Inammissibilità ricorso Cassazione: quando i motivi sono troppo generici
L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio pratico dei requisiti di ammissibilità di un’impugnazione, chiarendo perché la Corte Suprema possa dichiarare l’inammissibilità ricorso Cassazione. Questo provvedimento si concentra sulla necessità di presentare motivi di ricorso specifici e non meramente assertivi, analizzando il delicato confine tra reato tentato e reato consumato nel contesto di un furto aggravato.
I fatti di causa
Due soggetti venivano condannati in primo e secondo grado per il reato di furto aggravato, ai sensi degli articoli 624 e 625 del codice penale. La Corte d’Appello di Catania confermava la loro responsabilità penale. Contro questa decisione, gli imputati proponevano separati ricorsi per Cassazione, affidandosi a due motivi principali, comuni a entrambi gli atti.
I motivi del ricorso e la valutazione della Corte
I ricorrenti lamentavano, in primo luogo, una violazione dell’articolo 530, comma 1, del codice di procedura penale, sostenendo una presunta mancanza di offensività del fatto. In secondo luogo, contestavano la mancata applicazione dell’articolo 131-bis del codice penale sulla particolare tenuità del fatto e la qualificazione del reato come consumato anziché tentato (art. 56 c.p.). La Corte ha analizzato entrambi i motivi, giungendo a una conclusione netta.
Le ragioni della dichiarata inammissibilità ricorso Cassazione
La Suprema Corte ha ritenuto entrambi i motivi di ricorso manifestamente infondati, conducendo a una declaratoria di inammissibilità ricorso Cassazione.
Il primo motivo, relativo all’offensività, è stato giudicato come basato su ‘enunciati del tutto assertivi’, ovvero affermazioni generiche e non supportate da argomentazioni legali concrete, inidonee a costituire una valida censura di legittimità.
Per quanto riguarda il secondo motivo, la Corte ha osservato come i ricorrenti non si fossero confrontati adeguatamente con la motivazione della sentenza d’appello. I giudici di secondo grado avevano spiegato in modo logico e congruo che il reato era già consumato al momento dell’intervento della polizia. Gli autori del furto si erano già impossessati dei beni, completando così l’iter criminoso. Questa circostanza, unita alla presenza di due aggravanti, rendeva la pena edittale minima incompatibile con l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.
Le motivazioni
La decisione della Corte si fonda su un principio cardine del processo di legittimità: il ricorso per Cassazione non è una terza istanza di giudizio sul merito dei fatti, ma un controllo sulla corretta applicazione della legge e sulla logicità della motivazione della sentenza impugnata. I ricorsi che si limitano a riproporre le stesse argomentazioni già respinte in appello, senza criticare specificamente il ragionamento del giudice precedente, sono destinati all’inammissibilità. In questo caso, la Corte ha stabilito che la qualificazione del reato come consumato era stata correttamente motivata dalla Corte d’Appello, e i ricorrenti non hanno fornito elementi validi per contestare tale conclusione. Di conseguenza, la richiesta di applicare l’art. 131-bis era preclusa in radice, dato che la pena minima prevista per il furto aggravato consumato non lo consente.
Le conclusioni
La Corte di Cassazione, dichiarando l’inammissibilità dei ricorsi, ha condannato i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Inoltre, ravvisando una colpa nell’aver proposto un’impugnazione palesemente infondata, li ha condannati al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa ordinanza ribadisce un monito fondamentale per la difesa: un ricorso per Cassazione deve essere tecnicamente rigoroso, specifico e critico nei confronti della decisione impugnata, evitando argomentazioni vaghe o assertive che non possono trovare accoglimento in sede di legittimità.
Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso?
La Corte ha dichiarato l’inammissibilità perché i motivi presentati erano generici, assertivi e non si confrontavano specificamente con le ragioni logiche e giuridiche esposte nella sentenza della Corte d’Appello.
Qual è la differenza tra furto tentato e consumato secondo la decisione?
Secondo la Corte, il furto è consumato nel momento in cui l’agente si impossessa dell’oggetto materiale del reato. Nel caso di specie, questo era già avvenuto prima dell’intervento della polizia giudiziaria, rendendo il reato consumato e non solo tentato.
Perché non è stata applicata la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.)?
Non è stata applicata perché il reato era stato qualificato come furto consumato e aggravato da due circostanze. La pena minima prevista dalla legge per tale fattispecie non consente l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 32624 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 32624 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 25/06/2025
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME nato a PIAZZA ARMERINA il DATA_NASCITA
COGNOME NOME nato a PIAZZA ARMERINA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 21/11/2024 della CORTE APPELLO di CATANIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME e NOME COGNOME ricorrono, con separato atto, avverso l sentenza della Corte di appello di Catania che ne ha confermato la penale responsabilità per furto aggravato (artt. 624 e 625, nn. 2 e 5, cod. pen.);
considerato che:
il primo motivo di entrambi i ricorsi – con cui si denuncia la violazione dell’art. comma 1, cod. proc. pen. circa l’offensività del fatto – si affida a enunciati del tutto assertivi, a costituire effettive censure di legittimità al provvedimento impugnato (Sez. 6, n. 8700 21/01/2013, Leonardo, Rv. 254584 – 01)
il secondo motivo di entrambi i ricorsi – con cui si lamenta la violazione degli artt. bis e 56 cod. pen. – non si confronta con la motivazione della decisione impugnata (Sez. 6, n. 8700/2013, cit.), che ha indicato in maniera congrua e logica le ragioni per cui si è ritenuto che momento dell’intervento della polizia giudiziaria, vi era già stato l’impossessamento dell’ogget materiale del reato (cfr. p. 6) e, dunque, esso era consumato, con la conseguenza che – ricorrendo le due aggravanti del delitto di furto – la pena edittale minima non consente di fare applicazione d causa di non punibilità prevista dall’art. 131-bis cit.; tale iter non può qui essere utilimente censurato per il tramite delle allegazioni in fatto contenute nei ricorsi;
ritenuto che, pertanto, deve essere dichiarata l’inammissibilità dei ricorsi, cui consegue ex art. 616 cod. proc. pen. la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali nonché ravvisandosi profili di colpa in ragione dell’evidente inammissibilità dell’impugnazione (cfr. C cost., sent. n. 186 del 13/06/2000; Sez. 1, n. 30247 del 26/01/2016, Failla, Rv. 267585 – 01) versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in euro tremila;
P. Q. M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processual e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 25/06/2025.