Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 30093 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 30093 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nata ad Avellino il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 30/11/2023 del Tribunale di Caltanissetta visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza emessa il 30 novembre 2023, e depositata il 14 dicembre 2023, il Tribunale di Caltanissetta, pronunciando in materia di misure cautelari personali, ha disposto l’applicazione nei confronti di NOME COGNOME della misura interdittiva del divieto temporaneo di esercitare l’attività di impresa e di rivest uffici direttivi delle persone giuridiche per la durata di sei mesi, in parzi accoglimento dell’appello proposto dal AVV_NOTAIO della Repubblica presso il
Tribunale di Caltanissetta avverso l’ordinanza del G.i.p. del Tribunale di Caltanissetta.
L’ordinanza del Tribunale del riesame ha disposto l’applicazione della misura interdittiva per i delitti di cui ai capi 13) e 23), previa riqualificazione degli s a norma dell’art. 10-quater d.lgs. n. 74 del 2000. Secondo quanto indicato nel provvedimento impugnato, i fatti hanno ad oggetto la messa a disposizione delle società “RAGIONE_SOCIALE” e “RAGIONE_SOCIALE” di personale formalmente assunto dal RAGIONE_SOCIALE “RAGIONE_SOCIALE“, di cui NOME COGNOME è stata amministratrice dal 27 novembre 2019, effettuata mediante contratti di appalto comportanti su quest’ultimo ente il carico dei debiti previdenziali, contributivi e fiscali connessi ai rapporti di lavoro subordinati, e accompagnata dalla simulazione del pagamento delle somme dovute a tale titolo mediante compensazione delle stesse con crediti inesistenti; i crediti inesistenti utilizzati per le ind compensazioni sarebbero di importo pari a 76.818,72 per il capo 13) e a 75.025,61 euro per il capo 23).
Ha presentato ricorso per cassazione avverso l’ordinanza indicata in epigrafe NOME COGNOME, con atto sottoscritto dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, articolando tre motivi.
2.1. Con il primo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento agli artt. 10-quater d.lgs. n. 74 del 2000 e 649 cod. proc. pen., a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., avuto riguardo alla ritenuta violazione del divieto di bis in idem cautelare.
Si deduce che l’ordinanza impugnata illegittimamente esclude la violazione del bis in idem cautelare tra i fatti contestati alla ricorrente nel presente procedimento, e di cui ai capi 13) e 23), e quelli contestati alla medesima nel procedimento davanti al Tribunale di Torino, avente n. 24781/2019 R.G.N.R.
Si osserva, innanzitutto, che sia i fatti di cui ai capi 13) e 23) del present procedimento, sia i fatti di cui al procedimento pendente a Torino hanno oggetto indebite compensazioni mediante crediti inesistenti negli anni 2018 e 2019, effettuate dal RAGIONE_SOCIALE“.
Si rappresenta, poi, che l’affermazione dell’ordinanza impugnata, secondo cui i delitti di indebita compensazione «attengono a compensazioni distinte, effettuate a vantaggio di imprese beneficiarie diverse», è errata, perché i crediti ritenuti fittizi, proprio per il meccanismo fraudolento ipotizzato, provenivano necessariamente da società diverse da quelle che beneficiavano della messa a disposizione della manodopera, e compensavano debiti gravanti direttamente sul RAGIONE_SOCIALE. Si evidenzia che, anzi, secondo quanto si evince dalle pagg. 25, 26 e 27 dell’ordinanza impugnata, i crediti – ritenuti fittizi
utilizzati in compensazione dal RAGIONE_SOCIALE “RAGIONE_SOCIALE” per estinguere i debiti relativi ai lavoratori messi a disposizione delle ditte operanti Caltanissetta, e quindi anche delle società “RAGIONE_SOCIALE” e “RAGIONE_SOCIALE“, sono riferibili alle società “RAGIONE_SOCIALE“, “RAGIONE_SOCIALE “RAGIONE_SOCIALE“, “RAGIONE_SOCIALE“, “RAGIONE_SOCIALE“, “RAGIONE_SOCIALE“, “RAGIONE_SOCIALE“, e, quindi, corrispondono esattamente a quelli post a base dell’imputazione elevata per il reato di indebita compensazione nel procedimento pendente a Torino a carico di NOME COGNOME quale amministratrice del RAGIONE_SOCIALE “RAGIONE_SOCIALE“.
