Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 32522 Anno 2025
RITENUTO IN FATTO Penale Sent. Sez. 4 Num. 32522 Anno 2025 Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte di appello di Torino ha confermato la pronuncia emessa il 16 giugno 2021 dal Tribunale di Novara nei confronti di NOME Data Udienza: 21/05/2025
Tarek per il reato di cui all’art. 73, commi 4 e 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.
Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso il difensore dell’imputato che articola quattro motivi con cui, dopo aver premesso che le sentenze di merito non integrerebbero una ‘doppia conforme’, rispettivamente deduce:
2.1. Violazione degli artt. 360 e 191 cod. proc. pen. in quanto i campioni sequestrati a NOME COGNOME il 27 agosto 2018 dovevano essere sottoposti ad accertamento tecnico irripetibile, nonché inammissibilità della testimonianza del 16 giugno 2021 del teste Maresciallo NOME COGNOME. Il Tribunale non avrebbe dovuto acquisire la relazione tecnica sulla sostanza sequestrata né procedere al successivo esame del Maresciallo COGNOME (che procedette all’accertamento sulla sostanza sequestrata all’acquirente NOME COGNOME), giacché avrebbe dovuto disporre una rinnovazione istruttoria, con accertamento in contraddittorio con l’imputato ;
2.2. Violazione degli artt. 514 e 191 cod. proc. pen., inammissibilità dell’acquisizione del fascicolo fotografico prodotto all’udie nza del 28 aprile 2021. Si ricorda che già il precedente difensore dell’imputato si era opposto all’acquisizione del verbale di identificazione fotografica in quanto parte integrante delle sommarie informazioni testimoniali rilasciate alla polizia giudiziaria. Per il dibattimento si sarebbe infatti dovuto procedere con la ricognizione disciplinata dall’art. 214 cod. proc. pen.;
2.3. Violazione di legge e contraddittorietà della motivazione in ordine all’attendibilità dei testi COGNOME ed COGNOME. La Corte territoriale non avrebbe superato la contraddizione emersa in sede di esame del Maresciallo COGNOME, le cui dichiarazioni non consentirebbero di dire che avesse una perfetta visuale dell’azione descritta, tant’è che lo stesso si sarebbe smentito affermando di non essere in grado di vedere che cosa l’imputato avesse ceduto all’COGNOME. Questi non sarebbe stato in grado di riconoscere in maniera genuina ed autonoma l’imputato; l’identificazione fotografica sarebbe comunque viziata per essere inammissibile, come sopra precisato;
2.4. Violazione di legge e contraddittorietà della motivazione con riguardo al diniego delle circostanze attenuanti generiche: la Corte di appello non avrebbe tenuto conto del modesto quantitativo della sostanza rinvenuta, dell’atteggiamento collaborativo dell’imputato rispetto agli accertamenti di p.g.
Con requisitoria scritta, il Procuratore generale ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
Il ricorso è inammissibile, perché manifestamente infondato, nonché reiterativo di doglianze cui la Corte territoriale ha offerto risposta congrua, non manifestamente illogica e corretta in diritto.
Quanto al primo motivo . L’atto investigativo si configura come irripetibile con riferimento agli accertamenti tecnici che hanno ad oggetto persone, cose o luoghi soggetti a modificazioni tali da fare perdere loro, in tempi brevi, ogni valenza probatoria in relazione ai fatti oggetto di indagini e di un eventuale futuro giudizio (Sez. 6, n. 2999 del 18/11/1992, dep. 1993, Cornacchia, Rv. 193598). Pertanto, nell’ipotesi in cui il pubblico ministero disponga una consulenza tecnica su una res non soggetta a modifica nel tempo presumibilmente necessario per la celebrazione del dibattimento, nessun avviso è tenuto a dare all’indagato e al suo difensore. Su tali premesse, ad esempio, la consulenza disposta dal pubblico ministero su campioni di sostanze stupefacenti non costituisce accertamento tecnico irripetibile, atteso che tali sostanze conservano nel tempo le intrinseche caratteristiche e possono, pertanto, ove necessario, essere sottoposte a nuovo esame (Sez. 4, n. 53547 del 08/11/2017, Pisano, Rv. 271684; Sez. 4, n. 34176 del 19/07/2012, COGNOME, Rv. 253529; Sez. 4, n. 28195 del 29/04/2009, COGNOME, Rv. 244688; Sez. 4, n. 5808 del 01/12/2000, dep. 2001, COGNOME, Rv. 219445). La Corte territoriale ha peraltro osservato che ad andare distrutto all’esito delle analisi è soltanto il campione prelevato dall’intero al fine dello svolgimento dell’esame, rimanendo intatta la possibilità di svolgere nuovi accertamenti sul residuo della sostanza e che, comunque, il Giudice di primo grado non ha ammesso tout court la produzione della relazione del consulente perché ha disposto l’audizione di questi nel contraddittorio tra le parti, acquisendo solo all’esito l’elaborato tecnico dallo stesso predisposto. Osserva infine la sentenza impugnata che la relativa relazione, al pari delle dichiarazioni del consulente del pubblico ministero sull’attività svolta, avente ad oggetto la sostanza stupefacente, sono state ritualmente acquisite al dibattimento, nel rispetto del principio del contraddittorio.
