Inammissibilità Ricorso Cassazione: Quando i Motivi Riguardano il Fatto
L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio di un principio fondamentale del nostro sistema processuale: i limiti del giudizio davanti alla Corte di Cassazione. Attraverso l’analisi di un caso di detenzione di stupefacenti, la Suprema Corte ribadisce la netta distinzione tra il giudizio di merito e quello di legittimità, sanzionando con l’inammissibilità del ricorso in Cassazione i tentativi di rimettere in discussione l’accertamento dei fatti. Questo provvedimento è cruciale per comprendere come e quando è possibile adire la più alta corte della giurisdizione.
I Fatti di Causa
Il caso ha origine da una condanna per il reato di detenzione di sostanze stupefacenti ai fini di spaccio. L’imputato, dopo la condanna in Corte d’Appello, ha proposto ricorso per cassazione. La vicenda fattuale, come ricostruita dai giudici di merito, vedeva il ricorrente individuato in una via centrale di Milano durante le ore notturne. Alla vista dei militari, l’uomo si dava alla fuga, nascondendosi accovacciato presso una grata. A seguito del controllo, veniva trovato in possesso di un quantitativo di stupefacente già suddiviso in dosi, pronte per la vendita.
I Motivi del Ricorso e l’Inammissibilità in Cassazione
Il ricorrente basava la sua difesa su tre motivi principali:
1. Errata affermazione di responsabilità: Sosteneva che la sostanza fosse per uso personale e non per lo spaccio.
2. Mancata concessione delle attenuanti generiche: Riteneva di aver diritto a una riduzione della pena.
3. Omessa applicazione di pene sostitutive: Chiedeva l’applicazione di sanzioni alternative alla detenzione.
La Corte di Cassazione, tuttavia, ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso in Cassazione in toto, senza entrare nel merito delle questioni sollevate. La ragione di tale decisione risiede nella natura stessa dei motivi proposti.
La Distinzione tra Merito e Legittimità
Il primo motivo, relativo alla destinazione della droga, investiva direttamente la valutazione delle prove e la ricostruzione dei fatti. La difesa cercava di offrire una lettura alternativa delle circostanze (la fuga, il nascondiglio, le dosi), un’operazione che è di esclusiva competenza del giudice di merito (Tribunale e Corte d’Appello). La Corte di Cassazione non è un “terzo grado” di giudizio dove si possono riesaminare le prove, ma un organo di legittimità che verifica solo la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata.
Le Motivazioni della Suprema Corte
La Corte ha ritenuto che la motivazione della Corte d’Appello fosse “congrua, esauriente ed idonea”. I giudici di secondo grado avevano logicamente dedotto la finalità di spaccio da una serie di elementi precisi e circostanziati: l’orario notturno, la fuga alla vista delle forze dell’ordine e, soprattutto, il confezionamento della sostanza in dosi pronte per la cessione a terzi. Secondo la Cassazione, questa ricostruzione era il risultato di un apprezzamento di fatto basato su una disamina completa delle risultanze processuali, privo di contraddittorietà o manifesta illogicità. Pertanto, tale valutazione è insindacabile in sede di legittimità.
Anche per quanto riguarda il trattamento sanzionatorio (secondo e terzo motivo), la Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito. La mancata concessione delle attenuanti generiche e delle pene sostitutive era stata adeguatamente motivata con riferimento ai precedenti penali specifici dell’imputato, considerati sintomatici di una sua propensione a delinquere. Anche questa è una valutazione di merito, immune da censure di legittimità se sorretta da una motivazione non viziata.
Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Pronuncia
Questa ordinanza è un monito fondamentale: un ricorso per cassazione deve essere fondato su vizi di legge o su vizi logici manifesti della motivazione, e non può trasformarsi in un tentativo di ottenere una nuova valutazione delle prove. L’inammissibilità del ricorso in Cassazione non solo rende definitiva la condanna, ma comporta anche conseguenze economiche per il ricorrente, condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, come nel caso di specie, quantificata in tremila euro. La decisione sottolinea l’importanza di strutturare un ricorso in modo tecnicamente corretto, concentrandosi esclusivamente sulle questioni ammesse nel giudizio di legittimità.
È possibile contestare la ricostruzione dei fatti davanti alla Corte di Cassazione?
No, la Corte di Cassazione non è un terzo grado di giudizio di merito. Il suo compito non è riesaminare le prove o i fatti, ma solo verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata. La valutazione dei fatti spetta esclusivamente ai giudici di primo e secondo grado.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati non rientravano tra quelli consentiti dalla legge per un ricorso in Cassazione. Invece di denunciare vizi di legittimità, il ricorrente ha tentato di rimettere in discussione la valutazione delle prove e la ricostruzione dei fatti operate dal giudice di merito, attività preclusa in sede di legittimità.
Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso viene dichiarato inammissibile, il ricorrente è condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro, equitativamente fissata dalla Corte, in favore della Cassa delle ammende. Nel caso specifico, la somma è stata fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 26676 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 26676 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 01/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: RAGIONE_SOCIALE nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 03/10/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
NOME COGNOME NOME ricorre per cassazione avverso la sentenza in epigrafe indicata quale è stato condannato per il reato di cui ali’ art. 73, comma 5, d.PR.309/1990, lam con unico motivo di ricorso, vizio della motivazione e violazione di legge in all’affermazione della responsabilità, in relazione all’uso personale dello stupefacent secondo motivo di ricorso, in relazione alla mancata concessione delle circostanze att generiche, e con il terzo, omessa applicazione delle pene sostitutive.
Con memoria il ricorrente ha ulteriormente illustrato ed articolato i motivi di insistendo per la fondatezza e formulando motivi aggiunti.
Il primo motivo di ricorso non rientra nel numerus clausus delle censure deducibili in sede di legittimità, investendo profili di valutazione della prova e di ricostruzione del fa alla cognizione del giudice di merito, le cui determinazioni, al riguardo, sono insind cassazione ove siano sorrette da motivazione congrua, esauriente ed idonea a dar dell’iter logico-giuridico seguito dal giudicante e delle ragioni del decisum. Nel caso di specie, la Corte d’appello ha inferito la sussistenza della finalità di spaccio dalle modalità di a del fatto, posto che il ricorrente è stato individuato in quanto, in orario notturn INDIRIZZO, alla vista dei militari, si dava alla fuga e si nascondeva accovaccian luogo nascosto, accanto ad una grata, nonchè dal quantitativo di stupefacente de suddiviso in dosi pronte per la vendita. Dalle cadenze motivazionali della sentenza d’a quindi enucleabile una ricostruzione dei fatti precisa e circostanziata, avendo i giudici grado preso in esame tutte le deduzioni difensive ed essendo pervenuti alla decisione at una disamina completa ed approfondita delle risultanze processuali, in nessun modo censur sotto il profilo della correttezza logica, e sulla base di apprezzamenti di fatto non in termini di contraddittorietà o di manifesta illogicità e perciò insindacabili in quest
Anche le determinazioni del giudice di merito in ordine al trattamento sanzionatori insindacabili in cassazione ove siano sorrette da motivazione esente da vizi logico-giuri caso di specie, la motivazione della sentenza impugnata è senz’altro da ritenersi a avendo la Corte territoriale fatto riferimento ai precedenti penali, anche specifici, della propensione dell’imputato a commettere reati.
Tenuto altresì conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzi rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbi il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibili declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro tremila.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese pro ed al versamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma il 1° marzo 2024
Il Consigliere estensore
GLYPH Il Presidente