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Istigazione a delinquere online: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per istigazione a delinquere (art. 414-bis c.p.) nei confronti di un utente che aveva pubblicato un post su un social network con una frase che incitava alla violenza sessuale su minori. La Corte ha stabilito che, per configurare il reato, è sufficiente la concreta idoneità del messaggio a provocare i delitti, valutata ex ante, considerando il significato oggettivo del testo e la sua potenziale ampia diffusione online, a prescindere dal numero esatto di visualizzazioni.

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Pubblicato il 13 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Istigazione a delinquere online: la Cassazione decide

Con la sentenza n. 14953/2024, la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi su un tema tanto attuale quanto delicato: il reato di istigazione a delinquere commesso attraverso i social network. La pronuncia chiarisce un principio fondamentale: per la condanna non è necessario provare l’effettiva diffusione di massa di un post, ma è sufficiente la sua ‘concreta idoneità’ a creare un pericolo. Analizziamo insieme questo importante caso.

I Fatti del Caso

Un utente di un noto social network pubblicava un post dal contenuto inequivocabile: «rompere vagine bambine». Il messaggio veniva diffuso tramite un account il cui nome era già di per sé evocativo della sfera sessuale. L’autore del post, condannato in primo grado e in appello per il reato di istigazione a pratiche di pedofilia (art. 414-bis c.p.), presentava ricorso in Cassazione. La sua difesa sosteneva che la frase fosse generica ed equivoca e che non fosse stata provata la concreta idoneità del messaggio a istigare altri a commettere reati, data l’assenza di prove sulla sua effettiva e vasta diffusione.

La Decisione della Cassazione e l’istigazione a delinquere online

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la condanna. I giudici hanno stabilito che, per integrare il reato, non conta l’intenzione soggettiva dell’autore, ma il significato oggettivo del messaggio. La frase pubblicata è stata ritenuta obiettivamente idonea a suggerire un’aggressione sessuale contro minori. Inoltre, la Corte ha sottolineato che un account su una piattaforma social, per sua natura, costituisce un ‘mezzo di propaganda’, idoneo a raggiungere un numero considerevole e indeterminato di persone.

Le Motivazioni: La ‘Concreta Idoneità’ del Messaggio

Il cuore della motivazione risiede nel concetto di ‘reato di pericolo concreto’. Il delitto di istigazione a delinquere non richiede che qualcuno, a seguito del post, commetta effettivamente un reato. È sufficiente che la condotta dell’autore crei un pericolo reale e tangibile che ciò possa accadere.

Per accertare questo pericolo, il giudice deve compiere un giudizio ‘ex ante’ (o prognosi postuma), mettendosi nei panni dell’agente al momento della pubblicazione e valutando la situazione sulla base delle condizioni prevedibili. Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che la combinazione di due elementi fosse decisiva:

1. Il significato obiettivo del messaggio: La frase, per quanto lapidaria, incitava in modo diretto a compiere reati sessuali in danno di minori.
2. L’elevata potenzialità diffusiva: La pubblicazione su un social network, accessibile non solo ai diretti follower (in questo caso 241) ma potenzialmente a chiunque, è stata considerata un mezzo idoneo a raggiungere un numero indeterminato di persone. Il fatto che le segnalazioni fossero arrivate anche da non-follower lo confermava.

Questi elementi, insieme, rendono la condotta ‘concretamente idonea’ a provocare la commissione di delitti, integrando così tutti gli elementi del reato contestato.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza ribadisce una lezione cruciale per chiunque utilizzi i social network: la libertà di espressione non è assoluta e trova un limite invalicabile nella legge penale. Un singolo post può costare una condanna per istigazione a delinquere se il suo contenuto è oggettivamente pericoloso e ha la potenzialità di raggiungere un pubblico vasto. Non è necessario dimostrare che migliaia di persone abbiano letto il messaggio; la mera possibilità che ciò avvenga, unita alla gravità oggettiva delle parole, è sufficiente a far scattare la responsabilità penale. Un monito a usare le parole online con la massima cautela e responsabilità.

Quando un post sui social network integra il reato di istigazione a delinquere?
Un post integra il reato quando il suo contenuto incita pubblicamente a commettere delitti e la sua formulazione e il mezzo di diffusione lo rendono ‘concretamente idoneo’ a provocare la commissione di tali reati, creando cioè un pericolo reale che ciò avvenga.

L’intenzione di chi scrive il post è rilevante ai fini della condanna?
No, secondo la sentenza, ai fini del reato di istigazione previsto dall’art. 414-bis c.p., l’intenzione specifica dell’autore è irrilevante. Ciò che conta è il significato oggettivo del messaggio e la sua capacità di incitare altri, indipendentemente dalle finalità di chi lo ha scritto.

È necessario dimostrare che molte persone hanno effettivamente visto il post per essere condannati?
No, non è necessario. La Corte ha chiarito che l’elevata potenzialità diffusiva del mezzo (come un social network) è un elemento chiave. La possibilità che il messaggio raggiunga un numero indeterminato di persone, anche al di là dei propri follower, è sufficiente a configurare il requisito della pubblicità e a fondare il giudizio sulla pericolosità concreta della condotta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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