Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 18374 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 18374 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA a Roma; nel procedimento a carico del medesimo; avverso la sentenza del 10/02/2023 della Corte di appello di Roma; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria scritta del AVV_NOTAIO che ha chiesto l’annullamento con rinvio limitatamente alla negata applicazione dell’art. 131 bis c.p.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Roma confermava la sentenza del tribunale di Roma dell’ 8 gennaio 2018, con cui COGNOME NOME era stato condannato in ordine al delitto ex art. 73 comma 5 del DPR 309/90.
Avverso la predetta sentenza COGNOME NOME, tramite il difensore di fiducia, ha proposto ricorso per Cassazione deducendo due motivi di impugnazione.
Deduce, con il primo, vizi ex art. 606 comma 1 lett. d) cod. proc. pen., lamentando la mancata dichiarazione di nullità degli atti processuali
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Oli a convalida dell’arresto dell’imputato ed alla instaurazione del giudizio direttissimo, per omesso avviso all’imputato della facoltà di chiedere la sospensione del procedimento con messa alla prova. Emergendo in proposito un obbligo di completa informazione sulle facoltà esercitabili dall’imputato, a fronte oi ci po del breve tempo a disposizione dell’imputato /nel giudizio direttissimo per effettuare la scelta dell’accesso ad uno dei procedimenti speciali, tra cui rientra la sospensione del procedimento con messa alla prova. Si contestano, in proposito, i motivi con cui la corte di appello aveva respinto analoga doglianza, evidenziando come tempestivamente dedotta la nullità per mancato avviso della predetta facoltà nell’ambito dell’ intervenuto giudizio direttissimo attraverso atto di appello, ex art. 180 cod. proc. pen., siccome verificatasi nel giudizio direttissimo in primo grado e in particolare nella fase immediatamente precedente alla dichiarazione di apertura del dibattimento, benchè l’imputato avesse chiesto di procedere con rito abbreviato, e sottolineando come nessuna incidenza possa avere sulla questione la facoltà per l’imputato di chiedere la sospensione del procedimento con messa alla prova in appello, a seguito dell’art. 90 comma 2 del Dlgs. 150/2022. Tanto più che tale norma, diversamente dal caso concreto, atterrebbe a delitti che prima della cd. riforma Cartabia non potevano essere interessati dalla sospensione del procedimento con messa alla prova. Si aggiunge che una interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 451 comma 6 cod. proc. pen. imporrebbe di affermare l’obbligo di informazione in questione anche nel caso di giudizio direttissimo, con conseguente nullità del giudizio stesso in assenza di tale informazione ex art. 178 lett. c) cod. proc. pen. e 24 Cost. In alternativa, si imporrebbe la necessità di sollevare questione di legittimità Costituzionale dell’art. 451 comma 5 cod. proc. pen., come illustrato in ricorso alla luce dell’analisi comparata di altre norme disponenti un tale avviso e di principi sanciti dalla Corte Costituzionale a tutela del diritto di difesa. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Con il secondo motivo, deduce il vizio di violazione di legge e di motivazione mancante o apparente, in relazione alla ritenuta insussistenza dei presupposti per l’applicazione della previsione ex art. 131 bis cod. pen., avendo la corte omesso ogni rilievo sul punto, essendosi limitata a rilevare la gravità del fatto, a fronte di specifica richiesta della difesa, senza tenere conto della modesta quantità di droga detenuta dal ricorrente e di soli 20 euro, restituiti poi all’imputato stesso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 primo motivo è infondato. Va osservato che l’art. 451 commi 5 e 6 c.p.p. prevedeva originariamente che:
“5. Il presidente avvisa l’imputato della facoltà di chiedere il gi abbreviato ovvero l’applicazione della pena a norma dell’articolo 444.
L’imputato è altresì avvisato della facoltà cli chiedere un termine per pre la difesa non superiore a dieci giorni. Quando l’imputato si avvale di tale fa il dibattimento è sospeso fino all’udienza immediatamente successiva al scadenza del termine.”
La Corte Costituzionale, ha sancito l’illegittimità costituzionale di tali com “interpretati nel senso che la concessione del termine a difesa nel giu direttissimo preclude all’imputato di formulare, nella prima udienza success allo spirare del suddetto termine, la richiesta di giudizio abbreviat applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen.”
In tal modo, considerata la peculiare connotazione di speditezza che riguard rito direttissimo, la Corte Costituzionale ha ritenuto di salvaguardare il r dell’art. 24 Cost. non prevedendo un’anticipazione dell’avviso di accesso a alternativi al momento dell’instaurazione del giudizio e, piuttosto, eliminando preclusione interpretativa alla possibilità di richiedere il rito abbreviato “patteggiamento” anche dopo la richiesta dell’imputato di utilizzare un term per approntare la difesa.
In tale prospettiva, non può che escludersi, come anche condivisibilnne rilevato dal AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, sia che il mancato avviso circa la possibil richiedere la sospensione del procedimento con messa alla prova dell’imputato momento dell’instaurazione del rito direttissimo possa provocare una nulli poiché ciò non è previsto dalla legge, ed il principio di tassatività dei nullità degli atti processuali esclude ogni applicazione analogica; sia che verificarsi una lesione del diritto di difesa rilevante ai fini della tu all”art. 24 Cost., posto che la lesione lamentata in ricorso appare esclusa stessa Corte Costituzionale, in quanto le prerogative difensi proporzionalmente ponderate con le esigenze di celerità caratterizzanti il direttissimo – sono garantite dal combinato disposto dei commi 5 e 6 dell’ 451 cod. proc. pen., come integrato dalla detta pronuncia della Co Costituzionale, ovvero attraverso una previs i one di un termine per approntare adeguatamente la difesa, non preclusivo rispetto alla richiesta di riti alter quindi, nondimeno, a quella della sospensione del procedimento con messa all prova dell’imputato.