Il secondo motivo appare generico, in quanto reiterativo, e manifestamente infondato in diritto. La sentenza impugnata ha correttamente richiamato (p. 5) il principio a mente del quale l’individuazione fotografica effettuata dal teste, nel giudizio, mediante le fotografie contenute nei verbali di individuazione fotografica redatti nella fase delle indagini preliminari costituisce attività del tutto legittima, in quanto i fascicoli fotografici conservano una loro sostanziale autonomia e possono, essere successivamente mostrati ai testimoni chiamati ad effettuare detto riconoscimento in sede di istruttoria dibattimentale, essendo del tutto superfluo sottoporre a questi ultimi altro e diverso fascicolo fotografico; né, d’altro canto, vi è alcuna norma processuale
che prescriva l’utilizzo di fascicoli fotografici diversi nelle due fasi in questione (Sez. 5, n. 19638 del 06/04/2011, Paolicelli, Rv. 250193).
In ogni caso, il ricorrente trascura il confronto con l’ emergenza istruttoria, valorizzata dal Tribunale insieme ai riconoscimenti fotografici: e cioè l’individuazione dell’imputato ad opera della p.g. che effettuava il servizio di osservazione e a cui l’imputato era noto. Meramente ripetitive si appalesano anche le doglianze sull’attendibilità dei testi maresciallo COGNOME (che ha effettato il servizio di osservazione) e dell’COGNOME (che aveva acquistato anche in passato droga dell’imputato) . COGNOME peraltro ricordare che gli accertamenti (giudizio ricostruttivo dei fatti) e gli apprezzamenti (giudizio valutativo dei fatti) cui il giudice del merito sia pervenuto attraverso l’esame delle prove, sorretto da adeguata motivazione esente da errori logici e giuridici, sono sottratti al sindacato di legittimità e non possono essere investiti dalla censura di difetto o contraddittorietà della motivazione solo perché contrari agli assunti del ricorrente; ne consegue che tra le doglianze proponibili quali mezzi di ricorso non rientrano quelle relative alla valutazione delle prove, specie se implicanti la soluzione di contrasti testimoniali, la scelta tra divergenti versioni ed interpretazioni, l’indagine sull’attendibilità dei testimoni e sulle risultanze peritali, salvo il controllo estrinseco della congruità e logicità della motivazione.
Nel caso di specie, il Tribunale ha dato analiticamente atto del vaglio della rispettiva attendibilità alla luce delle caratteristiche dei relativi racconti, le quali finiscono per risultare pienamente convergenti, emergendo che la p.g. in servizio di osservazione, pur non avendo visto specificamente l’oggetto consegnato dall’imputato all’COGNOME, ne ha dedotto la natura al momento del sequestro della droga nei confronti del medesimo COGNOME, inseguito senza soluzione di continuità e, quindi, senza che possa ipotizzarsi ragionevolmente, neanche in astratto, l’acquisto della detta droga da altri. Il terzo motivo è quindi inammissibile.
Generiche e manifestamente infondate, infine, sono le doglianze relative al diniego delle circostanze attenuanti generiche di cui al quarto motivo di ricorso. La Corte di appello di Torino, con giudizio di merito congruo, pertanto non sindacabile in sede di legittimità, non ha invero ravvisato «elementi valorizzabili a tal fine», in conformità al principio di diritto per cui il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente motivato dal giudice con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo, a maggior ragione dopo la riforma dell’art. 62bis , disposta con il d.l. 23 maggio 2008, n. 92, convertito con modifiche nella legge 24 luglio 2008, n. 125, per effetto della quale, ai fini della concessione della diminuente, non è più sufficiente il solo stato di incensuratezza dell’imputato (Sez. 1, n. 39566 del 16/02/2017, Starace, Rv. 270986).
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 21 maggio 2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME