Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 14953 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 14953 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
U.G. COGNOME
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avverso la sentenza del 27/04/2023 della Corte d’appello di Palermo
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO procuratore generale NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza emessa in data 27 aprile 2023, la Corte d’Appello di Palermo ha confermato la sentenza pronunciata dal Giudice dell’Udienza Preliminare del Tribunale di Palermo che, a seguito di giudizio abbreviato, aveva condannato
U.G.
per il reato di cui all’art. 414-bis cod. pen alla pena di un anno di reclusione, condizionalmente sospesa e subordinata alla prestazione di attività non retribuita a favore della collettività per un tempo di sei mesi.
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Secondo quanto ricostruito dai giudici di merito, COGNOME NOME.G. COGNOME , in data prossima al 17 agosto 2019, avrebbe pubblicamente istigato a commettere i reati di cui all’art. 609-bis e 609-ter cod. pen., pubblicando nel soci& network Twitter, sull’account @Peppinosexy, un post con il testo “rompere vagine bambine”.
Ha presentato ricorso per cassazione avverso la sentenza indicata in epigrafe U.G. con atto sottoscritto dall’AVV_NOTAIO, articolando un unico motivo.
Con il motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento all’art. 414-bis, cod. pen., nonché vizio di motivazione, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., avuto riguardo alla necessità di accertare l’idoneità della condotta a provocare, in concreto, la commissione dei delitti istigati.
Si deduce che la Corte d’appello non avrebbe svolto un corretto accertamento in ordine alla concreta idoneità del messaggio a far sorgere o rafforzare in altri il proposito di commettere i reati indicati dall’art. 414-bis cod. pen. Si rappresenta, in primo luogo, che la sentenza impugnata afferma la “massima diffusività del messaggio”, ma, tuttavia, non indica elementi idonei a fondare il suddetto giudizio, richiamando dati non concludenti, quali il numero di follower che seguivano l’account, nonché il fatto che le segnalazioni pervenute all’Autorità Giudiziaria fossero state effettuate da soggetti non seguaci dell’account @Peppinosexy. Si osserva, in secondo luogo, che la frase “rompere vagine bambine” è equivoca, perché generica, isolata e lapidaria, che il termine “bambine” potrebbe essere inteso come sinonimo di “ragazze” maggiorenni, e che nulla è stato accertato con riguardo alla chat in cui il messaggio è stato pubblicizzato. Si conclude che, per le ragioni indicate, la frase pubblicata dall’imputato non può considerarsi dotata di una forza suggestiva e persuasiva tale da determinare un rischio effettivo di consumazione dei reati indicati dall’art. 414-bis cod. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato per le ragioni di seguito precisate.
Per rendere più agevole l’esame della questione da affrontare, è utile dare innanzitutto indicazione del fatto materiale, come accertato dai Giudici di merito.
L’attuale ricorrente, in data 17 agosto 2019, ha inserito un post su un account denominato @Peppinosexy, attivato sul soda; network Twitter recante la frase «rompere vagine bambine». Il medesimo non ha negato di aver realizzato la condotta appena descritta, ma si è giustificato affermando che la frase non intendeva riferirsi a bambine, ma a donne maggiorenni. Il messaggio ha avuto una
significativa diffusione, poiché l’account sul quale il testo è stato pubblicato aveva 241 followers, e le segnalazioni dello stesso all’autorità giudiziaria sono state effettuate da persone che non “seguivano” detto account.
La questione posta nel ricorso ha ad oggetto l’individuazione non solo del grado di pericolosità della condotta di istigazione necessario perché la fattispecie di cui all’art. 414-bis cod. pen. possa essere integrata, ma anche dei criteri concernenti il relativo accertamento.
L’art. 414-bis cod. pen., rubricato «Istigazione a pratiche di pedofilia e di pedopornografia», al primo comma, statuisce: «Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, con qualsiasi mezzo e con qualsiasi forma di espressione, pubblicamente istiga a commettere, in danno di minorenni, uno o più delitti previsti dagli articoli 600-bis, 600-ter e 600-quater, anche se relativi al materiale pornografico di cui all’articolo 600-quater.1, 600-quinquies, 609-bis, 609-quater e 609-quinquies, è punito con la reclusione da un anno e sei mesi a cinque anni».