2.2. Con il secondo motivo, si denuncia vizio di motivazione, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., avuto riguardo alla ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza. Si deduce che erroneamente l’ordinanza impugnata ritiene la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza a carico dell’attuale ricorrente, perché non ha considerato l’impossibilità per la stessa di effettuare le indebite compensazioni contestate. Si segnala che l’attuale ricorrente è stata amministratrice del RAGIONE_SOCIALE” dal 27 novembre 2019 al 20 dicembre 2019, data di sequestro del compendio aziendale disposto dal Tribunale di Torino con contestuale nomina di amministratore giudiziario, come da documentazione prodotta al Tribunale di Caltanissetta, e che, comunque, la stessa imputazione provvisoria delimita la condotta della donna al periodo compreso tra il 27 novembre 2019 ed il 31 dicembre 2019. Si osserva che: a) è impossibile ritenere commessa la condotta contestata in soli ventidue giorni; b) secondo quanto risulta dalle verifiche fiscali, le compensazioni sono state operate in epoca antecedente alla data in cui l’attuale ricorrente ha assunto l’incarico di amministratrice de RAGIONE_SOCIALE“; c) non sono indicate tipologie di attribuzione di responsabilità dei fatti all’attuale ricorrente diverse da quella consistent nell’assunzione e nello svolgimento delle funzioni di amministratrice di diritto del RAGIONE_SOCIALE. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
2.3. Con il terzo motivo, si denuncia vizio di motivazione, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., avuto riguardo alla ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari nei confronti dell’attuale ricorrente.
Si deduce che l’ordinanza impugnata ha erroneamente ipotizzato la sussistenza di esigenze cautelari per l’attualità del pericolo di reiterazione omettendo di considerare che le condotte in contestazione sono cessate già nel dicembre 2019, ossia quattro anni prima del provvedimento coercitivo, e che non risultano ulteriori comportamenti dell’attuale ricorrente, successivi a quel periodo, da cui inferire il rischio di reiterazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato nei limiti e per le ragioni di seguito precisati.
Manifestamente infondate sono le censure esposte nel primo motivo, che contestano la violazione del divieto di bis in idem, deducendo che i fatti oggetto del presente procedimento sono gli stessi che costituiscono oggetto del procedimento penale pendente a Torino.
2.1. Il divieto di bis in idem non derivante da giudicato, come afferma ripetutamente la giurisprudenza, anche a Sezioni Unite, riguarda solo le situazioni di litispendenza relative a procedimenti pendenti avanti a giudici egualmente competenti e non produttive di una stasi del rapporto processuale, come tali non regolate dalle disposizioni sui conflitti positivi di competenza, che restano invece applicabili alle ipotesi di duplicazione del processo innanzi a giudici di diverse sedi giudiziarie, uno dei quali è incompetente (così Sez. U, n. 34655 del 28/06/2005, COGNOME, Rv. 231800 – 01, nonché Sez. 6, n. 41380 del 19/09/2023, COGNOME, Rv. 285354 – 01, e Sez. 5, n. 10037 del 19/01/2017, COGNOME, Rv. 269422 – 01).
Le Sezioni Unite, in particolare, hanno precisato: «Il riferimento alle regole sui conflitti risulta indubbiamente corretto nei casi di duplicazione del processo dinanzi a sedi giudiziarie diverse, dato che la contemporanea cognizione dell’identica regiudicanda ad opera di giudici differenti, uno dei quali è certamente incompetente, integra un “conflitto positivo proprio” risolubile mediante l’applicazione delle disposizioni degli arti 28 e segg.- In simili casi, il criter risoluzione della litispendenza deve essere costituito dall’applicazione delle disposizioni del codice che regolano la competenza, che devono sempre prevalere sui parametri empirici della progressione o della maggiore ampiezza della regiudicanda, il cui impiego può considerarsi consentito a condizione che la concentrazione dei procedimenti si realizzi dinanzi al giudice “precostituito per legge” in base alle norme sulla competenza» (Sez. U, n. 34655 del 28/06/2005, cit., in motivazione, § 3.2). Ed hanno aggiunto: «l’operatività del principi AVV_NOTAIO del ne bis in idem presuppone proprio la pluralità di procedimenti ed è subordinata alle sole condizioni della perfetta coincidenza della regiudicanda (stesso imputato e medesimo fatto), dell’identità dell’ufficio del pubblico ministero che ha esercitato l’azione penale e dell’identità dell’ufficio del giudice chiamato a pronunciare una decisione rispetto alla quale, avendo già provveduto sul medesimo oggetto, ha definitivamente esaurito il suo compito» (Sez. U, n. 34655 del 28/06/2005, cit., in motivazione, § 5.2).
Sembra utile rappresentare, inoltre, che, nel caso di procedimenti pendenti davanti ad uffici giudiziari diversi, l’applicazione del principio del ne bis in idem e
non delle disposizioni sui conflitti positivi di competenza finirebbe per infrangere i complesso sistema procedurale apprestato dal legislatore per la salvaguardia degli ambiti di giurisdizione riconosciuti a ciascun giudice, sostituendolo arbitrariamente con quello della priorità della procedura (vds., per questa osservazione, Sez. 5, n. 10037 del 19/01/2017, cit.).
