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Inammissibilità ricorso: niente spese se cessa l’interesse

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità ricorso presentato da tre imputati avverso una sentenza di patteggiamento per reati fiscali. La decisione si fonda sulla sopravvenuta carenza di interesse, poiché il giudice di merito aveva corretto d’ufficio l’errore che aveva motivato l’impugnazione. La Corte ha stabilito che, non essendo la causa di inammissibilità imputabile ai ricorrenti, questi non devono essere condannati al pagamento delle spese processuali.

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Pubblicato il 12 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità ricorso: quando la Cassazione annulla senza condanna alle spese

L’inammissibilità ricorso in Cassazione è un esito che spesso comporta per il ricorrente la condanna al pagamento delle spese processuali. Tuttavia, un’ordinanza della Suprema Corte chiarisce un’importante eccezione: se l’interesse a ricorrere viene meno per una causa non imputabile all’imputato, non può esserci alcuna condanna alle spese. Analizziamo insieme questa interessante pronuncia.

I Fatti del Caso

Tre individui, a seguito di una sentenza di applicazione della pena su richiesta (cd. ‘patteggiamento’) per reati fiscali, avevano ricevuto una condanna a un anno di reclusione ciascuno. Gli imputati decidevano di presentare ricorso per Cassazione lamentando la mancata concessione della sospensione condizionale breve della pena, un beneficio previsto dal codice penale.

Il giorno successivo alla presentazione del ricorso, accadeva un fatto decisivo: il Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) che aveva emesso la sentenza, accorgendosi dell’omissione, provvedeva d’ufficio a una correzione materiale del provvedimento, concedendo il beneficio richiesto. A questo punto, venendo meno il motivo del contendere, i difensori degli imputati rinunciavano formalmente al ricorso.

La Decisione della Corte sull’Inammissibilità Ricorso

La Corte di Cassazione, presa in esame la rinuncia, ha dichiarato l’inammissibilità ricorso. La questione centrale, tuttavia, non era tanto la declaratoria di inammissibilità in sé, quanto le sue conseguenze economiche per i ricorrenti. Di norma, chi ‘perde’ un ricorso, anche per inammissibilità, viene condannato alle spese.

In questo caso, però, la Corte ha ragionato diversamente. L’interesse a proseguire il giudizio era svanito non per un ripensamento o una negligenza dei ricorrenti, ma per un evento esterno e successivo alla proposizione del ricorso: la correzione dell’errore da parte dello stesso giudice che lo aveva commesso. Si è configurata, quindi, una ‘sopravvenuta carenza di interesse’ non imputabile ai ricorrenti.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte si basa su un principio di equità e logica processuale. I giudici hanno sottolineato che la declaratoria di inammissibilità per carenza di interesse sopravvenuta, quando derivante da una causa non imputabile al ricorrente, non equivale a una ‘soccombenza’. La soccombenza implica una sconfitta nel merito o una colpa procedurale, elementi qui del tutto assenti.

I ricorrenti avevano agito legittimamente per tutelare un loro diritto e la loro doglianza si è rivelata fondata, tanto che il giudice a quo ha corretto il proprio errore. Penalizzarli con la condanna alle spese sarebbe stato ingiusto e contrario alla logica del sistema. La Corte ha richiamato precedenti giurisprudenziali conformi, consolidando l’orientamento secondo cui il venir meno dell’interesse alla decisione, se non causato dal ricorrente, non può configurare un’ipotesi di soccombenza e, di conseguenza, non può giustificare la condanna al pagamento delle spese processuali né al versamento di somme alla Cassa delle ammende.

Le Conclusioni

Questa ordinanza offre un’importante tutela per chi si trova a dover impugnare un provvedimento giudiziario a causa di un errore del giudice. Stabilisce chiaramente che se la ragione del ricorso viene sanata nel corso del procedimento per iniziativa dello stesso organo giudicante, l’inevitabile inammissibilità ricorso che ne consegue non deve tradursi in un onere economico per il cittadino. Si tratta di una precisazione fondamentale che rafforza il diritto di difesa, evitando che l’esercizio di tale diritto possa portare a conseguenze negative ingiustificate a causa di eventi procedurali non controllabili dalla parte.

Perché il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché, dopo la sua presentazione, il giudice di primo grado ha corretto l’errore che ne costituiva l’oggetto, facendo così venire meno l’interesse dei ricorrenti a ottenere una pronuncia dalla Corte di Cassazione.

I ricorrenti sono stati condannati al pagamento delle spese processuali?
No. La Corte ha stabilito che i ricorrenti non dovessero pagare le spese processuali né versare alcuna somma alla Cassa delle ammende, poiché la causa dell’inammissibilità (la sopravvenuta carenza di interesse) non era a loro imputabile.

Cosa significa che la carenza di interesse non è ‘imputabile’ al ricorrente?
Significa che la ragione per cui il ricorso è diventato inutile non dipende da una scelta, un errore o una negligenza del ricorrente, ma da un evento esterno, come in questo caso la correzione del provvedimento da parte dello stesso giudice che lo aveva emesso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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