/12/2020, COGNOME, Rv. 281138-01). Il Tribunale ha, dunque, correttamente evidenziato la ricorrenza di indizi univoci, gravi e concordanti, quanto al comune e durevole interesse ad immettere nel mercato sostanza stupefacente nella piena consapevolezza della dimensione collettiva dell’attività e della esistenza di una sua organizzazione, a prescindere dalle dimensioni della stessa, a tal fine deputata (Sez. 6, n.2394 del 12/10/2021, Napoli, Rv. 282677-01).
6. Manifestamente infondata anche la censura in tema di erronea applicazione dell’art. 274 cod. proc. pen., che si caratterizza tra l’altro per una sua sostanziale genericità. Il ricorso fornisce un’interpretazione del requisito dell’attualità del pericolo di reiterazione del reato che contrasta con la prevalente giurisprudenza di legittimità, condivisa dal Collegio, secondo la quale (Sez. 5, n. 11250 del 19/11/2018, Rv. 277242-01), in tema di misure cautelari, il requisito dell’attualità del pericolo, previsto dall’art. 274, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., non è equiparabile all’imminenza di specifiche opportunità di ricaduta nel delitto e richiede, invece, da parte del giudice della cautela, una valutazione prognostica sulla possibilità di condotte reiterative, alla stregua di un’analisi accurata della fattispecie concreta, che tenga conto delle modalità realizzative della condotta, della personalità del soggetto e del contesto socio-ambientale. Il Tribunale ha adempiuto con motivazione logica ed articolata all’onere motivazionale sul punto (pag. 14 e segg.), evidenziando proprio le caratteristiche concrete delle condotte poste in essere, a portata continuativa ed infungibile, in considerazione del decisivo contributo della ricorrente in un ampio meccanismo di diffusione della sostanza stupefacente per consistenti quantità e certamente non per uso personale (elemento solo allegato dalla difesa e neanche provato), in relazione ad un dolo di elevata intensità proprio in considerazione della molteplicità delle condotte oggetto di imputazione provvisoria, richiamando esplicitamente anche la tematica relativa alla mancata applicazione della proposta di prevenzione, con motivazione specifica, della quale il ricorrente non tiene conto.
GLYPH Con tale motivazione il ricorrente non si confronta, con evidente aspecificità e genericità del motivo. In altri termini, il requisito dell’attualità del pericolo può sussistere anche quando l’indagato non disponga di effettive ed immediate opportunità di ricaduta (Sez. 2, n. 44946 del 13/9/2016, COGNOME, Rv. 267965-01; Sez. 2, n. 47891 del 7/9/2016, COGNOME, Rv. 268366-01; Sez. 2, n. 11511 del 14/12/2016, Rv. 269684-01), poiché la valutazione di attualità cautelare si risolve nella verifica di una congrua e coerente motivazione sulla “attuale”, permanente sussistenza dell’esigenza di disporre o tenere ferma la misura cautelare per il pericolo di reiterazione del reato. Dalla valutazione prognostica del giudice della cautela resta dunque estranea la previsione di una “specifica occasione” per delinquere, che esula dalle facoltà del giudice (Sez. 2, n. 53645 del 8/9/2016, Lucà, Rv. 268977-01). Alla luce di tali coordinate ermeneutiche deve rilevarsi che la motivazione dell’ordinanza impugnata resiste ai rilievi censori relativi alla valutazione dell’attualità del pericolo di reiterazione del reato.
In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, stimata equa, di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Manda alla Cancellerie per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma Iter disp.att. cod.proc.pen.
Così deciso il 22 marzo 2024.