2.2. Facendo applicazione del principio precedentemente indicato, risulta evidente che, nella specie, non è in alcun modo ipotizzabile l’applicazione del divieto di bis in idem.
Nella specie, infatti, il procedimento asseritamente relativo ai medesimi fatti e nei confronti della i’persona è pendente in una sede giudiziaria, Torino, ben distinta da quella in cui è radicato il presente procedimento, Caltanissetta. Per nessuno di essi, inoltre, si è pervenuti ad una sentenza irrevocabile.
Di conseguenza, allo stato, in considerazione di quanto esposto in precedenza al § 2.1., l’attuale ricorrente, per contestare l’asserita indebita duplicazione d procedimenti, è ammessa a fruire dei rimedi previsti per i conflitti di competenza, ma non può certo invocare una pronuncia di non luogo a procedere per violazione del principio del ne bis in idem.
Fondate, invece, sono le censure formulate nel secondo motivo, le quali contestano l’affermazione della sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico dell’attuale ricorrente, deducendo che l’ordinanza impugnata ha omesso di considerare circostanze di fatto decisive a favore dell’attuale ricorrente, in particolare relative alla brevità del periodo in cui la stessa ha ricoperto le funzion di amministratrice del RAGIONE_SOCIALE e all’assenza di compensazioni operate da tale ente durante il precisato periodo.
3.1. L’ordinanza impugnata ritiene che NOME COGNOME, quale legale rappresentante del consorzio “RAGIONE_SOCIALE” dal 27 novembre 2019 al 31 dicembre 2019, avrebbe effettuato compensazioni di crediti inesistenti per “occultare” il mancato pagamento degli oneri previdenziali e fiscali relativi ai lavoratori formalmente assunti dal consorzio, ma in realtà in servizio presso la “RAGIONE_SOCIALE” per un importo complessivo di 78.818,72 euro (capo 13), ovvero in servizio presso la “RAGIONE_SOCIALE” importo complessivo di 75.025,61 euro (capo 23). Secondo quanto indicato nelle imputazioni di cui ai capi 13 e 23, le indebite compensazioni effettuate dal consorzio “RAGIONE_SOCIALE” con riferimento agli oneri previdenziali e fiscali relativi ai lavoratori mess disposizione della “RAGIONE_SOCIALE” e della “RAGIONE_SOCIALE” sono avvenuti dall’ gennaio 2018 al 31 dicembre 2019.
A fondamento di questa conclusione, il Tribunale premette che gli accertamenti erano partiti dalle dichiarazioni di alcune persone, le quali avevano
riferito di essere state contattate dai coniugi NOME COGNOME e NOME COGNOME per lavorare presso imprese della provincia di Caltanissetta, e, però, di essere state formalmente assunte da ditte diverse da quelle indicate nella proposta di lavoro, tra le quali la “RAGIONE_SOCIALE“, facenti capo al consorzio “RAGIONE_SOCIALE“.
Il Tribunale, poi, osserva che i successivi accertamenti hanno consentito di accertare che COGNOME e COGNOME avevano operato per vari enti e società, come il consorzio “RAGIONE_SOCIALE“, “RAGIONE_SOCIALE“, “RAGIONE_SOCIALE” e “RAGIONE_SOCIALE“, i quali: a) assumevano alle loro dipendenze diversi lavoratori e, poi, mettevano gli stessi a disposizione di imprese aventi sede nel nisseno, tra cui appunto la “RAGIONE_SOCIALE” e la “RAGIONE_SOCIALE“, sulla base di contratti appalto di servizi, applicando ai prestatori di lavoro condizioni deteriori rispetto quelle ordinarie in materia di retribuzioni, orari di lavoro, compensi per straordinari, permessi e trattamenti di fine rapporto; b) erano privi di compendio aziendale e non avevano mai presentato dichiarazioni IVA; c) avevano compensato, nel periodo tra il 2016 ed il 2021, i debiti previdenziali con altri credit anche attraverso il meccanismo del c.d. “accollo tributario”.
Il Tribunale, in particolare, segnala che il consorzio “RAGIONE_SOCIALE“, di cui è stata amministratrice l’attuale ricorrente, ha effettuat compensazioni indebite: a) nell’anno 2019 per 616.113,00 euro, mediante il meccanismo del c.d. “accollo tributario”, ed utilizzando crediti di imposta di società di cui è stata disposta la cessazione d’ufficio della partita IVA, ed alcune delle quali accollanti anche per la “RAGIONE_SOCIALE“; b) nell’anno 2018 per 249.581,98 euro, mediante il meccanismo del c.d. “accollo tributario”, utilizzando crediti di imposta di società spesso risultate irreperibili e che, comunque, non hanno presentato alcuna dichiarazione fiscale oltre quelle ai fini IVA per il 2017, recanti, appunto, crediti ceduti per consentire le compensazioni. Precisa che, nel 2019, le compensazioni effettuate dal consorzio “RAGIONE_SOCIALE” sono avvenute: 1) il 24 maggio 2019 per 55.976,39 euro; 2) il 28 maggio 2019 per 48.906,64 euro; 3)1’11 giugno 2019 per 24.111,38 euro; 4) il 18 giugno 2019 per 60.802,86; 5) il 16 e il 17 luglio 2019 per complessivi 98,922,07 euro; 6) il 24 luglio 2019 per 872,77; 7) il 20 agosto 2019 per 70.213,73 euro (cfr. pag. 26 dell’ordinanza impugnata). Aggiunge che, all’atto dei controlli presso la sede del consorzio, il legale rappresentante è risultato irreperibile.