In tale quadro, non appare adeguato il raffronto con l’art. 456, comma 2, c. rispetto al quale la Corte ha deliberato per l’accoglimento della questio illegittimità sollevata, dichiarando l’illegittimità costituzionale dell comma 2, c.p.p., «nella parte in cui non prevede che il decreto che dispon giudizio immediato contenga l’avviso della facoltà dell’imputato di chieder sospensione del procedimento con messa alla prova». Prima di tale decision
l’art. 456 citato stabiliva che il provvedimento giudiziale dovesse comprendere l’avviso che l’imputato possa chiedere il giudizio abbreviato oppure l’applicazione della pena ai sensi dell’art. 444 c.p.p. (cd. patteggiamento).. Avviso necessario nel rito immediato, poiché la scadenza entro la quale va formulata la domanda di accesso agli ulteriori riti speciali è serrata, corrispondendo al quindicesimo giorno dalla notifica del decreto, tanto per il giudizio abbreviato (comma 1 dell’art. 458 c.p.p.), tanto per il patteggiamento (ultima parte del comma 1 dell’art. 446 c.p.p.) ed una eguale scadenza è stata stabilita per la richiesta di messa alla prova (art. 464-bis comma 2 c.p.p.). Nondimeno, e come si è visto, la norma censurata non prescriveva l’introduzione del pertinente avviso per la messa alla prova tra i requisiti essenziali del decreto di giudizio immediato.
In proposito è stata evocata dalla Corte Costituzionale la giurisprudenza che da lungo tempo qualifica l’accesso ai riti come rilevante modalità di esercizio del diritto di difesa e si è osservato che «quando il termine entro cui chiedere i rit alternativi è anticipato rispetto alla fase dibattimentale, sicc:hé la mancanza o l’insufficienza del relativo avvertimento può determinare la perdita irrimediabile della facoltà di accedervi», l’omissione d’un tempestivo ed esatto avviso della facoltà prevista dalla legge si risolve in una diretta violazione del diritto di dif (sentenza C . Cost. n. 201 del 2016).
Appare allora chiara la diversità di prospettiva enucleabile nel caso in esame, in cui, come già osservato, e diversamente dal caso immediatamente sopra citato, considerata la connotazione in termini di particolare celerità che riguarda il rito direttissimo, la Corte Costituzionale ha ritenuto di salvaguardare il rispetto dell’art. 24 Cost. non prevedendo un’anticipazione dell’avviso di accesso ai riti alternativi rispetto al momento dell’instaurazione del giudizio e, piuttosto, ha eliminato una preclusione interpretativa &Va possibilità di richiedere il rito abbreviato o il cd. “patteggiamento” anche dopo la richiesta dell’imputato di utilizzare un termine per approntare la difesa. Preclusione evidentemente insussistente anche per la richiesta di messa alla prova.
Consegue, quindi, anche l’assenza di ogni lesione del principio di ragionevolezza, per aver il legislatore riservato una disciplina diversa a situazioni analoghe, posto che la giurisprudenza costituzionale è consolidata nel senso di ritenere sottratto a detto sindacato l’esercizio, da parte del legislatore, della discrezionalità legislativa in ordine alla disciplina degli istituti processuali, fati:o salvo il con di manifesta irragionevolezza o arbitrarietà (cfr., ex plurimis, Corte cost., sentenze n. 20 del 2017, n. 152 del 2016, n. 138 del 2012 e n. 141 del 2011): circostanze, quelle della manifesta irragionevolezza o arbitrarietà, che tuttavia nella specie non sono state segnalato, né può ritenersi sussistano.
Neppure, va aggiunto, può richiamarsi la previsione di nullità generale di cui all’art. 178, lett. c), cod. proc. pen., poiché la mancata informazione sulla
possibilità di richiedere la sospensione del processo con messa alla prova non incide sull’intervento o sull’assistenza dell’imputato.
Emergendo una questione giuridica, per la quale vige il principio per cui il vizio di motivazione non è al riguardo configurabile in quanto le argomentazioni giuridiche delle parti o sono fondate e allora il fatto che il giudice le abbi disattese (motivatamente o meno) dà luogo al diverso motivo di censura costituito dalla violazione di legge, insussistente nel caso concreto per quanto rilevato, o sono infondate, e allora che il giudice le abbia disattese non può dar luogo ad alcun vizio di legittimità della pronuncia giudiziale, si deve anche tenere conto del disposto di cui all’art. 619 comma 1 cod. proc. pen. che consente di correggere, ove necessario, la motivazione, quando la decisione in diritto sia comunque corretta e, nel caso concreto quindli, di integrarla con le considerazioni suesposte (cfr. in tal senso Sez. 1, n. 49237 del 22/09/2016 Rv. 271451 – 01 NOME).
COGNOME Per quanto attiene al secondo motivo, esso è fondato perché emerge una motivazione apparente quale è la mera affermazione, apodittica, della gravità del fatto “in sé” tale da precludere un giudizio di lieve entità d medesimo.
Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che vada annullata con rinvio la sentenza impugnata per nuovo giudizio dinnanzi ad altra sezione della Corte di appello di Roma limitatamente alla questione inerente la lieve entità del fatto. Con rigetto nel resto del ricorso.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla applicabilità della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131 bis c.p., con ri per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Roma. Rigetta il ricorso nel resto.
Così deciso, il 12.03.2024.