Il medesimo art. 414-bis cod. pen., poi, al secondo comma, prevede: «Alla stessa pena soggiace anche chi pubblicamente fa apologia di uno o più delitti previsti dal primo comma». E, al terzo comma, dispone: «Non possono essere invocate, a propria scusa, ragioni o finalità di carattere artistico, letterario, sto o di costume».
Innanzitutto, ai fini della configurabilità della fattispecie in esame, sotto profilo obiettivo, occorre che il messaggio istighi a commettere uno dei reati di cui agli articoli 600-bis, 600-ter e 600-quater, anche se relativi al materiale pornografico di cui all’articolo 600-quater.1, 600-quinquies, 609-bis, 609-quater e 609-quinquies, «in danno di minorenni».
L’istigazione rileva per il suo contenuto oggettivo, indipendentemente dalla specifica intenzione dell’autore della condotta. Invero, il terzo comma dell’art. 414bis cod. pen. precisa: «Non possono essere invocate, a propria scusa, ragioni o finalità di carattere artistico, letterario, storico o di costume». Ora, escludend qualunque rilevanza alle finalità perseguite dall’agente, il legislatore evidenzia che, ai fini della configurabilità del delitto contestato, ciò che conta, sotto il pr “materiale”, è il significato obiettivo dell’espressione impiegata.
Nella specie, non è manifestamente irragionevole ritenere, così come conclude la Corte d’appello, che il messaggio condiviso su Twitter, consistente nella frase «rompere vagine bambine», costituisca un incitamento a commettere reati sessuali in danno di minorenni.
Da un lato, infatti, il sintagma «rompere vagine» è obiettivamente idoneo a suggerire un’aggressione sessuale sussumibile nelle fattispecie elencate dall’art. 414-bis cod. pen.; e questa conclusione sembra confermata anche dall’imputato, laddove ammette che la frase non intendeva riferirsi a bambine, ma a donne maggiorenni. Il messaggio, del resto, è stato pubblicato su un account la cui denominazione, @Peppinosexy, era certamente evocativa della sfera sessuale.
Sotto altro profilo, poi, la frase in contestazione, al di là dell’asser intenzione dell’agente, opera espresso riferimento a «bambine», e quindi a minorenni, quali destinatarie delle condotte di aggressione sessuale. Né il ricorrente ha indicato elementi obiettivamente rilevabili dai quali i lettori d messaggio avrebbero potuto ritenere che il termine «bambine» era riferito a persone maggiorenni.
In secondo luogo, ancora ai fini dell’integrazione dell’elemento oggettivo della fattispecie applicata, l’istigazione deve avvenire «pubblicamente».
Per definire i limiti di tale nozione, soccorre l’art. 266, terzo comma, cod. pen., il quale indica quando, «gli effetti della legge penale, il reato si conside avvenuto pubblicamente».
In particolare, secondo la disposizione citata, il reato si considera avvenuto pubblicamente quando il fatto è commesso «col mezzo della stampa o con altro mezzo di propaganda».
Ciò posto, risulta corretto ritenere che un account presente sulla piattaforma Twitter, utilizzato per comunicare un messaggio, costituisce «mezzo di propaganda», specie se, come nella vicenda in esame, il testo è immediatamente e liberamente accessibile ad un numero considerevole di persone.
In terzo luogo, sempre ai fini della sussistenza del fatto tipico del delitto d cui art. 414-bis cod. pen., l’istigazione deve essere “concretamente” idonea ad indurre altri alla commissione dei reati evocati e deve essere ac:certata in relazione alla specifica vicenda sulla base di accettabili massime di esperienza.
7.1. La necessità che l’istigazione sia concretamente idonea ad indurre altri alla commissione dei reati evocati è stata già affermata dall’unico precedente specifico massimato in tema di art. 414-bis cod. pen.