Il Tribunale, quindi, rappresenta, con riguardo al dolo, che i legali rappresentanti delle ditte appaltatrici, come appunto l’attuale ricorrente in relazione al consorzio “RAGIONE_SOCIALE“, «hanno realizzato le operazioni di indebita compensazione descritte nelle imputazioni ora richiamate , nella indiscutibile consapevolezza
che i crediti opposti in compensazione fossero assolutamente inesistenti, in quanto derivanti da fraudolente annotazioni nelle scritture contabili e dalla falsa annotazione di fatture emesse per operazioni inesistenti». E aggiunge: «l’assunzione della gestione, anche solo da un punto di vista formale delle società coinvolte (come, ad esempio, nel caso di COGNOME NOME, della RAGIONE_SOCIALE) e, conseguentemente, della regia e della supervisione delle operazioni illecite dalle stesse poste in essere implica la piena consapevolezza, in capo ai soggetti agenti, del sistema fraudolento complessivo, alla cui realizzazione era, del resto, unicamente finalizzata la previa assunzione del debito fiscale mediante fittizi contratti di appalto».
3.2. Le conclusioni dell’ordinanza impugnata sono viziate laddove ritengono sussistenti i gravi indizi di colpevolezza a carico dell’attuale ricorrente con riguardo alla materialità della condotta.
Invero, all’attuale ricorrente è contestata la condotta di aver effettuato le indebite compensazioni quale legale rappresentante del consorzio “RAGIONE_SOCIALE” dal 27 novembre 2019 al 31 dicembre 2019. Tuttavia, le indebite compensazioni effettuate dal precisato consorzio, nel corso del 2019, per come si è evidenziato riportando i dati esposti nell’ordinanza impugnata a pag. 26, sono state compiute nelle date tra il 24 maggio ed il 20 agosto, ossia in epoca in cui l’attuale ricorrente non rivestiva la qualità di legale rappresentante dell’ente, e anzi, in epoca precedente di oltre tre mesi l’assunzione della carica. Né, come si evidenzia anche nel ricorso, all’attuale ricorrente sono contestate forme di partecipazione alla condotta delittuosa diverse da quella consistente nell’assunzione e nello svolgimento delle funzioni di amministratrice del consorzio “RAGIONE_SOCIALE“.
Di conseguenza, l’ordinanza impugnata perviene a conclusioni sulla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico dell’attuale ricorrente del tutto scollegate, ed anzi in evidente contrasto, con le risultanze investigative da essa stessa indicate.
L’assenza di precisi riferimenti in ordine ai fatti concretamente attribuibili all’attuale ricorrente determina l’assorbimento delle censure enunciate nel terzo motivo, concernenti la sussistenza delle esigenze cautelari.
È evidente, infatti, che ogni valutazione in tema di esigenze cautelari presuppone, innanzitutto, un esatto accertamento del fatto che, in tesi, potrebbe costituire il titolo di applicazione della misura interdittiva.
Stante la fondatezza delle censure esposte nel secondo motivo, l’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio.
Il Giudice del rinvio accerterà, innanzitutto, se può ritenersi, in termini d gravità indiziaria, che l’attuale ricorrente abbia effettuato o concorso nell’effettuare le indebite compensazioni operate dal consorzio “RAGIONE_SOCIALE” con riferimento agli oneri previdenziali e fiscali relativi ai lavoratori mes a disposizione della “RAGIONE_SOCIALE” e della “RAGIONE_SOCIALE“. A tal fine, esaminer tutti gli elementi disponibili ed eviterà, segnatamente, di incorrere nelle contraddizioni e lacune motivazionali indicate in precedenza al § 3.2.
Il Giudice del rinvio, poi, ove ritenga accertati i gravi indizi di colpevolezza carico dell’attuale ricorrente, valuterà, anche alla luce del fatto concretamente addebitabile alla stessa, se sussistono le esigenze cautelari di cui all’art. 274, comma 1, lett. c), cod. proc. pen.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Caltanissetta competente ai sensi dell’art. 309, comma 7, cod. proc. pen. Così deciso in data 19/04/2024.