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Maltrattamento animali: ricorso inammissibile

Un caso di maltrattamento animali, relativo alla detenzione di un suino in gravi condizioni, giunge in Cassazione. La Corte dichiara il ricorso inammissibile, sottolineando i limiti del giudizio di legittimità: non si possono rivalutare le prove e i motivi di ricorso devono essere specifici e non generici. La sentenza conferma la condanna e chiarisce i criteri per la concessione delle attenuanti e l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.

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Pubblicato il 11 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Maltrattamento animali: i limiti del ricorso in Cassazione

La recente sentenza n. 13830/2024 della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti sui limiti e i requisiti di un ricorso in materia di maltrattamento animali. Il caso, riguardante la detenzione di un suino in condizioni incompatibili con la sua natura, dimostra come la genericità dei motivi e la richiesta di una nuova valutazione dei fatti portino inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità.

I Fatti di Causa

Il Tribunale di Imperia aveva condannato un individuo per il reato previsto dall’art. 727, comma 2, del codice penale. L’imputato era accusato di aver detenuto una femmina di suino in un recinto angusto e in pessime condizioni igienico-sanitarie. L’animale versava in uno stato di dimagrimento, era affetto da parassiti e presentava una grave dermatite con ipercheratosi e croste. La condanna consisteva in una pena di 1.000 euro di ammenda.

Contro questa decisione, l’imputato proponeva appello, che veniva però convertito in ricorso per cassazione. I motivi del ricorso erano quattro e miravano a smontare l’impianto accusatorio e la decisione del primo giudice.

I Motivi del Ricorso: una difesa a tutto campo

La difesa dell’imputato si articolava su diversi punti:

1. Difetto di prova: Si sosteneva che le condizioni dell’animale (magrezza e croste) fossero dovute alla sua vita in campagna e non a incuria. La mangiatoia vuota, secondo la difesa, era stata semplicemente ripulita avidamente dall’animale. Inoltre, si contestava al giudice di non aver creduto alla versione dell’imputato senza una motivazione esplicita e si sottolineava che la grave sofferenza non era stata provata.
2. Particolare tenuità del fatto: Si richiedeva l’applicazione dell’art. 131-bis c.p., sostenendo che le modalità dei fatti integrassero una causa di non punibilità per la loro lieve entità.
3. Eccessività della pena: Si lamentava una pena troppo severa, chiedendo un trattamento sanzionatorio più mite.
4. Diniego delle attenuanti generiche: Si contestava la mancata concessione delle attenuanti, valorizzando il comportamento collaborativo tenuto dall’imputato durante l’esame processuale.

Le Motivazioni della Cassazione sul maltrattamento animali

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso, analizzando e respingendo ogni singolo motivo. Vediamo nel dettaglio il ragionamento dei giudici.

Primo Motivo: il divieto di rivalutare i fatti

La Corte ha ribadito un principio fondamentale del giudizio di legittimità: la Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono riesaminare le prove. Le censure dell’imputato miravano proprio a questo: offrire una lettura alternativa dei fatti già valutati dal Tribunale. Tali contestazioni, definite “censure di merito”, sono inammissibili in sede di legittimità, dove il compito della Corte è solo verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione.

Secondo e Terzo Motivo: la genericità delle doglianze

Sia la richiesta di applicazione della “particolare tenuità del fatto” sia la lamentela sull’eccessività della pena sono state giudicate inammissibili per la loro genericità. La legge (art. 581 c.p.p.) richiede che i motivi di ricorso indichino specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto a sostegno della richiesta. L’imputato si era limitato ad affermazioni generiche, senza addurre alcun elemento concreto che potesse giustificare l’applicazione dell’art. 131-bis o dimostrare l’irragionevolezza della pena. La graduazione della sanzione, ha ricordato la Corte, rientra nella piena discrezionalità del giudice di merito.

Quarto Motivo: la valutazione delle attenuanti generiche

Anche il motivo sul diniego delle attenuanti generiche è stato ritenuto infondato. La Cassazione ha confermato che il giudice di merito, nel decidere sulla concessione delle attenuanti, non è tenuto a esaminare ogni singolo elemento favorevole, ma può basare la sua decisione sugli aspetti ritenuti decisivi. In questo caso, il Tribunale aveva logicamente negato le attenuanti a causa dei precedenti penali dell’imputato, considerandoli un elemento prevalente e indicativo di una personalità negativa. Tale motivazione è stata ritenuta congrua e sufficiente.

Conclusioni

La sentenza consolida alcuni principi cardine del processo penale e, in particolare, del giudizio in Cassazione. Innanzitutto, emerge con chiarezza che un ricorso non può essere un pretesto per tentare di ottenere una nuova valutazione delle prove. Le contestazioni devono riguardare vizi di legge o di motivazione, non una diversa interpretazione dei fatti. In secondo luogo, ogni motivo di ricorso deve essere specifico e autosufficiente. Non basta enunciare un principio di diritto (come la tenuità del fatto) o lamentare una pena severa, ma è necessario fornire argomenti concreti e pertinenti al caso di specie. Infine, la decisione sul maltrattamento animali conferma che la valutazione della personalità dell’imputato, desunta anche dai precedenti penali, è un fattore legittimo e spesso decisivo per negare benefici come le attenuanti generiche. La declaratoria di inammissibilità, con la conseguente condanna al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria, rappresenta la logica conclusione di un’impugnazione priva dei requisiti di legge.

Perché il ricorso sulla mancanza di prove per maltrattamento di animali è stato respinto?
È stato respinto perché chiedeva alla Corte di Cassazione di riesaminare i fatti e le prove del processo, attività che è preclusa nel giudizio di legittimità. La Cassazione controlla solo la corretta applicazione della legge, non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito.

È sufficiente affermare che un reato è di lieve entità per non essere puniti?
No. Secondo la sentenza, per richiedere l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.), non basta un’affermazione generica. Il ricorrente deve indicare elementi specifici e concreti che dimostrino l’effettiva tenuità dell’offesa, altrimenti il motivo di ricorso è considerato inammissibile.

Un precedente penale può impedire la concessione delle attenuanti generiche?
Sì. La Corte ha stabilito che il giudice può negare la concessione delle attenuanti generiche basando la sua decisione sui precedenti penali dell’imputato. Questi possono essere considerati un elemento preponderante e negativo sulla personalità del reo, giustificando così il diniego del beneficio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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