Secondo questa decisione, il delitto di istigazione o apologia a pratiche di pedofilia e di pedopornografia è un reato di pericolo concreto, richiedendo l’effettiva idoneità della condotta ad indurre altri alla commissione di reati analoghi a quelli istigati o di cui si è fatta apologia, ed a dolo generico, essendo del tut irrilevanti il fine particolare perseguito ed i motivi dell’agire (Sez. 3, n. 23943 04/05/2021, C., Rv. 281486-01).
Ma, più in generale, è del tutto convergente e consolidata l’elaborazione della giurisprudenza costituzionale e di legittimità in tema di delitti di istigazione delinquere e di apologia di reato: queste fattispecie sono ritenute configurabili solo quando si tratti di manifestazioni di pensiero che, per le loro modalità, integrino un «comportamento concretamente idoneo a provocare la commissione di delitti» (così, nella giurisprudenza costituzionale, Corte cost., ord. n. 56 del 2023, e Corte Cost., sent. n. 65 del 1979; cfr., inoltre, nella giurisprudenza di legittimità, tr tante, Sez. 5, n. 48247 del 12/09/2019, COGNOME, Rv. 277428-01, e Sez. 2, n. 26315 del 29/03/2018, Abshir, Rv. 273019-01).
7.2. La sussistenza del requisito della “concreta” idoneità del comportamento di istigazione a provocare la commissione di delitti deve essere accertata nel singolo caso (così Corte cost., ord. n. 56 del 2023, con riferimento al reato di istigazione a delinquere di cui all’art. 414 cod. pen.).
La verifica, inoltre, proprio perché diretta ad appurare il pericolo concreto della genesi del proposito criminoso in altre persone, deve essere compiuta sulla base di un giudizio ex ante, secondo il criterio della prognosi postuma, e cioè avendo riferimento alla situazione che si presentava all’imputato al momento del compimento degli atti, in base alle condizioni prevedibili del caso (cfr., per questo criterio, di comune impiego con riferimento ai reati di pericolo concreto, tra le tante, Sez. 2, n. 36311 del 12/07/2019, NOME COGNOME, Rv. 277032-02, e Sez. 5, n. 37196 del 28/03/2017, COGNOME, Rv. 270914-01).
Si tratta, quindi, di un accertamento riservato al giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità, se correttamente motivato (cfr., per questa precisazione, Sez. 1, n. 25833 del 23/04/2012, Testi, Rv. 253101-01, anch’essa relativa al reato di istigazione a delinquere di cui all’art. 414 cod. pen.).
7.3. Posti questi principi, immune da vizi risulta la conclusione della sentenza impugnata in ordine alla avvenuta integrazione del requisito della “concreta” idoneità del comportamento di istigazione a provocare la commissione di delitti del tipo elencato dalla disposizione appena citata.
Invero, il messaggio, per quanto lapidario, aveva l’obiettivo significato di incitare a compiere reati sessuali in danno di minorenni, ed è stato diffuso con un mezzo idoneo a raggiungere un numero molto elevato ed indeterminabile di persone. A quest’ultimo proposito, occorre ricordare che l’account di Twitter denominato @Peppinosexy, sul quale il testo è stato pubblicato, aveva ben 241 followers, e che il messaggio poteva raggiunge anche altre persone, come confermato dal fatto che le segnalazioni all’autorità giudiziaria sono state effettuate da persone che non “seguivano” detto account.
Ora, l’obiettivo significato del messaggio e l’elevatissima potenzialità diffusiva dello stesso sono elementi di fatto che rendono non manifestamente illogica la
conclusione della Corte d’appello in ordine alla sussistenza del requisito della “concreta” idoneità del comportamento accertato a provocare la commissione di delitti delle tipologie indicate dall’art. 414-bis cod. pen.
Alla infondatezza delle censure segue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. In caso di diffusione del presente provvedimento, si omettano le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell’art. 52 del ci.lgs. n. 196/20 Così deciso in data 13/02/2024
Il Consigliere estensore
COGNOMEIl Presidente